A proposito di Mirafiori: C'era una volta una trattoria

La volta scorsa conclusi dicendo che chi voleva saperne di più su Mirafiori non doveva far altro che chiedere. Siccome anche l’interesse di una sola persona deve essere soddisfatto, proseguo imperterrita nella mia narrazione.

Il luogo della memoria lo fissiamo nella locanda-osteria che era situata nella strada vicinale delle Cacce, al numero 40, di proprietà di una vecchia famiglia di Mirafiori.

L’osteria del signor Antonio era posta in un luogo strategico rispetto al campo d’aviazione, l’ippodromo, il mausoleo della Bela Rosin. Era costeggiata dalla bealera Grugliasca e possiamo immaginarla come un punto di riferimento anche per le rare cascine immerse nei prati. C’era la pista da ballo, si mangiava in modi genuino, il vino era dei migliori, e le bottiglie più pregiate erano riservate ai clienti affezionati ed illustri.

Il perimetro dell’ippodromo comprendeva il terreno che va da via Onorato Vigliani, corso Unione Sovietica, corso Traiano, corso Corsica. All’angolo tra le vie Vigliani e piazza Caio Mario si trovavano tutte le costruzioni inerenti l’ippodromo: il palco reale, la tribuna centrale, il peso del fantino e la biglietteria. In un angolo c’era la casetta di “Mariuccia dle cörse” (Mariuccia delle corse). La signora era la custode dell’ippodromo e svolgeva funzioni di cellulare dell’epoca. Infatti, a quel tempo i mezzi pubblici si fermavano molto lontano da Mirafiori e quando le ragazze arrivavano da scuola o dal lavoro, la sua posizione strategica le permetteva di vigilare sul loro cammino fino a casa. Dopo di che le chiamava a voce alta e così si accertava che fossero arrivate sane e salve.

La domenica era giornata di gare, per cui al sabato iniziavano ad arrivare i fantini con il loro seguito. Alcuni alloggiavano nelle scuderie di via Vigliani angolo strada delle Cacce, altri negli alberghi del borgo. Tutte le cascine avevano un allevamento di cavalli ed un maneggio. I “Mirafioresi” di vecchia data ricordano il cavallo Fulmine nato ed addestrato in una di queste cascine, vincitore di tanti gran premi. In questo periodo molti ragazzi del borgo si diedero letteralmente all’ippica, diventando apprendisti fantini. L’ippodromo quindi era una fonte di guadagno per i contadini, gli albergatori, e per quello che rappresentava l’economia del borgo, ma era anche un’occasione mondana in cui le signore sfoggiavano abiti alla moda e ridicoli cappellini piumati.

I fantini erano assidui frequentatori della locanda, perché come già detto, oltre a mangiare e bere bene, c’era anche l’orchestrina e la pista da ballo frequentata dalle ragazze della zona.

Quale migliore occasione per rilassarsi?

Tutte le cose belle però finiscono, e nel 1960 l’ippodromo cessa la sua attività. Le cascine, il palco reale, le scuderie lasciano il posto a condomini, strade, negozi.

Chi scrive sta guardando una guida toponomastica di Torino del 1953 e francamente si dispiace per non aver potuto vedere il quartiere a quell’epoca.

Ciao, alla prossima.

Donatella e Renato