FIGLI DEGLI ALTRI ?

La cultura della violenza tra gli adolescenti

 

 

 

E’ penoso, oggi, rievocare la tristezza di quei giorni, di quei lunghi mesi; ma è accaduto nella nostra città, a due passi dalle nostre case, ad un respiro dalle nostre vite! Giovani, come i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri amici, gli stessi che incontriamo e salutiamo per strada, che magari abbiamo visto crescere o che abbiamo avuto a scuola o nelle aule di catechismo. Ed ecco che, in un giorno qualunque, li scopriamo violenti o addirittura mandanti, esecutori o vittime di omicidi.

Non sono diversi, no, non sono nati sotto una cattiva stella. Hanno sentimenti, amano e soffrono, hanno illusioni e disillusioni, entusiasmi e scoramenti, come chiunque. E allora che cosa fa scatenare in loro tanta violenza? Anche quando non si verificano fatti di cronaca eclatanti, nella quotidianità si consumano atti di bullismo o di vera e propria violenza fisica e psicologica.

Degli adolescenti raccontano che non si può andare al parco perché  territorio di alcuni che incutono timore, magari per ragioni banalissime o addirittura inesistenti. E, all’interno di molti gruppi di ragazzi, guai a parlare in modo poco edificante di qualcuno, può succedere che si organizzi una vera e propria “spedizione” per “fargliela pagare”. E da qui l’escalation, perché ai loro occhi, può forse finire così? Certo che no!

Succede spesso che nella vittima si scatenino la sfida, la rabbia, il rancore, la voglia di vendetta, a volte l’odio, perché esiste pure questo. Lo so, questa parola non fa bene leggerla, non fa bene neppure scriverla, esiste ed è un sentimento assai difficile da combattere.

E per molti dei nostri giovani, l’amicizia diventa un mezzo, poco nobile, per fare quadrato, per raggiungere un’identificazione, per uscire dal proprio guscio, per sentirsi forti. La vita, a volte, diventa palestra di addestramento con maestri delinquenti più adulti che finiscono per diventare termini di paragone da imitare per emergere.

In questo scenario non è difficile immaginare quale futuro si prepara; non è difficile soprattutto se ci limitiamo a guardare.

Se la famiglia, pur conservando quella dimensione di porto sicuro, appoggio, amore totale, non trova per prima la forza di condannare apertamente questi atteggiamenti, invece di trovare, sempre ed in ogni caso, coperture e giustificazioni quando, ad essere coinvolti, sono i propri figli;

se la famiglia non esalta la comprensione, la tolleranza, il perdono e non educa a pensieri di pace, anziché rinforzare l’istinto di vendetta o di difesa violenta;

se la scuola e la società non insegnano anche la legalità, il rispetto per gli altri, per le cose, per il mondo, non con le nozioni e i dibattiti ma con la testimonianza degli educatori;

se il mondo della scuola non entusiasma, non scatena la curiosità, non appassiona, non stimola alla positività, all’affettività che spinge ad agire, a partecipare;

se la politica non collabora con la famiglia, la scuola, l’associazionismo, se non è attenta a tutti, anche a chi non ha i mezzi (cultuali, economici, di status sociale) per farsi ascoltare e non sa raccogliere le richieste provenienti anche dalla minoranze, se non personalizza l’offerta dei servizi pubblici a favore dei giovani;

se la Chiesa non si apre verso chi sta fuori e non contagia i più lontani, se non sensibilizza il territorio e non fa concretamente spazio a tutti testimoniando la sua missionarietà sulla strada, cosa accadrà?

Allora quale dovrebbe essere l’impegno, in particolare per noi cristiani? Forse affinché alla domanda “Dov’è tuo fratello?” possiamo rispondere “Eccolo, è accanto a me!”, è fondamentale che tutti quanti noi, che siamo famiglia, scuola, politica, chiesa, non ci limitiamo soltanto a provare sconcerto, pena o rassegnazione.

E’ importante che ciò che proviamo non sia lo sdegno di chi pensa “sono figli degli altri” ma di chi sente tutti gli adolescenti come propri figli; di chi si impegna per testimoniare un mondo più fraterno, dove i ragazzi, fin da piccoli, sentano la famiglia non come il nido protettivo ma come il trampolino di lancio per aprirsi al mondo e prendersene cura.

 

 

Elisa Fraraccio

 




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