Non ci sono ancora
entrato e quindi non so come si svolgono le feste in Cielo, ma amo
pensare che anche lassù ci siano, e che in alcune occasioni
chiamino a parteciparvi degli amici dei festeggiati. Saranno
coincidenze, ma possono essere anche realtà.
È quanto ho pensato alla morte
di Padre Paolino Pascottin, avvenuta il 26 settembre, proprio nella
settimana di feste in onore di Santa Teresa del B.G., Santa di cui
era innamorato e apostolo. Aveva i suoi anni, 92; una vita
sacerdotale vissuta per gli altri soprattutto nella parrocchia di
S. Teresa di Gesù a Roma e poi qui, a Tombetta, nella nostra
Basilica. Ho avuto la fortuna e la grazia di conoscerlo, di
vivergli accanto e, oggi, di sentire quasi una necessità morale di
scrivere qualcosa di lui. Perché a me ha insegnato tante cose.
Era un uomo sotto molti aspetti
sorprendente. Di statura piccola e in apparenza fragile. Pensavi
che il primo colpo di vento se lo sarebbe portato via; e invece era
di una resistenza unica. Di carnagione bianca, sembrava esposto a
tutti i malanni delle stagioni e le malattie degli uomini. Invece
mai un raffreddore, mai le nostre crisi stagionali. Ti dava
l'impressione della tenerezza e ti invitava alla protezione.
Mangiava come un canarino, ma aveva fiato dal mattino presto a
notte alta. Parlava con voce sommessa, flebile, quasi da persona
che misurasse il fiato; ma, a volte, per ribadire alcuni concetti
forti, era capace di acuti che ti creavano un sussulto al cuore.
Ricordo la sua statura morale.
Non era un grande predicatore, ma aveva il dono dell'ascolto:
interessato a quanto gli andavi dicendo, paziente nell'accettare i
tuoi tempi di esposizione; prudente nel porti delle domande e
saggio nel consigliarti. Si limitava alla sfera dello spirito e non
cadeva nel tranello di dare consigli su materie di cui non aveva
specifica competenza. Sapeva tenere le relazioni con le persone in
modo profondo. Non era la persona del telefono, mezzo che spesso
nasconde relazioni fragili e futili, era la persona della penna,
dello scritto. Le lettere, i biglietti che ha scritto, penso che
avrà fatto fatica a tenerne conto anche Dio. I suoi biglietti
erano doni sui quali ti fermavi, riflettevi, crescevi. E poi li
conservavi come reliquie.
Non so se sia stato così di
indole o abbia respirato profondamente il clima politico di Roma,
ma è certo che aveva lo spirito del diplomatico. Non a caso il
senatore Andreotti era stato da giovane un suo parrocchiano e un
animatore dell'Azione Cattolica della sua Parrocchia. Sapeva
proporre senza imporre, e poi con una pazienza incredibile sapeva
attendere i momenti della maturazione dell'idea. Era arrendevole da
sembrare incerto, ma tenace. E alla fine le sue proposte venivano
accolte, e le persone non si sentivano offese.
Ma quello che più ricorderò
sono i suoi grandi Amori.
L'amore all'Eucarestia.
Fervente promotore delle Adorazioni Eucaristiche. Gli piaceva
essere guardato dal Signore. Si sedeva, indossando la sua stola, là
davanti e là stava. Non diceva tante parole, spesso recitava il
rosario, e quando intonava, con la sua voce dal tono falso, qualche
canto, era solo per adorarlo, ringraziarlo. Le ore che viveva,
anche senza parole, davanti all'Eucarestia erano quelle che stimava
di più.
L'amore alla Madonna. La
sentiva madre più che regina. Lo vedevi spessissimo con la corona
del rosario, ma non preso da uno sforzo intellettuale per capirne e
approfondirne i misteri, quanto nel rassicurante stare insieme,
nell'avvertire, anche a livello di sensibilità, che lei gli era
vicina e che per lui era dolce starle vicino.
L'amore al Papa. Era un atteggiamento definito da
molti esagerato. È stata per me la più grande scoperta della
dimensione ecclesiale di Padre Paolino. In tutte le ricorrenze del
Pontefice -anniversario della elezione al pontificato, al
compimento degli anni, dopo qualche documento importante -si faceva
presente alla Segreteria vaticana con un suo biglietto. E quando
leggeva o sentiva qualche giudizio poco riverente o irrispettoso
sulla persona del Pontefice immediatamente partiva una raccomandata
in cui esprimeva tutto il suo dolore e riaffermava tutta la sua
devozione al Vicario di Cristo.
L'amore a Santa Teresa del Bambino Gesù.
Trasferito dai Superiori da Roma a Verona si prese cura del
confessionale a cui era assiduo, e dell'apostolato alla devozione
di S. Teresa. Famosissimi i suoi 'sassetti'. Li raccoglieva sul
greto dell'Agide, li dipingeva, vi incollava una reliquia e li
distribuiva, davanti alI 'urna di Teresa, ai bambini. Saranno
conservati come reliquie. Ma quello che mi ha fatto sorridere e
forse anche capire qualcosa è stato un episodio. Le Poste italiane
avevano introdotto la legge del bustometro, e così molte buste via
aerea che avevamo in deposito non potevano più essere utilizzate.
Se le è prese tutte e ne ha inventata, una delle sue, un'idea che
ha chi ama: ha scritto una lettera e in quelle buste, via aerea, la
dava ai bambini, e diceva che Teresa scriveva loro dal Cielo. Che
fantasia!
Mi dispiace che sia morto. Con Padre Aurelio ho
perso un avvocato difensore, un grande estimatore di quanto mi
adopero per S. Teresa. Ma sono sicuro di avere due patroni in
Cielo.
Caro Padre Paolino, ringrazio Iddio di averti
incontrato, e ti auguro una buona festa in Cielo. Un
tuo confratello Padre Pio Do/fato
dalla
"Rivista Santa Teresa del B.G. e la sua pioggia di rose"
n. 10 - ottobre 2000
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