Periodico della comunità parrocchiale di Succivo (CE)
| EDITORIALE - KOINONIA |
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"Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli
apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle
preghiere.[...] Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e
tenevano ogni cosa in comune;chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne
faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti
insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane prendendo i pasti con
letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il
popolo" (At. 2,42-47) |
| VISITA PASTORALE: LETTERA DEL VESCOVO MARIO MILANO GRAZIE, SUCCIVO |
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Carissimo Don Crescenzo, |
| CON RISPETTO PARLANDO - A COLLOQUIO CON DON CARLO (di Salvatore Giordano) | ![]() |
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Che effetto le fa essere intervistato come "parroco
emerito"? Non ho capito cosa significa "emerito". Già non mi piaceva "ex parroco", poi quest'altro titolo...mah. Per me essere parroco significa essere sacerdote,con tutto ciò che tale impegnativa condizione comporta. Quindi, che significa "emerito"? Effettivamente, conoscendo la sua caratteriale indomabilità, non sarà stato facile adattarsi ad una condizione di "riposo forzato"... E' proprio così: il riposo per me è "forzato". Soprattutto adesso che sto meglio in salute rispetto a tempo addietro. Dover dire semplicemente la Messa mi amareggia e mi umilia. Esser "fuori dal coro" è un grande sacrificio. Penso che, pur nei limiti imposti dall'età e dagli acciacchi, potrei dare ancora tanto a questa nostra cara comunità. Alla sua età saranno più i ricordi che le speranze. Ha delle immagini o dei momenti su cui la sua mente indugia volentieri? Tranne la parentesi della tumultuosa accoglienza nella Parrocchia di Costantinopoli (che, comunque, mi è servita come stimolo a far meglio), consevo nei miei occhi e nella mia mente soprattutto immagini di momenti belli. non potrò mai dimenticare, ad es., l'incontro con il venerato quadro della Madonna di Pompei, la straordinaria accoglienza del popolo di Succivo, la sua testimonianza di fede. Ricordo ancora la Festa patronale del SS. Salvatore, tutte le edizioni, attese da me e dal popolo con particolare fervore (non a caso ebbi a definirla "Pasqua locale"), le manifestazioni di giubilo al passaggio della Sua statua attraverso le vie del paese. quello che, poi, ha lasciato un'orma indelebile nella mia vita è stata la chiamata dell'allora Vescovo Mons. Cece a Rettore del Seminario di Aversa: avere il compito di presentare al suo cospetto giovani per l'ordinazione sacerdotale mi riempiva di gioia ma anche di responsabilità. La stessa gioia l'avrà provata per l'ordinazione di un figlio di questo popolo, don Alfonso... Eh, sì. E' stata una grande soddisfazione. Quando in lui è cominciata a germogliare questa vocazione, abbiamo pregato assieme sull'altare perchè essa giungesse a maturazione, poi l'ho accompagnato nelle prime tappe ed ora posso ringraziare il Signore di questo grande dono che ha fatto a me personalmente e a tutta la nostra comunità che ha, finalmente, dato segni di fecondità anche a livello vocazionale. Però... |
Però...? Mi è dispiaciuto di non aver potuto accoglierlo, per la sua Prima Messa, in qualità di Parroco. In questo lungo e passionale rapporto con il nostro popolo si sente più in credito o in debito? Le sembra, cioè, di aver dato di più di quanto abbia ricevuto o viceversa? Non ci sono dubbi. Con il nostro popolo mi sento in debito. E' di gran lunga più quello che ho ricevuto rispetto a quanto io sia stato in grado di dare. C'è allora qualche rimpianto? Qualcosa che non è riuscito a realizzare o a portare a compimento come desiderava? Avrei voluto portare più fervore religioso nel popolo. Avrei voluto sostenere ancor più le associazioni, aiutarle nella crescita e portarle avanti assieme quella rivitalizzazione del tessuto ecclesiale e sociale che pur era cominciato e stava producendo bei frutti. Una cosa, però, è sicura: dal mio sacerdozio non ho voluto nessuna soddisfazione personale. Tutto quello che ho fatto è stato per l'accrescimento spirituale della comunità. L'essere stato parroco del proprio paese natale ha facilitato o, in un certo senso, ostacolato la sua attività pastorale? La conoscenza dei miei concittadini (e viceversa) mi ha facilitato il compito. Tranne qualche episodio o qualche incomprensione, il rapporto con la mia gente è stato sereno e fecondo: io ho aiutato loro e loro hanno aiutato me. E poi, si sa, io amo molto il tempio, che, a sua volta, accoglie il popolo. Quindi, come potevano esserci grossi ostacoli? E' poco più di un anno che ha passato il testimone ad un parroco più giovane. Come vede questo "nuovo corso" di don Crescenzo? Il nuovo parroco stà continuando la mia opera con entusiasmo ed energie fresche. I risultati probabilmente si vedranno più in là, adesso è presto per giudicare. Vedo comunque che la gente gli vuol bene e mostra di seguirlo con sollecitudine. Questo fa ben sperare. Permette un'ultima curiosità personale? Non so da quanti anni, ogniqualvolta la incontro e le rivolgo il consueto "come va?", mi sento rispondere: "Ci avviciniamo a grandi passi...". In queste parole c'è timore, desiderio, ineluttabilità o cosa? Ineluttabilità, no! C'è, nello stesso tempo, desiderio e timore. Desiderio di incontrare Colui al cui servizio, anche se talvolta indegnamente, ho messo la mia vita. Timore, perchè dovrò rendere conto a Lui dei miei momenti di debolezza, che pur vi sono stati e pesano sulla mia coscienza, di cui ho chiesto già perdono "curam populo". |
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ANCHE NOI A TORONTO: LA TESTIMONIANZA DI UNA RAGAZZA CHE HA PARTECIPATO ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' TORONTO, 28 LUGLIO 2002: XVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU' (di Annalisa Marsilio) |
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Anche questa volta le aspettative non sono andate deluse. Come ad Assisi, per la prima volta, a Manila e poi a Roma nel 2000 (l'anno del Giubileo), così pure in terra d'America è stata forte ed entusiasmante la presenza di giovani, oltre seicentomila, riuniti ad acoltare le parole del Papa nella spianata alle porte di Toronto. E proprio lì si è visto un Papa anziano e più affaticato del solito, ma instancabilmente portavoce di un messaggio di pace, in un periodo storico come quello del dopo 11 settembre 2001, sempre più allarmante e violento per l'umanità. Tante sarebbero potute essere le ragioni per saltare l'appuntamento che lo stesso Papa diede ai "suoi" giovani riuniti a Tor Vergata nell'agosto 2000; eppure, lo scorso 28 luglio, in Canada, le preoccupazioni di un mondo in preda al panico del terrorismo hanno ceduto il passo all'unico vero annuncio di una speranza che non delude. A quest'eccezionale avvenimento hanno avuto l'opportunità di partecipare anche due giovani della nostra comunità parrocchiale. Infatti, tra i trenta della diocesi di Aversa partiti per il canada, c'erano anche due ragazze di Succivo, le sorelle Anna e Loredana Russo , pronte a testimoniare che la ragione che spinge tanti giovani ad incontrarsi con il Santo Padre è ben radicata anche nella nostra comunità. Anna, di questa esperienza, conserva la memoria di tanti bei ricordi, come quello che l'accoglienza festosa che le persone del posto riservarono ai giovani italiani, rispettandone le abitudini perfino della cucina: "Mi sono sentita pellegrina si'...ma come a casa mia!". Ricorda, inoltre, con piacere i tre giorni precedenti al fatidico 28 luglio quando, insieme a tante altre persone, ha fatto visita a famiglie canadesi per realizzare una raccolta di fondi, ha partecipato a catechesi ed a momenti di silenzio. Sicuramente, si porterà sempre nel cuore le bellissime parole che il Papa ha rivolto alla folla di giovani: "Quello che voi erediterete è un mondo che necessita di essere toccato e guarito dalla bellezza e dalla ricchezza dell'amore di Dio. Noi non siamo la somma dei nostri fallimenti e delle nostre debolezze ma, al contrario, siamo la somma dell'amore del Padre per noi e della nostra capacità di aderirvi". Questo è l'unico vero annuncio di una speranza che non delude. "Anche il tempo- dice Anna- si è conformato al messaggio del Papa passando, come per incanto, da un violentissimo temporale ad un sole inatteso". Ma, in poche parole, cosa "ha portato a casa" Anna da questa esperienza? Ancora una volta è lo stesso Papa a suggerire le parole: "il mondo necessita di essere toccato e guarito dalla bellezza dell'amore di Dio. Siate testimoni, di quest'amore, in tutto il mondo e sarete beati". E noi tutti desideriamo aderire a quest'invito....essere beati! |
| CON RISPETTO PARLANDO - A COLLOQUIO CON IL VESCOVO (di Salvatore Giordano) |
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Allora, Eccellenza, a che punto siamo con le visite pastorali? Sto visitando Trentola Ducenta e con questra zona sono arrivato alla 42^ parrocchia,quindi quasi alla metà delle parrocchie della Diocesi,che, come si sa, è piuttosto vasta, ma soprattutto molto popoloso. Inquesti incontri mi hanno molto colpito quelle realtà parrocchiali sgorgate dal Concilio Vaticano II, quelle cioè dove sono ben strutturati ed operanti il Consiglio pastorale, espressione di realtà locali mature che affiancano il parroco nell'edificazione della comunità e nella missione evengelizzatrice, e il Consiglio Economico, garanzia di trasparenza anche nella delicata gestione delle risorse economiche. Quali sono le urgenze della Chiesa aversana? Anzitutto avere un clero impegnato e all'altezza del compito cui si è chiamati per vocazioni. Dove c'è un sacerdote santo, ci sarà una fioritura di santità. Quindi, avere un laicato adulto e maturo, protagonista di unna nuova evengelizzazione, perchè siamo in una società inselvaggita, imbarbarita, una società lontana da quei valori cristiani di solidarietà, e amore, di giustizia che un tempo ne costituivano il tessuto connettivo. Le parrocchie sono il principale oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa. Eppure, talvolta, il termine "Parrocchialismo" tende ad assumere il significato di "chiusura", "particolarismo", "settarismo": insomma, il contrario di "cattolico" che significa "universale" ed è sinonimo di "apertura", di "missionarietà". Qual è la discriminante tra una comunità "aperta" e una "chiusa"? come veitare il rischio di ritirarsi in un'"oasi spirituale", lontana dai bisogni reali delle persone di questo tempo e di questa società? Spesso ripeto ai miei sacerdoti: "parrocchialità sì, parrocchialismo no". La "parrocchialità" significa essere aperti, vivere una comunione ed una missione, guardare alla Chiesa universale, di cui è realtà la Chiesa diocesana. Il parrocchialismo invece identifica la propria parrocchia, il proprio gruppo come la Chiesa e inevitabilmente riduce l'orizzonte verso cui siamo tesi in quanto cristiani e ne affievolisce la coscienza missionaria. A questo proposito un compito importante ce l'ha l'Azione Cattolica in quanto associazione di laici impegnati nelle parrocchie ed opera nella Chiesa tutta. Anche i movimenti ecclesiali hanno la loro rilrvanza: essi sono frutti dello Spirito e dove c'è lo Spirito c'è la missione. In varie circostanze Lei ha mostrato una certa predilezione per la nostra parrocchia. Ci sono motivi particolari che la rendono "una delle più amate" e la situano "in cima ai suoi pensieri" (secondo al simpatica espressione da Lei usata in riferimento alla mitra ricevuta in dono dai succivesi in occasione della visita pastorale)? La comunità di Succivo si presenta con fede viva, centrata su Cristo Trasfigurato. Son ben visibili in essa i frutti della lunga attività pastorale, di don Carlo Cinquegrana, che ha ben operato anche in qualità di Rettore nel nostro Seminario. Ora è in altrettante buone mani con un giovane sacerdote, don Crescenzo, che sta portando in essa il suo entusiasmo, il suo carisma, la sua solida formazione spirituale. Ma anche nella nostra comunità, come Lei ben sa, problemi non mancano. Ad esempio, i giovani. Parafrasando Eliot: "sono i giovani che hanno abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato i giovani?" La Chiesa non ha tutte le risorse per venire incontro ai giovani. L'ideale sarebbe che in ogni parrocchia ci fosse qualche giovane prete che meglio può conoscere le loro esigenze, il loro linguaggio, i loro problemi, che abbia, insomma, quelle energie e quella vitalità necessarie per affrontare una realtà dinamica e complessa come quella giovanile. Oggettivamente, per un prete anziano è più difficile questo compito. In verità, bisogna pur dire che i giovani sono oggi vittime-complici di una mentalità permissiva, consumistica, edonista; vogliono tutto e subito, senza alcun sacrificio, e per loro "responsabilità" è una parola astratta. Quindi, guardano la Chiesa con diffidenza, come una Istituzione austera, per nulla disposta a lasciar loro il pelo e a vellicare la loro istintività per accaparrarsene il consenso, un consenso sterile. L'insegnamento di Cristo è chiaro ed esigente e la Chiesa non può venir meno al suo compito. Un'ultima curiosità: come ha accolto questo giornale e che giudizio ne dà? Sono contento del vostro giornale perchè è un veicolo di evangelizzazione. Attraverso la stampa si può arrivare laddove non arriva la cura pastorale. Inoltre è un vincolo di comunione con gli emigranti, con coloro che per ragioni varie stanno lontani dalla comunità originaria. Poi, devo dire che è fatto bene sia per la veste tipografica dignitosa sia per i contenuti interessanti. Di vero cuore benedico il vostro lavoro e questa benedizione estendetela ai redattori e agli altri collaboratori. |
| LA TESTIMONIANZA DEL NEODIACONO SEBASTIANO- "COSI' E' NATA LA MIA VOCAZIONE..." |
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"Sono nato a Sant'Antimo il 2 agosto del 1976, in una famiglia
cattolica, semplice ed umile. I miei genitori, Giuseppe ed Angela,
cristiani dalla nascita, sono stati i primi testimoni del Vangelo,
facendomi conoscere Gesù Cristo, attraverso un'educazione seria e
cristiana, trasmettendomi, sin dalla più tenera età, quei valori che sono
serviti a formare la mia personalità. La mia storia vocazionale non ha
dello straordinario, cioè visioni o rivelazioni soprannaturali, ma si è
snodata nel quotidiano, nell'avvertire alcune emozioni interiori da cui ho
sperimentato un senso di benessere e di felicità, facendomi pensare quanto
fosse bello essere ministro di Dio e donare, giorno dopo giorno, la mia
vita agli altri. Il cammino di formazione cristiana inizia una domenica
mattina, quando al termina della celebrazione eucaristica dei bambini, fu
annunciato dall'altare la possibilità di far parte dell'Azione Cattolica.
Accettai volentieri e presi a far parte del gruppo dei ministranti.
Intanto il tempo passava e cresceva in me il desiderio di diventare
sacerdote. Pensavo che fosse un capriccio di bambino. Ma, crescendo mi
rendevo conto che questo pensiero non svaniva mai, anzi, giorno dopo
giorno cresceva sempre di più. Anche durante gli anni della scuola
superiore avevo forte il desiderio di consacrare la mia vita a servizio
della Chiesa. Ho cominciato ad avere colloqui con diversi sacerdoti,
momenti forti di preghiera personale con il Signore, a stare alcuni giorni
insieme ai Padri Passionisti, a ricercare e vivere una certa spiritualità
francescana..., insomma diversi appuntamenti che hanno contribuito a
formarmi umanamente e spiritualmente. Tutto andava bene, o credevo, fino a
quando, non so per quale motivo, iniziò per me un periodo molto difficile,
di oscurità, di confusione. Avvertivo in me una continua lotta che
offuscava la mia identità. Sentivo di non essere soddisfatto, qualcosa mi
mancava. Tutto questo si rifletteva anche nelle relazioni con gli altri:
lo studio andava male e mi rendevo conto di vivere senza una mèta, lontano
da Qualcuno che mi poteva rendere felice, Qualcuno che mi amava e mi
cercava nonostante le mie infedeltà. un giorno, su sollecitazione di mia
madre, andai a Messa..Vi partecipai con apatia, con indifferenza. Ricordo,
però, che fissavo in modo forte e deciso un grande crocifisso che si trova
in chiesa. Mi sentivo osservato, fissato da uno sguardo forte e
penetrante, che mi mise anche un pò di paura. A distanza di anni, e
rivisitando tutto il cammino di quel periodo, posso dire che quello fu lo
sguardo di Cristo che si è posato su di me. Fu lo sguardo che mi amò, che
mi ridonò la tranquillità, la serenità, la pace nel cuore. Sentivo che
qualcosa stava cambiando. Sentivo che Dio mi guardava e mi guarda con
amore e che mi chiama ad una vocazione ben specifica, alla quale non posso
e non devo far finta di non ascoltare, altrimenti non sarei felice. Così
nel settembre del 1996 entrai nel seminario vescovile per l'anno
propedeutico e il 24 settembre del 1997 iniziò per me una nuova avventura:
l'ingresso presso il Pontificio Seminario Campano Interregionale di
Posillipo. Ora mi appresto a diventare, se Dio vuole, sacerdote in una
terra difficile, desiderosa di vivere in pace e nell'amore, in quell'amore
che Dio stesso è venuto a portare. Sull'esempio di Cristo, desidero
cingermi i fianchi con un asciugatoio per servire i miei fratelli, voglio
spendere la mia vita aservizio degli ultimi e degli emarginati, dei
bisognosi, ma anche a servizio di coloro che intendono conoscere più da
vicino il vangelo della vita. Intendo essere pienamente di Cristo e con
Cristo!" |
| LA SOLIDARIETA' DEI SUCCIVESI AD UN PAESE COLPITO DAL TERREMOTO (di Antonio Tinto) |
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Nel mese di novembre 2002, su iniziativa del nostro parroco don Crescenzo
Abbate e del Comune di Succivo e, in collaborazione con l'A.R.C.I., è
stata promossa una raccolta di fondi, coperte, stufe ed altro materiale
utile alle popolazioni colpite dal sisma che ha provocato la tragedia di
San Giuliano di Puglia. Il 30 novembre una rappresentanza della nostra Parrocchia, guidata da don Crescenzo, dell'amministrazione comunale e dell'A.R.C.I. si è recata in Puglia, nel paese di Casalnuovo Monterotaro (FG), uno dei più danneggiati dal sisma, per portare la solidarietà della nostra comunità parrocchiale e civile a quelle popolazioni così duramente colpite. La visita al paese, guidata da un rappresentante del Consiglio Comunale locale, è stata impressionante: il centro storico, che presenta la tipica architettura dei paesi di montagna, con strade strette e lastricate e case costruite in aderenza l'una all'altra, è stato quasi totalmente sgombrato dagli abitanti per i danni subiti; l'unico rumore, che si ode costantemente, è quello dei carpentieri che puntellano le case pericolanti e delle squadre di vigilidel fuoco che trasportano, fuori dalle case, le macerie dei solai crollati. Successivamente è stata visitata la tendopoli allestita dalla Protezione Civile nel campo sportivo e la grande tenda bianca dei vigili del fuoco, che funge da refettorio e da chiesa, poichè la chiesa parrocchiale, situata nel punto più alto del centro storico, è stata anch'essa seriamente danneggiata. in questa grande tenda si rsdunano ogni giorno, dopo le lezioni mattutine, per consumare il pranzo, i circa 180 bambini delle scuole elementari e medie, nei cui occhi, nonostante la normale ed allegra spensieratezza dell'età, si legge ancora lo smarrimento e la paura per i terribili momenti del terremoto che, qui, ha provocato solo ingenti danni materiali e non vittime: "Fortunatamente- ci ha detto la signora Carolina Celeste, insegnante nella scuola del paese e moglie del Sindaco Palmieri- gli edifici scolastici hanno resistito alle scosse e le case crollate, al momento del sisma, erano vuote poichè quasi tutti gli adulti erano intenti alla raccolta delle olive o si trovavano nel cimitero per preparare la commemorazione dei defunti che cadeva di lì a qualche giorno". Dopo il pranzo, consumato nella tenda allestita dai vigili del fuoco, mentre i ragazzi dell'A.R.C.I. intrattenevano i bambini in giochi ed animazione, sono state consegnate ai responsabili le coperte, le stufe, le stoviglie monouso, acquistate con una parte dei fondi raccolti, mentre la residua somma è stata trasferita, tramite bonifico bancario, a favore del Comune che provvederà ad acquistare un regalo natalizio a ciascun bambino del paese in modo da allietare, per quanto possibile, queste feste vissute da loro e dai loro genitori all'insegna della precarietà e della preoccupazione per un futuro prossimo di difficoltà. E proprio nelle festività natalizie, il 2 gennaio, una delegazione di nostri compaesani è tornata in questi luoghi come rinnovato gesto di amicizia e di condivisione. In mattinata i giovani dell'A.C. hanno proposto il recital "forza, venite gente", e, dopo il pranzo con bambibi e giovani locali, hanno animato l'incontro con musica e giochi. Quindi gli "Amici della biblioteca" hanno recitato "fiabe sotto l'albero" e distribuito dei doni ai fanciulli. |
| EDITORIALE di don Crescenzo Abbate |
| « Ave, verum corpus natum de Maria Virgine! » Così il Papa conclude l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia sul rapporto tra l’Eucaristia e la Chiesa, apice della comunione di Dio con noi e di noi con Dio e della comunione con i fratelli. Qui c’è il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela. Tu non vedi, non comprendi, ma credi, recita la sequenza. Carissimi lettori di Koinonia, da qualche giorno abbiamo concluso la riflessione su questa lettera del Papa indirizzata a tutta la Chiesa il giovedì santo scorso, ma soprattutto veniamo dalle celebrazioni che ci hanno fatto meditare, riflettere, contemplare questo Mistero della fede, il triduo santo del Signore morto e risorto, mistero della nostra salvezza, ripresentato in ogni celebrazione dell’Eucaristia. Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta. A questo mistero ci comunichiamo ogni domenica, questo mistero siamo chiamati ad adorare ogni giorno dinanzi al tabernacolo, questa vita siamo chiamati a vivere nella comunione ecclesiale, riconoscendo ogni giorno nel volto dei piccoli, il volto dello Sconosciuto, del Pellegrino, del Viandante misterioso che si accompagna a noi, si affianca in punta di piedi, esperienza fatta dai discepoli di Emmaus. La nostra comunità cristiana dovrà imparare a trarre forza e vigore proprio dal Mistero Eucaristico e ad esso dovrà orientare tutti i suoi programmi. Nell’Eucaristia abbiamo Gesù, abbiamo il suo sacrificio redentore, abbiamo la sua risurrezione, abbiamo il dono dello Spirito Santo, abbiamo l’adorazione, l’obbedienza e l’amore al Padre. Fratelli miei, nell’Eucaristia possiamo incontrare vivo e vero il SS. Salvatore che andremo a festeggiare in questi giorni perché nostro protettore. Non dobbiamo andare lontani, basta attingere alla sua Parola, il Vangelo, e all’Eucaristia, il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. La festa del SS. Salvatore ci porti ad una rinnovata fede e devozione in questo Sacramento di salvezza e a fare della nostra vita ciò che ha fatto Gesù: un’offerta al Padre e un servizio ai fratelli. |
| Noi uomini affascinati da Maria (di Annalisa Marsilio) | ||||
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