PASQUA IN ROMANIA


Pasqua significa passaggio. E' stato il passaggio del popolo ebreo dalla schiavitù d'Egitto alla terra promessa. Qui,  Padre Tarcisio, ci ricorda il passaggio dalla terra promessa (la terra nella quale si sta bene - e non sempre ne abbiamo coscienza), alla terra - Romania - che il Signore darà, ancora oggi, a tutti i credenti.

È la nostra prima Pasqua in questa terra. Come è diversa dalle nostre tante pasque vissute da sacerdoti. Le mie sono ormai ventitre e otto quelle di P. Antonio Prestipino (così imparate a conoscerci).
   Mi sembra di vivere un tuffo all'indietro, quando da giovane novizio e studente avevo tutto il tempo per prepararmi alla Pasqua meditando i misteri del dolore e dell'amore di Cristo, di pulire la casa per la festa così pure la mia stanzetta e la mia anima.
   Da prete venivo invece assorbito e quasi mangiato dal lavoro: ritiri, funzioni, prediche e soprattutto confessioni. Quanto ascolto, quanti peccati e quanta più grazia del Signore! Arrivavo alla veglia pasquale molto stanco (la prima volta, alle letture, mi sono addormentato); c'era poi la Messa Solenne e ancora ad assolvere fino a sera. Da poco santo che ero mi dicevo: "ma quando finirà questa fila, quando arriverò all'ultimo penitente? I vecchi e venerandi frati confessori, diversamente, pregavano e facevano penitenza perché tanti e sempre più numerosi cristiani si avvicinassero al sacramento. Signore, che differenza! Arrivava finalmente che la chiesa si chiudesse. Che dormire quella notte! Il giorno dopo la sveglia era in ritardo e poi -dette appena le lodi - via in campagna per il relax della pasquetta. Se ancora qualcuno mi avesse chiesto di confessarsi, l'avrei picchiato; dentro di me, si capisce, perché fuori ero, dovevo essere, buono.
   È così che il prete matura, adeguando la sua natura al ministero, stando dà dove deve stare. Poi uno si ritrova più buono e lui stesso non sa come.
   In quella pasqua comunque quante cose belle: i confratelli, i bravi cristiani che lavorano con te; il coro che canta le melodie più struggenti sul dolore del Signore, con le parole più dolci che fioriscono dal cuore ferito della Chiesa; le
nonne e i bambini che baciano il crocifisso, le folle anonime, ma quel giorno, attente. E poi gli auguri, un regalino, un grazie, una torta.
   Qui a Bucarest è tornato il tempo della giovinezza: niente ritiri, ne prediche, ne confessioni (ho confessato perfino 2 persone!).
   Ma tempo di preghiera, di pulizie (abbiamo fatto il bucato, abbiamo goffa- mente stirato, e chi l'aveva mai fatto prima?). Tempo pure per i ricordi.
Alle funzioni abbiamo sì partecipato, ma non da responsabili come eravamo abituati e che il Signore ci perdoni per gli strafalcioni nell 'uso della lingua romena.
   Che Pasqua tranquilla pensavo. Anche troppo.
   Torniamo un istante al Sabato Santo.
   È giorno strano questo. Strano ma importante. Gesù non si vede più. E' morto e sepolto. Non c'è più? Ma no che c'è, ma dove?


    
Intanto la Chiesa piange. C'è un silenzio dapprima doloroso, spaventato. Ma, passando le ore, il silenzio, dal di dentro cambia: non è più solo dolore, sbigottimento. E' speranza, è attesa, è preghiera. Quella della Madonna, quella della Maddalena. E' la fedeltà che attende.
    Così l'incanto del santo Mistero di questo giorno.
    Da lontano, molto da lontano, questo Sabato descrive la nostra piccola e umile situazione.
    Sappiamo questo che facevamo e che eravamo. Ma ora siamo fermi. Il passato è un ricordo caro. Ma non c'è. C'è invece uno stacco, uno strappo, una pausa. Come sarà il nostro futuro? Noi non lo sappiamo. C'è un po' di dolore. Ma ancor più trepidazione e attesa e, sempre più speranza: speranza e preghiera. Forse che il Signore Gesù non risorgerà per noi? Non ci darà cento volte tanto, una misura abbondante ben scossa non ci sarà versata in grembo?
     Noi lo crediamo. L'abbiamo esperimentato tante volte.
     Certo lo sarà ancora per noi, ma soprattutto per questi nostri fratelli e sorelle romeni che hanno molto sofferto.
     Perciò "Paste fericit" a te cara terra che ci hai accolto.

Padre Tarcisio Favero                            

  dalla "Rivista Santa Teresa del B.G. e la sua pioggia di rose"

n. 6 - giugno 2000

 


 

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ultimo aggiornamento 10/9/2000