Il sacrificio della Messa

 

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Consacrazione

 


Dopo l'offertorio viene la consacrazione, il momento supremo della messa. Proprio all'inizio del Sanctus il sacerdote stende le mani sul pane e sul vino dicendo: "Padre veramente santo e fonte di ogni santità...". Santo e santità sono parole che indicano la verità delle cose, aggiungendo all'idea di verità il concetto che una cosa è vera se è come Dio la vuole, perché è Dio che crea tutto. Le parole santità, o personalità vera, realizzazione della vita, perfezione, soddisfazione totale o felicità, sono parole analoghe.
Che il sacerdote dica: "santifica questi doni con l'effusione del tuo spirito" significa chiedere a Dio di rendere veri, autentici i rapporti con gli amici, la moglie, il marito, i colleghi. Renderli veri, cioè pieni di fede, perché la verità è solo nella fede. E quando il sacerdote prosegue dicendo: "perché diventino per noi il corpo e il sangue di Cristo", non recita una formula vuota perché Cristo ha realmente penetrato la storia come corpo mistico, corpo di cui ognuno è membro. Dice san Paolo: "Voi che siete stati battezzati in Cristo vi siete immedesimati con Cristo. Non esiste più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti voi siete un sol uomo in Cristo" (Gal 3, 27 s.). Questa è la nuova creatura che è entrata nel mondo, perciò tutte le nostre azioni sono chiamate a diventare espressioni della realtà di Cristo che è nel mondo.
E infatti dice la preghiera che è al centro della Consacrazione: "Egli, offrendosi liberamente alla sua passione prese il pane, rese grazie e lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: 'Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi'". Le parole vengono ripetute per il calice di vino e si conclude dicendo con Gesù: "Fate questo in memoria di me". Tutto quello che noi siamo grida a Dio la preghiera che è al centro della messa: tutto deve diventare corpo e sangue di Cristo, parte del mistero di Cristo che ha già liberato il mondo con la sua morte e resurrezione, ma che investe le nostre azioni della possibilità di collaborare a questa liberazione. Tutto il mondo ha bisogno della nostra fede, che la nostra vita cambi per fede, che diventi morte e resurrezione di Cristo operante nella storia. "Ecco, vengono dei giorni, dice il Signore, in cui farò con la casa d'Israele e quella di Giuda una nuova alleanza. Non sarà come l'alleanza che feci con i loro padri, quando li presi per mano e li trassi dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno violato, e per questo li ho rigettati, dice il Signore. Ma ecco l'alleanza che io farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni, dice il Signore. Metterò la mia legge in loro, la scriverò nei loro cuori; allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendosi a vicenda: Impara a conoscere il Signore! Ma tutti, dal più piccolo al più grande, mi potranno conoscere, dice il Signore, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato" (Ger 31,31-34).
Ma che cosa significa che tutte le nostre azioni devono diventare gesto di Cristo? Significa che devono essere vissute nella fede, cioè nell'unione con Cristo, unione che si realizza nella vita della Chiesa.
La Chiesa è il mistero di Cristo nel mondo, frutto dell'alleanza irreversibile per cui nella messa il sacrificio del corpo e del sangue del Figlio di Dio viene offerto proprio in nome di questo patto: "per la nuova ed eterna alleanza". L'Alleanza nel Vecchio Testamento significa che Dio si era coinvolto con la storia del popolo d'Israele, ma per noi oggi quello è solo un simbolo del coinvolgimento finale che Dio si è assunto quando è diventato uno di noi ed è morto e risorto per noi. Cristo è Dio che si è coinvolto con noi per liberarci. E perciò lo scopo per cui la vita esiste è già tra noi, è come un seme sotto la terra, è Cristo risorto. Quello che il mondo dovrà essere alla fine, l'amore vero dell'uomo e della donna, l'amicizia vera ed eterna, la carità e l'amore senza autoritarismi e sfruttamenti, sono entrati nella storia e anche dentro di noi, nella struttura più profonda del nostro essere attraverso il battesimo. Tutte le nazioni però debbono essere portate dentro questa alleanza, in nome della fede nella morte e nella resurrezione di Cristo.
Padre nostro
Alla fine della consacrazione la Chiesa ci fa leggere il Padre nostro, con cui si conclude la parte centrale della messa. Siamo così chiamati a ricordare che tutte le nostre azioni sono funzioni di un grande disegno che è il disegno del Padre. Così Gesù quando ci insegna a pregare ci aiuta a ricordare, se ripetiamo le sue parole, che le nostre azioni hanno un solo scopo: che venga il Suo Regno. Ogni gesto vissuto senza la coscienza di essere funzione del disegno di Dio è come sfocato. "Padre nostro venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà". Senza questa coscienza il gesto sarebbe perso per la verità della storia umana, per la liberazione del mondo, per il bene degli uomini. La pienezza della sua verità viene recuperata soltanto nella coscienza di coloro che vivono di fede, - per l'autore del gesto è, poco o tanto, una alienazione. In quella coscienza sta la "consacrazione" della vita. Queste parole "consacrato" o "sacro" suscitano in noi concetti molto parziali e limitati; sono invece parole che indicano un fatto globale, perché la consacrazione della vita a Dio significa la verità dell'amore, del lavoro, della ricerca, della giustizia, della vita stessa. La vita intera si trasfigura. Da questa conversione della vita il vero cambiamento del mondo incomincia fin d'ora. Ogni altro punto di partenza è presuntuosamente falso. Si tratta di quella sapienza di Dio che, come dice san Paolo scrivendo ai Corinti, è stoltezza per il mondo.
Tutto quel che facciamo entri nel disegno di Dio.
Questa convinzione, questa consapevolezza e la volontà di portarla avanti sono il fulcro di tutta la vita morale del cristiano.
Il nostro cambiamento avverrà proporzionalmente alla nostra capacità di appoggiarci davvero a questo fulcro, anche se rimarremo peccatori. Capiremo, sentiremo, faremo cose fondamentalmente diverse pur rimanendo peccatori. Dio infatti consacra anche il nostro male attraverso il segno più grande della sua potenza: il perdono. Siamo chiamati a vivere secondo la fede anche il nostro male, il che significa accettare il perdono di Dio. Così non potremo essere fermati neppure dal nostro male.
Per questo il Padre nostro dopo averci fatto dire "Venga il tuo Regno" conclude con queste parole: "ma liberaci dal male". La liberazione dal male significa vivere in modo tale che il nostro peccato non diventi una prigione, una causa di blocco: o meglio, il peccato non riesce più a diventare programma, pur rimanendo dolorosamente possibilità continua di incoerenza, per debolezza o cattiveria. Questa liberazione permette una continua ripresa del cammino, una indomabilità nel non lasciarsi abbattere dai nostri errori, derivata dalla coscienza che Dio è più forte della nostra stessa debolezza o cattiveria.

 

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