Phos - Giovani n. 1
Ancora oggi, nonostante le apparenze, non sono molti coloro che si dichiarano atei, cioè che non credono all’esistenza di Dio. Anche coloro che dicono di esserlo, poi, in qualche momento della vita, si rivolgono a Lui. Sono invece moltissimi coloro che non hanno le idee chiare in proposito, che sono confusi. Molti pensano perfino che non si possa sapere qualche cosa di sicuro, cioè di vero, in proposito e che ciascuno possa inventarsi quello in cui credere e fare quello che vuole, come se tutto fosse né vero né falso, ma solo frutto di opinioni e scelte personali. Altri poi non riescono a capire perché dovrebbero credere in Dio, tanto più che nella vita sembra spesso più “comodo” non credere. Altri ancora sarebbero disposti a credere in Dio, ma non sanno cosa vuol dire, non sanno in quale Dio credere, e che cosa dovrebbero fare (ammesso che siano disposti farlo). Noi vogliamo invece aiutarci a capire.
Perché dovrei credere in Dio? Ed essere cristiano-cattolico?
Si potrebbe rispondere semplicemente: perché Dio c’è; perché Gesù Cristo è Dio che si è fatto uomo per liberarci dal male (peccato) e dall’inferno (autodistruzione eterna) e farci partecipi della sua stessa vita per tutta l’eternità; perché Cristo viene oggi nella mia vita attraverso la parola e i sacramenti che trovo solo nella Chiesa cattolica. Risposte sintetiche e vere, ma che lasciano il non-credente o il non-cristiano ancora pieno di sospetti: sarà vero? sarà l’unica verità?
Prima di vedere se è possibile trovare risposta sicura a questa domanda, se cioè ci sono delle “prove” che ci convincano che è vero, avvertiamo un’altra possibile e frequente difficoltà.
Qualcuno infatti potrebbe dire: anche se fosse vero, io non ne ho voglia di credere, non mi piace, né tanto meno ho voglia di impegnare la mia vita a fare (o non fare) certe cose, visto che è tanto più comodo non farle (o farle). Forse tutti, almeno qualche volta, abbiamo sentito questa tentazione; ma a dire il vero poi si capisce che la domanda più intelligente della vita non è “cosa mi piace fare?”, ma “cosa è giusto? cosa è vero?”. Perché? Perché la riuscita o meno della mia vita non dipende dal cosa mi piace, ma dalla verità. Cerchiamo di capire. Le cose che non abbiamo fatto noi non sono dipendenti da noi, ma da un altro. Se ad esempio io sono davanti ad un computer (e non sono stato io ad inventarlo), è inutile che io dica: mi piace schiacciare certi tasti e sono libero di fare quello che voglio. Il programma partirà “solo” se io “obbedisco” alle sue regole, altrimenti perderò solo del tempo. Cioè, la cosa più intelligente è sapere come funziona e fare così, potremmo dire sapere la “verità”, il suo significato, il ciò per cui è stato progettato, ed agire di conseguenza. Non sarò affatto limitato nella mia libertà se “obbedirò” a quelle regole (cioè a quella verità), ma solo così userò intelligentemente la mia libertà. Se imparo a guidare la macchina, capisco che imparare a schiacciare la frizione e cambiare le marce non limita affatto la mia libertà, ma me la fa utilizzare bene; così come imparare la strada per andare in un posto e poi ad ogni incrocio fare certe scelte e curvare quando c’è da curvare; tutto questo non mi rende meno libero (anche se la strada potrebbe essere un percorso difficile), ma muove la mia libertà nella giusta direzione, che è poi il motivo per cui sono stato fatto libero.
Anche noi (l’essere umano) non siamo un’invenzione nostra. Quello che l’uomo è (il suo essere) non è inventato dall’uomo. Neanche il suo significato, la sua verità. Ciò che l’uomo diventa, invece, se cioè diventa davvero uomo, realizzato, felice, se diventa ciò per cui è stato fatto (ora e per sempre), dipende dal suo obbedire o meno al suo significato, alla verità della vita. Potrebbe anche non realizzarsi mai (ed è ciò che chiamiamo infelicità qui e inferno poi).
La verità, cioè, non dipende da me, dal quello che mi piace o non mi piace, dalla mia voglia o non voglia, ma è quella che è. E la mia libertà è autentica se segue la verità (non la voglia o l’istinto momentaneo). Seguire la verità è fare il bene; fare un’altra cosa (che è poi il falso) è il male. Tutto il male (e la tristezza) che c’è nel mondo dipende in gran parte dal fatto che gli uomini usano male della propria libertà, che cioè non seguono la verità. Eppure tutti vogliono essere felici e fanno le proprie scelte per questo. Ma se non seguo la verità non lo sarò mai.
Cosa c’entra questo con il credere in Dio e con la mia voglia o non voglia di credere?
Se voglio davvero bene alla mia vita (essere davvero felice, non solo per un po’ ma per sempre), devo allora essere soprattutto preoccupato di scoprire e vivere la verità di me, il perché vero della mia vita e delle cose della vita; perché solo così potrò viverle bene, senza sciuparle. Gli animali vivono sempre la loro verità (leggi biologiche, azioni comandate dagli istinti), ma non ne hanno alcun merito, perché non potrebbero fare diversamente. Infatti fanno sempre così. Non sono liberi; fanno “bene” ma non ne hanno alcun merito. Così le piante, i sassi, l’universo intero: tutto obbedisce alle proprie leggi (cioè alla propria verità), e per questo “funziona”, ma senza merito. Solo l’uomo ha invece il merito di fare l’uomo, di diventare sempre più uomo, un vero uomo. Infatti può e deve “scoprire” (non inventare) la verità di sé, ma è “libero”, cioè non è costretto fisicamente a viverla. Questo non significa che possa cambiare o inventarsi la verità. E’ stato fatto libero perché abbia il “merito” di viverla, cioè di vivere tutte le cose secondo il loro significato. Certo, proprio il fatto di non essere obbligati a vivere secondo verità (che è poi il “bene”), fa sì che l’uomo possa vivere le cose in modo sbagliato, cioè appunto fare il “male”. In altre parole, io non posso cambiare la verità, perché rimane quella che è; ma posso vivere come se non fosse “quella” la verità. Per questo posso rovinarmi (e, per l’eternità, dannarmi). Questo perché noi non siamo una nostra “invenzione”, ma ci troviamo dentro l’esistenza, ci troviamo ad essere uomini, ci troviamo ad essere dentro la vita, dentro l’universo; e come ci troviamo dentro delle leggi che regolano il nostro corpo, così ci troviamo dentro anche delle leggi (si chiamano “morali”) che devono regolare la nostra vita (altrimenti invece di edificarci, ci distruggiamo).
Allora, tornando al nostro problema, il non pensarci, il non averne voglia, il pretendere di farsi una verità a modo proprio, non è una posizione intelligente, cioè pienamente umana, ma stolta, perché intanto la verità è quella che è e noi diventeremo davvero uomini (e per l’eternità felici, cioè “salvi”) solo se vivremo la verità. Come non è intelligente uno che vuol utilizzare il computer o la macchina “a caso”, così non vuole bene alla propria vita chi vuole vivere la vita “a caso”, cioè senza verità, senza pensare al perché ci siamo, se c’è un’altra vita, se c’è Dio, se è vero che si è fatto uomo (Cristo), che mi rende partecipe di sé (attraverso i sacramenti) e mi salva (mi salva dal male, dalla morte, dall’inferno - eterna autodistruzione - e mi chiama ad essere Dio con Lui per sempre), e cosa devo fare perché questa verità si compia in me. Non è più libero chi non ci pensa o chi si inventa le risposte. E’ più libero, cioè più uomo, chi scopre la verità e cerca di viverla. Lì per lì potrebbe anche sembrare che sia meno libero, che si diverta di meno, che abbia più impegni, in realtà (e il tempo lo dimostrerà, non parliamo poi nell’eternità, dove tutto sarà evidente) diventa pian piano più uomo, più vero, più felice. Come chi vedesse uno saltare giù da una nave che sta affondando rispetto a chi sta ballando nel salone delle feste senza accorgersi di niente. Non è più scemo o masochista chi si accorge della verità, che cioè la nave sta affondando e, visto che ci è data una scialuppa di “salvataggio”, ci sale sopra e arriva poi all’isola felice, rispetto a quelli che continuano a ballare e brindare nel salone delle feste, per poi morire tutti insieme! Domandiamoci allora se è vero, visto che non ci siamo fatti noi e ci troviamo senza averlo scelto su questa “nave della vita”, che è solo in Cristo e nella Chiesa cattolica che ci è data una scialuppa di salvataggio per salvarci ed arrivare all’isola della perfetta ed eterna felicità. Di fatto comunque questa nave affonderà, perché sicuramente moriremo. E se scopriamo che è vero, che c’è salvezza, lasciamo ogni pigrizia e decidiamoci per questa verità!
Questo, si capisce, non guasta la festa, ma corrisponde pienamente al nostro desiderio di felicità!