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CINEMA SOTTO LE STELLE |
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(The straight story - 1999) - Drammatico - 110 minuti - con Richard Farnsworth, Harry Dean Stanton - Usa
Corriere della Sera (12/2/2000) - Tullio Kezich |
Quando vedrete "Una storia vera" e vi toccherà il cuore la stupenda prestazione di Richard Farnsworth (80 anni tra poco), vi meraviglierete anche voi che il palmarès di Cannes abbia messo sugli altari un non professionista trascurando di onorare uno splendido veterano. Il quale esordì come cascatore nel 1937 e dovette aspettare 40 anni per avere finalmente il primo ruolo in cui gli affidarono delle battute. Nel presente film David Lynch (un Lynch nuovo, senz'avanguardismi né provocazioni) si ritaglia con forte sensibilità pittorica le suggestive immagini dei grandi spazi aperti per ricostruire la cronaca del viaggio compiuto nel 1994 dal veterano Alvin Straight (il titolo originale "The Straight Story" si riferisce al suo cognome, ma vuol dire anche "storia semplice"). Il tipo si recò dallo Iowa al Wisconsin per metter fine a "una situazione da Caino e Abele" con il fratello; e fin qui niente di strano, tranne che il rurale impegnò nella trasferta sei settimane avendo affrontato gli oltre 500 chilometri del percorso cavalcando un tagliaerba. Il motivo della singolare scelta? Causa il precario stato della vista, a Straight non era concesso di guidare l'automobile; il tagliaerba era l'unico mezzo di trasporto che si potesse guidare senza patente. La miniodissea diventa il pretesto d'un film "all american" con panorami sconfinati, i selvatici che attraversano la strada, il ponte sul Mississippi, gli incontri che sembrano il capitolo di un'antologia da mettere accanto alla storica "Americana" di Elio Vittorini: una ragazza incinta e fuggita di casa, alla quale Alvin racconta per consolarla le disavventure di sua figlia Rose (Sissy Spacek), un'isterica che travolge un daino e lo lascia in mezzo alla strada (Alvin pragmaticamente se lo mangia) e, a sorpresa, la confessione del protagonista a un'estranea: in guerra gli capitò di uccidere per sbaglio un commilitone e nessuno se ne accorse. La morale, per usare una frase cara a Rossellini, è che "la vita tocca tutto": e Farnsworth ne racconta il penultimo atto con accenti di verità che non sembrano provenire da un copione. Sfido chiunque a non commuoversi quando Alvin arriva alla casa del fratello Lyle (Harry Dean Stanton) e la trova vuota... Ma nella sua acquisita saggezza, Lynch salva la situazione con un finale indimenticabile. |
Film TV (15/2/2000) - Emanuela Martini |
[ ] il vecchio Alvin Straight ormai ne ha viste troppe, negli anni trascorsi sulla strada e in quelli passati sul prato di casa e nel drugstore dietro l'angolo, per non aver raggiunto la misura di quel pochissimo che veramente vale, per non avere il coraggio di compiere un gesto che lo riporti a "casa". "Qual è la cosa peggiore della vecchiaia?", gli chiede uno dei rari giovani che incontra sul suo cammino. "È il ricordo di quando eri giovane", risponde Alvin, che ha nel cuore l'immagine di se stesso e il fratello, seduti insieme a guardare le stelle. Prende il tagliaerba e parte, attraversa a passo di lumaca strade, campi di mais, cieli, il Mississippi. Incontra gente che gli racconta i propri incubi personali, incubi di tutti i giorni, quelli che pesano e sempre ritornano un attimo prima di deviare sulle strade perdute. C'è, eccome, l'orrore, in "Una storia vera"; ma c'è anche la saggezza che, più o meno, ci fa tirare avanti e invecchiare; c'è la tristezza lancinante sul volto di che guarda fuori dalla finestra e rivede sempre un bambino sul prato; c'è la fatica silenziosa di andare d'accordo con il passato. È bellissimo. Elementare (nel senso più alto del termine). [ ] |
la Repubblica (12/2/2000) - Irene Bignardi |
[ ] Ed è terribile che l'odio e il silenzio possano calare tra due fratelli per ragioni che non sono ragioni. [ ] |
Sette (17/2/2000) - Claudio Carabba |
[ ]L'uomo, vecchio e malato, può guidare solo quel mezzo; e lo farà fino al punto in cui potrà tornare a guardare le stelle con il fratello, perduto anni prima. [ ]Per andare oltre l'ostacolo e superare la strada sbarrata, bisogna sempre avere un cuore testardo e selvaggio. |
l'Unità (13/2/2000) - Michele Anselmi |
Storie vere dall'America profonda. [ ] Metaforicamente in viaggio verso la morte [ ]ma qui c'è qualcosa di più. Allontanandosi dal suo mondo visionario e ossessivo, il regista si intona al respiro e al colori di un'America contadina raccontata con partecipazione. E compone quasi un elogio della lentezza, ma non alla Kundera: va lento Straight, macinando chilometri col suo incredibile veicolo, va lenta la figlia Rose (Sissy Spacek), colpita da balbuzie per via di un trauma familiare, va lento il film, esponendosi a un discreto rischio commerciale in questi anni di gasata velocità. Eppure non si guarda mai l'orologio nelle quasi due ore di proiezione, in virtù di un sentimento quieto e pacificato che regala, sul piano cinematografico, momenti da antologia [ ]. |
Ciak (1/3/2000) - Massimo Lastrucci |
[ ]Non ama la vecchiaia ("Il brutto di diventare vecchi é ricordare che si é stati giovani") e la saggezza e la lentezza dei suoi modi sono regali di cui forse avrebbe fatto volentieri a meno. Il pragmatismo della piccola gente di campagna degli Stati Uniti (da dove proviene Lynch), la loro naturale socievolezza verso il prossimo, trovano qui una splendida poetizzazione cinematografica, mentre la fotografia del decano Freddie Francis ci ricorda che siamo solo ospiti di passaggio. |
Duel (30/3/2000) - Matteo Columbo |
[ ] un viaggio interiore, un movimento in profondità: la lenta immersione nel cielo stellato che avvolge Una storia vera [ ]Se c'è un tempo per nascere e un tempo per morire, attraverso gli occhi e le orecchie di Lynch riusciamo a percepire un tempo della consunzione e un tempo della gestazione. Il fuoco che cammina coi due protagonisti di Cuore selvaggio si riaccende nei sigari di Alvin o in un capanno in fiamme. [ ]così che il suo mettersi on the road corrisponde a un mettersi in gioco. Chi viaggia, sembra suggerirci senza mezzi termini l'ultimo Lynch, rischia la vita. |
il Giornale Nuovo (19/2/2000) - Maurizio Cabona |
[ ]Per quello che ci riguarda come spettatori, ha smesso anche di guidare l'auto: ma allora perché non prende l'autobus o il treno o l'aereo? [ ]Con quello che circola sugli schermi, Una storia vera è grasso che cola. Resta un dubbio: se un regista proponesse un viaggio in trattorino-trebbiatrice da Solopaca a Follonica, chi andrebbe a vederlo? |
Il Resto del Carlino (13/2/2000) - Alfredo Boccioletti |
Nella profondità del cielo stellato che sovrasta le nostre strade e ci rapisce lo sguardo e l'anima, David Lynch scopre il senso della fratellanza, di quella suprema mostruosità capace di collocarci al centro del Pianeta Azzurro. Bisogna essere in due - suggerisce The Straight Story - a rimirare silenziosi il firmamento, proprio come facevano da ragazzi Alvin e Lyle Straight in una lontana fattoria del Minnesota. [ ] Lento e meditativo, il film esalta il connubio tra i sentimenti e la natura. Tra campi di mais, selve verdeggianti e nuvole passeggere, dipinge quadri di struggente bellezza ispirati alle opere di Monet, fotografati senza filtri dall'ottantaduenne Freddie Francis, e accarezzati dalle musiche di Angelo Badalamenti - una chitarra classica in sorprendente armonia con il country-blues del motivo conduttore. [ ]Ma davanti alla poesia della consapevolezza, brilla quasi sempre una luce di ironica follia, come nella scena del cervo investito e ucciso dall'auto di una animalista. [ ] |
Il Giorno (12/2/2000) - Silvio Danese |
Un film quasi "impossibile": due ore in compagnia di un vecchio contadino che, a bordo di un lentissimo trattore, viaggia ostinatamente per 500 chilometri, con l'obiettivo di riconciliarsi col fratello prima di morire. Tra campi lunghi di valli e colline in Iowa e Wisconsin e primi piani di una faccia antica e determinata (l'ottantenne Richard Fornsworth) non è la storia di un pellegrinaggio edificante, assomiglia a un road-movie lirico, è senz'altro un film sul cuore umano, dove il tempo della contemplazione finalmente, al cinema, prende il sopravvento sull'abbaglio della saturazione. Autore di incubi quotidiani rarefatti e pittorici (da Cuore selvaggio al televisivo Twin Peaks ) Lynch ha esplorato la componente estatica del suo cinema e delle sue visioni in un racconto potente, di classica struttura narrativa (scritto dalla sua compagna Mary Sweeney, da un'avventura reale), senza rinunciare alle atmosfere sospese della musica di Badalamenti. Coraggioso. Sarebbe piaciuto a John Ford. Da non perdere. |
Città di Arzignano Assessorato alla Cultura Epicentro Giovani
Arzignano Estate Festival 2001
http://www.parrocchie.it/arzignano/ognissanti/mattarello/cineforum/cineforum.htm