Dal Libro "Sant'Anna la sua storia i suoi pastori" ed. Scaligere Verona, 1987

 

Il nome di Sant'Anna d'Alfaedo

Il nome di Sant'Anna fu dato alla parrocchia da quello della Santa a cui è intitolata la chiesa parrocchiale, come fu d'innumerabili altre parrocchie. Su questo non cade questione. Quello su cui si dividono le opinioni è sull'aggiunta "d'Alfaedo". Alcuni che si piccano di sapere di greco e di storia e più ancora hanno il per il capo dei fiumi poetici ed albagiosi, vogliono che quell'"Alfaedo" venga da alfa prima lettera dell'alfabeto greco; la quale, secondo il vocabolario, significherebbe anche "capo, principio, principale" (Vedi vocab. grec.). Ciò verrebbe a dire, secondo costoro, che S. Anna fin ab antico fu un luogo principale, capoluogo, o centro. E cercano di puntellare questa loro opinione colla Storia, ricordando che, quasi fino dagli inizi del dominio veneto, sulla piazza di Sant'Anna vi era, a cosi dire, un tribunale di prima istanza, cioè un Vicario, o Giudice, il quale, in nome del feudatario, vi rendeva ragione ogni lunedì. Ma se ciò è vero, è vero altresi che quasi in ogni comune del veronese c'era Vicario o Giudice, a rendere ragione in nome dei feudatari, o della Repubblica; solo nei comuni più piccoli, a risparmio di spesa, invece del Vicario c'era un castaldo. Di più, buona parte dell'odierna parrocchia, se non tutta, si chiamava Alfaedo, Faedo o Faè anche molto prima del dominio veneziano. Più presto in questa sentenza sarebbe da dire che questo nome sia da dedurre dall'essere il territorio d'Alfaedo uno dei primi ad essere abitati sui monti Lessini, come vedremo più innanzi. Altri meno dotti, meno poetici, e più modesti, ma che a mio credere, meglio s'appongono, fanno derivare il nome d'"Alfaedo" dai nomi dialettali Faedo o Faè, che troviamo promiscuamente nei più antichi documenti. Ma con questi nomi chiamavasi in antico solo quella parte della parrocchia, dove si trova adesso la chiesa parrocchiale, e va, press'a poco dalla contrada del Pontarol fino alle radici del Corno d'Aquilio, restando fuori dell'odierna parrocchia Cona e tutta la frazione Ronconi, o l'antica Ceredo. E con questi medesimi nomi di Faedo o Faè continuano a chiamare anche adesso quella parte di parrocchia i nostri buon vicini di Cerna, Prun, Fane e Giare, dicendo, quando vi si recano: vado su per il Faè; come dicono vado su per il Cerè, se si conducono dall'altra parte. Donde poi siano derivati questi Faedo, o Faè, e che significhino, è bujo pesto in questa sentenza. D'altra parte ci vuol altro a sapere onde venga e che significhi ogni nome antico che una bizzarria potè imporre da principio! Nella nostra stessa parrocchia c'è Cerè, o Ceredo, e chi me ne dà la derivazione ed il significato? Che sia derivato da cerreto, o bosco di cerri? Potrebbe essere. Ma vi è una terza opinione, che spiega e derivazione e significato. Quando il Mompsem (fate di cappello a tanto nome!) fu, non è molt'anni, da queste parti interpellato in proposito, sentenziò gravemente che il nome d'Alfaedo deve essere derivato dal "faggeto" o antico "fagetu" o bosco di faggi. Come da grandi boschi o masse grandi d'alberi di queste o quelle specie ebbero nome tanti altri paesi; p. es.: Albarè, Roarè, Castagnè, Olivè, cosi Faè, Faedo, od Alfaedo, ebbe il nome dal faggetto. E per verità Sant'Anna tutta adesso è ricca di bei boschi di faggio, ed in passato deve essere stata anche assai più senza paragone, come attestano antiche carte. Ed anche a memoria di chi scrive, de' bei boschi di faggio si trovavano fino a poco più di un centinajo di metri dall'odierna chiesa parrocchiale. Di questa medesima opinione è il Prof Luigi Stanghellini. Delle tre opinioni si prenda il lettore quella che più gli arride, o le scarti anche tutte e tre, e ne metta innanzi qualche altra, che più gli vada a fagiuolo, io me ne lavo le mani a pieno, per venire a cose un po' più sode, che questioni di pure parole.

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Antichi Abitatori

Se sul nome d' Alfaedo si possono fare questioni, quello che ormai sembra posto in sodo è che il territorio della parrocchia e d'altre vicine, fu abitato fino dalla più remota antichità. Del comunello di Cona con Alfaedo e Ceredo non trovandosi memoria prima del 1325 e della parrocchia di Sant'Anna prima della metà del secolo XV, un trenta anni fa nessuno si sarebbe sognato che qui avessero tenuto stanza forse dei primi abitatori della nostra Italia. E pure se su questo la storia è mutola, parlano bene in loro eloquente linguaggio le pietre. Il primo a mettere sull'avviso che qui si trovano armi ed arnesi appartenenti all'età della pietra fu un certo giovane medico tirolese, di cognome Largajolli, che fu qui temporaneamente in nome di medico condotto. Vi fu in un paese chi subito si mise alla ricerca di queste pietre in caverne, o facendo scavi, per farne traffico per suo conto, e cosi se ne sparse la fama. Venne da Verona un cav. Stefano deStefani, uomo della scienza, e dal 1879 al 1890, tra su quel di Sant'Anna e di Breonio e di Prun fece nuove ed inaspettate scoperte e ne scrisse sui periodici della scienza. A bella prima fu preso a scherno dagli scienziati del primo coro, od avuti almeno per tali. Ma avendoli esso sfidati a condursi sul luogo per certificarsi cogli occhi propri: Clerici di Reggio d'Emilia, Castelfranco di Milano, Pigorini di Roma e De Mortillier di Parigi, credendolo un illuso, un giuntato od un giuntatore, vennero per ismentirlo e forse scorbacchiarlo. Ma anch'essi con loro grande sorpresa co' proprii occhi dovettero constatare che ben 17 stazioni preistoriche autentiche erano scoperte tra il territorio di Sant'Anna e su quello della vicina Breonio. Vi trovarono essi medesimi, ed in terreni che non lasciavano sospetti di mistificazioni, ed in tombe ad inumazione lancie di selce, freccie, coltelli, seghe, piccole macine a mano, tutto in pietra focaja ed altro che dai dotti suole attribuirsi all'eta della pietra. Fu riconosciuta persino in una di queste stazioni, cioè in quella presso la contrada di Compostrin, l'officina, dove si fabbricavano tutti questi utensili ed arnesi. Dei quali adesso se ne trovano al museo di Verona, in quello di Roma, di Parigi, di Vienna, e forse il più ed il meglio chi sa dove, perchè coloro che se ne impadronirono prima della scienza, li vendettero al primo che si diede innanzi od al miglio offerente.È vero che più tardi si tornò a rimettere in dubbio l'abitazione preistorica di questi monti, perchè vi fu chi più tardi, per guadagneria frodelenta, adulterò arnesi ed utensili, ma la frode grossolana fu scoperta e furono scorbacchiati i fabbricatori, che erano ignoranti contadini. Ma i primi oggetti scavati restarono dalla scienza riconosciuti per autentici; e ciò basta a mostrare la preistoricità de' primi abitatori. Si potrà pertanto questionare quanto piace di qual razza, o nazione fossero quei primi abitanti, di che lingua, e donde e come pervenuti su questi monti: se sieno stati Euganei, Veneti, Reti, Breuni od altro popolo venuto dalla penisola Balcanica, ma che non ci sieno dimorati fino dai tempi preistorici, no, quando non si voglia rinnegar qui quello che alla prestoria fu assegnato. Si credeva generalmente che i monti fossero stati gli ultimi ad avere abitatori, ma chi sa invece che qui non sieno stati i primi, e a dare poi gli abitatori alla gran valle del Po, a mano a mano che andava rasciugandosi? La terra è un libro che ha dato parecchie spiegazioni inaspettate, e ce ne può dare delle altre.

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Parrochia, territorio e sue divisioni

Se può esser dubbio se i nostri monti abbiano dato i primi abitatori al piano, o questo a quelli, sulla religione cristiana non può cadere dubbio, essa ci venne senza fallo dal piano, o sia dalla città. Fu alle città che si diressero i primi banditori del V angelo; e solo dopo averle conquistate per intero, o quasi, volsero il loro zelo al contado ed ai monti. Per questo gli idolatri furono anche chiamati Pagani, perchè l' idolatria, cacciata dalle città, si ridusse nei pagi, o nelle borgate come in sue ultime cittadelle. Quindi è da arguire che non troppo per tempo sia penetrato quassù il cristianesimo, ma solo nel quarto, o quinto secolo e forse anche più tardi. E non vi penetrò nè meno per tutto in un tempo nello stesso nostro paese.V'è qui un torrente (vaggio, in dialetto) che si chiama anche adesso dei Pagani; e vuole la tradizione, che servisse a dividere i cristiani, da quelli che ancora erano restati per qualche tempo idolatri. Cristiani a mattina, a sera idolatri. E si direbbe che anche adesso restasse qualche vestigio delle vecchie differenze nell'indole un po' diversa delle due parti della parrocchia. Checchè sia di tutto questo, il primo sacerdote di cui si trova scritto che fu rettore di S. Anna fu Ioannes dictus Ubertus, Giovanni Uberti del 14045. Ma è certo che anche molto prima ce ne furono altri; perchè quando i delegati di S. Anna d'Alfaedo, 13 Nov. 1404, si diedero alla Rep. di Venezia, fra gli altri privilegii, domandarono che il quattordicesimo della decima che pagavano gli Scaligeri fosse dato al loro sacerdote come per il passato.Dunque anche prima c' era sacerdote, non importa con che titolo, addetto a S. Anna; e forse ci fu fin da quando Cona con Alfaedo e Ceredo si costituirono in comune, cioè certo prima del 1325. Anzi Eugenio 111 del 1145 dicendo S. Floriano plebem cum capellis et decimis (e Breonio fino al 1454 era soggetto alla pieve di S. Floriano, e S. Anna a Breonio), niente osta che una di quelle cappelle con istabile sacerdote fosse stata a S. Anna.La chiesa poi di S. Giovanni fra S. Anna e Breonio era acconcia a far da parrocchiale per tutte e due6. Il Vescovo di Verona Ermolao Barbaro smembrò S. Anna da Breonio l'an. 1458, ed al territorio separato aggiunse Cona e Laiti (a chi appartenevano prima Cona e Laiti? E che è da intendere per Laiti? Parte o tutta l' odierna frazione Ronconi?) e vi istitui la parrocchia di S. Anna d' Alfaedo. Peraltro essa restò sotto la Vicaria di Breonio fino al 1840, quando fu aggiunta a quella di Chiesanuova6.Resa indipendente S. Anna di diritto e di fatto, è certo peraltro che ancora per due secoli restò una parrochia sui generis, o meglio una curazia amovibile ad nutum della popolazione7. In fatti il curato, rettore, o parroco che si debba chiamarlo, doveva essere eletto dai capi di famiglia locali con due terzi dei voti non solo, ma era ancora amovibile ad nutum degli stessi abitanti8 per il jus excludendi ad nutum, vantato ed esercitato per più di due secoli. Questo spiega come di tanti parrochi eletti, il primo che si trovi morto a Sant'Anna in cura d'anime fu D. Giuseppe Brunelli, eletto l' anno 1722 e morto nel 1793. Adesso peraltro se i capi di famiglia hanno ancora il jus patronato, od il diritto di presentare, a ciò basta la maggioranza dei votanti, ed il jus excludendi ad nutum da un gran prezzo non lo vantano più.Che beneficio parrocchiale poi abbiano questi abitanti costituito o che altro fanno per acquistare il jus patronato e più ancora quel jus excludendi ad mutum, non ho potuto ritrovare in documento alcuno. E tuttavia il benificio, almeno per quei tempi, doveva essere assai considerevole, perchè il parroco doveva mantenere a sue spese anche un cappellano confessore, eletto anche questo d'accordo colla comunità9. E d'altra parte qui non c'erano nè pure le decime passate ai Della Torre fino dal 1406. lo per me argomento che fossero gli abitanti a tassarsi per pagare annualmente il parroco, o lo stesso comune di Cona con Alfaedo e Ceredo. Questo spiegherebbe facilmente anche iljus excludendi.Rifiutandosi gli abitanti od il comune di pagare, il parroco era bello e licenziato senz'altrolu. Brutta cosa certo, ma non erano belli nè meno i tempi, e così anche la stessa autorità ecclesiastica era costretta a dar passata per il male minore. Ma quando, più che di una vera parrocchia si fosse trattato di una curazia amovibile, magari con tutte le facoltà che spettano ad una parrocchia vera, la cosa sarebbe molto più spiegabile e meno irregolare. Del resto una curazia amovibile non è cosa nuova anche nella nostra diocesi. Azzago era tale nel 1593, e Calmasino nel 1606 (Vedi Stato Pers. del Clero ver. nel 1908 p. 41 e 43). Adesso il beneficio parrocchiale gode tre porzioni clericali sulla Pieve di Nogara, per il rimanente è sussidiato dal governo.Quando Sant'Anna d'Alfaedo fu fatta parrocchia autonoma, Rettoria o che altro sia da dire, per quei tempi, ebbe per confini giusto quelli che da Cangrande 1 della Scala aveva avuto il comune di Cona con Alfaedo e Ceredo nel 1325, per mezzo di una commissione di sei cittadini, e sono quei dessi confini che la parrocchia ha anche oggi' l . Allora la parrocchia era divisa in tre frazioni di estensione molto differente. Erano la piccolina di Cona, da cui prendeva pure il nome il comune, e le atre due molto più grandi di Alfaedo e Ceredo. Anche adesso la parrocchia comprende tre frazioni :Ia. quella di S. Anna, che comprende Sant' Anna, Cona ed altri casali fino al Macchion a mezzodì, a Vaona e Barozze a settentrione. 11a. la frazione di Fosse che piglia tutto il resto dell'antico Alfaedo, cioè dalla frazione di S. Anna fino al confine Austriaco, più le due contrade di Comparso e V aggi, che amministrativamente appartengono al comune di Dolcè. 111a. la frazione di Ronconi, che è la più estesa e popolosa, che piglia tutta l'antica frazione di Ceredo, con più d' una ventina di casali o contrade, e va dal confine di Lugo a quello d' Ala in Tirolo.Ma più naturalmente il territorio della parrocchia è diviso in due parti disuguali da settentrione a mezzogiorno dal profondo burrone o torrente detto V aggiobrutto, che lascia a mattina la frazione di Ronconi, ed a sera le due di Sant' Anna e di Fosse.

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Chiesa parrochiale, campanile, campane, canonica

Nessun documento certo mi capitò alle mani, per quanto io ne abbia fatta ricerca, di chi abbia preso a fabbricare la presente chiesa parrocchiale e quando. La tradizione vuole per altro che sia stato il parroco Don Paolo Pezza tra il 1626 ed il 1630. Ma vi devono avere lavorato intorno più o meno tutti i suoi successori per almeno un secolo e mezzo, tanto più che per il disgraziato jus amovendi ad nutum parecchi parrochi si succedettero l'un l'altro a breve intervallo. Prima ve n'era un'altra più angusta e disadatta, bassa ed a capriate all'antica. Peraltro anche questa seconda, se al tempo dell'erezione poteva capire i fedeli, adesso di gran lunga non basta, non capendone che a pena un terzo. Un altro peccato, che a ragione può chiamarsi originale, la rende affatto disacconcia ai bisogni del popolo, quello di essere stata fabbricata in un angolo estremo del suo vastissimo territorio. Da mezzodi in dieci minuti si esce dai confini, da sera in cinque, quando da settentrione non bastano due ore, e da mattina quasi altrettanto. E pure si sa che l' andò ai voti, quando trattossi di erigerla; e solo qualche voto di più la diede vinta al luogo dove si trova, sopra l'altro proposto delle Barozze o Graizzara, di gran lunga più centrale e comodo. Che sieno stati compri dei voti da chi vi aveva interesse, o che la popolazione a settentrione fosse allora molto meno numerosa che adesso? Per conseguenza la chiesa parocchiale dovette vedere sorgere nel suo territorio ben altre quattro chiesette od oratorii. Ma cosi esigevano la comodità ed i bisogni spirituali dei fedeli che si trovavano troppo distante dalla parrocchiale ed in montagna. Essa è di semplice ma, buon disegno, d' ordine toscano, e ad una sola navata, con volta massiccia a tutto sesto. È ricca a dovizia di marmi nostrali e forestieri. Il suo cornicione è tutto di marmo brocatello che si cava in paese, ma deve aver costato un occhio a tirarlo così levigato e lustrante come quello degli altari. E questi sono cinque, e tutti di marmi, in parte anche forestieri. Il maggiore specialmente è notabilissimo per buon disegno, grandiosità, marmi forestieri, da far onore ad una cattedrale. Anche il suo tabernacolo di marmo di Carrara a colonnette di marmi forestieri, anche nel suo barocco è grandioso e bello. Baroccheggianti sono pure gli altri quattro altari, benchè vi sieno profusi marmi senza risparmio, baroccheggianti sono anche le due porte di brocatello battuto, come di brocatello sono le basi dei finti pilastri intorno alla navata della chiesa.Delle tavole in pittura o pale, che sono a tutti i cinque altari, quelle due dell'altar maggiore, e di quello del Rosario, voglionsi dagli intelligenti di buona mano, forse del Balestra o del Farinati, o d' altro di simil grido. Ma queste egregie tele furono più guaste che restaurate da mano imperita un quarant'anni fa od in quel torno; quando nè chi commeteva il lavoro, nè chi l'eseguiva, si ponevano in mente di conservare al possibile, o restituire nel pristino stato l'oggetto d'arte che avevano per le mani. Quasi sempre una semplice lavatura con acqua e sapone fa meglio all'uopo che qualunque restauro, e con nessuna spesa. Ma non è far le meraviglie di cosi fatti errori in contado e sui monti, quando nelle stesse città in quei tempi si faceva lo stesso e peggio. Un altro vecchio quadro voglio aver ricordato se non per pregi artistici, almeno come documento storico forse non disprezzabile. È il quadro che rappresenta l'angelico trasporto della Madonna della corona da Rodi alle rocce del Montebaldo. Essendo esso vecchio di molto, porge argomento che assai per tempo correva la credenza del miracoloso trasporto'.Dell'antica chiesa si conserva ancora in canonica, e quasi senza sapere che cosa, il vecchio e semplicissimo battistero, di marmo rosso, o brocatello, o porfido di Verona, come si chiama promiscuamente. La cantoria sopra la porta principale fu l'ultimo parroco Don Domenico Zanini a farla costruire quasi subito dopo che fu entrato parroco. Anche per l'organo fu eletta all' uopo una commissione, la quale per qualche tempo si diede attorno, ma in fine non se ne fece nulla. La sagristia certo non è ricca, ma fra gli altri ha fatto un bel paramento in quarto di brocato d'oro, fatto fare dal parroco Gio-Batta Laiti, per altro il suo cimelio è un'antichissima pianeta di velluto rosso, con ricamata in mezzo a mano una gran croce con figure. Il campanile è una bella mole quadrata, tutta di pietra viva da taglio, con massi enormi, ma si bene commessi da sembrare una roccia tutta di un pezzo. È a tre piani sotto la cella campanaria, i fenestroni della quale, a balaustra, sono di bellissimo effetto. Tutta la mole, compresa la doppia gran croce di ferro che la incorona, si eleva a 45 metri. Il buono e grosso concerto di campane a sistema veronese, in la mi re, della rinomata fonderia Cavadini di Verona, la maggiore delle quali passa la tonellata, forma il decoro ed il vanto del paese, mentre la torre, è una delle più belle ed elevate a grande spazio intorno. Non si sa di chi sia stato il disegno, ma il merito di averla fatta innalzare fu in gran parte di Don Cristiano Scardoni, che fu parroco di Sant'Anna per 55 anni, cioè dal 1759 al 1814, come al medesimo si deve il grandioso altar maggiore. Ad innalzare il campanile impiegò alcuni legati ch'erano a questo scopo, le offerte, e più ancora l'opera materiale de' suoi parrocchiani, che vi lavoravano attorno giorni feriali e festivi per lunga stagione.Dopo chiesa, sagristia, campanile e campane, la canonica. Quando dal 1838 entrò parroco di Sant' Anna, Don Antonio Beccherle nativo di Chiesanuova, uomo dotto, zelante, operoso, l'entusiasmo di quelli di Sant' Anna toccò fino al delirio. E cosi ogni parola di lui, ogni desiderio, un cenno solo era un comando, ed una legge, cui tutti a gara s'affrettavano d'obbedire. Fu allora che la povera e disadatta casetta ch'era allato della chiesa, in nome di canonica, fu atterrata allegramente, e colla materia di quella ed altra nuova, sullo stesso luogo un'altra nuova se ne innalzò, più spaziosa, più comoda e di miglior vista, meno indegna dei nostri tempi, della numerosa popolazione e del pastore. È quella che si mira anche adesso a due piani oltre il pianterreno e le soffitte e le cantine, sotto il suolo, con dodici spaziose stanze sopraterra. E per giunta le è contigua stalla con fienile, uniche cose superstiti della vecchia canonica. Fino alle leggi eversive del nuovo regno d'ltalia stalla e fienile rendevano buon servizio al parroco, poichè esso poteva mantenersi un cavallo col fieno di un buon prato che possedeva, non in nome di beneficio, sì in quello di provvedere l'olio per la lampada del S.mo; ma le nuove leggi lo sgravarono dell'onere, ma anche dell'emolumento.

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Confraternite della chiesa parrochiale

Certo fra il 1600 ed il 1700 e quasi di sicuro anche qualche tempo prima ci fu nella chiesa parrocchiale di Sant' Anna una Confraternita intitolata: " Venerabilis societas Sanctoe Mariae Virginis in Ven. Ecclesia Sanctae A nnae A lphaeti". Ed essa per quei tempi e per paesi di montagna doveva essere sufficientemente ricca per offerte, legati di denaro ed anche di fondi'5. La reggevano i tre massari, che forse rispondevano alla fabbriceria d'adesso. Da chi fossero eletti e quanto durassero in carica non ho potuto trovar cenno in luogo alcuno. È più di venti famiglie, la maggior parte di Sant'Anna, ma ve n'erano anche d'Erbezzo, di Breonio, e di Prun, pagavano alla Confraternita varii canoni per i fondi avuti ad enfiteusi od in affittanza, e qualcuno anche assai rilevante, o a S. Michele, o a S. Martino, o per qualche festa della Madonna'. Altre volte l'affittanza durava dieci anni, altra con enfiteusi per dieci anni, e da rinnovarsi trascorso il decennio: ad altri la confraternita faceva obbligo di riscattare i fondi avuti ad enfiteusi entro un certo periodo di tempo. E cosi la confraternita fini col recare tutti i suoi averi in denaro, e questo probabilmente spendeva nella fabbrica della nuova chiesa, che ln quel tempo si stava erigendo ed abbellendo. Infatti dopo il 1700 non si trova più memoria della detta confraternita, ed i suoi beni erano passati in proprietà privata. Ora nella chiesa parrocchiale ci sono tre confraternite: quella del S.mo Rosario, la quale è poco meno che al lumicino; quella della Dottrina Cristiana, e quella del S.mo Sacramento, le quali due ultime vivacchiano, ma si potrebbe farle fiorire perchè il terreno non è ingrato. Confratelli e consorelle della Dottrina non pagano che sessanta centesimi l'anno. Dodici confratelli ed altrettante consorelle intervengono col cero al funerale degli ascritti, ed al catafalco sono posti dalla confraternita otto grossi ceri. Di più a spese della stessa confraternita è fatto un ufficio a riposo dell'anima del defonto. La confraternita poi, insieme col resto del popolo fa una processione la seconda domenica di quaresima. Per il defonto si cantano le litanie dei Santi la prima domenica libera dopo la morte. La confraternita del S.mo, la c'era ab antico, fin da quando non so, ma per guerre od altro era morta, e fu restituita del 1820 dal parroco Don Matteo Benedetti, e perciò la chiamano di nuova istituzione. Vi si paga una lira l' anno, ed ai confratelli e consorelle defonti fa come la confraternita della Dottrina: eccetto che invece delle litanie, recita i tre notturni. Inoltre a sue spese tutti gli anni sostiene la funzione delle Quarantore, che è la più solenne, per non dire l'unica, della parrocchia; il profitto spirituale poi della quale è quasi come di una seconda pasqua, accostandosi non solo confratelli e consorelle, ma anche quasi tutti i restanti ai sacramenti. Delresto chi desse a queste due confraternite maggiore impulso sarebbe la benedizione di Dio per parrocchiani e chiesa parrocchiale, spendendo queste due confraternite ogni loro sopravanzo in servigio e decoro della chiesa;cosa dunque, nonchè utile, necessaria, non avendo la fabbriceria di che provvedere a sufficienza alle necessità più urgenti per il culto. In queste due confraternite, a differenza di quasi tutti gli altri luoghi, non si volle mai saperne di multe, per qualsiasi mancanza, nè di cancellare alcuno dal ruolo de' confratelli per annualità non pagate. E la ragione che si arreca è che a fare altrimenti parecchi da sè si cancellerebbero. dove lasciando correre, senza cancellare nessuno, alla morte, la famiglia non volendo vedere il suo defonto privo di onori e dei suffragii della confraternita, paga essa per intero ogni debito o almeno viene a patti coi superiori della confraternita. Sarà bene, sarà male a far cosi, io non entro giudice, essendoci il suo pro ed il suo contro per ogni parte.

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Doveri e diritti consuetudinarii del Parroco

Oltre i doveri e diritti che spettano al parroco per il jus canonico e la legge naturale, altri nella parrocchia di Sant'Anna ne ha indotto la consuetudine.Intanto, come ho già accennato, non ha fondo alcuno per benefizio, ma riceve tre porzioni clericali sulla Pieve di Nogara, e per il resto è sussudiato dal governo.Quanto agli obiti esso non fa spoglio funebre al catafalco per i confra telli e consorelli del S.mo e della Dottrina. Per contrario ha diritto che facciano fare a lui, ed in parrocchia, ogni ufficiatura che le dette confraternite fanno per i defonti con~fratelli e consorelle. E le due confraternite spendono per ogni confratello o consorella una somma fissa, e sopravanzandone, sempre deve andare in altri ufficii in comune, e sempre da fare in parrocchia.Per gli obiti che sono fatti in parrocchia, dalla chiesa parrocchiale al cimitero, essendo lungi poco meno di un chilometro, accompagna i defunti solo un sacerdote.ln materia d'obiti, la contrada Vallene ed altre limitrofe avendosi esse costruito del 1850 un cimitero particolare, da quel giorno quegli abitanti hanno diritto che l'obito con un sacerdote solo per altro, sia fatto nell'Oratorio di V allene, ma tutti gli altri uffici di terzo, settimo, trentesimo ed anniversario sono fatti in parrocchia.1 quattro Oratorii che sono in parrocchia, alla scadenza del loro titolare fanno la loro sagretta, e le funzioni sono di pertinenza del parroco; è degli appartenenti ai singoli Oratorii il metter tavola per il parroco e gli altri sacerdoti della parrocchia.Fino al 1905 anche l'antica parrocchiale dei due paesi di Sant'Anna e di Breonio, cioè S. Giovanni Battista sul monte, aveva diritto in comune delle due parrocchie a due sagre annuali, quella del Titolare, S. Giov. Battista, che si celebrava la Domenica dopo la scadenza e quella della Madonna del Carmine, che di pari si faceva la domenica dopo; e allora le funzioni erano del Parroco di Sant' Anna, di quello di Breonio era una modesta refezione.Ora peraltro a cagione della Dottrina da fare tutte le feste, tutte e due queste sagre sono state abrograte. Spettano al Parroco ancora questi altri incerti di stola:

1. L' offerta che si fa dal padre e padrino per il battesimo.

2. La sportula per accompagnamento alla sepoltura dei bambini.

3. Una cerca che il parroco fa di frumento in tutto il paese, per la lettura del passio, e benedizione delle campagne che deve fare tutte le domeniche in chiesa dall' Invenzione della Santa Croce alla sua Esaltazione.

4. L' offerta per la benedizione delle case il Sabato S.

5. Le offerte delle singole famiglie per le processioni delle Rogazioni.

6. L'offerta per la recita pubblica in chiesa dei Paternostri per il giorno dei Morti e Domenica seguente.

7. Una cerca di burro d'estate sulle montagne spettanti alla parrocchia.

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Positura, clima, torrenti, monti, strade

La parrocchia di Sant'Anna è tutta sui monti Lessini, ma con grandissima variazione di livello. Da Basaginocchi, estremo confine meridionale e più basso verso Lugo in Valpantena, a circa 480 m. sul livello del mare, sale fino alla punta del Corno d' Aquilio a m. 1546. In media per altro i due altipiani, filoni, o dossi, che costituiscono il territorio della parrocchia si possono calcolare a 900 metri d'altezza. 1 SUOl punti poi culminanti sono i tre monti a settentrione, cioè: Corno d' Aquilio, Corno Mozzo e Cornetta, il più alto dei quali è Corno d'Aquilio. Il Comune poi mise, non è molto, quelle tre punte nel suo sigillo municipale. Ed il Corno d' Aquilio, e quello Mozzo sono spesso in estate meta alle salite degli alpinisti, per i bellissimi panorami che da quelle vette si godono, e per i magnifici edelwais o stelle alpine che sul Corno Mozzo si raccolgono.In Parrocchia non c' è in fondo in fondo che un torrente solo, chè gli altri sono di brevissimo corso e mettono in questo, che con nome generale si chiama Vaggio brutto, il quale col suo profondo vallone divide la parrocchia in due parti da settentrione a mezzogiorno. È profondissimo al mezzodì al confine di Lugo, ma poi rapidamente di alza fino ad andar a morire fra il Corno d' Aquilio ed il Mozzo. Del resto nel suo corso prende varii nomi, secondo i luoghi per cui passa. Fra i due monti sopradetti si chiama Alliana, subito dopo Vaggio dei Pagani, più basso Acquenegre, indi Vaggiobrutto, poi dell'Exemprogna, e alla fine della Marchiora. Divide poi la parrocchia di Sant' Anna da quella di Erbezzo un altro profondo torrente, o burrone che sia, chiamato il V aggio dei Falconi. Ma si l'uno che l'altro torrente restano quasi sempre asciutti; non corrono che qualche giorno in primavera, quando per grandi bonaccie si sciogliessero di tratto le forti nevicate dei Lessini, o quando sui monti medesimi fanno acque torrenziali e prolungate.Il clima in generale è quello dei monti non molto alti e abitati, cioè fresco e temperato la state e freddo, ma asciutto l'inverno, il quale su questi monti comincia un buon mese prima e termina un mese dopo che in pianura. È da guardarsi per altro dalla falsa persuasione che corre al piano, cioè che facciano qui sui monti d'inverno freddi stemperati. Niente di più falso;qui durano più a lungo, ma sono meno acuti che al piano, perchè il clima è più asciutto. Le burrasche con vento forte e neve fitta durano dodici ore, o tutto il più ventiquattro, ma dopo succede un magnifico sole, quando al piano si stende, impaluda e domina un nebbione uggioso e freddissimo e che vi dura anche settimane ed a mesi, ed allora sui monti fa il più superbo sole.Da cosa sola debbono guardarsi terrazzani e forestieri, dai repentini sbalzi di temperatura. Una burrasca, un forte vento di tramontana, che qui può alla distesa anche in piena estate, in poche ore può portar una temperatura poco meno che invernale; ma qui si rimedia col coprirsi a tempo di panni più grevi quel giorno o due che dura lo squilibro... Ma guai a chi volesse fare fuori di tempo l'impavido. vi sarebbe da buscarsene, non dirò solo infreddature, che sarebbero cose da poco, ma polmoniti e pleuriti, le quali colla tifoide, sono le malattie che mandano più vittime a patrasso.Tuttavia chi vuol vedere dei vecchioni d'80 e di 90, ed ancora prosperosi e rubizzi venga a Sant' Anna, ed in generale sui monti. E sì a Sant' Anna si difetta quasi da per tutto di buon'acqua potabile. Poche, di scarsa vena, e disagiate sono le fonti, e bisogna ricorrere alle acque piovane e di cisterna, per quasi tutti i bisogni della vita. Non c'è che la frazione di Fosse che sia sufficientemente provveduta di acqua di sorgente. Ma se anche a Sant' Anna si diventa vecchi, è segno che le acque non sono poi sì cattive come le fanno i cosidetti uomini della scienza: o che, se sono cattive, non producono questi funesti effetti che si dicono.Quanto alle strade, fino al 1864 non erano che da capre, e dove migliori, non erano che da muli, a schiena de' quali unicamente si conduceva fuori di paese le merci ed in esso s'introduceva quanto facea bisogno alla vita. Ma a cominciare da quell'anno ne furono aperte due: una delle quali movendo dalle radici del Corno Mozzo a Vallene per Ronconi e Ceredo cala fino a Basaginocchi, dove alcuni anni dopo dal Comune di Grezzana fu allacciata con quella di Lugo e Verona; l' altra va quasi dalle radici del Corno d' Aquilio per Fosse e Sant'Anna fino al confine di Prun. Ed anche questa poco dopo fu congiunta con quella di Prun, che per Torbe, Negrar, Parona mette alla città. Certo non sono il prototipo delle strade comode, per le troppo rapide salite e la strettezza delle svolte, ma per quei tempi parvero ai nostri buoni vecchi, a confronto delle anteriori, due meraviglie. Per altro servono sufficientemente a carri, carrette ed anche carrozze con un pò di riguardo e niente fretta. Il comune a certuni di questi errori ha già rimediato e ad altri rimedierà, ma per qualcuno forse sospirerassi un bel pezzo, trattandosi d'aver a rifare di sana pianta. Del 1892 fu costruito un nuovo tronco da Sant'Anna a Ronconi, per unire le due parti in cui è diviso il territorio della parrocchia; e poichè errando s'impara, questo riusci assai comodo e bello; anzi, a detta di tutti, è la miglior strada di tutto il comune. E se quando stavasi costruendo si pronosticava da molti che non avrebbe servito a nulla, adesso per contrario tutti confessano che è la più usata di tutte. Anche un altro breve e comodo tronco fu aperto dal 190304, che da Provalo mette a Selvavecchia, cioè a pochi passi dal confine del comune di Erbezzo, col pensiero che questo comune, quando che sia, venga incontro con un altra attraverso il vallone dei Falconi.

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Gravi fatti avvenuti su questo territorio ed uomini notevoli nati in parrocchia

Il primo di cui faccia menzione la storia è del l02 avanti Cristo, cioè al tempo della guerra di Teutoni e Cimbri. Questi ultimi, oriundi come vuolsi, dalla penisola del Jutland, da tempo erano penetrati nel cuore della germania e poi fino nel territorio dei Taurisci (la Stiria). Lì avevano sconfitto il console romano Gn. Papirio Carbone, mosso in soccorso de' Taurisci.Indi voltando a sera e radendo le Alpi, vollero penetrare in ltalia per il Tirolo e la valle dell'Adige.Fu allora che i Romani, mandato il console Mario contro i Teutoni nella Gallia, spedirono l'altro Lutazio Catulo ad impedire ai Cimbri l'invasione d'ltalia. Questi si trincerò fortemente sulle due rive dell'Adige fra il Montebaldo ed i Lessini, e fece ponte sul fiume per tenere unite le due parti dell'esercito, e mise grosso nerbo di sua soldatesca a Sant' Anna d'Alfaedo ed a Breonio, per fronteggiare il nemico, se per la via dei monti tentasse di calarsi nella pianura. A nulla risparmiare a difesa, costrui all'Adige un castello', e da Plutarco si rileva che fu fatto sulla sinistra. Congetture dànno che fosse costruito sul monte Pastello (da castello Pastello?), come dal console Càtulo si congettura originato il nome di Càvalo, e fors'anche Corno d'Aquilio, da qualche tribuno romano che ivi aveva fatto prodigi di valore. Checcè sia di tutto questo, fatto sta che i barbari erano in numero sì strabocchevole e si feroci, e Càtulo aveva sì poche forze, che fu soverchiato, ed i Cimbri, tra per la valle dell' Adige e per i nostri monti si rovesciarono sulla pianura veronese, nella quale svernarono quell' anno l01 .Ma il castello eretto da Càtulo si difese si bravamente, che quando calò agli accordi, i superstiti furono da que' barbari lasciati andar con tutti gli onori militari. Allora i Romani, richiamato in fretta Mario dalle Gallie, dave ad Acque Sestie l'anno 102 aveva disfatti . Teutoni, esso si unì a Catulo che s' era accampato a Costermano, e seguì la battaglia il 30 luglio nei campii Raudii, Caudii, o Cauri, che altri vogliono sul veronese, altri su quello di V ercelli, dove i Cimbri furono a pieno disfatti.Un altro fatto e molto più recente vide questo territorio del 1701, cioè all' aprirsi della guerra per la successione della monarchia di Spagna.L' esercito degli alleati spagnuoli e francesi condotti dal maresciallo di Catinat e dal principe di V audemont nel maggio del 1701 posero il primo campo fra Rivoli ed Incanale, ad altro evidentemente non mirando che a . la strada di Ferrara di Montebaldo e quella sulla dechiudere agli Austriacl stra dell'Adige, contentandosi, a quel che pare, di battere colla artiglieria quella sulla sinistra più comune e frequentata, abbandonando così al tutto ai nemici i monti Lessini, credendoli impraticabili, massime a cavalli ed artiglieria. Errore grossolano, massime in un Catinat; così invero non aveva fatto Lutazio Catulo nella guerra cimbrica. E poi dov eva sapere la perizia e l'ardimento di chi avevasi contro, cioè il principe Eugenio di Savoja. In fatti questi a forza d'uomini e di braccia, fatta riattare alquanto la strada che per Valfredda, di qua da Ala, mette alla Sega sui Lessini, vi fece passare alla chetichella pedoni e cavalieri e gli stessi carriaggi d'artiglieria, scomponendoli a pezzi da ricomprre a luogo opportuno. E cosi, assicuratosi dei monti, fece il resto passare, sotto gli occhi stessi del nemico per la via che da Peri conduce alle Fosse di Sant'Anna ed a Breonio, dove Io stesso principe si trattenne due o tre giorni; e poi, senza nè meno sfoderare la spada, per Valpolicella e Valpantena si calò sul piano a prendere i nemici, parte alle spalle, e parte ai fianchi. Nulla dirò degli orribili saccheggi che vi fecero del 1516 veneziani e francesi nella guerra della lega di Cambrai, facendo gran numero di prigionieri, sforzando fanciulle e spose, menando prigioni perfino molti cittadini, che con le cose loro più care s'erano, a maggior sicurità, ricoverati su questi monti4; nulla dell'infinito andare e venire di truppe ai tempi del primo Napoleone, e dell'infausto quarantotto, con noje, danni e paure della pacifica popolazione.Quanto ad uomini notevoli nati in parrocchia ricorderò :

- Don Paolo Lavarini parroco di S. Anna e suo fratello Giovanni Domenico, Notaio ed Avvocato per la cui opera il comune vinse contro i della T orre la gran lite delle decime.- Don Gio. Batta Vallicella lettore di diritto Canonico in Seminario di Verona, consultato spesso anche da celebre avvocati.- Don Benedetti Domenico Antonio Parroco di Pacengo, che fece costruire il bel fabbricato della scuola di S. Anna, e la dotò. Ecco la lapide che Io ricorda sopra la porta di detta scuola, ora anche palazzo municipale:

CHRISTIANO SCARDONI PAR.° ANNUENTE COMMUNIT ATE GRANDEM OPEM FERENTE DOMINICUS ANTON BENEDETTI RECTOR PACINGHI Hoc LYCEUM DOTAVIT ED EREXIT AN. D. MCCCVIIl

- Altro Don Benedetti Parroco di Prun, che vi eresse, in massima parte a sue spese, la bella chiesa parrocchiale presente.- Osvaldo Perini pubblicista e poeta.

- Ronconi Don Pietro prof. del liceo di Verona, poi parroco di Trevenzuolo.

- Ronconi Dottor Cav. Benvenuto, medico assai stimato in Verona.

- Bernardo Benedetti celebre Avv. e cons. municip. di Verona.

- Benedetti Don Giuseppe molto benemerito verso chiesa parrocchiale e cooperatore, al quale costituì lo stipendio e lasciò una casa propria.

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