ISACCO
Eb. YISHAQ (“ ha riso”) |
Abramo
riceve l’ordine di non sacrificare il figlio e, sorpreso, vede un montone con
cui sostituire Isacco ( Andrea Mantenga, 1431-1506) |
Isacco,
il secondo patriarca di Israele, è presentato nelle pagine dell'Antico
Testamento come un personaggio non chiaramente delineato; inoltre, ci sono
pervenute solo poche tradizioni che lo riguardano. Nato
quando suo padre Abramo era ormai
centenario, rimase a lungo nell'immensa ombra del genitore, dando origine a
un detto ironico: «Ogni Abramo è seguito dal suo Isacco». Da
ragazzo, Isacco si comportò passivamente di fronte al dramma più grave della
sua esistenza, quando Dio comandò a suo padre di offrirlo in sacrificio.
Durante la vita cercò sempre di evitare ogni conflitto, allontanandosi dai
suoi avversari. In tarda età, debole e quasi cieco, non riuscì a impedire che
i suoi ultimi desideri venissero ostacolati dalla moglie e dal figlio più
giovane, Giacobbe. Rimane tuttavia un esempio di pietà, di
gentilezza, di dolcezza e costituisce il collegamento diretto tra le figure
fondamentali di Abramo e di Giacobbe. Ad
Abramo, sempre più scettico, era stato promesso per 25 anni un discendente, e
in effetti il nome Isacco è variamente spiegato nella Genesi in riferimento
alla risata sarcastica di suo padre o di sua madre, Sara, all'idea che
una donna novantenne potesse dare alla luce un figlio. Nel frattempo, dietro
suggerimento della stessa Sara, Abramo, disperato perché rischiava di
rimanere senza eredi, aveva generato Ismaele con la schiava Agar.
Un'altra possibile spiegazione per il nome Isacco è che il figlio maggiore
rise del fratellastro o, in altre parole, lo schernì. Gli studiosi biblici
generalmente preferiscono, però, una spiegazione ancora diversa: "possa
Dio sorridere", una frase che chiede a Dio di guardare con benevolenza a
Isacco. Qualunque fosse l'origine del suo nome, Isacco non lo cambiò mai come
avevano fatto gli altri patriarchi, perché era stato chiamato così da Dio
prima ancora di nascere. In
precedenza, i familiari di Abramo, compreso il tredicenne Ismaele, avevano
eseguito il comando del Signore di farsi circoncidere come segno della loro fede.
Ma Isacco sarebbe stato il primo discendente di Abramo a essere circonciso a
otto giorni dalla nascita, una tradizione tutt'oggi osservata dagli ebrei.
Infine, sia che Ismaele davvero molestasse Isacco sia che egli costituisse
una minaccia soltanto nella mente di Sara, la donna convinse Abramo a mandare
via il fanciullo ormai cresciuto e sua madre per avere la certezza che
l'unico erede del marito fosse il figlio da lei partorito. Per
Isacco, tuttavia, il maggior pericolo sarebbe sorto da un ordine del Signore,
alcuni anni dopo. Quando era già un ragazzo o forse un giovane uomo, Dio
comandò ad Abramo di portare il figlio sul monte Moria e lì di sacrificarlo.
La voce del ragazzo si fa sentire una sola volta. Quando arrivarono sul luogo
del sacrificio, Isacco chiese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è
l'agnello per l'olocausto?» (Gen 22,7). All'enigmatica risposta di Abramo che
Dio stesso avrebbe provveduto per l'offerta, il giovane replicò con un
commovente e sottomesso silenzio. Tanto Abramo quanto Isacco furono
ricompensati per la loro fede quando un angelo del Signore impedì al padre di
uccidere il figlio e gli indicò una vittima sacrificale alternativa, un
montone impigliato nei rami di un arbusto proprio lì nei pressi. La
famosissima scena ha ugualmente ispirato e turbato gli ebrei e i cristiani
nel corso dei secoli. Forse per questa ragione, una tradizione ebraica
estranea alle Scritture afferma che lo stesso Isacco, trentasettenne, ebbe
l'idea del sacrificio per dimostrare che era più virtuoso del fratello
maggiore Ismaele, il quale invece sosteneva di avere una fede superiore
perché aveva scelto di essere circonciso quando era già grande e libero di
farlo o meno. La storia è collegata con un'altra tradizione non biblica
secondo la quale la scena del sacrificio provocò la morte di Sara, che
avvenne proprio quando Isacco aveva 37 anni. UNA SPOSA
DALLA TERRA D'ORIGINE
Tre
anni dopo la morte di Sara, Abramo inviò il suo fidato servo Eliezer nella
terra dei suoi padri, la Mesopotamia settentrionale, a cercare una sposa
adatta per Isacco, una donna che potesse salvaguardare l'integrità del clan
del patriarca. Abramo non voleva soprattutto che Isacco prendesse «una moglie
tra le figlie dei Cananei» (Gen 24,3). Il racconto della missione
dell'anziano servo dimostra che Dio intervenne nella scelta di Rebecca,
figlia di uno dei nipoti di Abramo. Per operare bene la sua scelta, Eliezer
aveva chiesto come segno che la futura sposa fosse la prima donna che gli
avesse offerto acqua da una sorgente e avesse abbeverato anche i suoi
cammelli. Rebecca fece esattamente così; Eliezer le si presentò e rivelò la
sua missione e la famiglia della ragazza, riconoscendo la mano del Signore,
concesse a Rebecca il permesso di partire con lui. La
storia del primo incontro tra Isacco e Rebecca è affascinante per la sua
semplicità e per i sentimenti inespressi. Essendo uscito una sera a meditare,
forse impaziente per il ritorno del servo di suo padre, Isacco scorse in lontananza
una carovana di cammelli. Rebecca, vedendo un uomo venirle incontro, chiese
di chi si trattasse. Quando venne a conoscere l'identità di Isacco, si coprì
immediatamente con il velo, come doveva fare ogni ragazza davanti al promesso
sposo. Appena furono presentati, «Isacco introdusse Rebecca nella tenda che
era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l'amò» (Gen 24,67). Nella
loro unione vi era, però, un neo: l'apparente sterilità di Rebecca, come era
stato per Sara prima di lei. Ancora una volta la promessa di Dio fatta ad
Abramo di renderlo progenitore di una grande nazione era messa in
discussione. A differenza di suo padre, Isacco si dimostrò assai paziente,
non sollevò proteste e non commise azioni affrettate. Confidando nel Signore,
Isacco continuava a pregare e le sue preghiere furono esaudite una ventina di
anni dopo con la nascita di due gemelli, quando lui aveva ormai 60 anni. Quasi
come un presagio, i nascituri litigavano già nel seno materno. Il Signore
spiegò il singolare fatto a Rebecca: «Due nazioni sono nel tuo seno e due
popoli dal tuo grembo si disperderanno; un popolo sarà più forte dell'altro e
il maggiore servirà il più piccolo» (Gen 25,23 ). Quando uscì il primogenito Esaù,
era coperto di pelo rossiccio; poi uscì Giacobbe, tenendo stretto il tallone
del fratello. Con il passare degli anni, Esaù diventò un esperto cacciatore
che viveva all'aperto, prediletto dal padre. Giacobbe, giovane calmo e
riflessivo, diventò il favorito di Rebecca. Ancora una volta la promessa di Dio
appariva pericolante a causa dei conflitti latenti nella famiglia. Per
alcuni anni, comunque, il pericolo sembrò rimosso. Quando Isacco ritenne
opportuno trasferirsi in Egitto per sfuggire alla carestia come aveva fatto
anche suo padre in simili frangenti, ebbe la sua prima visione, nella quale
il Signore lo ammonì: «Non scendere in Egitto, abita nel paese che io ti
indicherò [...] io sarò con tè e ti benedirò, perché a te e alla tua
discendenza io concederò tutti questi territori, e manterrò il giuramento che
ho fatto ad Abramo tuo padre» (Gen 26,2-3). |
Ingannato
alla moglie e dal figlio più giovane, Isacco dà la benedizione patriarcale a
Giacobbe invece che a Esaù |
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BENEDETTO DAL
SIGNORE
Isacco
obbedì, rimanendo in Gerar, una regione abitata dai Filistei. Qui, come aveva
già fatto suo padre anni prima, cercò di far passare bella moglie per sua
sorella, temendo di essere ucciso a causa di Rebecca. Quando il re filisteo Abimelech
scoprì la verità, si infuriò, tuttavia proibì ai suoi sudditi, sotto pena di
morte, di fare del male a Isacco oppure a Rebecca. In seguito, il Signore
benedisse Isacco tanto generosamente che la sua semina in quell'anno produsse
«il centuplo» e «l'uomo divenne ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a
divenire ricchissimo» (Gen 26,12-13). La sua eccezionale prosperità suscitò
una tale invidia nei vicini che Abimelech gli chiese di trasferirsi altrove.
Così Isacco si trasferì con la sua tribù prima a Esech e poi a Sitna, presso
vecchi pozzi che erano stati scavati da suo padre Abramo e che in seguito i
Filistei avevano riempito di terra. Allorché i servi riaprivano i pozzi, i
pagani che vivevano nelle vicinanze li reclamavano come loro proprietà. Per
due volte Isacco tolse le tende e si spostò. Quando trovò e riaprì un terzo
pozzo, che non venne reclamato, non ebbe più dubbi. Riconoscendo che quello
era un segno da parte di Dio che doveva stabilirsi lì, Isacco chiamò il luogo
Recobot, che significa «spazio libero». Poi
Isacco andò a Bersabea e Dio gli apparve di nuovo per riaffermare l'essenza
della promessa, secondo la quale sarebbe stato benedetto con una numerosa
discendenza. In quel luogo i servi di Isacco scavarono un altro pozzo. Subito
dopo, Abimelech e i suoi consiglieri si convinsero che Isacco era sotto la
protezione di Dio e si recarono a Bersabea per stipulare un accordo di pace
con lui, come già accaduto tra Abramo e il re di Gerar Abimelech, forse un
predecessore di questo sovrano. Quel patto segnò il vertice dell'operato
pubblico di Isacco come eroe e patrono della regione circostante. L'INGANNO DELLA MOGLIE E DEL FIGLIO Ritroviamo
quindi il patriarca, ormai vecchio e fisicamente debole, mentre recita la sua
parte nel triste e meschino dramma familiare in cui si compie la predizione
fatta a Rebecca prima della nascita dei gemelli. Preoccupato per
l'avvicinarsi della morte, il patriarca decide di dare la sua benedizione a
Esaù, figlio primogenito e suo favorito. Per valutare appieno l'intensità
della storia, occorre capire che la benedizione paterna non era una semplice
formula di parole, ma un gesto molto importante che significava la
trasmissione della guida del clan a colui che la riceveva. Inoltre, come
tutti sapevano benissimo, una volta concessa, la benedizione non poteva
essere ritirata o impartita a un altro, perché veniva da Dio. Avendo
preso la sua decisione, Isacco chiese a Esaù di cacciare della selvaggina e
di preparargli un piatto gustoso, perché dopo gli avrebbe dato la sua
benedizione. Rebecca sentì le richieste del marito e rapidamente ideò un
sotterfugio per avvantaggiare Giacobbe. Disse così al suo prediletto di
scegliere due bei capretti dal gregge paterno, in modo da poter preparare una
pietanza appetitosa. Per ingannare meglio il marito, quasi cieco, fece
indossare al giovane i migliori abiti di Esaù e gli coprì le braccia e il
collo con le pelli dei capretti per renderlo villoso come il fratello.
Sorpreso che Esaù avesse ucciso e cucinato la selvaggina tanto rapidamente,
Isacco chiese a Giacohbe di avvicinarsi, dicendo dubbioso: «La voce è la voce
di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù» (Gen 27,22). Dopo aver
mangiato la carne e bevuto il vino che Giacobbe gli aveva portato, l'anziano
genitore riconobbe l'odore familiare dei vestiti del figlio maggiore e,
finalmente convinto, gli diede la sua benedizione. Non molto più tardi, si
presentò Esaù con la pietanza che aveva appena preparato, desideroso di
ricevere la benedizione come gli era dovuto. Quando scoprì che il fratello
aveva già avuto la benedizione patriarcale, decise di ucciderlo. Per questo e
perché non volevano che Giacobbe sposasse una cananea, come aveva fatto Esaù,
Rebecca e Isacco mandarono il figlio minore dai parenti del nonno materno; lì
avrebbe potuto anche trovarsi una moglie. Isacco,
poi, visse per altri 70 anni e, quando morì «vecchio e sazio di giorni» (Gen
35,29), i suoi due figli si ritrovarono per seppellirlo. L'Antico Testamento
parla spesso del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (o Israele), e il
profeta Amos giunge al punto di impiegare il nome Isacco per indicare
la nazione di Israele. Secondo le narrazioni bibliche, Isacco è l'unico
patriarca che si sposò soltanto una volta, non ebbe concubine e si dedicò con
successo all'agricoltura. Nella letteratura tradizionale ebraica è onorato
come il modello dei martiri, che intercede presso Dio in favore di Israele
più spesso degli altri patriarchi. Paolo
vede Ismaele e Isacco come allegorie, rispettivamente dell'antica e della
nuova alleanza di Dio. In altre parole, Ismaele rappresenta gli ebrei, mentre
Isacco i fedeli cristiani, «i figli della promessa» (Gal 4,28). I Padri della
Chiesa avrebbero scoperto anche altri parallelismi tra la vita del patriarca
e la storia di Gesù. Essi interpretarono la nascita miracolosa di Isacco come
prefigurazione della nascita di Gesù da una vergine. Per molti cristiani,
l'obbedienza di Isacco e la fiducia in suo padre, al momento del sacrificio
sul monte Moria, sono un pregnante simbolo dell'obbedienza dimostrata da Gesù
verso Dio Padre. Infine, la sostituzione di Isacco con un montone sacrificale
fu vista come la controparte, nell'Antico Testamento, del sacrificio di Gesù
per la redenzione dell'umanità. |
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