PREFAZIONE ARTISTICA
Cap. G01 - Sede permanente del Museo delle Opere di Giovan Battista Novaresio nell'antica Chiesa S. Reparata e S. Siro - Pag. G01.02
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Antica Chiesa di S. Reparata e San Siro Sede PERMANENTE del Museo delle Opere Pittoriche di
GIOVAN BATTISTA NOVARESIO
Parma, marzo 1988
Montesegale, maggio 1988 Ruggiero Jannuzzelli
Rio De Janeiro, marzo 1988 Anna Maria Altavilla "SONO PITTORE E FACCIO IL PITTORE".
Nazareno Fabbretti - Voghera, marzo 1988
Qualcuno lo chiamò "Giovanni l'Africano". Erano gli anni Cinquanta, e Giovanni Novaresio tornava da lunghi e ardenti soggiorni nell'Africa: Kenya, Somalia, Eritrea e Sud Africa, con un carico straordinario d'esperienze, di lavoro, di gratifiche e stimoli creativi. Quella pittura fu per i critici e il pubblico una rivelazione. La visionarietà lirica e cromatica, sempre campita e controllata in geometrie rigorose di disegno felicemente trasgressivo, "eretico".
In realtà , per la libertà fondamentale in cui Novaresio, uomo e pittore, ha sempre operato, si dovrebbe dire, rispetto alla "radice", "Giovanni il partenopeo". Un uomo e un artista a proprio agio dovunque, in grado di piantare tenda e tela in un deserto, in un'oasi, in un palazzo del potere come in una chiesa di calde devozioni.
O la più vera definizione dev'essere quella di "Giovanni il genovese", visto che fin dalla giovinezza Novaresio si é immerso, coniugato (artisticamente) nel clima, nella temperie e nella cultura ligure e genovese, in quei "formidabili anni 40-50" che restano la "stagione d'oro" dell'arte locale?
Il Novaresio che conosco io o che ho ri-conosciuto, dopo tanti anni da quella stagione genovese - che ci fu comune - é oggi piuttosto quella di "Giovanni il godiaschino". Che non é definizione riduttiva, anzi é estensiva ed intensiva dell'uomo e dell'artista. A Godiasco nell'Oltrepò, da anni, Novaresio infatti ha trovato il suo "buen retiro" ideale in un vecchio, grande mulino. Li "macina" idee, sogni, visioni e "ritratti" di realtà antiche e sempre nuove, immortali e mutevoli, umili e potenti. E i risultati sono, da sempre, la stessa alta tenuta stilistica e la consueta forza poetica nel ritratto come nell'invenzione, nella "cronaca" degli eventi come nella penetrazione dei caratteri personali dei soggetti e ritratti umani.
La mostra che Voghera gli offre adesso é per Novaresio un'occasione stimolante di ricapitolazione, di sintesi, di confronto col proprio passato e col proprio presente. Quanto al futuro un artista é meglio che non lo metta mai ossessivamente in conto. Gli basti affidarlo con umiltà - dopo aver lavorato con innocenza, ostinazione, rigore e passione - al mare della storia, che ha sempre una sua segreta sapienza per salvare l'opera degli artisti sinceri e genuini.
Del resto, ho sempre avuto il felice sospetto che a Novaresio basti, senza limiti di tempi diversi od opposti, la sua pittura com'é, come s'é evoluta, arricchita e rarefatta, o com'é fiorita liberamente in profondità espressive e in verticalità ed essenzialità di disegno.
Rivedo Novaresio visitato e complimentato, ad una mostra del 1960 alla Rhodes National Galiery a Salisbury, dalla regina madre d'Inghilterra, lo vedo con Dag Hammarskjoeld, il Segretario svedese delle Nazioni Unite; lo scorgo felice, non senza l'ombra d'un impercettibile autosarcasmo fra i notabili africani a cui ha affrescato il palazzo dell'Assemblea Legislativa, di Mogadiscio. Il potere e la gloria non hanno mai dato alla testa a Novaresio. Gli é sempre bastata la cognizione motivata (e confermata dai giudizi e dai successi) di essere coerente con la propria pittura, e di non averne mai fatta per sedurre il potere o le mode. La coerenza é rimasta totale, in questo pittore pronto a dissacrare tutte le mode superficiali, tutti gli omaggi celebrativi dei regimi e dei governi. Pur "aristocratica" per stile e segno, essa resta una pittura calda, corale, allusiva a radici e folle; perché a quelle radici e a quelle folle di popolo anche negli interni quasi surreali in blu o marrone di tante sue tele, Novaresio resta sempre fedele come ad una polla viva decantata e filtrata nel proprio stile.
Nel 1970 il critico genovese Tullio Cicciarelli scriveva: "I quadri di Giovanni Novaresio vanno per noi oltre le labili frontiere della cronaca per entrare nel vivo della memoria che é poi lo specchio e la misura di un uomo"; ma Novaresio é "inscindibile con l'immagine di Genova". "Tra astrazione e figuratività ", Germano Beringheli vede anche le opere di soggetto religioso, le tragiche Deposizioni, e i Crocifissi: un artista "che punta al vero e non alla sua idealizzazione".
Nei ritratti, fra i più netti e densi della pittura contemporanea, Novaresio riesce sempre a dimostrare che la "realtà vince il sogno".
Quarant'anni di pittura libera e coerente all'uomo e alla sua storia ci interpellano ed intrigano, appassionatamente, da questa mostra, che tuttavia non "chiude" ma piuttosto "apre" nel lungo, fecondo cammino di Novaresio.
Tu possa macinare ancora a lungo, nel tuo mulino godiaschino, Giovanni Novaresio, operaio di sogni, cronista di bellezza.
Voghera, marzo 1988 Nazareno Fabbretti
Parma, marzo 1988
Perché Giovanni Novaresio mi ha chiesto di parlare di lui?
I suoi dipinti parlano di sé stessi compiutamente: essi narrano l'Africa nella quale sono nati da un vero atto di amore innocente ed appassionato, della magia piena di fascino dell'Africa che ha riempito l'anima del loro genitore fino a traboccarne e a scorrere in un giuoco di linee, ora solo ludico ora rigorosamente scientifico, in cui si accavallano e si sovrappongono le suggestioni dei frattali, linee continuamente spezzantisi con un ordine matematico, che creano mondi infiniti ma racchiusi, e lo stupore dell'alba e del tramonto che riempie lo spazio con niente e con niente incombe addosso a noi. Come si vede soprattutto nei suoi ultimi quadri ora esposti al Museo d'Arte Contemporanea del castello di Montesegale.
Si é rivolto a me, perché ha vissuto con me tutte le mie gioie e le mie insofferenze, le mie speranze e le mie illusioni, ma anche le sue. Eravamo giovani e sapevamo di essere girasoli attorno ai quali gira il sole gonfio di invidia e di dispetto, avevamo già letto nelle crepe della Cappella Sistina la squassante risata di Michelangelo per l'inutilità della boria di intenditori e chiosatori, e lui poteva essere l'oculista già maestro ed io il maestro pittore e ad ogni nuovo incontro si rinnovava il baciamano, in cui ognuno baciava la propria mano offrendola contemporaneamente all'ossequio dell'altro.
Siamo cresciuti ed ognuno di noi ha seguito la sua strada ma ad ogni nuovo incontro si é rinnovato l'orgoglio di vedere che nessuna magia é riuscita ad instillare nell'altro di noi il disincanto e che non brulica dentro l'altro il verme del rimpianto. Il sole di domani sarà più bello di quello di ieri che ci ha riempito di rughe perché l'entusiasmo di domani certamente le cancellerà . L'oggi é solo per viverlo.
Perché Giovanni mi ha chiesto di parlare di lui? Forse perché sapeva che non avrei potuto scrivere di lui senza parlare di me. In questo momento i suoi allievi, e sono tanti, ed i miei allievi si confondono, si scambiano, ridono o sorridono ma non deridono mai.
Non é importante ciò che si é fatto ma come si é fatto ed é la gioia di operare che va letta nel manufatto per goderne interamente. Giovanni ha sempre lavorato con gioia e si vede. E' quindi inutile parlare di lui con parole che non possono che essere un pallido ritratto dentro il quale ci rimiriamo, riflessi all'infinito.
Parma, marzo 1988 Mario Maione
Montesegale, maggio 1988
Giovanni Novaresio ha sempre dedicato tutto il suo tempo, tutta la sua appassionata vita all'arte, alle sue opere. Mai un minuto a quell'aspetto della vita di un artista che si chiama mercato. A chi gli ha chiesto: "Maestro vorrei comprare un suo quadro". Giovanni, col suo marcato accento genovese ed un gesto evasivo, ha sempre risposto: "Non ho tempo".
Ad un formale e pomposo invito, riconoscimento completo della sua validità di artista internazionale, a recarsi negli USA Novaresio rispose: "Io sono stato già bene educato". Non fu nemmeno sfiorato dal dubbio di un errore di traduzione del funzionario dell'ambasciata USA. Lui prese alla lettera quanto nell'invito era scritto:
"Prima dell'inizio delle manifestazioni Ella trascorrerà un periodo di educazione presso un college americano".
Conosco Giovanni Novaresio da vent'anni. Anche il nostro primo incontro ebbe problemi. Poi la cauta conoscenza, la cordialità , la bellezza delle sue opere, la sua sensibilità , il suo fascino e la mia passione per l'arte ci hanno fatto diventare amici.
Con questa mostra Giovanni entra a far parte della famiglia artistica del Museo di Montesegale e noi siamo lieti di ospitarlo perché Novaresio é un raro artista; ha la rara capacità di esprimere in opere di bellezza la sua attività intellettuale ed il suo mondo interiore.
Le "opere africane" non sono solo un reportage di un viaggio in un continente popolato da esseri umani dalla pelle scura. Rappresentano l'anima di quel continente, l'umiltà e la fierezza di quei popoli, il valore di una umanità senza confini di razze.
L'opera "astratta" é quella che più rappresenta la spontaneità dell'artista, la sua forza, il suo ardore. I tratti, pochi o tanti, tutti giusti per rendere compiuta un'opera che sembra allo stesso tempo l'ultima ma la prima di un pensiero fantastico e reale che concretizza il presente e accarezza il futuro.
Montesegale, maggio 1988 Ruggiero Jannuzzelli
Rio De Janeiro, marzo 1988 Anna Maria Altavilla
Durante un mio recente viaggio in Italia ho incontrato Giovanni Novaresio che non vedevo da molto tempo e, alla mia domanda di cosa facesse, lui molto sorpreso, mi ha risposto: "Sono pittore e faccio il pittore". E questa risposta secca ed orgogliosa, rivela molto della sua personalità , che contrasta con la società possibilista e utilitaristica in cui tutti credono di saper fare e di poter fare mille attività , anche diversissime tra loro.
Giovanni Novaresio non potrebbe essere che pittore perché é nato pittore, e la sua risposta rivela la serietà di una scelta (o meglio di una vocazione) con tutte le conseguenze, morali e materiali, che ne derivano. Sempre con la consapevolezza di una grande responsabilità verso sé e verso il prossimo, e con il dono di una assoluta fedeltà ai propri ideali.
Un'altra caratteristica che mi ha sempre colpito in Giovanni Novaresio é il suo essere lontano, immerso nel proprio mondo interiore, e un attimo dopo essere vicinissimo alle persone e alle cose, pronto a cogliere una forma, un colore o una espressione. Pronto a fermarsi commosso dinanzi alla linea di un colle o alla forma di un albero, per poi guizzare subito via ironico, pungente, allusivo, amante del paradosso e della battuta forte, ma sempre ravvivata dalla luce dell'intelligenza.
Sensuale, nel senso di bisognoso di sensazioni fisiche forti, eppure con insopprimibili desideri spirituali e intellettuali. Questo é Giovanni Novaresio: un uomo pieno di contraddizioni e di ombrosità , ma anche di intenerimenti e di sorprendenti gentilezze.
Ironico, intelligente, ma anche scomodo, incurante delle convenienze e insofferente di costrizioni o di schematismi, di vincoli o di scuole.
Non é certo facile tracciare il profilo di un uomo così complesso, ma proprio per questa sua diversità , e per avere in comune con lui emozioni e ricordi di un luminoso tempo africano, il compito é per me estremamente stimolante.
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Giovanni Novaresio é uno "zingaro", o meglio uno "spirito randagio" nel senso che ha dentro di sé una condizione spirituale di perenne fame di spazio e di libertà ; ed é solo tenendo ben presente questa sua fondamentale esigenza che si può accostarsi a lui per cercare di capirne la personalità e quindi l'arte.
Incurante delle opportunità che avrebbe potuto avere in Italia, egli se ne é andato, per lunghi periodi, in Somalia, in Rhodesia e in Sud Africa, ad inseguire una libertà spaziale ed una integrità emozionale che nelle nostre città europee non ritrovava ormai più.
Io lo ricordo a Mogadiscio mentre affrescava l'Aula Magna dell'Università o la vasta sala dell'Assemblea Legislativa. Erano opere molto impegnative per dimensioni, contenuti e collocazione, che avrebbero tolto il sonno a tanti pittori, ma non a lui che ha sempre amato cimentarsi con le grandi tele ed i grandi spazi (basti pensare all'imponente affresco di 150 mq della chiesa di Santa Teresa del Bambino Gesù di Genova).
Lo ricordo assorto e fermo per giorni e giorni nel suo lavoro, senza pensare al cibo o al sonno e senza accorgersi della temperatura torrida che opprimeva tutti noi, ma non lui, completamente immerso nella sua opera creativa; tutto teso a cogliere e ad esprimere l'essenza del popolo somalo (di cui é stato il grande cantore) ed a metterne in evidenza la bellezza, la fierezza e l'armonia.
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La mostra, organizzata dal Comune di Voghera, raccoglie un eccezionale numero di quadri del periodo africano di Giovanni Novaresio, in cui la purezza della pittura (fatta di comprensione e di partecipazione, ma soprattutto di contemplazione e di canto) delle "sue" donne e dei "suoi" pastori, appare in tutto il suo incanto. Le figure di queste tele sono piene di musicalità e di armonia: si sposano all'aria, alla luce, alla vastità dello spazio. La carne si impregna di luminosità ed acquista una fantastica leggerezza, le linee perdono ogni rigidità e diventano morbide e dolci nelle loro rotondità che si assimilano allo spazio e al cielo.
La madre é tutt'uno col suo bambino. I veli sono tutt'uno con i corpi che vestono e che rivelano con tenera allusività . Il mare e la terra e il cielo sono tutt'uno con le persone che li popolano. Questa armonia di strutture, linee e colori é la caratteristica dominante ed insieme unificatrice di tutti i quadri presenti alla mostra di Voghera.
Come dimenticare le stupende maternità di Novaresio? quel sentimento che emana, delicato e segreto, ma pieno di intensità e di forza, da quelle figure femminili che racchiudono tra le braccia i loro piccoli? Come dimenticare la leggerezza di forme e di movenze (trasparenze e dolcezze di adolescenti un po' madonne e un po' dee trasognate) delle donne somale di Novaresio?
Nessuno meglio di lui ha saputo cogliere e interpretare l'essenza della donna somala, impersonata da "Aurala" nel canto d'amore riportato da Camillo Bonanni nel suo libro Boscaglia, con disegni dello stesso Novaresio:
"Com'é bella Aurala, com'é bella!
Come una palma é alta, il suo collo é agile, il suo grembo é bambino,
il suo passo é regale.
E le sue mani belle volano come uccelli nell'aria, e fanno scendere nei cuori dolcezze infinite".
In molti quadri di Giovanni Novaresio certi gruppi femminili che animano lo spazio facendosene voce e sostanza impalpabile, ricordano le figure del Botticelli, non per una somiglianza di segno, ma per una stessa aspirazione d'impalpabilità e di armonia musicale.
Ci sono pittori che per tutta la vita ripetono gli stessi motivi. Pittori subito definibili, che non lasciano sorprese, perché sono tutti dentro un quadro, che diventa il modulo ripetitivo e a volte ossessivo, della loro arte.
Novaresio non appartiene sicuramente a questa categoria. Egli é sempre stato desideroso di provare o di sperimentare nuove tecniche e nuove forme d'arte, così é passato dall'affresco all'olio, dalla decorazione alla tempera, dal disegno all'acquaforte con grande facilità . E allo stesso modo ha sempre dimostrato di sapere e di poter passare con piena padronanza attraverso tematiche e stili completamente diversi tra loro, non dimenticando mai la grande lezione del passato e i suoi artisti prediletti: Antonello da Messina, Mantegna, Michelangelo.
Egli predilige l'astrazione geometrica, quasi come una purificazione della materia, però ha bisogno ogni tanto di ritornare alla forma figurativa, espressione primaria del reale.
Ama il disegno classico che nasce libero e spontaneo, pieno di leggerezza e di sapienza, quasi fatto in punta di penna per un estremo rispetto alle persone e alle cose (e che riesce ad esprimere l'immediatezza dell'impressione, senza lasciar spazio ai ripensamenti) ma poi ha bisogno anche del segno forte, della dimensione plastica e scultorea delle forme.
Non dobbiamo dimenticare che molta della sua pittura ha proprio una notevole componente scultorea. Alcune sue figure, anche del periodo somalo, sono molto plastiche ed hanno una corposità che si avvale di dense strutture geometriche, in un superamento della realtà quotidiana (spesso troppo evanescente o spenta) alla ricerca di simboli che abbiano sostanza eterna.
Questi quadri sono importanti per la comprensione del cammino pittorico di Giovanni Novaresio. Essi rappresentano infatti l'anello di congiunzione tra il suo "classicismo" del periodo somalo e "l'astrattismo" successivo delle opere che vengono presentate alla mostra del Museo d'Arte Contemporanea del castello di Montesegale.
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"Io amo i grandi spazi: le grandi tele da dipingere e le grandi pareti da affrescare. Non penso mai a quello che ho fatto, ma solo a quello che farò. I miei quadri più belli sono quelli che devo ancora realizzare ma che sono già tutti nella mia mente", mi ha detto Novaresio nell'ultimo incontro, con quel suo sguardo singolare che sembra venire da mondi lontani. E ancora una volta mi ha stupita e affascinata la sua vitalità e la sua prodigiosa creatività : una "facilità " di pittura, che é un dono e insieme una conquista; fatto veramente raro nel panorama spesso monotono e avaro dell'arte.
Il mio pensiero in questo momento va ai suoi indimenticabili studi: quello di Mogadiscio, spalancato su una spiaggia che si estendeva a perdita d'occhio in un profondo silenzio, animato solo dai canti e dalle danze di giovani donne e dai profumi dell'oceano Indiano; e quello di Godiasco, affascinante e indimenticabile mulino, affacciato sugli orti, dove i quadri di Giovanni Novaresio, posti tra nicchie e antiche strutture di canne e macine immobili, hanno trovato una scenografia di grande suggestione.
"Una luce assoluta viene dal fiume
e instancabile entra per le grandi vetrate e invade uno spazio grandioso
di soffitti di pareti e di esili scale
come comete in un cielo.
Una luce senza ombre viene dal fiume e si concentra in una crocifissione
intensamente lirica
sospesa in una candida nicchia come su un altare
tutta serrata intorno ad una abbagliante figura di donna-fulcro-anima
compenetrata e come disciolta nel suo dolore; e si stringe in una commossa maternità
fissata in una purissima circolarità uterina simbolo d'una perfetta forma d'amore"
Studi che dicono molto dell'arte e della personalità di Novaresio. Bellissimi studi che parlano di un grande bisogno di raccoglimento e che hanno sempre un intrinseco valore emozionale: spazio e silenzio, dentro, per dare vita alle proprie fantasie. Profili d'acque, d'alberi e di giardini, fuori, per lasciar correre lo sguardo e per placare le inquietudini dell'artista.
* * *
I quadri esposti al Museo d'Arte Contemporanea di Montesegale rappresentano una conquista ed un traguardo importante nell'itinerario pittorico di Giovanni Novaresio. Queste opere sono completamente sganciate da ogni comune terrestrità ed hanno una forte componente spaziale. Le linee, tese allo spasimo e come bombardate da impulsi misteriosi, si inculcano nelle materie, graffiano la realtà , alla ricerca di una fusione, di una compenetrazione con lo spazio, che superi la comune dimensione terrestre, alla ricerca di altri mondi. E questa ricerca nelle ultime opere si é fatta conquista luminosa. La materia si é andata alleggerendo sempre più. Tutto sembra così prendere il volo in una levità via via più assoluta che si assimila all'aria e si integra ad uno spazio nuovo, cercato, inseguito, sognato e finalmente trovato nella fantasia e ricreato innocente e incontaminato.
I volumi pieni di armonia e di equilibrio parlano di rotondità amate, di dolci paesaggi trasfigurati, di mondi nuovi, emergenti da mondi in disfacimento. Pure forme idealizzate nel pensiero e rese vive e palpitanti in una rara perfezione di colori e di linee.
C'é un rigore formale così assoluto in queste opere, ed insieme una novità così viva, che si rimane pieni di stupore e di ammirazione.
Sono esplorazioni della mente in altre dimensioni spaziali e temporali. Uno spazio ed un tempo palpitanti di messaggi affascinanti. Una storia di emozioni infinite, concentrate in un punto, in una linea, in un colore.
I colori di Giovanni Novaresio sono colori speciali, di una incredibile purezza che testimoniano il suo amore per la luce e la sua pienezza emozionale e fantastica.
C'é in questo pittore una grande e prorompente personalità artistica. C'é nei suoi quadri la felicità , intesa non in senso limitativo di appagamento di bisogni materiali, ma in senso universale di immersione nell'infinito piccolo (il filo d'erba, l'invisibile fossile, la goccia d'acqua) e nell'infinito grande (la vastità dello spazio, la pienezza di un sentimento). Una felicità raggiunta nella mente e nel cuore.
I quadri di Giovanni Novaresio:
"sono mondi perfetti
che nascono da mondi ormai finiti
Sono albe di rugiade e silenzi che si intrecciano inesauribili.
Sono danze felici dentro acque terse come bolle d'aria come veli di sole che fanno risplendere i colori dentro quelle forme:
gli azzurri i bianchi i rossi più trasparenti e puri. Turgidi di luce
e di una forza che li fa palpitare di mille emozioni
(...)".
Emozioni che si comunicano immediatamente allo spettatore, colmandolo di meraviglia e di commozione.
Rio De Janeiro, marzo 1988 Anna Maria Altavilla
Sommario del sito - Parrocchia S. Siro in Godiasco - Mappa del sito - Home
Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni
Notizie tratte dal volume: AA. VV. Giovanni Novaresio, Tipolitografia Queriniana, Brescia, 1988