La più estasiata descrizione della bellezza

della Santa Vergine

«La Vergine SS. era molto alta e ben proporzionata; sembrava essere tanto leggera, che sarebbe bastato un soffio a farla muovere, però era immobile e molto stabile. La sua fisionomia era maestosa e imponente come sono i Signori di questa terra. Imponeva una timidezza rispettosa. Mentre la sua Maestà, che imponeva rispetto misto ad amore, attirava a Lei.

 

Il suo sguardo era dolce e penetrante; i suoi occhi sembrava che parlassero con i miei, ma la conversazione proveniva da un profondo e vivo sentimento d'amore verso questa attraente bellezza che mi liquefaceva. La dolcezza del suo sguardo, l'aria di bontà incomprensibile, facevano intendere e sentire che Ella attirava a sé per donarsi; era un'espressione d'amore che a parole non si può esprimere e nemmeno con le lettere dell'alfabeto.

 

L'abito della Vergine SS. era bianco e argentato, molto splendente; non aveva nulla di materiale: era fatto di luce e di gloria, variato e scintillante; sulla terra non vi sono espressioni ne paragoni da poter fare.

 

La Vergine SS. era tutta bella e tutta fatta d'amore; guardandola, io languivo per fondermi in Lei. Dai suoi ornamenti come dalla sua persona, da tutto trapelava la maestà, lo splendore, la magnificenza, fulgente, celeste, fresca, nuova come una Vergine; sembrava che la parola Amore sfuggisse dalle sue labbra argentee e pure. Aveva l'apparenza di una Mamma affettuosa, piena di bontà, di amabilità, di amore per noi, di compassione e di misericordia.

 

La corona di rose che portava sulla testa era così bella, così brillante, da non potersene fare un'idea; le rose di diversi colori non erano di questa terra; era un insieme di fiori che circondava il capo della Vergine SS., proprio in forma di corona; ma le rose cambiavano e si ricambiavano; poi dal centro di ogni rosa usciva una luce così bella che rapiva, e faceva sì che la loro bellezza risplendesse. Dalla corona di rose uscivano come dei rami d'oro e tanti altri piccoli fiori misti a brillanti. Il tutto formava un diadema che da solo brillava più del nostro sole terreno.

 

La Vergine portava una preziosissima Croce sospesa al collo.

Questa Croce sembrava d'oro: dico d'oro per non dire un pezzo d'oro; a volte ho visto degli oggetti dorati con alcune sfumature, ciò che faceva ai miei occhi un effetto più bello di un semplice pezzo d'oro. Su questa bella Croce piena di luce vi era il Cristo Nostro Signore con le braccia stese sulla Croce. Quasi alle due estremità della Croce vi erano: da una parte un martello e dall'altra una tenaglia. Il Cristo era color carne naturale ma riluceva con grande splendore; e la luce che usciva da tutto il suo corpo sembrava come dardi lucentissimi che mi infiammavano il cuore per il desiderio di perdermi in Lui. A volte il Cristo sembrava morto; aveva la testa inclinata e il corpo rilassato quasi cadesse se non fosse stato trattenuto dai chiodi che lo fissavano sulla Croce.

 

Io ne avevo viva compassione; avrei voluto comunicare al mondo intero il suo amore sconosciuto e infondere nelle anime dei mortali il più sentito amore e la più viva riconoscenza verso un Dio che non aveva assolutamente bisogno di noi per essere quello che è, ciò che era e ciò che sempre sarà; e tuttavia, oh amore per l'uomo incomprensibile!, s'è fatto uomo, ha voluto morire, sì, morire, per poter meglio scrivere nelle nostre anime e nella nostra memoria il pazzo amore che ha per noi! Oh, come mi sento infelice nel constatare la mia povertà di espressione nel riferire l'amore del nostro buon Salvatore per noi! Ma, d'altra parte, come siamo felici di poter sentire meglio ciò che non possiamo esprimere!

 

Altre volte il Cristo sembrava vivo; aveva la testa diritta, gli occhi aperti, e sembrava sulla Croce di sua volontà. A volte, anche, pareva che parlasse: sembrava mostrasse che era in Croce per noi, per amor nostro, per attirarci al suo amore che ha sempre un nuovo amore per noi, che il suo amore dell'inizio, dell'anno 33, è sempre quello di oggi e lo sarà sempre.

 

Mentre mi parlava, la Vergine SS. piangeva ininterrottamente.

Le sue lacrime cadevano l'una dopo l'altra, lentamente, fin sopra le sue ginocchia; poi, come scintille di luce, sparivano. Erano splendide e piene di amore. Avrei voluto consolarla e non farla piangere. Ma mi sembrava che Ella avesse bisogno di mostrare le sue lacrime per meglio manifestare il suo amore dimenticato dagli uomini. Avrei voluto gettarmi fra le sue braccia e dirle: "Mia buona Madre, non piangete! Io voglio amarvi per tutti gli uomini della terra". Ma sembrava che mi rispondesse: "Ve ne sono molti che non mi conoscono!".

 

Ero tra la morte e la vita, vedendo da un lato tanto amore, tanto desiderio di essere amata e, dall'altro, tanta freddezza ed indifferenza... Oh, Madre mia tutta bella e tanto amabile, amore mio e cuore del mio cuore!

 

Le lacrime della nostra tenera Madre, lungi dal diminuire la sua Maestà di Regina e Sovrana, sembravano invece renderla più bella, più potente, più piena d'amore, più materna, più attraente; avrei mangiato le sue lacrime che facevano sobbalzare il mio cuore di compassione e d'amore. Veder piangere una Madre, ed una tale Madre, senza adoperare tutti i mezzi possibili per consolarla, per cambiare i suoi dolori in gioia, si può comprendere?

 

O Madre più che buona! Voi siete stata formata di tutte le prerogative di cui Dio è capace. Voi avete, in un certo senso, esaurito la potenza di Dio; Voi siete buona, ed ancora buona della bontà di Dio stesso; Dio, formandovi come il suo capolavoro celeste e terrestre, si è reso ancora più grande.

 

La Vergine SS. aveva un grembiule giallo. Ma che dico, giallo?

Aveva il grembiule più luminoso di più soli messi insieme. Non era una stoffa materiale, ma un composto di gloria, e questa gloria era splendente di una bellezza che rapiva. Tutto nella Vergine SS. mi portava ad adorare e ad amare il mio Gesù in tutti i dettagli della sua vita mortale.

 

La Vergine SS. aveva due catene, una un po' più larga dell'altra.

A quella più stretta era sospesa la Croce di cui ho parlato sopra. Queste catene (non posso chiamarle diversamente) erano come dei raggi di gloria, di un gran chiarore che variava e scintillava.

 

Le scarpe, poiché così bisogna chiamarle, erano bianche, ma di un bianco argenteo, brillante, ed intorno vi erano delle rose.

Queste rose erano di una bellezza abbagliante, e dal centro di ognuna usciva come una fiamma di luce bellissima e gradevolissima. Sulle scarpe vi era un fermaglio d'oro, ma non oro di questo mondo, bensì di paradiso.

 

La visione della Vergine SS. era di per sé un intero paradiso.

Lei aveva con sé tutto quanto poteva dare soddisfazione, poiché si dimenticava questa terra.

 

La Madonna era circondata da due luci: la prima, a Lei più vicina, arrivava fino a noi e brillava con vivissimo splendore. La seconda luce si spandeva un po' più attorno alla Bella Signora, e noi ci trovavamo immersi in essa ed era immobile (cioè non brillava) e molto più luminosa del nostro sole terrestre. Tutte queste luci non facevano male agli occhi, e non affaticavano la vista.

 

Oltre queste luci e tutto quello splendore, vi erano altri fasci di luce o altri raggi di sole, come se nascessero dal corpo della Vergine, dai suoi abiti, dappertutto.

 

La voce della Bella Signora era dolce; incantava, rapiva, e faceva bene al cuore; saziava, appianava ogni ostacolo, calmava, addolciva: mi sembrava come se volessi sempre saziarmi della sua bella voce, ed il mio cuore pareva ballare o volerle andare incontro per struggersi in Lei.

 

Gli occhi della Vergine SS., nostra tenera Madre, non possono essere descritti da lingua umana. Per parlarne occorrerebbe un Serafino, più ancora, occorrerebbe la lingua stessa di Dio, di quel Dio che formò la Vergine Immacolata, capolavoro della sua Onnipotenza.

 

Gli occhi dell'augusta Maria sembravano mille e mille volte più belli dei brillanti, dei diamanti, delle pietre preziose più ricercate; brillavano come due soli; erano dolci, come la stessa dolcezza, limpidi come uno specchio. In quei suoi occhi si vedeva il paradiso; attiravano a Lei; sembravano che Ella volesse donarsi e attirare. Più la guardavo, più desideravo guardarla; e più la guardavo, più l'amavo; e l'amavo con tutte le mie forze.

 

Gli occhi della bella Immacolata erano come la porta di Dio, da dove si vedeva tutto quanto poteva inebriare l'anima. Quando i miei occhi si incontravano con quelli della Madre di Dio e mia, sentivo dentro di me una gioiosa rivoluzione d'amore ed una protesta d'amarla e di struggermi d'amore.

 

Guardandoci, i nostri occhi, a loro modo, si parlavano, e l'amavo talmente che avrei voluto abbracciarla proprio nell'intimo stesso di quegli occhi che mi intenerivano l'anima e sembravano attrarla e farla fondere con la sua. I suoi occhi comunicavano un dolce tremito a tutto il mio essere; e temevo di fare il più piccolo movimento, per paura che le potesse essere minimamente sgradevole.

 

La sola vista dei suoi occhi sarebbe bastata per costituire il Cielo di un beato; sarebbe bastata per far entrare un'anima nella pienezza della Volontà dell'Altissimo, per tutti gli avvenimenti che capitano nel corso della vita mortale; sarebbe bastata per far fare a quest'anima degli atti di lode, di ringraziamento, di riparazione, di espiazione. Questa visione, da sola, concentra l'anima in Dio e la rende come una morta-vivente, che guarda tutte le cose della terra, anche quelle che sembrano più serie, come se fossero semplici giuochi di bambini; l'anima vorrebbe soltanto sentire parlare di Dio e di tutto ciò che riguarda la sua Gloria.

 

Il peccato è il solo male che Lei vede sulla terra. Se Dio non la sostenesse, ne morirebbe di dolore. Amen».

 

Castellammare, 21 novembre 1878.

 

MARIA DELLA CROCE VITTIMA DI GESÙ

nata Melania CALVAT, pastorella di La Salette.

 

Francoise-Mélanie Mathieu-Calvat - Corps (Francia)1831-Altamura(Italia)1898