ABRAMO

Eb. ABRAHAM (“padre di una moltitudine”)

 

 

LA CHIAMATA DI ABRAMO

IL momento in cui Dio convocò Abramo, chiedendogli di lasciare la sua casa per una terra sconosciuta, costituisce la prima grande svolta nella storia biblica. Nelle prime narrazioni della Genesi — da Adamo ed Eva a Noè e alla torre di Babele - Dio sembra trattare sempre con tutta l'umanità. Anche quando salva singoli individui, come il caso di Noè e della sua famiglia, li salva da un castigo che coinvolge tutto il mondo.

Con Abramo la cosa è diversa: Dio sceglie un determinato uomo e la sua famiglia come depositari di rivelazioni e promesse speciali. Dapprima non viene detto niente del perché venga scelto Abramo; la Genesi si limita a raccontare la storia, dando inizio così a una saga familiare, la storia del popolo eletto che continua per tutta la Bibbia. Con il procedere della narrazione, Abramo si rivela un uomo di grande fede e obbedienza, che si sforza di diventare degno del favore di Dio. Ma l'attore principale è Dio: Dio decide di chiamare Abramo, lo guida verso una nuova terra che promette ai suoi discendenti, lo salva dai suoi errori e dalle sue colpe, gli concede un figlio e mette alla prova la sua fede; poi rinnova la sua alleanza con i discendenti di Abramo. Abramo accoglie tutti questi doni, le promesse e le sfide con fede, gratitudine e nobile sottomissione, meritando così veramente di essere chiamato «padre di tutti noi» (Rm4,l6).

 

 

 

Alla testa del suo clan, Abramo si mette in cammino verso la Terra Promessa

Abramo, il primo grande patriarca del popolo d'Israele, è considerato, dai cristiani e dai musulmani, anche il prototipo della fede dell'uomo nel volere di Dio. In realtà, il nome Abraham, sebbene di incerta origine linguistica, fu usato con il significato di «padre di una moltitudine» (Gen 17,5). La sua storia nella Genesi, che sembra essere una compilazione di tre fonti originarie separate e indipendenti, spiega come e perché la tribù di Abramo si spostò verso la Palestina, lasciando il bacino del Tigri e dell'Eufrate, cioè la Mesopotamia.

 

Nell'Antico Testamento, però, questo personaggio imponente viene anche presentato come contraddittorio e pieno di difetti, il cui conflitto interiore rappresenta un profondo e spesso sorprendente dramma spirituale. A volte impaziente e menzognero, Abramo arrivò solo lentamente alla piena comprensione della vera natura delle rivelazioni del Signore e delle promesse fatte a lui e ai suoi discendenti.

Abramo, conosciuto originariamente come Abram, "glorioso padre", era nato circa 4000 anni fa nella città mesopotamica nota come Ur dei Caldei (nell'odierno Iraq). Diretto discendente del figlio di Noè, Sem, era un uomo ricco, a capo di una tribù seminomade, che viveva allevando numerosi armenti e praticando coltivazioni stagionali. Forse in seguito a una invasione di Ur da parte degli Amorrei, il padre di Abram, Terach, decise di trasferire la sua famiglia a Carran, florida città distante circa 800 chilometri da Ur, nell'attuale Turchia sudorientale. Tra le due città esistevano forse rapporti particolarmente stretti, dal momento che in entrambe era diffuso il culto di Si, divinità lunare. Più gli anni passavano e più un gran vuoto affliggeva la prospera, pastorale vita di Abram. La sua bellissima moglie e sorella per parte di padre, Sarai (Sara), «era sterile e non aveva figli» (Gen 11,30).

 

UNA PROMESSA DI GRANDEZZA

 

Abram affrontò la sua prima prova di fede all'età di 75 anni, quando Dio gli apparve e gli promise che sarebbe diventato il padre di una grande nazione, ma solo se avesse lasciato la sua terra natale e gran parte delle sue conoscenze e fosse partito per l'ignota regione di Canaan, a oltre 600 chilometri verso sud. Il Signore gli disse: «Benedirò coloro che ti benediranno, e coloro che ti malediranno maledirò e in tè si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3).

La fede di Abram in quel momento doveva essere straordinariamente forte,perché radunò subito la sua gente e lasciò il luogo dove si erano stabiliti suo padre e altri parenti. Sarai accompagnò il marito in quel viaggio incerto, e lo stesso fece suo nipote Lot; ma il peregrinare e le traversie della loro famiglia erano appena cominciati. Vagando attraverso la terra straniera di Ganaan, Abram pensava certamente a come avrebbe potuto diventare proprietà della sua progenie non nata. La regione era già ampiamente abitata: la Bibbia cita dieci diversi popoli che lì vivevano. Ma, ancora una volta, Dio apparve e disse esplicitamente: «Alla tua discendenza io darò questo paese» (Gen 12,7).

Abram si fermò almeno due volte per accamparsi nella regione ed eresse altari a Dio: presso la quercia di More a Sichem e sulle montagne che sono a est di Betel. Quei gesti erano certamente significativi in una regione dedita al culto del dio pagano Baal.

Con il trascorrere del tempo, però, la fede di Abram nella parola di Dio parve farsi più vacillante, poiché egli rimaneva senza figli e, nella Terra Promessa, era circondato dai Cananei pagani. Così, quando una carestia si abbattè su Canaan, Abram non attese che il Signore provvedesse a lui e alla sua famiglia, ma tolse i picchetti delle tende e guidò la sua gente verso le fertili terre d'Egitto, in cerca di cibo.

Lì Abram rivelò un altro intrigante aspetto del suo carattere. Temendo di venire ucciso da qualche egiziano desideroso di prendergli la bella moglie, dichiarò che Sarai era la sua sorella nubile e non fece obiezioni quando ella fu presa e condotta nella casa del faraone. Il sovrano, riconoscente, ricompensò il dono di Abram con «greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asine e cammelli» (Gen 12,16). Ma Dio colpì il paese con grandi calamità, che anticamente erano considerate una punizione divina per la disobbedienza o il peccato, e l'ignaro sovrano scoprì così la verità su Sarai. Atterrito, fece chiamare Abram ed esclamò: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? [...] Prendila e vattene» (Gen 12,18-19). Il faraone restituì immediatamente Sarai al marito ed esortò tutta la famiglia a far ritorno in Canaan.

La storia del riprovevole inganno di Abram è doppiamente significativa. Da un lato, è un'altra indicazione che il patriarca non era ancora pronto a credere completamente nella promessa divina, che certamente comportava da parte di Dio l'impegno di salvarlo anche dagli stranieri che fossero rimasti colpiti dall'avvenenza di Sarai. In secondo luogo, la risposta del Signore prova che egli sarebbe rimasto sempre a fianco del servo che si era scelto, anche quando Abram dimostrava di essere un uomo fallibile, che necessitava di aiuto per togliersi dai guai in cui si era cacciato.

Nel frattempo, nonostante queste peripezie, Abram e Lot erano riusciti a mettere insieme tanto bestiame che, tornati in Canaan, i pascoli sulle colline di Betel non furono più sufficienti per entrambi. Allorché cominciarono a scoppiare litigi tra i loro pastori, Abram generosamente si offrì di cedere al nipote la regione di Canaan che egli avesse scelto. «Non sta forse davanti a te tutto il paese?», chiese. «Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra» (Gen 13,9). Il giovane scelse subito la regione che gli sembrò migliore, la fertilissima vallata del Giordano, descritta nella Genesi come «un luogo irrigato da ogni parte, come il giardino del Signore, come il paese d'Egitto» (Gen 13, 10). Lot guidò la sua gente verso una città conosciuta come Sodoma, che era tristemente famosa per la degenerazione dei suoi abitanti.

In quell'occasione il prescelto da Dio non dimostrò soltanto la benevolenza di una famiglia patriarcale nei confronti di un parente più giovane, ma dispose anche del territorio con l'autorità di un uomo che credeva fermamente che i suoi discendenti avrebbero ereditato un giorno tutta quella terra che era ancora densamente popolata dai Cananei. Il nipote Lot, invece, viene presentato in una luce sgradevolmente egoista, forse per mettere a confronto questo antenato degli Ammoniti e dei Moabiti con lo zio, antenato degli Israeliti.

 

 

La carovana di Abramo in marcia verso la Terra Promessa

 (dipinto italiano del 1575)

 

LE PROMESSE RIPETUTE

 

Forse in risposta a questa dimostrazione di fede, Dio apparve e rinnovò decisamente la promessa, incitando inoltre Abram: «Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a tè» (Gen 13,17). Per la prima volta è specificato che Canaan verrà concessa direttamente ad Abram durante la sua vita e non solo in futuro ai suoi discendenti. Inoltre, Dio estese la sua precedente promessa dicendo che Abram, ancora senza figli, sarebbe diventato padre di una discendenza innumerevole «come la polvere della terra; se uno può contare la polvere della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti» (Gen 13,16).

Obbedendo al comando divino di familiarizzarsi con il territorio, Abram guidò la sua gente attraverso la regione e infine decise di piantare le tende in Ebron, presso le querce appartenenti a un amorreo di nome Mamre. Il luogo di quelle querce assunse un grande significato storico per il giudaismo, perché l'altare che il patriarca vi eresse divenne un importante santuario per il ricordo tradizionale dei Giudei dell'uomo che fu poi noto come Abramo.

Qualche tempo dopo essere arrivato presso Mamre, le circostanze costrinsero Abram a scendere in battaglia; è l'unica volta in cui quest'uomo di pace viene dipinto nelle vesti di eroe militare. Quattro potenti re dell'Est si unirono per attaccare e distruggere Sodoma, Gomorra e altre tre città del Mar Morto, catturando e facendo schiavi anche Lot e la sua gente. Radunato un piccolo esercito di 318 dei suoi subordinati, Abram diede la caccia ai predatori, battendoli e inseguendoli fino a nord di Damasco. Non solo riuscì a liberare suo nipote e gli altri prigionieri, ma anche a recuperare il ricco bottino fatto dai quattro re invasori.

Di ritorno in Canaan, Abram fu ritualmente benedetto da Melchisedek, re di Salem, antico nome di Gerusalemme, e «sacerdote del Dio Altissimo» (Gen 14,18): in questo caso, la divinità cananea El. Inoltre, il riconoscente re di Sodoma concesse ad Abram di prendere il bottino catturato nella città, ma egli rispose: «Alzo la mano davanti al Signore, il Dio Altissimo, creatore del cielo e della terra; ne un filo, ne un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: "Io ho arricchito Abram"» (Gen 14,22-23). Con l'espressione «Signore, il Dio Altissimo», Abramo non si riferiva a El, ma a Yahweh.

In altre parole, sembra che Abram fino a quel punto continuasse a confidare pienamente in Dio. Subito dopo, però, chiese al Signore perché lui e Sarai erano ancora senza figli, sebbene fossero passati dieci anni da quando aveva seguito il comando divino di partire per Canaan. «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle», gli rispose il Signore: «Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15,5). Abram cadde in un sonno profondo, e Dio gli rivelò altre cose sul futuro, spiegando che il suo popolo eletto sarebbe rimasto prigioniero in Egitto per 400 anni e poi finalmente sarebbe stato libero di tornare nella terra a lui promessa. Ma confidò anche che Abram non avrebbe personalmente sofferto: «Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice» (Gen 15,15). Quando Abram si svegliò, il Signore per la prima volta gli rivelò la reale estensione della terra della promessa che si sarebbe estesa «dal fiume d'Egitto [il torrente d'Egitto nella penisola del Sinai] al grande fiume, il fiume Eufrate» (Gen 15,18).

Stupito, Abram era ora diventato impaziente di credere a quest'ultima affermazione contenuta nella promessa e decise di prendere la faccenda nelle sue mani. Su consiglio di Sarai, prese la sua serva egiziana Agar come concubina per procreare un erede. Il figlio, frutto di quell'unione, fu chiamato Ismaele.

 

 

 

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