Vinca la Vita
Viviamo tempi difficili, con lampi di guerra lontani e paure vicine. Sono pure, in verità, nate da poco, perché quell’11 settembre 2001 nessuno pensò che le nuvole di fumo nero che si levavano dalle torri gemelle di New York potessero oscurare, con quelli dell’America, anche i cieli di altre nazioni.
La curiosità ci spingeva a chiedere, attaccati al televisore, come avrebbe reagito l’America.
Gli altri, noi, non avevamo niente a che vedere con quegli atti terroristici.
Certo, il sacrificio di tante vite umane, gente che aveva voglia di vivere, lavorare, amare, veder crescere i figli angosciava tutti e non c’era chi non si sentisse solidale con l’America e non condannasse quanto accaduto, ma ci fermavamo lì; l’idea che all’origine ci potesse essere qualcosa remota, giusta o sbagliata, non sfiorava la mente di nessuno.
Solo dopo diversi giorni qualcuno avanzò timidamente la domanda: “perché tutto ciò? E’ solo perché l’America è il più di tutto e New York ne è il simbolo o è stata colpita come maggiore esponente di quella parte del mondo che ha sempre ignorato le condizioni di povertà di interi popoli, asservendoli e sfruttandoli?”.
E dopo che è stata “guerra” l’altra domanda: “Siamo sicuri che la guerra risolverà il problema del terrorismo?”.
Domande pesanti come macigni che non lasciano scampo.
C’è chi risponde: “Il ricorso all’uso della forza è stata una dolorosa necessità per non incoraggiare la delirante ferocia di chi, divorato dal fanatismo e dall’odio, compie atti che possono portare ad una catastrofe umana”.
Vista così siamo nella logica della guerra. Altri, invece, dicono: “Al momento che le guerre, quando hanno risolto dei problemi ne hanno sempre creato dei nuovi che, a loro volta, hanno richiesto altre guerre per essere risolti, prima di mettere mano alle bombe non si potevano prendere in esame altri mezzi? Si poteva ricorrere ad una guerra sorda combattuta sotto traccia, affidata ad agenti segreti in grado di stanare gli attentatori e i loro fiancheggiatori, individuare i covi dei guerriglieri e con l’aiuto di tutti distruggerli. E questo tenuto anche conto che, con gli attuali mezzi di distruzione di massa, sono molte le vittime civili e pochi i soldati colpiti”.
Senza dubbio una risposta bene argomentata. C’è, comunque, di fatto che la guerra è sempre un orrore perché è l’umanità stessa ad uscirne sconfitta.
Riserviamo ora l’attenzione che merita alla prima domanda.
“Perché tutto ciò?”.
Intanto diciamo che cercare di capire e approfondire la ragione di quegli atti terroristici compiuti in America è quasi un obbligo, per poi vedere se dall’esame ne scaturisce la necessità dell’autocritica, fatta salva la condanna per ogni violenza assassina.
Mons. Casale, arcivescovo emerito di Foggia, ha detto: ”… il terrorismo si basa sulle frustrazioni, sulle difficoltà di milioni e milioni di persone che vivono nella povertà a portarli a scelte di fanatismo violento” . E Mons. Semeraro, vescovo di Oria: “… A me pare che un esame di coscienza debba farlo tutto l’Occidente nella misura in cui è stato capace di dialogare con la realtà rappresentata dal mondo islamico, emarginandolo”.
Non c’è da aggiungere altro per dire che, se è necessario e legittimo colpire chi si macchia di atti vandalici, è estremamente urgente un impegno globale contro la povertà, le malattie, le condizioni di vita inumane dei popoli che vivono ai confini di un mondo, sprofondato nel benessere e nei consumi, così come conviene aprirsi al dialogo con tutte le realtà esistenti, evitando ogni emarginazione.
E questo per un principio di giustizia e per disinquinare il terreno nel quale gli estremisti mettono le loro radici.
Non possiamo riempirci gli occhi di torri che bruciano e crollano e dimenticare le immagini di bambini scheletrici, di lazzaretti di moribondi, di tendopoli di stracci, di esodi di popolazioni affamante.
E se, sotto il profilo morale, essere a fianco del popolo americano è un dovere, non lo è meno, pure nella prosecuzione della ricerca della giusta punizione di quanti tramano nell’ombra per colpire, chiedere che cessi la pioggia di bombe sulle popolazioni afgane: sono padri e madri anche loro come lo siamo noi e i loro figli sono come i nostri figli, con la differenza che loro hanno la sfortuna di vivere in una terra senza pace. Si trovi il modo, la maniera che a vincere sia la Vita.
Antonio Schito