TADDEO (Giuda di Giacomo)

GR. THADDAIOS

 

Nel Nuovo Testamento, Taddeo è poco più che un nome, e indica uno dei 12 uomi­ni che Gesù scelse per formare un gruppo più ristretto di discepoli; viene citato da Matteo e Marco nei loro Vangeli. Luca invece non lo elenca tra i Dodici, e in sua vece menziona per due volte «Giuda di Giacomo» (Lc 6,16 e At 1,13). Alcuni manoscritti del testo di Matteo riportano Lebbeo anziché di Taddeo, oppure «Lebbeo, il cui soprannome era Taddeo», co­me si legge nella cosiddetta Bibbia di re Gia­como. L'incertezza sul nome di Taddeo lascia la sua identità e il suo stato ambigui nella successiva tradizione, dove viene spesso identificato come uno dei 72 discepoli che Gesù mandò in missione, invece che come uno dei Dodici.

 

Un fratello di Gesù di nome Giuda figura nei Vangeli di Matteo e di Marco quan­do il Messia tornò «nella sua patria» (Mt 13, 54; Mc 6,1), quasi certamente Nazaret, e co­minciò a insegnare nella sinagoga. Gli abitan­ti del luogo, già scettici nei confronti di quel «figlio del carpentiere» (Mt 13,55), i cui fra­telli e sorelle erano da loro conosciuti, rimase­ro delusi per il rifiuto di Gesù di operare tra lo­ro i miracoli che aveva compiuto altrove.

Sarebbe naturale pensare che Giuseppe e Maria fossero i genitori di Giuda e degli altri fratelli di Gesù ricordati in questo brano, ma alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che potessero essere figli di un precedente matri­monio di Giuseppe. San Girolamo (IV-V seco­lo d.C.), un padre della Chiesa, sostiene che il termine greco adelphoi, tradotto qui con "fra­telli", può significare anche "cugini". Secondo una tradizione molto antica, Giuda fu l'autore della Lettera di Giuda. Si narra poi che due ni­poti di Giuda diventarono capi della Chiesa e furono condotti davanti all'imperatore Domiziano, il quale, dopo aver visto le loro mani callose, li lasciò liberi come innocui contadini.

 

Sebbene fosse uno dei 12 apostoli, Giuda «[figlio] di Giacomo» (Lc 6,16; At 1,13) è associato a un unico episodio dei Vangeli. In Giovanni 14,22, Giuda chiede a Gesù: «Si­gnore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?»; al che Gesù risponde che l'amore genera obbedienza, che verrà ri­compensata con il favore divino. L'identifica­zione di questo Giuda è molto discussa; po­trebbe essere il Taddeo di Matteo 10,3 e di Marco 3,18, dal momento che i primi due evangelisti non includono questo Giuda nel loro elenco degli apostoli.

 

La Lettera di Giuda è scritta da un «servo di > Gesù Cristo, fratello di Giacomo» (Gd 1). L'ultima lettera del Nuovo Testamento pa­re indirizzata a una Chiesa o a un gruppo di Chiese, probabilmente in Asia Minore. Il te­sto, scritto forse intorno all'80 d.C, mette in guardia contro i falsi maestri che si sono infil­trati nelle comunità. L'autore invita i lettori a costruire il proprio «edificio spirituale sopra una santissima fede» (Gd 20). Il testo di Giu­da mostra una dipendenza dalla Bibbia ebraica e dalla letteratura apocalittica, compresa una citazione dal libro attribuito a Enoch.

Tradizionalmente, colui che scrive viene identificato con Giuda, fratello di Gesù, dal momento che il Giacomo di cui parla in aper­tura della lettera potrebbe essere Giacomo, fratello di Gesù, figura molto importante nella Chiesa primitiva. Giuda, dopo la risurrezione di Cristo, divenne probabilmente un missiona­rio itinerante, che diffuse il Vangelo per la Pa­lestina e anche tra i Giudei della Diaspora. La lettera si riferisce infatti a questo tipo di mis­sione. Alcuni studiosi, però, pensano che un autore più tardivo abbia attribuito il suo scrit­to a Giuda per conferirgli maggiore autorevo­lezza come opera di un consanguineo di Gesù.

 

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