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La fondazione della Basilica di Maria SS. Annunziata si fa risalire agli
albori del secolo XV. L'umile cappelluzza dell'Annunziata voluta dalla
pietà popolare, come le altre sparse nelle
campagne ai piedi dell'Etna, era stata eretta "con tre mura ed aperta
d'innanti" dentro una selva appartenente all'abate benedettino di
Nova Luce di Catania. Ma è a partire dal 1598 che l'edificio sacro
comincia ad assumere un aspetto basilicale grazie ai nuovi lavori per
la realizzazione delle tre absidi e del transetto sovrastato da una cupola
ottagonale, dove l'uso della pietra nera dell'Etna e di quella bianca
di Siracusa lavorata quasi fosse merletto, mette in evidenza la perizia
tecnica e artistica di mastri e maestri.
Del I 668 è la realizzazione di un portale (fig.1) in marmo bianco
sovrastato dall'Annunciazione attorniata dalle statue di S. Venera e S.
Tecla e dove fa bella mostra di sé il blasone della città
con un'iscrizione che ricorda il titolo a lei concesso da Filippo IV "Acis
Urbs Amplissima Fida Regibus": l'opera è dello scultore messinese
Placido Blandamonte. In quegli stessi anni, si volle rendere omaggio alla
vergine e martire S. Venera eletta "principale patrona" della
città erigendole una cappella che potesse degnamente accogliere
le reliquie ed il simulacro. Ma qualche anno più tardi, l'11 gennaio
1693, il tremendo terremoto che rase al suolo numerose città della
Sicilia orientale, provocò notevoli danni alla Basilica riparati
già agli inizi del secolo XVIII: quei mascheroni deformi, orribili,
beffardi, nati dalla fervida fantasia di poco noti "lapidum incisores",
palesano tutta la loro acredine contro le forze della natura che hanno
osato distruggere in un fiat secoli di fatiche.
Nel 1710 troviamo i fratelli Filocamo, noti pittori messinesi, intenti
ad affrescare la volta dell'abside
con "La gloria di Maria tra angeli e santi" e la Cappella di
S.Venera con "La predica" ed "lì martirio della
Santa" mentre nel 1738 vi lavora l'acese Pietro Paolo Vasta: nei
pennacchi della cupola egli raffigura i 4 Evangelisti e nel transetto
illustra scene dell'Antico e del Nuovo Testamento come "Le nozze
di Cana" da cui prorompe un inno alla gioia espresso con grazia raffinata
e mondana accentuata dai broccati e dalle sete indossati dai commensali,
in netto contrasto con la tragica teatralità espressa nei due medaglioni
sottostanti che raffigurano "Caino e Abele" e "Abramo sacrifica
Isacco" legati idealmente con "La gloria dell'Agnello Mistico".
"La gloria di S.Venera" chiude questo ciclo di affreschi del
pittore acese che qui come altrove ha messo a frutto le esperienze romane
avendo negli occhi ancora nitidi gli affreschi e le tele dei numerosi
pittori che ha potuto ammirare a Roma, ma specialmente gli insegnamenti
del Conca di cui era stato allievo.
Sull'esterno del fianco destro del duomo che fronteggia il Palazzo di
Città vi si colloca, sul
finire del '700, un portale con quattro colonne corinzie in pietra bianca
e una lapide in marmo che ricorda ancora una volta che il tempio è
dedicato "Magnae Virgini ab Angelo salutatae", mentre nel 1844
per "bell'ornamento ed utilità", si dà incarico
all'astronomo danese Cristiano F. Peters di tracciare sul pavimento del
transetto una Meridiana in
marmo con i dodici segni zodiacali. E' di questi anni la costituzione
della diocesi: il duomo diventa cattedrale.
Per rendere più armonioso il prospetto, rimasto immutato dal 1668,
sul finire del secolo XIX si attua una profonda trasformazione allorquando
è approvato, dopo alcune modifiche, il progetto neogotico di Sebastiano
Ittar che prevede la costruzione di un'altra torre campanaria cuspidata
-del tutto simile a quella già esistente - e di un rosone sovrastato
da una galleria ingentilita da archetti ed esili colonnine mentre dal
I 895 al I 907 l'acese Francesco Mancini e Giuseppe Sciuti di Zafferana,
pur diversi per temperamento e capacità espressive, decorano con
buoni risultati la cupola e la volta della navata centrale.
Il Duomo custodisce opere d'arte degne di un museo e preziosi ex voto
finemente lavorati in oro o argento dovuti alla perizia di orafi messinesi
ma anche acesi che seppero tenere viva una tradizione di sicuro valore
artistico. Particolarmente
cara alla memoria degli acesi é la spada posta oggi ai piedi del
simulacro di S.Venera, donata ad Acireale dalla città di Catania
nel 1849 -nei giorni funesti della rivoluzione contro il re borbone -
con lo scopo di rinsaldare l'amicizia tra le due città vicine.
Le antiche Corporazioni dei Calzolai, dei Panettieri, dei Pescivendoli
e dei Muratori nei tempi andati fecero modellare da valenti artigiani
4 Candelore (un'altra è stata aggiunta recentemente) in cui, in
festoso tripudio, puttini alati inneggiano ai numerosi santi protettori:
la sera del 26 luglio, avanzando ritmicamente portate a spalla da baldi
giovani, aprono la strada alla Santa e offrono una nota di colore folcloristico.
Testo e foto tratti dall'opuscolo "Angeli e Campane"
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2001 Basilica Maria SSma. Annunziata
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