Phos - Giovani n. 10

 

Dopo aver visto (schede nn.1-9) che Dio esiste, che è Gesù Cristo, vivo e operante nella Chiesa cattolica, che c’è davvero l’aldilà, con il paradiso e l’inferno di cui Cristo stesso ci ha parlato, che abbiamo un’anima e che il senso vero della libertà è impegnarla seguendo la legge morale (verità), ci chiediamo ora finalmente che cosa dobbiamo fare per essere allora veri uomini (cioè cristiani, in quanto Cristo è la manifestazione della Verità di tutti!) e per avere la vita eterna (il paradiso, che è la pienezza di quella vita che Cristo ci dona e in vista della quale siamo già stati creati). Avere “fede” significa credere (e ne abbiamo le prove, come abbiamo visto) non solo che Dio c’è, ma che è venuto (Gesù Cristo), che ci ha parlato (verità assoluta), che ci ha redenti (morto e risorto per noi), che quindi è vivo (c’è una misteriosa ma reale Sua presenza tra noi), nell’attesa della Sua piena manifestazione a tutti nell’ultimo giorno, quando tutti gli uomini saranno giudicati da Lui e si inaugurerà la perfetta comunione con Lui (paradiso) cui parteciperanno per tutta l’eternità coloro che già in questa vita hanno vissuto in comunione (unione-con) con Lui e sono morti ancora nella Sua “grazia” (in comunione con Lui, senza peccati). Avere fede è allora anche “seguire” Cristo, nel senso di vivere con Lui e per Lui (secondo la Sua parola, insegnata dalla Chiesa); è cioè “obbedire” a Lui (questo - come abbiamo visto nella scheda 9 - non è affatto abdicare o rinunciare alla propria libertà o personalità, ma anzi è essere pienamente liberi ed essere pienamente se stessi, perché l’uomo diventa sempre più uomo - come s’è visto - proprio quando non segue più la sua voglia momentanea, ma la Verità). 

Cosa devo fare per essere un uomo vero?

1) uscire dalla “distrazione” e vivere alla Sua presenza

 Un uomo di fede, che è appunto l’uomo “vero” in quanto Cristo è la verità suprema dell’uomo, è allora anzitutto un uomo attento a non vivere “distratto” da questo “mistero”, cioè dal fatto e dalla presenza di Cristo, ma anzi lotta (specialmente oggi, vivendo in un mondo normalmente distratto e distraente da questa certezza, se non addirittura apertamente ostile ad essa) contro la tentazione di vivere come se non fosse successo quello che è successo (Dio è venuto e nessuno potrà mai più toglierlo), come se non ci fosse questa Sua presenza (Cristo risorto e vivo), come se non dovessi comparire un giorno davanti a Lui. Il presente (v.scheda 7) acquista senso pieno se vissuto in questa memoria di Colui che ci ha salvati (“annunciamo la Tua morte, Signore”), nella certezza della Sua  presenza (“proclamiamo la Tua resurrezione”) e nell’attesa del Suo ultimo definitivo ritorno (“nell’attesa della Tua venuta”). Poiché però tutto questo non è immediatamente evidente (non lo vediamo, anche se abbiamo le prove per dire che è veramente così), la fede richiede appunto anche una “lotta”, cioè occorre uno sforzo, tanto più che c’è chi (il diavolo) si oppone fermamente alla nostra salvezza. Anche se la fede, cioè l’appartenenza a Cristo, è la verità e quindi la gioia vera della vita dell’uomo (è nato per questo!), questo non significa che ciò sia evidente (si capisce piano piano e sempre di più, se vi si aderisce), né che sia spontaneo e facile “seguire” Cristo. E’ più facile vivere alla giornata (come oggi spesso ci viene proposto e come forse istintivamente faremmo), oppure vivere solo secondo quello che immediatamente mi piace; ma se vivessimo così, alla fine cadremmo in un “vuoto” e in una noia terribili!

Non dobbiamo scandalizzarci della nostra debolezza che ci inclina a dimenticare e ad attaccarci ad un altro senso vero della vita (che non c’è, anche se ci sembrasse più concreto ed immediatamente più godibile). Dobbiamo reagire, cioè fare delle scelte diverse!

Dimenticare l’opera che Dio ha compiuto per me, il Suo amore per me, la Sua presenza che mi salva, dimenticare ciò a cui mi chiama, è la radice di ogni peccato!

La prima cosa da fare, allora, è raccogliere o darsi molte e frequenti occasioni per reagire alla distrazione, per non dimenticare, per recuperare ogni volta la nostra vita al suo vero significato (che è molto più profondo e più bello di quello che ci possa a prima vista sembrare). Un tempo la nostra civiltà cristiana sapeva darsi questi richiami: pensiamo ad esempio al suono delle campane, ai tanti Crocifissi, Madonne, “edicole religiose” che troviamo in certi incroci stradali, agli angoli di certi edifici, sulle montagne, per non parlare ovviamente delle Chiese, anche artisticamente stupefacenti, che la fede cristiana ha saputo edificare lungo i secoli. Tutto contribuiva a “far memoria” di Cristo e del significato vero della vita che in Lui ci è dato. Non manchi quindi anche nella nostra casa, camera ed anche su di noi o con noi qualche immagine sacra, che ci aiuti a far memoria della nostra appartenenza a Cristo. Abbiamo allora il dovere (ma in fondo è un diritto, se vogliamo essere pienamente noi stessi!) di darci ad esempio un ritmo e delle cadenze di preghiera, settimanale (fonte e culmine di tutta la vita cristiana è l’eucarestia domenicale, in cui Cristo stesso si rende presente, ci parla e soprattutto dà la vita per noi - per questo è peccato mortale non parteciparvi, in quanto segno di rifiuto o di indifferenza a Cristo stesso) e quotidiana. La preghiera è quel “rapporto” con Dio, che ci strappa continuamente dalla distrazione, da una vita che pian piano scivolerebbe dentro un non-senso e dentro un vuoto spaventoso (in cui sostituiremmo inevitabilmente Dio con degli idoli, che invece non ci daranno mai la felicità che promettono), e ci ricolloca nel vero senso della vita (che è la comunione con Lui). E’ necessario darsi un vero e proprio appuntamento quotidiano con Cristo, trovare con tutte le forze uno spazio di tempo per questo e difenderlo da ogni falsa impressione (veri e propri trucchi del diavolo!) di avere cose più urgenti e importanti da fare. La preghiera può essere liturgica [cioè quella ufficiale che la Chiesa intera, unita a Cristo e nello Spirito Santo, eleva al Padre (ad es. la “liturgia delle ore”, vera e propria santificazione del tempo)] oppure altre preghiere che sappiamo a memoria (e che ci provengono dall’esperienza di fede bimillenaria della chiesa), ma anche quella che sgorga dal nostro cuore con nostre espressioni; può essere fatta anche di silenzi e di pensieri, purché non siano soliloqui ma veri e propri dialoghi con Dio. Ci sono preghiere che ci aiutano ad offrire a Dio le cose che facciamo e ci aiutano a viverle secondo la Sua volontà (cioè con verità), come quelle all’inizio ed al termine della giornata, ma anche all’inizio ed al termine di una attività (di studio, sportive), di un pasto, di un viaggio. Tre volte al giorno (all’alba, a mezzogiorno e al tramonto) i cristiani fanno poi un particolare ricordo dell’incarnazione di Dio con la preghiera dell’”Angelus” (nel tempo pasquale “Regina Caeli”), ed è questo il motivo per cui le campane di tutte le chiese del mondo suonano in questi tre momenti. Possiamo poi spesso far salire a Dio qualche brevissima invocazione o lode (“Signore, aiutami, ... ti ringrazio! ... perdonami! ... Ti amo!” ... Ti offro questa fatica per...”) che ci metta in rapida comunicazione con Dio, sottraendoci sia pur brevemente dalla distrazione o dal pericolo della banalità del vivere se non addirittura da qualche tentazione di peccato (si chiamano “giaculatorie” proprio per il loro carattere di rapide espressioni - come frecce - che raggiungano il Cielo, Dio). Dobbiamo ricordare però che la preghiera è vera se siamo disposti a fare la volontà di Dio, perché la fede è soprattutto “obbedienza” a Dio! La preghiera, allora, prima ancora che essere un ripetere formule, è un sottrarsi provvisoriamente alla successione spesso troppo incalzante e perfino “stressante” delle cose da fare, ma non per fuggire dalla vita, ma per recuperarla nel suo vero significato. E questo avviene nella misura in cui, nella massima profondità del mio “io” (dove nessuno entra) mi apro al “Tu” di Dio; in questo modo, tra l’altro, non sono mai “solo” e, con Lui ed affidandomi totalmente a lui, ascoltandoLo e parlandoGli, vengo recuperato nella vera dimensione. Uniti a questo Tu (Dio), nasce anche il vero “Noi”, la vera comunione tra noi.

Non dobbiamo temere di diventare - vivendo così - dei “fanatici”, perché oggi viviamo talmente in una ambiente distratto o addirittura ostile a Cristo, che non saranno mai troppe le occasioni per ricordarci di Lui, per pensarLo, per ascoltarLo, per pregarLo e imparare a seguirLo.