LE FESTE POPOLARI

A MUSELLARO

LA FESTA DEL SS.MO CROCIFISSO

 

 

TRA STORIA E DEVOZIONE

 

Sulle colline pescaresi, nel Comune di Bolognano, in località Musellaro si erge, austero ma assai solenne il Santuario del SS.mo Crocifisso Miracoloso. Vi si venera, infatti, una miracolosa Immagine riportata, secondo la leggenda, dalla Terra Santa in occasione delle Crociate, dal feudatario del luogo.

Oggetto di costante devozione popolare, il SS.mo Crocifisso di Musellaro è meta, da sempre, di pellegrinaggi soprattutto il 20 settembre di ogni anno quando se ne celebra la festa.

 

Le origini del piccolo centro di Musellaro si perdono nella notte dei tempi. Si trovano in diverse raccolte, per lo più di epoca medievale, taluni indizi. Pare che anticamente si chiamasse Lucus, toponimo riportato anche dal Chronicon Casauriense che riporta, in verità, anche la voce Mosellule accanto a Salle e Lucus Picceri; in una formella del portale dell'Abbazia di S. Clemente compare la scritta Mosellula; Nella prima parte dell'Instrumentarium, alla carta 39v e 40r, troviamo le cartule Mosellulae, addirittura anteriori alla costruzione della stessa Abbazia casauriense. Vari strumenti di compravendita di terreni, risalenti al XIII sec., riportano nomi assai vicini a quello attuale: Musileo, Musiliolum. Conti e baroni, provenienti da feudi viciniori, governarono per secoli Musellaro. Degni di menzione sono i conti del Balzo (da cui l'omonima Chiesa parrocchiale di S. Maria del Balzo) e i baroni Tuzio.

            Così giungiamo ai nostri giorni. Nel 1806 scrive il Giustiniani: "Mosellaro o Musellaro, terra in Abruzzo citeriore, in diocesi di Chieti. Nelle situazioni del Regno e ne' Quinternioni è sempre detta però Mosegliaro. È situata in luogo irregolare, distante dal mare 20 miglia e 14 da Chieti. Il territorio confina con Bolognano, Salla, Sanvalentino e Tocco. Vi sono tre fiumi: il primo, Orta, che la divide dal territorio di Caramanico, e si scarica nel Pescara vicino Torre de' Passeri; il secondo Tarfanca, che si scarica nel primo e il terzo è detto Arigastia. I primi due fiumi danno barbi e anguille. Vi è una parte boscosa. La caccia consiste in tordi, starne, mallardi, e non vi manca l'altra di lepri, volpi, lupi, martore e qualche orso ancora. Gli abitanti ascendono a 400 tutti addetti all'agricoltura ed alla fabbrica delle corde (per armoniche, utilizzando le budella di pecore). Un francese, venuto in Musellaro alla fine del '700, sposò una certa Sarra indigena e iniziò a produrre corde armoniche".

            Musellaro, che costituiva Comune a sé, nel 1928, a seguito della istituzione della nuova provincia di Pescara, fu riunito a Bolognano, passando sotto la sua giurisdizione comunale con Regio decreto di Vittorio Emanuele II.

 

            In Musellaro si venera l'immagine del Crocifisso. Le origini di tale devozione risalgono all'epoca delle crociate allorquando un certo conte del Balzo riportò dalla Terra Santa il Crocifisso ed una tela della Madonna. Ma andiamo con ordine.

L'espansione dei mussulmani nel medio oriente aveva rappresentato, per i cristiani e per Gerusalemme in particolare, la fine del culto: i mussulmani ridussero a moschee tutte le chiese cristiane, ad eccezione di quella del S. Sepolcro a causa dei pellegrini che rappresentavano la ricchezza di Gerusalemme, abbatterono tutte le croci, le profanarono e le buttarono via assieme a tutti gli oggetti sacri. Così il crociato conte del Balzo trovò gettato in un fosso questo Crocifisso ed un dipinto di Madonna su tela. Rientrato a Pescara, di passaggio per Musellaro, donò ai baroni Tuzio il Crocifisso e il dipinto che furono tenuti in grande venerazione nel palazzo.

            Dopo pochi anni la peste distrusse quasi l'intera popolazione e i membri della famiglia baronale. L'unico superstite, il giovane Tiburzio Tuzio, trasformò un'ala del castello in Chiesa parrocchiale in sostituzione di quella originale di S. Nicola di Bari, fuori le mura a seguito dei saccheggi continui che essa subiva. Tale Chiesa fu consacrata dal Vescovo di Chieti, Bartolomeo I e dedicata a S. Maria del Balzo (come tuttora è chiamata) in memoria del conte che donò la tela. Nel 1659 i baroni Tabassi di Sulmona acquistarono la baronia di Musellaro ed il crocifisso fu abbandonato in un cantuccio della faterna (ripostiglio di cose vecchie).

Qualche tempo dopo (probabilmente tra il 1600 e il 1700) avvenne un fatto prodigioso. Il barone di Aquila esigeva degli oneri fiscali assai gravosi dai musellaresi. Ma questi, perché morosi da molti anni a causa dell'estrema miseria, mandò un capitano con alcuni soldati per disperdere od imprigionare i cittadini e così poter vendere il fondo rustico. Senonché, arrivati alle porte del villaggio, una densa nube di nebbia e polvere accecò i soldati a tal punto da indurli a desistere dalla loro missione anche per l'arrivo di un corriere con l'ordine di tornare indietro; questo perché il SS.mo Crocifisso, sotto le sembianze di un nobile cavaliere, cinto di fascia rossa, si era presentato al barone dell'Aquila, riscattando tutti i pesi passati, presenti e futuri.

            Nel frattempo, i musellaresi, intimoriti dell'arrivo dei soldati aquilani, pregavano con il parroco quando Elena, la sagrestana vecchia e zoppa, andata nella faterna a prendere l'olio per le lampade, vide l'abbandonato e rotto crocifisso ricongiunto, attaccato alla croce e grondante sangue. La vecchia cercò di asciugarlo riempiendone due fazzoletti. I fedeli, visto lo strepitoso miracolo, subito restituirono al Crocifisso la venerazione dovuta, e trasformarono la faterna in Oratorio (l'attuale Santuario). Il Vescovo di Chieti mandò il suo vicario a costatare il miracolo del sangue, confermato poi dalla risurrezione di un bambino morto soffocato per aver ingoiato acini di uva. Questi raschiò il pavimento bagnato di sangue mettendo il tutto in una cassetta poi murata nell'altare dove tuttora si trova, e portò i due fazzoletti a Chieti e poi a Roma. Il luogo dove avvenne il prodigio della nebbia prese il nome di Crocetta e lì vene costruita una piccola cappella detta della Conicella.

            Poiché il SS.mo Crocifisso operava miracoli strepitosi, attirando pellegrini da ogni parte, i sulmontini proposero di rubarlo ai musellaresi. Era presumibilmente il 1712 o giù di lì.  Essi vennero in molti a Musellaro, esposero la Croce con solenni feste pensando di disperdere i pochi fedeli locali allorquando il SS.mo Crocifisso fosse giunto in processione alla Conicella e così avrebbero potuto portarlo a Sulmona. Ma l'arciprete, non avendo ancora terminato il percorso normale della processione, si sentì tirare il piviale da una forza occulta a tal punto che non poté andare avanti e con lui tutta la gente. Ispirato dal Signore, indusse i fedeli a riprendere la via del ritorno, mentre i sulmontini furono costretti ad una precipitosa fuga perché sembrò loro di vedere un esercito di soldati che veniva loro incontro con aria minacciosa.

            Fra i tanti miracoli e grazie ottenute dai devoti del SS.mo Crocifisso se ne ricordano diversi.

            Una tale Domenico Follacchio, ricco musellarese, dimorante a Roma, nel 1668 si rivolse ai medici per via della sua malattia. Costoro non poterono guarirlo. Egli si avvicinava così alla morte quando pregò con fede il SS.mo Crocifisso e fu guarito. Fece così voto di tre lampade e si impegnò per protrarre le feste di settembre (18, 19 e 20) da tre a otto giorni. Ma il giorno 20, all'ora solita di richiudere il Crocifisso nella nicchia, si scatenò su Musellaro un terribile uragano che costrinse tutti i pellegrini a rifugiarsi nella Chiesa. Un braccio del Crocifisso si staccò e cadde sull'altare e il corpo rimase sospeso in aria fino a che non si decise di ricollocarlo al suo posto. Non appena il Crocifisso rientrò nella sua nicchia il braccio tornò al suo posto e l'uragano cessò immediatamente. Per questo tutt'oggi la sua esposizione non dura più di 48 ore nell'arco dei tre giorni di festa.

            Il 19 settembre 1825 il seminarista musellarese Alessandro Di Giacomo (che poi fu curato di S. Giustino a Chieti e Vescovo di Pescina) si trovava nel seminario di Penne e soffriva perché non poteva partecipare alla processione che era in corso di svolgimento a Musellaro. Gli cadde un fulmine attorno, gli bruciò le vesti ed una scarpa ma al giovane non accadde nulla; anzi il Crocifisso gli lasciò la sua immagine impressa sul petto.

            Il 19 settembre 1844 un certo Camillo Chierichetti di Sulmona, muto da due anni, ricupera la parola non appena si avvicina all'altare del SS.mo Crocifisso, come si rileva da una testimonianza scritta conservata nell'Archivio della Curia Arcivescovile di Chieti.

            Un maresciallo della finanza di Pescara, da dieci anni costretto a camminare con le stampelle (tuttora conservate) avendo una gamba paralizzata, fu guarito completamente non appena giunto all'altare del Crocifisso.

            Insomma, tanti miracoli riportati in registri manoscritti o tramandati oralmente testimoniano la grande fede del popolo verso il SS.mo Crocifisso di Musellaro. E i tanti doni votivi ci dicono l'abbondanza di grazia che da sempre è scaturita dal Cristo Crocifisso.

            Al di là della leggenda o della storia, emerge, in tale contesto, una straordinaria venerazione del mistero di Cristo che si fa uomo e sceglie di morire sulla Croce per la nostra salvezza. I fedeli di Musellaro e tutti i pellegrini che visitano il Santuario, esprimono una fede grande e anelano alla fonte della vita per ricevere ogni dono di grazia e di santità e dare al Cristo Crocifisso un piccolo segno di quell'amore grande che Egli ci ha donato.

            Il SS.mo Crocifisso di Musellaro è stato, è e sarà per tutti il segno grande dell'amore di Dio e la fonte per quanti anelano alla santità della vita e alla salvezza eterna.

 

 

RITORNARE ALLA CASA DEL PADRE: LA QUARESIMA

 

            Il tempo della quaresima è un momento in cui si può realizzare una esperienza spirituale molto forte: vivere il mistero di Cristo crocifisso.

            In Quaresima la comunità di Cristo fa riferimento a Lui che cammina verso Gerusalemme, verso il compimento del suo «Mistero pasqua­le». Ed egli trascina con sé tutta la sua Comunità verso quella realtà decisiva della storia della sal­vezza.

            Cristo è il protagonista di tutto ciò che vive e che ricordiamo; è Lui stesso al centro degli avvenimenti. È il modello della sua Comunità: si ritira nel deserto per pregare e digiunare, combatte e vince il diavolo con la forza della Parola di Dio. È il maestro: tutta la Comunità è in ascolto di Gesù nelle tematiche fondamen­tali della vita cristiana, specialmente nelle esigenze della «sequela», dell'essere cioè suoi discepoli.

            Per la Chiesa la Quaresima è il memoriale di Cristo ed è anche un tempo propizio per parteci­pare al suo cammino verso la Pasqua. Tutta la Chiesa è coinvolta in un itinerario di riconci­liazione.

            Questo è il tempo di vivere la conversione, sapendo che la essa è sempre un confronto con Cristo. Nei Vangeli di Quaresima, Cristo si rivolge ai suoi interlocutori dicendo «Io sono»: è la sua parola di rivelazione, e ciò richiama ad un confronto. Per compiere il nostro cammino di conversione, ci impegniamo a vivere alcune dimensioni.

            Anzitutto un cammino di fede più consapevole e l'ispirazione battesimale di questo tempo, richiamano tutti i cristiani a vivere con intensità quella dimensione del battesi­mo che mai deve finire, cioè quella di essere sempre in un ascolto costante della parola di Dio, e in una configurazione a Cristo. Con tale impegno il cristiano realizza la sua conver­sione. La Quaresima inizia con l'imposizione delle ceneri: è l'atto in cui la Chiesa ripete la parola evangelica che è pure la parola degli Apostoli all'inizio del loro mistero nella Penteco­ste: «Conver­titevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Convertirsi, per la Chiesa, significa misu­rarsi con Cristo Parola del Padre.

            Si capisce allora perché è necessario un ascolto più assiduo della Parola proprio per imitare Cristo. Nel deserto vince il diavolo con la forza della Parola e addita la parola che esce dalla bocca di Dio come suo alimento. Nella trasfigurazione sente la voce del Padre che rivela la sua Parola: «Ascoltate­lo!». Come anticamente i cristiani che si preparavano al battesimo erano parti­colarmente istrui­ti in questo tempo, così oggi la Chiesa vuole dare un spazio più ampio alla parola letta, meditata, pregata, vissuta.

            Altro atteggiamento è la preghiera intensa sull'esempio del Cristo che prega. Così ci viene presentato nelle due prime domeniche della Quaresima. Ed Egli offre tale stile alla Chiesa per metterla davanti ad una esigenza interiore necessaria. La preghiera ci aiuta a sentire la Parola come uno stimolo per la nostra vita e a conformarci ad essa. Se Gesù vive nella preghiera il suo mistero Pasquale, tutta la Chiesa è chiamata ad una più intensa preghie­ra, a questo «deserto» dove impara a lottare contro il peccato, a rendere gloria a Dio, a costruire la comunione come realizzazione del dono di Dio.

            La Parola di Dio che sarà proclamata nelle nostre assemblee, durante i giorni feriali tratta i vari temi propri della catechesi quaresimale, in armonia con la spiritualità di questo tempo: dal mercoledì delle ceneri fino al sabato della terza domenica di Quaresi­ma: il cammino del cristiano, discepolo e seguace di Cristo; dal lunedì della quarta setti­mana fino al sabato della quinta: il cammino di Cristo verso la Pasqua attraverso la proclamazione del vangelo di Giovanni, con i momenti più tragici di contrasto fra Gesù e i farisei.

            Nelle domeniche le letture dell'A.T. si riferiscono alla storia della salvezza, uno dei temi specifici della catechesi quaresimale. Quest'anno sono proposti i testi biblici dall'inizio fino alla promessa della Nuova Alleanza. Le Letture dell'Apostolo sono scelte con il criterio di farle concordare con quelle del Vangelo e dell'Anti­co Testamento e presentarle tutte nel più stretto rapporto possibile fra loro. Per quanto riguarda il Vangelo, nelle due prime domeniche si leggono, i racconti delle tentazioni del deserto e della Trasfi­gurazione. Nelle tre domeniche successive sono proposti i brani dal Vangelo di Giovanni della samaritana (Cristo è colui che dona lo Spirito), del cieco nato (Cristo è luce che illumina le nostre tenebre) e della resurrezione di Lazzaro (Cristo è la vita che vince la morte).

          La grande tematica che segna il senso teologico e spirituale di questa Quaresima è il forte riferimento al battesimo che esprime il nostro legame vitale a Cristo. Tutti i cristiani, consapevoli della loro condizione di popolo in cammino, si preparano alla rinnova­zione delle promesse battesimali che si compie nella solenne Veglia Pasquale ma che ciascuno ogni giorno realizza nella propria esistenza.

 

 

IL DONO DEL GIUBILEO

 

            L’anno 2000 a Musellaro nel Santuario del SS.mo Crocifisso. La nostra Chiesa è stata inserita nei percorsi diocesani giubilari. Ma perché si fa festa per un anniversario, per es. il 25°, il 50° di matrimonio, per un Giubileo? che cosa si celebra? che cosa vuol dire celebrare? Ci risponde Dio con la nascita del Cristo, che rappre­senta una delle occasioni più belle per fare festa.

                Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spaven­to, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». (Lc 2,9-14)

            E poi la consapevolezza che la Chiesa, anzi tutta l'umanità è sposa: sposa di Cristo e suo corpo. Essa, pertanto, celebra un Giubileo di 2000 anni di fedeltà da parte del suo Sposo, di 2000 anni di fecondità. Gesù è lo «sposo», il Dio fedele che è venuto a portarci la libertà ed è rimasto con noi perché tutti potessimo gioire della sua presenza.

            Ma le nostre vite sono spesso tristi e senza speranza.

            Quali sono i motivi di tanta tristezza e scoraggia­mento? Cosa, invece, ci fa gioire, quando siamo contenti?

            Gesù ci porta la gioia; cosa ci tiene lontani dalla gioia che Lui ci dona? È possibile per il cristiano vivere nella tristezza dal momento che ha dentro il proprio cuore Gesù Cristo fonte della gioia vera e senza fine?

            La Chiesa attraverso la voce del Papa ci invita a prepararci a celebrare il Giubileo dell'anno 2000, perché la nostra gioia sia piena attraverso la sua Lettera pastorale Tertio Millennio Adveniente. Egli afferma che nell'incarnazione di Gesù Dio è entrato nella nostra storia e da allora possiamo chiamarlo «papà»: è questa la verità sconvolgente che dà gioia e letizia alla nostra vita spesso turbata e povera.

            Ma noi vogliamo prepararci come si conviene a questo anno di grazia del Signore? C'è qualcosa, anche molto piccola, che possiamo fare insieme per aiutarci in tale preparazione? La nostra Chiesa Locale di Chieti-Vasto ha proposto un cammino ricco e ben articolato di appuntamenti forti. Ciascuna Comunità parrocchiale è chiamata pertanto ad inserirsi in siffatto contesto.

            Il Giubileo è anche la grande festa di famiglia con cui la Chiesa ci invita a celebrare la gioia della salvezza portata da Gesù Cristo, che da 2000 anni cammina con noi. Nell'Antico testamento il Giubileo si chiamava anno sabbatico, perché appunto il sabato per gli ebrei è il giorno del riposo di Dio e quindi di quello degli uomini. Noi cristiani celebriamo la domenica come il giorno del Signore che ricorda la resurrezione di Gesù. Potremmo allora parlare del Giubileo come del Grande Anno Domenicale. Ciascuno di noi, alla domenica, si cambia d'abito, non lavora, dedica qualche attimo della sua giornata a Dio. Che cosa ci aspettiamo dalla domenica? Per esempio, alla fine dell'anno il tema classico per gli scolari e gli studenti è: le mie vacanze. Cosa si aspettano i ragazzi da questa «lunga domenica» che sono le vacanze?. Ma ciascuno di noi, in vista delle vacanze, delle ferie quali desideri sente? cosa desidera ancora più fortemente?

Ci illumina Dio con la sua Parola:

 Il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna. Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesi­mo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest'anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo. (Lv 25,4-13)

            Possiamo confrontare le nostre attese in relazione alla domenica, alle feste e alle vacanze in genere con quelle che Dio nostro Padre nutre per noi.

            Che rapporti hanno le nostre «vacanze», le nostre «feste» con il «tempo santo» che Dio ci regala? che posto hanno le cose di Dio nel tempo del nostro riposo?

            Il Papa invita a prepararci al Giubileo come ad un tempo particolarmente dedicato al Signore, un tempo di liberazione del cuore da ogni schiavitù di peccato e di morte, come il tempo privilegiato per la «conversione», affinché i nostri rapporti siano rispettosi della libertà degli altri, trattan­doli come «esclusiva proprietà del Signore». E noi, quale piccolo passo vogliamo fare insieme per prepararci a ricevere la grazia del giubileo?