Phos - Giovani n. 9

 

Abbiamo visto (v.scheda n.8) che l’uomo è un essere libero, capace cioè di decidere di sé, di agire non solo in base ad un istinto, come gli altri animali, ma soprattutto in base al pensiero che ha in mente. Abbiamo scoperto che proprio il pensiero e la libertà sono il segno che il nostro “io” (anima) trascende la materia, che è spirituale, cioè non coincide con il cervello, pur esprimendosi in questa vita attraverso l’attività del cervello. Anzi, proprio il fatto che siamo fatti così (“creati a immagine e somiglianza di Dio”), cioè con lo spirito, è possibile la libertà, altrimenti non saremmo noi a decidere ma sarebbe il cervello a decidere per noi (per contatti elettrochimici automatici) e non saremmo “responsabili” di quello che facciamo.

Tutto nell’universo obbedisce a delle leggi (chimiche, fisiche, biologiche,...), che sono il segno della pensiero sapiente e della libertà (amore) di Dio (v.scheda n.2), e “funziona” bene proprio per questo. Non essendoci però nelle cose il pensiero (cioè: non sanno quello che fanno) e la libertà (cioè: non possono non farlo), non c’è alcun loro “merito” in questo. Questo vale anche per gli animali, il cui comportamento, anche là dove rivela un’attività cerebrale più complessa e perfino un inizio di attività psichica, è ancora “determinato” (e quindi non libero!) dagli istinti, che altro non sono che più complessi automatismi per garantire la sopravvivenza di sé e della specie. In questo rivelano quasi un’infallibilità, ma senza alcun merito, poiché appunto non potrebbero non fare così (anche quando l’uomo li addestra, fa leva solo sul loro istinto). Per loro quindi, non essendo coscienti e responsabili di quello che fanno (non avendo appunto lo spirito), non si pone il problema “morale”, cioè la distinzione del bene e del male.

Questa distinzione invece è presente ed è obbligatoria nell’uomo, proprio in quanto essere spirituale, cioè cosciente e libero. Proprio perché non è cerebralmente obbligato a fare quello che fa, può vivere la vita e le cose della vita nel modo giusto (bene) o nel modo sbagliato (male)!  Per questo la questione morale, cioè la scoperta della legge morale (qual è il bene da fare e il male da evitare) è quella più urgente e decisiva per l’essere umano. Potremmo dire che, mentre nell’universo tutto è bene, funziona, l’uomo è l’unico essere che può non fare il bene, “non fare l’uomo”, cioè che potrebbe vivere senza realizzare mai se stesso, il suo stesso essere, il ciò per cui esiste. Questo appunto perché nell’uomo questo realizzarsi del significato non è automatico, ma deve essere conosciuto e liberamente voluto [Dio ci ha creati così perché avessimo un po’ di merito nel realizzare il ciò per cui esistiamo, che è ultimamente la partecipazione alla Sua stessa vita - v. scheda 7].

 

Cosa vuol dire “legge morale”? Se la seguo non sono libero?

 

La legge morale in fondo non è altro che il significato stesso della vita e delle cose della vita. Cioè, come tutte le cose hanno un loro essere e delle leggi che lo regolano (così che il sasso sia sasso, la quercia sia quercia ed il leone faccia il leone), l’uomo ha anch’egli delle leggi perché faccia l’uomo. Soltanto che, mentre il sasso fa sicuramente il sasso (potremmo dire: fa il “bene”), la quercia fa la quercia e il leone il leone, l’uomo deve sapere qual è la sua legge e deve volerla. Per questo è responsabile di se stesso. Ed avrà il “merito” di obbedire alla sua legge (di fare l’uomo) o la “colpa” di disobbedire (di non fare il vero uomo). Questo problema non si riferisce tanto alle questioni inerenti al funzionamento del suo corpo (anche se comprende pure questo), ma al suo comportamento, in relazione a se stesso, agli altri e a Dio, negli atti, ma anche nei pensieri, nelle parole e nelle omissioni (= il non fare quello che si deve fare) [si capisce bene infatti che uno potrebbe anche avere un corpo sano ed essere però ancora un pessimo uomo].

Oggi, riguardo alla natura, si sta forse riscoprendo quello che il cristianesimo ha sempre detto, che cioè è creata da Dio per noi e noi siamo chiamati a dominarla, ma essa ha delle leggi che ha ricevuto da Dio e che noi dobbiamo rispettare, pena la rovina della natura stessa ed il suo stesso ritorcersi contro (è tutto qui il nocciolo e la soluzione del “problema ecologico”). L’uomo di oggi sta forse riscoprendo il valore del rispetto della natura, ma fa in genere ancora fatica a capire che anche in se stesso ha delle leggi che vanno rispettate, che anche noi non siamo un’invenzione nostra, non ci siamo creati, e che nel nostro stesso essere c’è già un significato, un “perché” (e quindi delle leggi) che dobbiamo scoprire e vivere, ma che non possiamo inventarci.

E’ un po’ più facile scoprire questa verità per il corpo, anche se in alcuni settori - come ad esempio quello della sessualità - ci si ostina a credere e a far credere che ciascuno possa fare quel che gli pare e piace (eppure la natura stessa, anche in questo caso, si sta rivolgendo contro l’uomo). Più difficile è scoprire che ogni cosa della vita e la nostra stessa vita nel suo complesso ha delle leggi, cioè un significato, che non siamo noi a darle. Come sempre (v.scheda n.1) l’atteggiamento allora più giusto dell’uomo non è quello di affermare il proprio punto di vista o il proprio piacere particolare, ma quello di cercare la verità (oggettiva: data cioè dall’oggetto, dalla cosa in sé), e, una volta scoperta, di viverla. Questo ci permetterà, e molte volte contrariamente alle illusioni momentanee, di “realizzarci” davvero, nel presente e secondo quella prospettiva infinita ed eterna che abbiamo visto (scheda 7) essere il dinamismo proprio della vita umana, il suo significato esauriente e completo.

E’ a questo punto che cominciamo a comprendere che affermare la propria libertà come fine a se stessa, come capriccio o voglia momentanea, e non con la passione di scoprire e di seguire il vero, non è affatto una cosa intelligente e bella come sembra, ma una sua deficienza [come non sarebbe intelligente uno che guidasse un’automobile e fosse più contento di girare a caso il volante invece di seguire la strada, pensando in questo modo di esprimere meglio la propria libertà]. Tutti comprendiamo che seguire ad esempio le regole di una buona guida ed “obbedire” alla strada non significa affatto rinunciare alla propria libertà o essere meno liberi di chi non sa ancora guidare e muove volante e tutto il resto a caso. In altre parole, proprio il fatto che da un lato ci troviamo ad essere uomini senza averlo scelto, senza avere inventato noi la vita umana e il suo significato, e dall’altro non diventiamo veri uomini automaticamente, ma dovendo conoscere e vivere quel significato dato, ci fa capire che la cosa più intelligente e giusta della vita è conoscere quel significato (il che vuol dire conoscere la “verità”) e sforzarsi di viverlo (il che vuol dire fare il “bene”). Obbedire alla “legge morale” non significa allora obbedire a delle norme convenzionali che qualcuno vuole imporci, ma in fondo obbedire alla verità di se stessi! E questo vuol dire volersi davvero bene, volere cioè davvero bene alla propria vita, anche se ciò costasse. La cosa più urgente da imparare nella vita è proprio quella di scoprire che ci sono in noi delle leggi (morali) che non siamo noi a darci, ma che ci sono, in tutti, anche in quelli che non se ne accorgono e continuamente le infrangono. Come scoprirle? La ragione umana, cioè la nostra intelligenza, può già scoprire tanto. La coscienza, poi, se non è già “inquinata” dall’abitudine al male (vizio) ed ha il coraggio di entrare in se stessa, può scoprire molto (si pensi ad esempio al “rimorso” quando facciamo il male, anche se immediatamente fosse stato piacevole, oppure alla soddisfazione interiore quando facciamo il bene,  anche se ci fosse stato costoso). Così si può imparare anche dalla propria esperienza e da quella altrui. Tutto ciò però può essere ancora molto confuso.

Dio manifesta il Suo amore infinito per noi proprio rivelandoci questa “legge morale” e dandoci la forza (grazia) di viverla, così come ci rinnova quando l’abbiamo tradita (peccato). Quello che Dio, nostro Creatore, ci dice, allora non è un qualcosa di esterno a noi che ci viene imposto e che limiterebbe la nostra libertà, ma qualcosa che è già dentro di noi (e dentro tutti, anche quelli che non ci credono), come delle “istruzioni per l’uso” della vita da parte di chi l’ha inventata, e che fa sì che usiamo saggiamente della nostra libertà, per edificarci, per diventare cioè pienamente noi stessi, pienamente uomini, ora e per sempre!