PARTE TERZA - LA VITA IN CRISTO
SEZIONE SECONDA - I DIECI COMANDAMENTI
CAPITOLO PRIMO - "AMERAI IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO
IL CUORE, CON TUTTA L'ANIMA, CON TUTTE LE FORZE"
2083 Gesù ha
riassunto i doveri dell'uomo verso Dio in questa parola: "Amerai il
Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua
mente" ( Mt 22,37 ) [Cf Lc 10,27 : "... con tutta la tua
forza"]. Essa fa immediatamente eco alla solenne esortazione:
"Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo"
( Dt 6,4 ).
Dio ha amato per
primo. L'amore del Dio Unico è ricordato nella prima delle "dieci
parole". I comandamenti poi esplicitano la risposta d'amore che l'uomo è
chiamato a dare al suo Dio.
Articolo 1
IL PRIMO COMANDAMENTO
Io sono il
Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione
di schiavitù; non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né
immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla
terra, né di ciò che è nelle acque sotto terra. Non ti prostrerai davanti a
loro e non li servirai ( Es 20,2-5 ) [Cf Dt 5,6-9 ].
Sta scritto:
"Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto" ( Mt 4,10 ).
I. "Adorerai
il Signore, Dio tuo, e lo servirai"
2084 Dio si fa conoscere
ricordando la sua azione onnipotente, benevola e liberatrice nella storia di
colui al quale si rivolge: "Io ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto,
dalla condizione di schiavitù". La prima parola contiene il primo
comandamento della Legge: "Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai. . .
Non seguirete altri dei" ( Dt 6,13-14 ). Il primo appello e la giusta
esigenza di Dio è che l'uomo lo accolga e lo adori.
2085 Il Dio unico
e vero rivela innanzi tutto la sua gloria ad Israele [Cf Es 19,16-25; Es 24,15-18
]. La rivelazione della vocazione e della verità dell'uomo è legata alla
Rivelazione di Dio. L'uomo ha la vocazione di manifestare Dio agendo in
conformità con il suo essere creato "ad immagine e somiglianza di
Dio":
Non ci saranno
mai altri dei, o Trifone, né mai ce ne sono stati fin dalle origini. . .,
all'infuori di colui che ha creato e ordinato l'universo. Noi non pensiamo che
il nostro Dio differisca dal vostro. E' lo stesso che ha fatto uscire i vostri
padri dall'Egitto "con mano potente e braccio teso". Noi non
riponiamo le nostre speranze in qualche altro dio - non ce ne sono ma nello
stesso Dio in cui voi sperate, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe [San
Giustino, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 11, 1].
2086
"Nell'esplicita affermazione divina: "Io sono il Signore tuo
Dio" è incluso il comandamento della fede, della speranza e della carità.
Se noi riconosciamo infatti che egli è Dio, e cioè eterno, immutabile, sempre
uguale a se stesso, affermiamo con ciò anche la sua infinita veracità; ne segue
quindi l'obbligo di accogliere le sue parole e di aderire ai suoi comandi con
pieno riconoscimento della sua autorità. Se egli inoltre è Dio, noi ne
riconosciamo l'onnipotenza, la bontà, i benefici; di qui l'illimitata fiducia e
la speranza. E se egli è l'infinita bontà e l'infinito amore, come non
offrirgli tutta la nostra dedizione e donargli tutto il nostro amore? Ecco
perché nella Bibbia Dio inizia e conclude invariabilmente i suoi comandi con la
formula: "Io sono il Signore"" [Catechismo Romano, 3, 2, 4].
La fede
2087 La nostra
vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore.
San Paolo parla dell'"obbedienza alla fede" ( Rm 1,5 ) [Cf Rm 16,26 ]
come dell'obbligo primario. Egli indica nell'"ignoranza di Dio" il principio
e la spiegazione di tutte le deviazioni morali [Cf Rm 1,18-32 ]. Il nostro
dovere nei confronti di Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza.
2088 Il primo
comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e
vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di
peccare contro la fede:
Il dubbio
volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha
rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica la
esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede,
oppure anche l'ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente
coltivato, il dubbio può condurre all'accecamento dello spirito.
2089 L'
incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di
dare ad essa il proprio assenso. L' eresia è "l'ostinata negazione, dopo
aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede
divina e cattolica, o il dubbio ostinato"; l' apostasia è "il ripudio
totale della fede cristiana"; lo scisma è "il rifiuto della
sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a
lui soggetta" [Codice di Diritto Canonico, 751].
La speranza
2090 Quando Dio
si rivela e chiama l'uomo, questi non può rispondere pienamente all'amore
divino con le sue proprie forze. Deve sperare che Dio gli donerà la capacità di
contraccambiare il suo amore e di agire conformemente ai comandamenti della
carità. La speranza è l'attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata
visione di Dio; è anche il timore di offendere l'amore di Dio e di provocare il
castigo.
2091 Il primo
comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la
disperazione e la presunzione:
Per la
disperazione, l'uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza personale, gli
aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si oppone alla bontà di
Dio, alla sua giustizia - il Signore, infatti, è fedele alle sue promesse - e
alla sua misericordia.
2092 Ci sono due
tipi di presunzione. O l'uomo presume delle proprie capacità (sperando di
potersi salvare senza l'aiuto dall'Alto), oppure presume della onnipotenza e
della misericordia di Dio (sperando di ottenere il suo perdono senza conversione
e la gloria senza merito).
La carità
2093 La fede
nell'amore di Dio abbraccia l'appello e l'obbligo di rispondere alla carità
divina con un amore sincero. Il primo comandamento ci ordina di amare Dio al di
sopra di tutto, e tutte le creature per lui e a causa di lui [Cf Dt 6,4-5 ].
2094 Si può
peccare in diversi modi contro l'amore di Dio: l' indifferenza è incurante
della carità divina o rifiuta di prenderla in considerazione; ne misconosce l'iniziativa
e ne nega la forza. L' ingratitudine tralascia o rifiuta di riconoscere la
carità divina e di ricambiare a Dio amore per amore. La tiepidezza è una
esitazione o una negligenza nel rispondere all'amore divino; può implicare il
rifiuto di abbandonarsi al dinamismo della carità. L' accidia o pigrizia
spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare repulsione
per il bene divino. L' odio di Dio nasce dall'orgoglio. Si oppone all'amore di
Dio, del quale nega la bontà e che ardisce maledire come colui che proibisce i
peccati e infligge i castighi.
II. "Solo al
Signore Dio tuo ti prostrerai"
2095 Le virtù
teologali della fede, della speranza e della carità informano e vivificano le
virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio ciò che in tutta
giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù della religione ci dispone
a tale atteggiamento.
L'adorazione
2096 Della virtù
della religione, l'adorazione è l'atto principale. Adorare Dio, è riconoscerlo
come Dio, come il Creatore e il Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò
che esiste, l'Amore infinito e misericordioso. "Solo al Signore Dio tuo ti
prostrerai, lui solo adorerai" ( Lc 4,8 ), dice Gesù, citando il
Deuteronomio [Cf Dt 6,13 ].
2097 Adorare Dio
è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il "nulla
della creatura", la quale non esiste che per Dio. Adorare Dio è, come
Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con
gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome [Cf Lc
1,46-49 ]. L'adorazione del Dio Unico libera l'uomo dal ripiegamento su se
stesso, dalla schiavitù del peccato e dall'idolatria del mondo.
La preghiera
2098 Gli atti di
fede, di speranza e di carità prescritti dal primo comandamento si compiono
nella preghiera. L'elevazione dello spirito verso Dio è un'espressione della
nostra adorazione di Dio: preghiera di lode e di rendimento di grazie,
d'intercessione e di domanda. La preghiera è una condizione indispensabile per
poter obbedire ai comandamenti di Dio. Bisogna "pregare sempre, senza
stancarsi" ( Lc 18,1 ).
Il sacrificio
2099 E' giusto
offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di riconoscenza, di
implorazione e di comunione: "Ogni azione compiuta per aderire a Dio rimanendo
con lui in comunione, e poter così essere nella gioia, è un vero
sacrificio" [Sant'Agostino, De civitate Dei, 10, 6].
2100 Per essere
autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione del sacrifico
spirituale: "Uno spirito contrito è sacrificio..." ( Sal 51,19 ). I
profeti dell'Antica Alleanza spesso hanno denunciato i sacrifici compiuti senza
partecipazione interiore [Cf Am 5,21-25 ] o disgiunti dall'amore del prossimo
[Cf Is 1,10-20 ]. Gesù richiama le parole del profeta Osea: "Misericordia
voglio, non sacrificio" ( Mt 9,13; Mt 12,7 ) [Cf Os 6,6 ]. L'unico
sacrificio perfetto è quello che Cristo ha offerto sulla croce in totale
oblazione all'amore del Padre e per la nostra salvezza [Cf Eb 9,13-14 ].
Unendoci al suo sacrificio, possiamo fare della nostra vita un sacrificio a
Dio.
Promesse e voti
2101 In parecchie
circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a Dio. Il Battesimo e
la Confermazione, il Matrimonio e l'Ordinazione sempre ne comportano. Per
devozione personale il cristiano può anche promettere a Dio un'azione, una
preghiera, un'elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La fedeltà alle promesse fatte
a Dio è una espressione del rispetto dovuto alla divina Maestà e dell'amore
verso il Dio fedele.
2102 "Il
voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore
fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione" [Codice
di Diritto Canonico, 1191, 1]. Il voto è un atto di devozione, con cui il
cristiano offre se stesso a Dio o gli promette un'opera buona. Mantenendo i
suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò che a lui è stato promesso e
consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci presentano san Paolo preoccupato di
mantenere i voti da lui fatti [Cf At 18,18; At 21,23-24 ].
2103 La Chiesa
riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i consigli evangelici : [Cf
Codice di Diritto Canonico, 654]
Si rallegra la
Madre Chiesa di trovare nel suo seno molti uomini e donne, che seguono più da
vicino l'annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano,
abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio e rinunciando alla
propria volontà: essi, cioè, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono
a un uomo per Dio, al di là della stretta misura del precetto, al fine di
conformarsi più pienamente a Cristo obbediente [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen
gentium, 42].
In certi casi, la
Chiesa può, per congrue ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse [Cf
Codice di Diritto Canonico, 692; 1196-1197].
Il dovere sociale
della religione e il diritto alla libertà religiosa
2104 "Tutti
gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda
Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e
custodirla" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. E' un dovere che
deriva dalla "stessa natura" degli uomini [Conc. Ecum. Vat. II,
Dignitatis humanae, 1]. Non si contrappone ad un "sincero rispetto"
per le diverse religioni, le quali "non raramente riflettono un raggio di
quella verità che illumina tutti gli uomini", [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra
aetate, 2] né all'esigenza della carità, che spinge i cristiani "a
trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che sono nell'errore o
nell'ignoranza circa la fede" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae,
14].
2105 Il dovere di
rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente.
E' "la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e
delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo" [Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. Evangelizzando senza posa gli uomini, la
Chiesa si adopera affinché essi possano "informare dello spirito cristiano
la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità" [Conc.
Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 13] in cui vivono. Il dovere sociale
dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l'amore del vero e del
bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell'"unica vera religione
che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica" [Conc. Ecum. Vat. II,
Dignitatis humanae, 1]. I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 13]. La Chiesa in tal modo
manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle
società umane [Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei; Pio XI, Lett. enc. Quas
primas].
2106 "Che in
materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né
impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza
privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata" [Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2]. Tale diritto si fonda sulla natura
stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla
verità divina che trascende l'ordine temporale. Per questo "perdura anche
in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad
essa" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2107 "Se,
considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell'ordinamento giuridico di
una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno speciale
riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini
e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato il diritto alla libertà in
materia religiosa" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2108 Il diritto
alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all'errore, [Cf
Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum] né un implicito diritto
all'errore, [Cf Pio XII, discorso del 6 dicembre 1953] bensì un diritto naturale
della persona umana alla libertà civile, cioè all'immunità da coercizione
esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere
politico. Questo diritto naturale "deve essere riconosciuto
nell'ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile"
[Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2109 Il diritto
alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato, [Cf Pio VI,
Breve Quod aliquantulum] né limitato semplicemente da un "ordine
pubblico" concepito secondo un criterio positivista o naturalista [Cf Pio
IX, Lett. enc. Quanta cura]. I "giusti limiti" che sono inerenti a
tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la
prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati
dall'autorità civile secondo "norme giuridiche conformi all'ordine morale
oggettivo" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 7].
III. "Non
avrai altri dèi di fronte a me"
2110 Il primo
comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori dell'Unico Signore che si
è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l'irreligione. La
superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della
religione; l'irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della
religione.
La superstizione
2111 La
superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che
esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al
vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un'importanza in qualche misura magica
a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola
materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia,
prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella
superstizione [Cf Mt 23,16-22 ].
L'idolatria
2112 Il primo
comandamento condanna il politeismo. Esige dall'uomo di non credere in altri
dèi che Dio, di non venerare altre divinità che l'Unico. La Scrittura
costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono "argento e
oro, opera delle mani dell'uomo", i quali "hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono...". Questi idoli vani rendono l'uomo vano:
"Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida" ( Sal
115,4-5; Sal 115,8 ) [Cf Is 44,9-20; Ger 10,1-16; 2112 Dn 14,1-30; Bar 6; Sap
13,1-15; Sap 13,19 ]. Dio, al contrario, è il "Dio vivente" ( Gs
3,10; Sal 42,3; 2112 ecc.), che fa vivere e interviene nella storia.
2113 L'idolatria
non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante
tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è
idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si
tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del
piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. "Non
potete servire a Dio e a mammona", dice Gesù ( Mt 6,24 ). Numerosi martiri
sono morti per non adorare "la Bestia", [Cf Ap 13-14 ] rifiutando
perfino di simularne il culto. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio;
perciò è incompatibile con la comunione divina [Cf Gal 5,20; Ef 5,5 ].
2114 La vita
umana si unifica nell'adorazione dell'Unico. Il comandamento di adorare il solo
Signore semplifica l'uomo e lo salva da una dispersione senza limiti.
L'idolatria è una perversione del senso religioso innato nell'uomo. L'idolatra
è colui che "riferisce la sua indistruttibile nozione di Dio a chicchessia
anziché a Dio" [Origene, Contra Celsum, 2, 40].
Divinazione e
magia
2115 Dio può
rivelare l'avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto
atteggiamento cristiano consiste nell'abbandonarsi con fiducia nelle mani della
Provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità
malsana a questo riguardo. L'imprevidenza può costituire una mancanza di
responsabilità.
2116 Tutte le
forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni,
evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che
"svelino" l'avvenire [Cf Dt 18,10; Ger 29,8 ]. La consultazione degli
oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle
sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di
dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio
di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e
il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.
2117 Tutte le
pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le
potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale
sul prossimo - fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente
contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancor più da
condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o
quando in esse si ricorre all'intervento dei demoni. Anche portare gli amuleti
è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche.
Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche
dette tradizionali non legittima né l'invocazione di potenze cattive, né lo
sfruttamento della credulità altrui.
L'irreligione
2118 Il primo
comandamento di Dio condanna i principali peccati di irreligione: l'azione di
tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.
2119 L'azione di
tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o atti, la sua bontà e
la sua onnipotenza. E' così che Satana voleva ottenere da Gesù che si buttasse
giù dal Tempio obbligando Dio, in tal modo, ad intervenire [Cf Lc 4,9 ]. Gesù
gli oppone la parola di Dio: "Non tenterai il Signore Dio tuo" ( Dt
6,16 ). La sfida implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la
fiducia che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un
dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza [Cf 1Cor
10,9; 2119 Es 17,2-7; Sal 95,9 ].
2120 Il
sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le
altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi
consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è
commesso contro l'Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente
sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo [Cf Codice di Diritto Canonico, 1367;
1376].
2121 La simonia
[Cf At 8,9-24 ] consiste nell'acquisto o nella vendita delle realtà spirituali.
A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva
all'opera negli Apostoli, Pietro risponde: "Il tuo denaro vada con te in
perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di
Dio" ( At 8,20 ). Così si conformava alla parola di Gesù:
"Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" ( Mt 10,8 ) [Cf Is
55,1 ]. E' impossibile appropriarsi i beni spirituali e comportarsi nei loro
confronti come un possessore o un padrone, dal momento che la loro sorgente è
in Dio. Non si può che riceverli gratuitamente da lui.
2122 "Il
ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per
l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i più
bisognosi siano privati dell'aiuto dei sacramenti a motivo della povertà"
[Codice di Diritto Canonico, 848]. L'autorità competente determina queste
"offerte" in virtù del principio che il popolo cristiano deve
concorrere al sostentamento dei ministri della Chiesa. "L'operaio ha
diritto al suo nutrimento" ( Mt 10,10 ) [Cf Lc 10,7; 1Cor 9,5-18; 1Tm
5,17-18 ].
L'ateismo
2123 "Molti
nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano
l'intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va annoverato fra le cose
più gravi del nostro tempo" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19].
2124 Il termine
ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma frequente di esso è il
materialismo pratico, che racchiude i suoi bisogni e le sue ambizioni entro i
confini dello spazio e del tempo. L'umanesimo ateo ritiene falsamente che
l'uomo "sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria
storia" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19]. Un'altra forma
dell'ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione dell'uomo da una
liberazione economica e sociale, alla quale "si pretende che la religione,
per sua natura, sia di ostacolo.. in quanto, elevando la speranza dell'uomo
verso una vita futura.., la distoglierebbe dall'edificazione della città
terrena" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 19].
2125 Per il fatto
che respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, l'ateismo è un peccato contro la
virtù della religione [Cf Rm 1,18 ]. L'imputabilità di questa colpa può essere
fortemente attenuata dalle intenzioni e dalle circostanze. Alla genesi e alla
diffusione dell'ateismo "possono contribuire non poco i credenti, in
quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione
fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa,
morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano
il genuino volto di Dio e della religione" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium
et spes, 19].
2126 Spesso
l'ateismo si fonda su una falsa concezione dell'autonomia umana, spinta fino al
rifiuto di ogni dipendenza nei confronti di Dio [Cf ibid., 20]. In realtà,
"il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità
dell'uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la
sua perfezione" [Cf ibid., 20]. La Chiesa sa "che il suo messaggio è
in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano" [Cf ibid., 20].
L'agnosticismo
2127
L'agnosticismo assume parecchie forme. In certi casi l'agnostico si rifiuta di
negare Dio; ammette invece l'esistenza di un essere trascendente che non
potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri
casi l'agnostico non si pronuncia sull'esistenza di Dio, dichiarando che è
impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla.
2128
L'agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può anche
costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo
dell'esistenza e un torpore della coscienza morale. Troppo spesso l'agnosticimo
equivale a un ateismo pratico.
IV. "Non ti
farai alcuna immagine scolpita..."
2129
L'ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio
fatta dalla mano dell'uomo. Il Deuteronomio spiega: "Poiché non vedeste
alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull'Oreb dal fuoco, state bene in
guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate
l'immagine scolpita di qualche idolo. . . " ( Dt 4,15-16 ). E' il Dio
assolutamente Trascendente che si è rivelato a Israele. "Egli è tutto",
ma, al tempo stesso, è "al di sopra di tutte le sue opere" ( Sir
43,27-28 ). Egli è "lo stesso autore della bellezza" ( Sap 13,3 ).
2130 Tuttavia,
fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che
simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il
serpente di rame, [Cf Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv 3,14-15 ] l'arca dell'Alleanza
e i cherubini [Cf Es 25,10-22; 2130 1Re 6,23-28; 1Re 7,23-26 ].
2131 Fondandosi
sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel
787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone: quelle di
Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi.
Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova "economia"
delle immagini.
2132 Il culto
cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive
gli idoli. In effetti, "l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è
rappresentato", [San Basilio di Cesarea, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45:
PG 32, 149C] e "chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è
riprodotto" [Concilio di Nicea II: Denz. -Schönm., 601; cf Concilio di
Trento: ibid. , 1821-1825; Conc. Ecum. Vat. II: Sacrosanctum concilium 126;
Id., Lumen gentium, 67]. L'onore tributato alle sacre immagini è una
"venerazione rispettosa", non un'adorazione che conviene solo a Dio.
Gli atti di culto
non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a
raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto
immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta
[San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 81, 3, ad 3].
In sintesi
2133 "Tu
amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le
forze" ( Dt 6,5 ).
2134 Il primo
comandamento chiama l'uomo a credere in Dio, a sperare in lui, ad amarlo al di
sopra di tutto.
2135 "Adora
il Signore Dio tuo" ( Mt 4,10 ). Adorare Dio, pregarlo, rendergli il culto
che a lui è dovuto, mantenere le promesse e i voti che a lui si sono fatti,
sono atti della virtù della religione, che esprimono l'obbedienza al primo
comandamento.
2136 Il dovere di
rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo indiindividualmente e
socialmente.
2137 L'uomo deve
"poter professare liberamente la religione sia in forma privata che
pubblica" [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 15].
2138 La
superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio. Ha la sua
massima espressione nell'idolatria, come nelle varie forme di divinazione e di
magia.
2139 L'azione di
tentare Dio con parole o atti, il sacrilegio, la simonia sono peccati di
irreligione proibiti dal primo comandamento.
2140 L'ateismo,
in quanto respinge o rifiuta l'esistenza di Dio, è un peccato contro il primo
comandamento.
2141 Il culto
delle sacre immagini è fondato sul mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio.
Esso non è in opposizione al primo comandamento.