LA PORTA

 

Perchè hai cosi fretta amico mio ?

Dove stai andando ?

Ferma per un attimo il tuo tempo.

Lo sai bene che siamo stati sempre orgogliosi del nostro paese, ma un fascino tutto particolare ha esercitato nel tempo la piazza : " la Porta " come si chiamava una volta.

Sbocco naturale del Borgo ( da qui il nome Porta ), appena fuori delle antiche mura di cinta, la piazza è sempre stata un punto di riferimento della nostra vita comunitaria.

I nostri padri e i nostri nonni hanno vissuto in questo rustico salotto paesano.

Qui si sono incontrati con gli amici, hanno giocato da bambini, hanno discusso fra loro da grandi ed hanno trascorso i momenti più intensi della semplice esistenza.

Ma è soprattutto il ricordo della nostra fanciullezza che la rende protagonista della spensierata vita di un tempo.

Dimmi amico mio, te la ricordi la Porta di una volta ?

Con i vecchi platani, le panchine di ferro e la vasca rotonda con i pesci rossi ?

Quale senso di ombrosa quiete era capace di dare nella calura dell’estate.

Su in alto nell’angolo, la vecchia fontana di ghisa ci accoglieva con l’acqua fresca e pura del Monte Grosso ed appagava la nostra continua sete dopo il gran correre.

Dalla parte opposta, in fondo, il monumento ai caduti della Grande Guerra ci aveva da sempre incuriosito.

Conoscevamo a memoria i nomi scolpiti nel marmo, senza capire ancora il significato profondo del loro eroico sacrificio.

Eravamo tutti fatti cosi.

Ragazzi cresciuti in fretta, dopo la triste esperienza della guerra, con una gran voglia di fare e tanti, tanti sogni nella testa.

Ti ricordi dei nostri giochi ?

Quando sulla terra battuta si lanciavano le biglie, facendo le buche e cioè i

" gari " ?

E il " piripicchio " ?

Te lo ricordi il " piripicchio " ?

Quest’ altra diavoleria di legno appuntito che si lanciava con il bastone e si rincorreva sudati e vocianti.

La cavallina attenti " e il piripaggia " erano gli altri passatempi più in voga.

E poi tutti gli altri giochi che la nostra fervida fantasia era capace di inventare.

Indispensabile luogo d’ incontro per le nostre piccole escursioni, dalla piazza si partiva per le cave del Monte Cucco, per il canale dei Treggi, per il Molino e per il bosco dei castagni.

Quanto tempo trascorso a contare le targhe delle macchine che passavano sulla strada non ancora convulsa e pericolosa per il traffico.

Quante occhiate di desiderio davanti alla bottega di Toracca a contemplare le nuove lucenti biciclette dai colori vivaci, sognando chissà quali folle corse giù verso il mare.

Quanti sogni e quante speranze nei nostri cuori di bimbi .

Te lo ricordi il gelataio della Ceramica che arrivava tutto rosso in viso, pigiando sui pedali del suo carrettino a triciclo ?

Come erano buoni quei gelati a forma di mattonella che sapevano di buon latte e cioccolata.

D’estate, sotto il pergolato della Nina, i giocatori di scopone passavano ore ed ore a studiare le combinazioni vincenti delle loro carte e si accanivano in discussioni che non finivano mai.

Troppo tempo è passato ed anche la nostra piazza si è dovuta adeguare al

" modus vivendi " dei nostri giorni.

Soluzioni architettoniche al quanto discutibili ne hanno cambiato profondamente l’aspetto.

Tanto cemento ed alcune sparute piante ne hanno per sempre cancellato l’aspetto familiare e romantico.

Ma anche i nostri compagni di un tempo non si fermano più alla Porta .

Alcuni sono diventati importanti, altri no, ma quasi tutti ormai sono presi dal ritmo frenetico della vita quotidiana e non hanno più tempo da perdere.

Anche i ragazzi passano frettolosi e distratti da altri moderni e pericolosi passatempi.

La porta di un tempo è rimasta soltanto nei nostri ricordi.

Ora è tardi, si è fatto buio.

Gli amici se ne sono andati, le ultime luci si sono spente, la piazza è ormai deserta.

Nel silenzio della notte lo scrosciare dell’ acqua nella vasca assomiglia ad un fitto chiacchierio di bimbi.

Giù, verso la via del Molino, due buon temponi che hanno affidato i loro problemi a bicchieri di vino, cantano sommessamente i loro antichi stornelli.

Ad un tratto la luna, che ha fatto capolino tra le nuvole grigie, illumina stranamente la vecchia fontana di ghisa.

O cara vecchia fontana, se fossero le tue antiche acque capaci di sanare le nostre ansie e i nostri continui affanni.

Se potessimo noi lasciare per un attimo il travagliato cammino per tornare a giocare alla vecchia Porta e lanciare nel cielo un nuovo aquilone cui affidare le ultime illusioni e le speranze di tutta una vita.