Concedi benigno la pace ai nostri giorni
|

|
La parola pace governa tutta la liturgia prima della comunione. La preghiera
che viene subito dopo il Padre Nostro: "Concedi benigno la pace ai
nostri giorni, perché con l'aiuto della tua misericordia vivremo sicuri da
ogni turbamento nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro
Salvatore Gesù Cristo", è una magnifica analisi della pace come
conseguenza visibile della fede. Pace vuoi dire che il peccato non ci freni
mai e questo è possibile solo con il soccorso della misericordia di Dio, e
solo così si è sicuri da ogni turbamento, da ogni angoscia perché ci si
poggia sulla unica base solida. L'attesa poi determina la chiarezza dell'orizzonte
e del fine, senza la quale la pace non può essere completa.
La Bibbia definisce Dio: mia misericordia. Dio per l'uomo è misericordia e la
pace in noi ha solo un nome: la misericordia di Dio. Solo sulla pace si
edifica, nella guerra si altera e si distrugge.
La parola più comprensiva e definitiva di ciò che Dio è per l'uomo è il
perdono: io ti perdono, dice Dio al popolo d'Israele; farete sempre male, voi
vi ribellerete ma io vi perdono perché sono Dio, e non un uomo. Per l'uomo è
impossibile il vero perdono perché questa parola vuol dire far rinascere da
capo. Il rapporto con Dio invece rinnova. "Se i tuoi peccati fossero
rossi come scarlatto io ti purificherò rendendoti candido come la neve".
La nostra realtà mondana è legata, condizionata da quel che uno fa. Mentre
l'uomo è libero perché Dio lo libera. La vita passata diventa novità e tutto
coopera al bene, anche il male. È terribile come noi cristiani possiamo
passare settimane, anni, senza sentire l'abbandono profondo nella
misericordia di colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi.
Vivo, non io, ma è Cristo che vive in me; perciò io vivendo nella carne vivo
nella fede del Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me
(Gal 2, 20). Se Dio è con me chi mi può condannare? Così dice san Paolo nella
lettera ai Romani. Noi non abbiamo questo senso della pace perché non abbiamo
il senso della vera contrizione. Solo nella misura della contrizione può
determinarsi la capacità della pace. Tutte le volte, infatti, che Dio parla
all'uomo inizia il suo discorso così: non si turbi il vostro cuore, non
abbiate paura.
Tutto questo non è un pietismo irresponsabile, è una responsabilità vissuta.
Nel seguito della liturgia, il prete dice davanti all'altare:
"Scambiatevi un segno di pace. La pace del Signore sia sempre con
voi". Vale a dire invita alla pace tra noi. La pace tra uomini
socialmente magari estranei è certamente un altro miracolo - sfida al mondo
perché è impossibile al di fuori della mentalità cristiana.
Sottolineo alcuni fattori di questa pace fraterna:
La non mormorazione
Non è possibile innanzitutto andare abbracciati dalla misericordia resa corpo
di Dio, che è la comunione, avendo mormorato del fratello. Questa è l'opera
di satana: diffondere il male. La mormorazione, dico mormorazione perché la
calunnia è anche la bestemmia contro la verità, è un allargare il male del
mondo. Chi mormora ha il gusto del male. Quando noto il fratello che ha un
difetto e che ha sbagliato, ben memore dei miei difetti, troverò specchiato
l'orrore dei miei nel suo delitto.
La non ira
San Paolo dice: "non adiratevi", ma dice anche: "il sole non
cada sopra la vostra ira". L'ira è una piccola pazzia che è in noi.
La non ira si chiama pazienza. La pazienza è proprio come la figura di
Atlante, l'uomo che porta sulle spalle il mondo. La pazienza è Cristo.
"Nella vostra pazienza possiederete la vita". Il contrario
dell'ira, la quale pretende che le cose cambino subito o siano diverse.
La non chiusura del cuore
Infine chiediamoci: Come fa ad esserci tra noi un bisogno senza che non si
ripercuota in tutti? Attraverso il realizzarsi di questa fraternità pratica,
reale, cambia il nostro individualismo nel vivere. Solo Cristo distrugge il
modo individualistico di concepire l'uomo e le cose. Occorre tempo, ma
attraverso questa fraternità il mondo è sfidato con il miracolo che esso non
può compiere: l'unità tra gli uomini. "Scambiatevi il segno della
pace". È un simbolo di abbraccio molto più grande, profondo e reale. Il
processo di realizzazione è l'inverso del processo di conoscenza: alla
conoscenza ci accostiamo quando ci raduniamo insieme, quando la chiesa che ci
chiama è Cristo che chiama tutti, ma le cose vere che impariamo incominciano
a realizzarsi nel piccolo.
Questa pace con noi, tra di noi si oggettiva dunque in strutture di vita, in
convivenza, e così si potenzia il gusto, l'intelligenza, l'energia
nell'interesse al mondo. La nostra pace non è un fuggire nel deserto; la
nostra fraternità, la nostra unità non è il fare una roccaforte da cui non si
esca mai. Genera una passione per il mondo, per il lavoro e i suoi problemi,
per la vita sociale, passione per il mondo secondo il temperamento, la
vocazione e la situazione.
Radunandoci e dicendo la messa noi non risolviamo i problemi del lavoro
secondo le loro esigenze tecniche. Ma dicendo la messa noi impariamo la
posizione esatta per affrontare i problemi del lavoro. Sappiamo quello su cui
non dobbiamo cedere e l'idea sintetica in base alla quale condurre tutte le
nostre attività.
La messa imposta il soggetto dell'azione che siamo noi. Imposta l'attore nel
grande dramma nel mondo.
Così la liturgia della messa ci prepara a compiere coscientemente il gesto
della comunione sacramentale.
Allora, diventa chiaro il significato di ciò che la Chiesa, subito dopo il
Sanctus, ci fa leggere in quella bellissima invocazione: "Ti preghiamo
umilmente per la comunione al corpo e al sangue di Cristo: lo Spirito ci
riunisca in un solo corpo".
Questo è l'ideale della felicità del mondo: dare unità al mondo. E attraverso
la nostra comunione al corpo e al sangue di Cristo, attraverso la comunione
delle nostre azioni con Cristo, attraverso la consacrazione della nostra
vita, lo Spirito realizzerà l'unione degli uomini in un solo corpo. Questa è
la nostra fede: la fede scavata nel volto carnale, superficiale delle cose,
la consapevolezza di quell'azione misteriosa dello Spirito. Per questo
diciamo che il primo contributo dei cristiani alla liberazione anche
politica, sociale, umana del mondo è vivere la fede, cioè la comunione,
intesa come gesto singolo della messa, ma fattore e dimensione della vita.

|