I Cappuccini. 
I frati più amati dal popolo

 

 

 

I Frati minori cappuccini fanno  parte dell'Ordine francescano, fondato da S. Francesco,  in seno al quale sono nati come movimento dì riforma nel clima di rinnovamento che precedette il Concilio di Trento. Fu frate Matteo da Bascio che nel 1525 ottenne da Papa Clemente VII il permesso di osservare la Regola francescana senza le dispense che nei secoli ne avevano attenuato lo spirito. La nuova congregazione si chiamò dei «frati minori della vita eremitica»; ma subito il popolo diede ai nuovi frati l'appellativo di «cappuccini», a causa del lungo cappuccio appuntito che portavano.

 

 

 

 

 

Nell’anno giubilare 1525 un frate fugge da un conventino dell’Osservanza francescana nelle Marche e va a Roma. Veste un “habitello stretto et capuccio aguzzo”, cammina scalzo e porta una croce. Ė fra Matteo da Bascio, e lascia il convento per vivere più a fondo la regola di Francesco d’Assisi. 

A Roma ottiene da papa Clemente VII il permesso verbale di indossare sempre quel ruvido saio con cappuccio osservando alla lettera la regola di vita assolutamente povera.

Da quella fuga solitaria è nata la terza e più recente famiglia francescana, riconosciuta nel 1528 come comunità dei “frati minori della vita eremitica” e chiamata più tardi Ordine dei Frati Minori Cappuccini di san Francesco. Insomma, "i Cappuccini", ben noti per l’abito e la barba, protagonisti allora di un importantissimo atto di riforma dall’interno della Chiesa.

Matteo da Bascio, dopo momenti di difficoltà con i superiori francescani, vide crescere i propri seguaci: nel 1529, cinquecento frati tennero il loro primo Capitolo ad Albacina, nelle Marche.

Eremo di Albacina

Riforma, dunque, ma cominciando da sé stessi: e già questo distingueva i rinnovatori dai puri critici della Chiesa; poi, riforma senza ribellione, con enorme fiducia nella forza dell’esempio. Questo il loro modo di vita: niente conventi, bensì “luoghi” appartati, casupole o anche grotte; invece dello studio, la preghiera, per penetrare nella “illuminativa e infiammante carità di Cristo, che supera ogni conoscenza”. E questo il modo di predicare: niente dibattiti teologici, ma ritorno puro e semplice al Vangelo, illustrato in maniera disadorna eppure efficacissima, che lo rendeva trasparente a tutti, e con perfetta logica giustificava l’esortazione finale: perdono e preghiera.

I Cappuccini, dapprima incerti tra preghiera e predicazione, finirono per impegnarsi in entrambe le attività, alternando l’opera missionaria a periodi dì austero raccoglimento, “sforzandosi di infiammarsi come i Serafini del divino amore acciocché, essendone essi ben caldi, possano riscaldare gli altri”.

La loro enorme popolarità deriva molto semplicemente dall’esempio. Questi frati non contestavano nulla, non si ribellavano a nulla: però, quando arrivava una delle frequenti pestilenze, erano tutti lì ad assistere i malati e i morenti, a seppellire i morti (e a morire anch’essi del morbo, assai spesso). 
La gente cominciò ad amare in maniera particolarissima gli uomini barbuti dalla rozza tonaca e dar cappuccio a punta, con la foro permanente e completa disponibilità, maestri degli analfabeti, visitatori dei detenuti nelle carceri, indifferenti alla politica e al successo. Persino nel prenderli in giro, a volte, l’atteggiamento pubblico sottolineava che la gente li considerava cosa propria.

Al di là di ciò che potevano dire o pattuire i nunzi pontifici alle Diete imperiali in materia canonica, i Cappuccini erano una “risposta”, sul piano del totale impegno, alla Riforma protestante. La loro presenza e la loro attività furono uno dei motivi per cui l’Italia restò unita a Roma. E non solo l’Italia. Sebbene all’inizio la comunità cappuccina fosse limitata alla Penisola, poco più tardi i frati vennero chiamati a operare anche altrove, soprattutto nella Germania meridionale e in Austria, con risultati importantissimi sul piano della difesa; e anche del recupero di anime.

A un secolo dalla fondazione, la comunità era giunta ad avere quindicimila frati distribuiti in un migliaio di conventi, dall’Europa all’America latina. Non mancarono le crisi interne: e clamorosa fu quella suscitata dal loro più grande predicatore, Bernardino Ochino da Siena, che passò al protestantesimo, attirando su tutti i Cappuccini il sospetto di eresia, tanto che si attribuì a papa Paolo III l’intenzione di sopprimere l’Ordine. Ma il superiore della comunità, Francesco da Jesi, dopo un’apertissima inchiesta, poté dimostrare che mai i Cappuccini si erano discostati dalla fedeltà al Pontefice.

E poi, di rinforzo, oltre a importanti personalità religiose e laiche, intervenne a difendere i frati la gente, la semplice gente cristiana, con la sua simpatia e la sua stima. Con le Costituzioni del 1536 e del 1552, i Cappuccini riuscirono a superare la crisi. Nel concilio di Trento, infine, ottennero la definitiva sistemazione legale, in seno alla Chiesa e al francescanesimo.

 

© 2000, ed. San Paolo

 

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L’Ordine dei Frati Minori Cappuccini

 

Nel 1500 la Chiesa fu interessata da grandi riforme, nate in seno all’Osservanza, tra queste la riforma dell’Ordine dei Cappuccini.

Autore e guida di questa riforma, dai caratteri tutti propri, fu fra Matteo da Bascio, un osservatore marchigiano che, desideroso di seguire la parola di vita di san Francesco, si allontanò dal convento di Montefalcone per chiedere al Santo Padre l’autorizzazione a vestire umili panni e vivere nella povertà e nella predicazione itinerante. A lui si unirono Ludovico e Raffaele da Fossombrone per vivere nella pura e fedele osservanza della Regola francescana. La dedizione al servizio di Dio, la premura alla cura delle anime, la carità verso i malati durante il flagello della peste, erano il fuoco che illuminava i loro cuori.

Nel 1526 i tre frati ricevono l’autorizzazione dalla Santa Sede per vivere, secondo la loro vocazione nell’eremo di San Cristoforo sotto la protezione del vescovo di Camerino.La vocazione alla vita di lavoro e preghiera fece maturare in loro l’idea di una riforma francescana.

Con l’aiuto della duchessa di Camerino Caterina Cybo, nipote del Papa Clemente II, e sostenuti da molti frati osservanti, Matteo, Raffaele e Ludovico rivolsero al Santo Padre una supplica in cui chiedevano di portare la barba e il saio di San Francesco con il lungo cappuccio a punta come simbolo di povertà, semplicità e austerità. Il Papa Clemente II con la bolla Religionis zelus (3 luglio 1528), concesse ai frati di vivere nel modo più rigido, come era loro desiderio, secondo gli insegnamenti del Santo d’Assisi.

I frati riuniti nell’eremo di Santa Maria dell’Acquarella elessero i propri superiori, a norma della Regola francescana, e scrissero la prima costituzione che improntava la loro vita alla povertà, all’austerità, alla preghiera, alla solitudine e al silenzio. Per definire la loro regola di vita si rifecero agli scritti e all’esempio di San Francesco cercando di cogliere il messaggio della tradizione genuinamente riformistica dell’Ordine, che prescriveva di unire l’impegno pastorale alla vita contemplativa.

In breve tempo numerosi francescani dell’Osservanza si unirono ai riformati, tra loro nomi insigni come Giovanni da Fano, Bernardino d’Assisi, Bernardino Ochino, che sarebbero divenuti le colonne della nuova famiglia francescana.

Con l’ingresso di questi frati nell’Ordine si poté sviluppare il ministero, che dava grande importanza agli studi e alla predicazione nello spirito della preghiera e dell’austerità mentre, fino ad allora, i frati si erano dedicati al lavoro manuale. I precetti di opera manuale e apostolica, fissati in quegli anni rimangono ancora oggi nell’Ordine.

Gli albori della storia dell’Ordine è segnata da grandi predicatori dalla vita esemplare e da grandi frati dalla eloquenza travolgente che predicavano la parola di Dio con semplicità evangelica. I cappuccini predicavano i comandamenti di Dio, del Vangelo e della Sacre Scrittura, riprendendo i vizi ed esaltando le virtù. La cristianità ebbe il dono di un nuovo predicare, pieno di quel fervore capace di infuocare gli animi.

I frati cappuccini si prodigarono, fin dal principio, per la formazione dei confessori e perché attraverso la confessione il popolo di Dio potesse trovare sollievo dai peccati. Con discreta carità i frati assistevano i malati, in particolar modo durante gli anni della peste, come leggiamo nella loro costituzione “..è dolce, iusta et debita cosa morir per chi morì per noi in croce…”

Dopo la Riforma Cappuccina, il numero di frati che abbracciavano l’Ordine crebbe rapidamente: alla fine del600 i frati cappuccini erano più di 3500, nella metà del ‘700 raggiungevano il numero di 34.000 in tutta Europa, in America, in India e in Africa. Oggi l’Ordine è presente in 92 paesi del mondo.

Nei suoi secoli di storia, l’Ordine ha accolto fra le sue mura molti frati la cui santità è stata riconosciuta dalla Chiesa, da San Felice da Cantalice fino a Padre Pio da Pietrelcina. Il frate cappuccino si dedica al popolo di Dio con umiltà e devozione, prega e lavora conservando nel suo cuore lo spirito di San Francesco.

 

E la Povertà, dopo un sonno
placidissimo e non appesantito da cibo né da bevanda
si alzò alacremente,
chiedendo che le fosse mostrato il chiostro.
I frati la condussero su di un colle
e le mostrarono tutt’intorno la terra
fin dove giungeva lo sguardo, dicendo:
“Questo, signora, è il nostro chiostro”.

(cf. Fonti Francescane, 2022)

 

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