Da "Avvenire" del 30 maggio 1997
    Diritto allo studio: dalle Regioni
    la spinta alla parità
     
      La situazione della libertà di educazione nelle regioni presenta spesso aspetti contraddittori: alcune sono favorevoli all'attuazione di un servizio scolastico in cui le varie proposte educative possano essere esplicitate senza condizionamenti economici; altre mantengono una certa chiusura che comunque va rimossa.In questo lavoro di sostegno ideale ed operativo è coinvolta anche l'Agesc - da sola o con altre associazioni familiari - con grande impegno e con forte propositività.
      Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Provincia di Trento, Valle D'Aosta
       
        REGIONE EMILIA ROMAGNA
        Il cosidetto "sistema scolastico pubblico integrato" regionale, attuato a livello di scuole materne, è soltanto una realtà virtuale, sapientemente enfatizzata con invidiabile capacità propagandistica. Anche in questa regione è già stata sperimentata la teoria berlingueriana secondo cui il diritto alla parità delle scuole libere riguarda solo l'ambito giuridico, mentre quella economica dipende dalla discrezionalità del potere politico. Un solo dato esemplificativo: i contributi erogati dagli enti locali a favore delle materne autonome, a seguito della stipula di convenzioni, equivalgono mediamente a circa £. 500.000 l'anno a bambino; per le materne comunali gli stessi enti sostengono un costo/bambino che varia dai 9 ai 13 milioni. La situazione penalizza le famiglie delle scuole libere che continuano ad essere pesantemente discriminate sotto il profilo giuridico ed economico. Il disegno evidente è quello di realizzare una parità astratta, relegata nella sfera dei principi ispiratori della legge, senza rimuovere gli ostacoli che ne impediscono l'attuazione concreta. Le proposte di legge delle forze politiche e della Giunta, che da oltre un anno attendono di essere discusse, rappresentano soltanto degli aggiustamenti della legge in vigore che ne confermano la concezione centralistica ed antidemocratica. Unica eccezione, quella di iniziativa di alcuni consiglieri di minoranza, che propone il "buono famiglia" quale strumento adatto a garantire una effettiva libertà educativa e parità scolastica. Questa proposta è supportata da un'analisi giuridica e da uno studio di fattibilità economico finanziaria. Va pure evidenziato che l'Agesc ha proposto interventi a sostegno del diritto allo studio per gli alunni della fascia dell'obbligo e delle superiori, ed una politica scolastica non discriminante nei confronti delle famiglie numerose ed economicamente svantaggiate.
        Franco Boarelli
        REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
        Sabato 31 maggio ci sarà a Udine una grande manifestazione tesa a difendere il diritto di libertà garantito dalla Legge Regionale 14/91 (legge promotrice di una autentica equiparazione tra scuole statali e scuole non statali, e quindi all'avanguardia circa le normative sul diritto allo studio). La manifestazione si propone di richiamare l'attenzione sul referendum abrogativo promosso da Rifondazione Comunista, referendum che va in direzione del ripristino di una egemonia della scuola di Stato nell'insegnamento e che ritorna a contrapporre strumentalmente la scuola cosidetta "privata" a quella cosidetta "pubblica", evidenziando uno strano concetto di "pubblico", come se "pubblico" fosse soltanto cio' che promuove lo Stato, e non invece anche quanto promosso da altri con lo scopo di conseguire autenticamente un "bene comune". La L.R. 14/91, riconoscendo alle famiglie un contributo - seppur limitato al 60% delle spese di iscrizione e frequenza - rende attuabile la libertà di scelta educativa. Sostenendo la L.R. 14/91, non si chiede il finanziamento delle scuole non statali, ma soltanto una giusta ridistribuzione di quanto lo Stato fa pagare ai contribuenti per la scuola. Lo Stato, e per esso i suoi organi decentrati, deve garantire alla famiglia la libertà di iscrivere i propri figli nella scuola preferita: in quest'ottica si muovono le norme internazionali e specificatamente la "Risoluzione" del Parlamento Europeo del 13 marzo 1984. Ostacolando la frequenza alle scuole non statali, si lede un diritto fondamentale di libertà, si aggrava la spesa dello Stato (è risaputo che una scuola non statale costa molto meno di quella gestita dallo Stato!), ci si allontana sempre più da quell'Europa nella quale si vuole entrare. Ma forse lo si vuole soltanto a parole: nei fatti - il referendum abrogativo ne è la prova - persiste una preoccupante ottusità culturale che ne impedisce la dovuta apertura.
        Fabio Bindi
        REGIONE SICILIA
        Con il contributo ideale ed operativo dell'Agesc, è stata approntata una proposta di legge regionale che vuole essere strumento per dare avvio ad un trattamento equipollente tra alunni che frequentano le scuole statali e quelli che frequentano le pubbliche scuole non statali. La proposta prevede due ordini di intervento: un buono-scuola per quanti fruiscono delle scuole pubbliche non statali, pari alla spesa che lo Stato sostiene per ogni alunno di scuola statale di pari ordine e grado; un contributo perequativo per i costi di gestione a favore degli Enti in situazioni particolari. Il tutto nell'ottica della sussidiarietà rivolta alle famiglie e alle istituzioni che rendono un pubblico servizio sul territorio. Va rilevato che l'Assessore regionale alla Pubblica Istruzione, D'Andrea, e il Presidente della Provincia, Mauro, sottolineando che la scuola cattolica, qualificata agenzia educativa, va correttamente sostenuta, hanno dichiarato la loro attenzione alle proposte dell'Agesc e la loro disponibilità ad operare affinchè in Sicilia la parità scolastica divenga realtà.
        Raffaele Stella
        PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
        Di fronte al progetto - nonostante una legislazione aperta - di razionalizzazione della rete scolastica e di "chiusura" in ordine alla parità tra scuole statali e scuole non statali, è stata promossa una mozione in Consiglio provinciale (approvata con 14 voti favorevoli, 4 contrari e 5 astenuti) colla quale si impegna la Giunta a promuovere una riforma del sistema scolastico trentino secondo criteri di parità tra scuole statali e non statali e a non subire passivamente la riforma nazionale. Preoccupa infatti, nella riforma che avanza, che lo studenti sia visto non come persona, ma quale risorsa per lo sviluppo economico produttivo, non conferendo in tal modo una giusta considerazione all'impegno educativo e al coinvolgimento delle famiglie. Inoltre, preoccupa la configurazione dello Stato come unico soggetto della formazione dei giovani, che invade sempre più la libertà di educare delle persone e delle famiglie. La mozione impegna la Giunta ad assicurare il coinvolgimento delle risorse interne al mondo della scuola trentina, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro rappresentativo di tutte le sue componenti; a promuovere la compiuta estensione del principio della parità nel rispetto dell'autonomia delle singole istituzioni scolastiche; ad attribuire valore e rilevanza specifici al ruolo delle professionalità presenti nell'ambito delle istituzioni scolastiche; a garantire a livello di programmi e di contenuti la salvaguardia ed il rispetto della specificità culturale e sociale del territorio; a reimpostare i programmi di razionalizzazione scolastica secondo criteri che tengano conto sia della distribuzione territoriale degli istituti scolastici, sia della loro specifica tradizione culturale.
        Antonio Girardi
        REGIONE VALLE D'AOSTA
        La tutela delle scuole non statali rappresenta per la Regione Autonoma Valle d'Aosta un'importante tradizione ed i primi aiuti finanziari risalgono agli anni '50. Nel 1986, su richiesta dell'Agesc, la Regione si è posta all'avanguardia nel panorama scolastico promulgando la L.R. 55/21 ottobre 1986 che ha consentito di raggiungere di fatto la parità scolastica, riconoscendo, nell'ambito dei principi costituzionali di diritto allo studio e della libera scelta educativa da parte dei genitori, la funzione sociale, educativa e di concorso alla realizzazione del servizio di educazione scolastica svolta da scuole, istituti ed enti morali. Tale norma regionale pone come unico obbligo per i soggetti interessati il rispetto degli orientamenti didattici locali, ed in particolare il rispetto dell'obbligo dell'insegnamento bilingue (italiano e francese) e di conseguenza del numero di ore di insegnamento, lasciando ampia libertà di organizzazione alle singole scuole, nel rispetto anche delle relative tradizioni. Il contributo finanziario copre il 95% di tutti gli oneri del personale (compresi oneri previdenziali ed assicurativi, indennità, ecc..), il 100% delle spese di aggiornamento del personale, il 100% delle spese di gestione (amministrazione, manutenzione ordinaria delle strutture, acquisto arredi, attrezzature didattiche, spese di riscaldamento, ecc...). A seguito di cio', vi è l'obbligo per le scuole di accettare gratuitamente gli alunni. Gli effetti della legge regionale 55/86 sono stati quelli di consentire la presenza sul territorio di scuole che altrimenti sarebbero scomparse, nonchè l'accessibilità e la frequenza negli istituti non statali di tutte la famiglie, anche di quelle meno abbienti, consentendo lo sviluppo degli aspetti educativi e formativi più adeguato alle attuali necessità.
        Ines Mancuso

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