Phos - Giovani n. 8

Dopo aver percorso un cammino di ricerca sul perché dobbiamo credere in Dio, essere cristiani cattolici, e cosa sia la vita eterna (schede 1-7), la nostra indagine verte ora sull’essere umano, cioè su quelle caratteristiche proprie di questo essere speciale che siamo noi.

Che l’uomo appartenga anche al regno animale (mammiferi) e che sotto l’aspetto fisico possa essere anche il frutto di un’evoluzione da altre specie viventi non è una scoperta recente né, come molti credono, una verità che si opponga alla fede, alla Bibbia: Genesi (il primo libro della Bibbia) al cap.1 ci dice che l’uomo è “creato a immagine e somiglianza di Dio” (e questo non certo nel corpo, visto che Dio è puro spirito) e al cap.2 ci dice che Dio crea l’uomo con il fango (il che vuol dire da un altro mammifero, oppure da un altro DNA...) ma soprattutto col Suo respiro (“ruah”) e quindi ciò che fa di quel mammifero evoluto un “uomo”, superiore a tutti gli altri animali, capace di dominare la terra, è lo spirito [ricordiamo poi che anche l’evoluzione, come tutte le leggi naturali, è opera di Dio, una “finalità” voluta da Dio e non una pura “casualità”, v.scheda n.2].

Allora, per comprendere ciò che di specifico c’è nell’uomo, che gli permette di essere più simile a Dio che agli altri animali e di tendere addirittura verso di Lui (v.scheda n.7), bisogna che scopriamo ciò che chiamiamo spirito o anima [si dovrebbe dire “anima spirituale”, perché l’anima, secondo la filosofia greca, è il “principio vitale” di ogni vivente, tanto è vero che si parla di anima “vegetativa”, “sensitiva” o “spirituale”, a seconda che si parli della vita propria delle piante, degli animali, o appunto dell’uomo].

 

Perché l’uomo è superiore agli animali? Cos’è l’anima?

 

E’ come se ci chiedessimo se il nostro “io” sia solo il nostro cervello (corpo, materia) oppure sia spirituale (immateriale, invisibile); ed inoltre che conseguenze questo abbia per la nostra vita.

Come tutte le cose invisibili, anche dello spirito/anima non ne sapremmo nulla se non ne vedessimo gli effetti (v.scheda n.2). Ci chiediamo allora quali siano gli effetti che ci fanno sapere che il nostro “io” è spirituale, che cioè, pur essendo in un corpo e pur agendo attraverso un cervello (che è il più evoluto e complesso cervello presente in natura) è “oltre” il corpo (nel senso che non coincide neppure col cervello).

Ciò che ci fa capire che il nostro “io” è spirituale è la presenza in noi del pensiero e della libertà, cioè il fatto che possiamo pensare (cioè avere ed elaborare “idee”, che sono astratte, spirituali) e che possiamo decidere liberamente (almeno per quelle azioni che sono tipicamente umane).

Il pensiero infatti è un’attività straordinaria, che ci fa davvero - come dice la Bibbia - più simili a Dio che agli altri animali. Non si tratta infatti soltanto di una conoscenza empirica dei dati offerti dai sensi (in questo gli animali sono spesso anzi più dotati di noi), ma della capacità di “astrarre” dalla realtà delle idee (che diciamo infatti “astratte”) e di collegarle tra loro in modo corretto (cioè mediante giudizi e ragionamenti, in base a quel principio assoluto che chiamiamo “principio di non-contraddizione”) e quindi di svilupparle, scoprendo e perfino progettando cose nuove [pensiamo ad esempio all’idea di numero: nella realtà non esiste il 2, 3, 4... ma solo 2 cose, 3 cose, 4 cose...; però noi ci formiamo l’idea dei numeri e poi sappiamo collegarli in modo corretto, fino al punto di fare un intero progetto ingegneristico, che poi si tradurrà nella realtà]. Così anche la scienza, che si muove dall’osservazione dei fenomeni, proprio per spiegarli pensa, ragiona, cioè si chiede quale sia la causa (perché sa con certezza che dal nulla non viene nulla) e così scopre leggi nuove, che poi l’uomo saprà anche utilizzare (tecnica) per migliorare la sua vita (o peggiorarla, se non è buono e non obbedisce alle leggi morali, cioè al significato stesso delle cose).

Questa attività, essendo  spirituale, sarebbe assolutamente impossibile se l’uomo non avesse lo spirito. Occorre certamente anche un cervello particolarmente evoluto e di fatto efficiente perché questa attività sia posta in atto, ma la sua sorgente (il soggetto) non può essere materiale. Anche la “parola” ne è un segno, proprio in quanto la parola non è un semplice linguaggio simile a quello animale, ma è la traduzione sonora o grafica di un’idea spirituale, che è il “concetto” (nel cervello c’è un organo apposito per questo, ma è l’effetto e non la causa della possibilità di parlare).

L’altro grande segno della spiritualità del nostro “io”, che trascende la materia, è il fatto che in noi c’è la libertà, che cioè siamo in grado di compiere azioni libere, responsabili. Abbiamo delle attività in cui il cervello agisce automaticamente (ad esempio: sono punto in un braccio da uno spillo e lo ritraggo immediatamente), ma altre attività (quelle propriamente umane) che invece presuppongono “qualcosa” che comandi al cervello stesso (mi fanno un’iniezione o un prelievo di sangue e sto fermo, pur arrivando al cervello lo stesso stimolo di dolore). Cosa fa sì che il cervello sia in questo caso fermato da un “giudizio” (questo dolore non è per il mio male ma per il mio bene) nella sua risposta (non comanda al braccio di muoversi ma di star fermo)? Se il nostro “io” fosse solo il nostro cervello, la risposta sarebbe sempre automatica; sarebbe cioè il mio cervello a comandare e non “io”! Ma cos’è allora questo “io” che pensa e decide, se non è il cervello? Comprendiamo che il soggetto (“io”) è oltre; e proprio per questo le nostre azioni sono in gran parte libere e responsabili (l’uomo infatti si riconosce ed è riconosciuto “responsabile” di ciò che fa). Che responsabilità ci sarebbe invece se fosse il nostro cervello a comandare le nostre azioni e non potessimo farci niente?

[La non coincidenza tra io e cervello è documentata anche dal più grande neurologo contemporaneo, premio Nobel per la medicina 1963, prof.J.C.Eccles (v.ad es. il suo testo “L’io e il suo cervello”,1981)].

Questa scoperta (che corrisponde a ciò che la Bibbia dice) è di un’importanza enorme per capire cosa sia l’uomo ed ha delle conseguenze straordinarie per la vita!

L’uomo usa ad esempio il proprio corpo come “segno” (se è falso diventa “maschera”) del suo io, di ciò che ha dentro, esprime cioè il suo spirito anche attraverso il corpo (abbiamo detto della parola, ma si potrebbe parlare anche del particolare linguaggio del corpo; in questo senso si capisce anche tutta la differenza tra la sessualità umana e quella animale). Questo non significa affatto diminuire l’importanza del corpo (creato anch’esso da Dio e, come Cristo risorto e per la potenza del Suo Spirito, destinato anch’esso a risorgere per riformare la nostra unità corpo/spirito), ma anzi coglierne il vero valore e la vera dignità, proprio in quanto espressione di un “io” spirituale e trascendente.

Il fatto poi che il nostro “io” sia spirituale, trascenda cioè la materia, fa sì che l’uomo tenda verso l’infinito (verso quell’infinita Verità, Bene, Bellezza, Amore, Vita, che è Dio - v.scheda n.7).

Inoltre fa capire che, qualunque sia la sua condizione fisica, mentale, sociale, l’uomo abbia sempre una “dignità” tale da superare qualsiasi altro essere dell’universo materiale (per questo l’uomo non può mai essere un “mezzo”, ma solo un “fine”, per questo si dice che l’uomo è “persona” e non solo “individuo”). Inoltre fonda appunto una dignità che non dipende dal suo stato fisico o mentale (bello/brutto, sano/malato, intelligente/stupido, ricco/povero, giovane/vecchio) e tanto meno sociale (ricco/povero...). Come non c’è differenza in dignità tra un giovane e un vecchio, così ha la stessa dignità di un uomo adulto anche un embrione (bambino concepito ma non ancora nato) o un anziano arteriosclerotico o un malato terminale. La vita fisica è inesorabilmente una parabola ascendente/discendente (si nasce, si cresce, si è adulti, si invecchia, si muore), mentre la vita dello spirito può crescere e decrescere in qualsiasi momento; e ciò dipende proprio dalle sue scelte morali (se cioè fa il bene o il male).

Particolarmente importante è la conseguenza di questa scoperta per capire l’inizio e la fine della vita terrena dell’uomo. Lo spirito, non coincidendo col corpo, non può essere infatti il frutto di un incrocio cromosomico, di un patrimonio genetico ereditato dai genitori, ma deve essere creato da Dio, non solo per il primo uomo, ma per il concepimento di ogni uomo (si dice infatti “pro-creare”, perché Dio crea una nuova anima mentre i genitori danno origine ad un nuovo corpo). Così pure, quando il corpo muore, l’io dell’uomo, non essendo materiale, continua a vivere (ed è quello che in fondo ogni uomo ha sempre intuito, ogni religione ha creduto e la filosofia ha spiegato: l’immortalità dell’anima).