7 - Martirio di San Vincenzo spagnolo

Commento storico-artistico:

Secondo la tradizione nacque nei Pirenei. Di nobile famiglia Vincenzo venne affidato al vescovo di Saragozza che lo nominò arcidiacono. Durante la persecuzione di Diocleziano (303) vennero arrestati. Il vescovo fu mandato in esilio e Vincenzo venne condannato al cavalletto: uno strumento di tortura terribile che lussava tutte le ossa del corpo. Vincenzo rimaneva con gli occhi al cielo in preghiera, come se il supplizio non lo riguardasse, così, pensando che la tortura fosse troppo lieve, fu comandato di arpionare il corpo con uncini di ferro, ma con gli stessi risultati.

Nella tela vediamo il martire appeso al cavalletto che guarda il cielo da cui gli angeli scendono con la palma, segno del martirio e la corona di fiori che preannuncia l’ingresso in paradiso. Da notare che per sottolineare la malvagità e la crudeltà degli aguzzini il pittore li ha mostrati con lineamenti caricaturali e grotteschi. Sullo sfondo si vedono la città e il popolo che assiste. Sulla sinistra, stante, il prefetto con l’armatura e un ampio manto rosso indica l’indifferente martire mentre impartisce nuovi ordini all’uomo sulla destra.

La scena, nonostante il dinamismo dell’episodio descritto risulta essere calma, come se l’occhio indugiasse in un tempo rallentato da una figura all’altra. Pochi sono gli sguardi che legano i personaggi che restano chiusi ciascuno nel suo microcosmo, impegnati nei propri compiti. Il martire guarda il cielo, ma non gli angeli, chiuso in una visione che è solo sua, sono gli angeli invece che dando movimento col loro volo sembrano quasi chiamarsi l’un l’altro, additano e premiano il Santo martire, sembrano gioire del suo imminente arrivo in Paradiso.

La vicenda prosegue poi col prefetto che ordina altri tormenti che Vincenzo continuava a sopportare impassibile fino a indurre il prefetto a sospendere le torture e cercare di convincerlo con favori e lusinghe.

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