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"CIRENEI
DELLA GIOIA": così scrive, rivolgendosi ai catechisti,
il vescovo Tonino Bello.
"Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini
d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure
le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo,
e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore":
queste le prime righe di un documento del Concilio, la "Gaudium et
spes", andate forse un po' nel dimenticatoio.
Con queste parole, il 7 dicembre 1965, la chiesa, grazie al Concilio,
planava dai cieli della sua disincarnata grandezza e sceglieva di collocare
definitivamente il suo domicilio sul cuore della terra.
È come se avesse annullato di colpo la barriera di secolari distanze,
accettando di diventare coinquilina degli stessi condomini abitati dai
comuni mortali. Ha rinunciato spontaneamente per sempre a quella zona
di rispetto creatale da antichi prestigi: non per timore della sua solitudine,
ma preoccupata della solitudine degli uomini.
Con quel preludio solenne, diga squarciata dei pensieri di Dio, la chiesa
sembra dire al mondo così: d'ora in poi, le tue gioie saranno le
mie; spartirò con te il pane amaro delle identiche tristezze, mi
lascerò coinvolgere dalle tue stesse speranze, e le tue angosce
stringeranno pure a me la gola con l'identico groppo di paura.
Noi tuoi figli ti diciamo grazie, chiesa, perchè ci aiuti a ricollocare
le nostre tende nell'accampamento degli uomini.
Grazie, perchè, riscoprendo la legge dell'incarnazione che condusse
il Maestro ad abitare in mezzo a noi, ti sei decisa a vivere con gli uomini
una condiscendenza a tutto campo.
Ma, grazie, soprattutto, per quella notizia inaspettata, stupenda, che
ci dai col fremito dei lieti annunci: quando affermi, cioè, che
le gioie degli uomini sono anche le gioie del cristiano, e che tra le
une e le altre, caduto il sospetto della contrapposizione, corre il filo
doppio della simpatia.
È incredibile. Eravamo abituati a condividere solo i dolori del
mondo.
Eravamo esperti nell'arte della compassione. Nelle nostre dinamiche spirituali
aveva esercitato sempre un fascino irresistibile il cireneo della croce.
Ma i maestri di vita interiore non ci avevano fatto mai balenare l'idea
che ci fossero anche i cirenei della gioia.
Ed ecco ora lo sconvolgente messaggio: le gioie genuinamente umane, che
fanno battere il cuore dell'uomo, per quanto limitate e forse anche banali,
non sono snobbate da Dio, né fanno parte di un repertorio scadente
che abbia poco da spartire con la gioia pasquale del Risorto.
La felicità per la nascita di un amore, per un incontro che ti
cambia la vita, per una serata da trascorrere con gli amici, per una notizia
sospirata da tempo, per l'arrivo di una creatura che riempie la casa di
luce, per il ritorno del padre lontano, per una promozione che non ti
aspettavi, per la conclusione a lieto fine di una vicenda che ti ha fatto
a lungo penare... questa felicità fa corpo con quella che sperimenteremo
nel Regno.
È la gioia che ci proietta nell'eternità. È la gioia
che proveremo nel cielo, molto più grande dell'estasi che ti coglie
davanti alle montagne innevate, alle trasparenze di un lago, alle spume
del mare, al mistero delle foreste, ai colori dei prati, ai profumi dei
fiori, alle luci del firmamento, ai silenzi notturni, all'incanto dei
meriggi, al respiro delle cose, alle modulazioni delle canzoni, o al fascino
dell'arte.
È parente stretta con le sovrumane gioie dello spirito l'umanissima
gioia che ti rapisce di fronte al sorriso di un bambino, al lampeggiamento
degli occhi di una donna, agli stupori di un'anima pulita, alla letizia
di un abbraccio sincero, al piacere di un applauso meritato, all'intuizione
di cose grandi nascoste dietro i veli dell'effimero, alla fragilità
tenerissima di cui si riveste la bellezza, al sì che finalmente
ti dice la persona dei tuoi sogni.
Non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel loro
cuore.
Questa è la Pasqua di Gesù Cristo. Questa è la Pasqua
dei cristiani, impegnati ad essere, oggi e sempre, testimoni e cirenei
della gioia.
Ed allora:
Buona Pasqua a tutti!
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