L’ORATORIO DI S. PIETRO A TRIGOLO

Attorno all’anno 1000 era cella cluniacense dipendente

dal Monastero di Provaglio di Iseo

(a cura di Cristina Vianini)

 

Le fonti documentarie rivelano la passata presenza in Trigolo di due celle cluniacensi: la cella di S. Vitale, dipendente dal monastero di S. Gabriele in Cremona, e la cella di S. Pietro, legata al monastero di S. Pietro in Lamosa, a Provaglio di Iseo.

Pur trovandosi nella Francia centrale, l’Abbazia di Cluny esercitò largamente la sua influenza in gran parte d’Europa grazie alla creazione di una sorta di reticolato costituito, attorno al 1100, da ben 1184 monasteri, di cui 54 nell’Italia Settentrionale. Il primo abate di Cluny, dal 910 al 927, fu Bernone, proveniente dal monastero benedettino di S. Martino di Autun. L’abate, eletto a vita, costituiva la guida di una realtà che nel Medioevo assunse fondamentale importanza economica, politica, culturale oltre che religiosa. In effetti, nessun funzionario statale avrebbe potuto ingerirsi nella gestione dei beni, nè sugli abitanti o su coloro che avessero trovato asilo nei territori controllati da Cluny. Il particolare privilegio, per la cui violazione era prevista la scomunica, comprendeva anche le dipendenze, ossia le cellae e, nel 1088, Papa Urbano II sancì che nemmeno i vescovi delle diocesi potessero esercitare la loro giurisdizione sui monasteri o sui monaci. Se da un lato il Banno Sacro di Cluny trasformò quei monasteri in vere e proprie “Signorie” a carattere fondiario, dall’altro nella loro quiete fiorirono molte figure religiose esemplari, compresa quella di Sant’Ugo, Abate di Cluny dal 1049 al 1109. In seguito al notevole incremento del numero dei monaci, egli realizzò, accanto all’abbazia originaria, una costruzione di proporzioni grandiose, dedicata a S. Pietro e S. Paolo, che divenne la più grande chiesa del Medioevo in Occidente, purtroppo distrutta durante la Restaurazione.

La presenza di monasteri e obbedienze cluniacensi in territorio lombardo è testimoniata dalla Bolla di Urbano II all’abate Ugo datata Piacenza, 16 marzo 1095, nella quale è presente un abbondante elenco di monasteri e dipendenze, comprese le celle di Trigolo: “... Monasterio Sancti Petri de Rodingo, Sancti Petri de Provallo cum his cellis, Trigulis, Alfianello, Sancti Gabrielis de Cremona cum cellis suis, quae sitae sunt in castro Fontanellae, Trigulo, Grumello, Scandolario, Brixiana iuxia Virolam. ...” Altrettanto significativo risulta essere il Privilegio di Innocenzo III datato 1132.

I monasteri cluniacensi più importanti presenti nella zona erano quelli di S. Giacomo a Pontida (BG), fondato nel 1076, di S. Paolo d’Argon (BG), fondato nel 1079, e di S. Gabriele a Cremona, fondato il 29 aprile 1079. Nella Bolla del 1095 si elencavano, fra le altre, le obbedienze di S. Pietro a Madignano, S. Pietro a Ombriano e S. Michele a Soncino, soggette al monastero di S. Paolo d’Argon e le celle di Trigolo, Grumello, Scandolara, Fontanella e Verola soggette al monastero di S. Gabriele a Cremona. La cella di S. Pietro a Trigolo e quella di Alfianello dipendevano invece dal monastero di S. Pietro in Lamosa, a Provaglio, che nel 1500 divenne chiesa parrocchiale, gestita da una comunità di canonici “speciali”, e sede della congregazione dei Disciplini. Oggi restaurato e visitabile, immerso nella quiete delle colline e delle Torbiere Sebine, questo monastero mostra ancora le sue primitive forme romaniche rintracciabili nell’abside semicircolare medievale e nelle finestre con strombature.

Del periodo compreso fra il XIII e il XVI secolo, quando il movimento cluniacense faticava a mantenere il suo primato a causa dell’affermarsi prima dei cistercensi e degli ordini mendicanti, poi dei gesuiti, non sono noti documenti riguardanti in maniera diretta la cella di S. Pietro a Trigolo. Nel 1284, tuttavia, un elenco di terreni citava, tra le varie coerenze, anche le proprietà dell’ecclesia S. Petri, oltre a quelle dell’ecclesia S. Benedicti. Nel secolo successivo (1393), per risolvere una controversia fondiaria riguardante il piccolo oratorio, intervenne l’Abate del Monastero benedettino di S. Pietro al Po a Cremona. Dal XVI secolo in avanti, la cronostoria della chiesa di S. Pietro, letta attraverso i documenti conservati in archivio parrocchiale, traccia un destino decisamente altalenante, caratterizzato da momenti di grande splendore contrapposti a periodi di estrema decadenza, a volte anche delle pratiche religiose. Nel 1504, tramontato l’astro di Cluny, il beneficio esistente all’altare della chiesa di S. Pietro fu unito alla parrocchia di Trigolo, a quell’epoca affidata al rettore Don Aldrigo de Gropello. Agli inizi del ‘600, custode dell’oratorio era l’heremita tertiarus (terziario francescano) Cristoforo di Ticengo. La presenza di un “romito custode”, probabilmente antecedente al ‘600, continuò senza soluzione di continuità per tutto il secolo successivo e fino al 1812, testimoniata per molti anni nei registri parrocchiali dai nomi di Dionisio Lucino, Pietro Chinello, Giovanni Bocca, Giovan Battista Stellari e Michele Rossi.  Nei primi decenni del ‘700, fu presente un eremita anche al Monastero in Contrada Pradelli (S. Ippolito) e all’oratorio della B.V. di Loreto. L’eremita di S. Pietro viveva nella casa attigua all’edificio sacro, composta da due sole stanze, e destinava parte delle elemosine raccolte alle opere di manutenzione. Il ‘500 ed il ‘600, definiti dai cronisti del tempo “secoli calamitosi”, in effetti avevano gettato nell’incuria la piccola chiesa, che risultava malmessa ed in alcuni periodi persino adibita a deposito di legname. L’oratorio campestre sorgeva a ridosso della roggia Stanga, sulla vecchia strada che portava a Romanengo, poco al di fuori del centro abitato, era costituito da un’unica navata e completato da un piccolo campanile. Sul muro a sud, all’esterno ed in vista dei viandanti e dei pellegrini, era dipinta l’immagine di Cristo crocefisso, con ai lati la Madonna Addolorata e S. Giovanni  (XV-XVI sec.).

La relazione alla Visita Pastorale compiuta da Mons. Settala nel 1688 offre anche una breve descrizione (traduzione dal testo latino) : “... A un capo dell’Oratorio vi è una cappella dipinta di forma semicircolare di legno dipinto, in essa, appoggiato al muro, c’è un altare in laterizio pieno largo dal gradino cubiti 1 e once 13 circa, lungo a norma e alto cubiti 2 e once 8. C’è una bradella di legno larga a norma, alta ugualmente a norma, che circonda i lati dell’altare. La pietra sacra è larga once 13, lunga once 14 e dista dalla facciata once 9. I gradini dell’altare sono due dipinti. Sopra il fregio dipinto, come immagine, vi è una statua lignea dipinta di S. Pietro. Con un ornamento ligneo dipinto in cui sono ritratte le immagini di S. Pietro e S. Paolo. C’è la regolare finestrella delle ampolle. Mancano i cancelli. L’altare è fornito di una croce d’ottone e di 4 candelabri lignei, due dipinti e due dorati dei quali uno è inappropriato, vi sono le carteglorie e quella del vangelo di S. Giovanni, tre tovaglie, un cuscino per leggìo. Di fronte è appesa una lampada d’ottone che è accesa nei giorni festivi grazie all’elemosina dei fedeli. A questo altare non c’è alcun beneficio né alcun altra obbligazione, però si dice che qui anticamente ci fu un beneficio con l’onere di una messa quotidiana grazie ad una dote di 50 pertiche di terra, beneficio che fu trasferito (5 settembre 1504) alla chiesa parrocchiale. Ogni tanto si celebra una messa grazie alle elemosine dei fedeli.

Nel 1690, la chiesetta fu riordinata in vista di un’occasione speciale, la concessione da parte di Papa Alessandro VIII dell’Indulgenza Plenaria, nel giorno di S. Pietro e per sette anni consecutivi, a tutti coloro che avessero visitato il sacro oratorio. Nel XVIII° secolo, secondo quanto annotato nell’Ordo Servandus conservato in archivio parrocchiale, ogni anno era consuetudine compiere una processione propiziatoria fino all’oratorio di S.Pietro in uno dei giorni delle rogazioni. 

Esso fu solennemente riaperto nell’agosto del 1826, dopo radicali restauri, per festeggiare il XX Giubileo della storia della Chiesa, indetto da Papa Leone XII. Nella seconda metà dell’800, sprovvisto anche del custode, cadde in un nuovo stato di abbandono, tanto che nel 1865, all’infuriare dell’ennesima epidemia di colera, il Sindaco Angelo Favalli chiese alla Fabbriceria di poterlo adibire ad uso ospedale insieme alla casetta adiacente, al fine di isolarvi gli ammalati. Gli ultimi lavori di restauro furono probabilmente compiuti nel 1879, quando il pittore e decoratore Benedetto Boccù effettuò alcuni interventi sul coro e sull’altare. Sopravvisse un po’ più a lungo, fino ai primi decenni del ‘900, la consuetudine di celebrarvi una messa solenne, con vespri e benedizione, il giorno di S. Pietro e durante le rogazioni, con processione dei fedeli. Dell’antico oratorio di S. Pietro esistente in Trigolo è rimasto purtroppo ben poco, solo l’abside semicircolare e la parete a nord, in quanto attorno alla metà del secolo scorso esso fu venduto e trasformato in deposito a seguito della sua sconsacrazione. Ancora oggi, tuttavia, nel giorno dedicato a S. Pietro Apostolo (29 giugno) viene celebrata una messa nella contrada a lui intitolata.