Index scritti di don Armando
Index scritti di don Armando


Questo è il testo dell’accoglienza e dell’omelia pronunciati da don Armando in occasione del matrimonio di Monica e Alberto Piva. Questo scritto è già stato pubblicato su “Ministerium Verbi”.

L'amore è l'unico tesoro

Accoglienza

In questa nostra bella chiesa, fatta più accogliente perché più luminosa, sotto lo sguardo materno di Maria, stanno per mettersi assieme i vostri cuori e le vostre vite, carissimi Alberto e Monica, con il sigillo del sacramento nuziale, alla celebrazione del quale vi siete preparati diligentemente.
Vogliamo tutti seguire questo rito con fede, uniti nella preghiera per i due giovani che fra poco saranno sposi in Cristo.
Non desiderano altro. Anzi disdegnano manifestazioni non perfettamente consone a questo momento. Tutt'al più le subiscono!
E noi li accontenteremo. Saremo loro vicini con l'affetto e senso di responsabilità. E per essere fatti degni di partecipare fruttuosamente a questa liturgia sponsale, riconosciamo umilmente di essere bisognosi di misericordia e di perdono.

Omelia

Gli auguri oggi si intrecciano, si raddoppiano, specialmente per Monica.
Il 16 maggio è una data importante per lei. E quella che sigilla l'inizio di una vita nuova, la sua, e che la rimanda a chi l'ha voluta, l'ha accolta come dono del Signore. La coincidenza voluta e predisposta da mesi non è casuale, ovviamente.
Tento di interpretarla. Mi pare di intravedere quasi un progetto. Due che si sposano nel Signore fanno un'unità, quella della coppia, per cui non c'è più un Lui e una Lei, ma un Noi, e le scelte e i progetti sono l'espressione di una volontà unica che assume i desideri e le aspirazioni di entrambi.
Con il matrimonio comincia una vita nuova, una vita diversa, la vita di coppia che ha da costruire, giorno per giorno, un'esperienza tutta particolare, dove il “sì” del primo giorno è da ripetere continuamente, sempre fresco e sempre nuovo.
Ecco due giovani, dal volto quasi bambino, che fanno tenerezza come due figurine di presepio, che si presentano con le carte in regola, con la trasparenza di una preparazione che ha attinto abbondantemente dalla testimonianza delle proprie famiglie e dall'apporto della parrocchia, della comunità cristiana. Non appartengono alla immensa schiera dei patiti della febbre del sabato sera.
Lavoro e studio, casa e chiesa hanno contrassegnato questi anni, che non hanno sciupato. Ora faccio una rivelazione-confessione.
Oltre la conferma di un convincimento personale, riguardo alla sposa, che si radica negli anni della fanciullezza sua, ho avuto piacevolmente, riguardo allo sposo, quella di un sacerdote di Curia, che nell'atto di vidimare i documenti, leggendo il nome di Alberto, uscì in un'espressione veramente lusinghiera nei suoi confronti. Lo conosce e lo stima! E apprezza la sua famiglia. E tutto questo induce a bene sperare sul loro avvenire.
Questo preambolo per introdurci alla riflessione sulla prima lettura, tolta da un libro pressoché sconosciuto e pur così affascinante e umano.
Il “Cantico dei cantici”: il più bel canto d'amore, dove questa parola percorre tutto il testo. Già, la parola “amore” sembra che non si possa più pronunciare tanto è stata banalizzata, deturpata, svilita, inquinata.
Eccola invece proclamata dal Libro del Signore. Milleduecentocinquanta parole ebraiche sono divenute il poemetto sublime dell'amore e della vita, capace di trasformare in primavera l'arido paesaggio palestinese.
Al centro Lui e Lei, l'eterna coppia, che appare ogni giorno sulla faccia della terra, per cantare l'amore come riflesso dell'Amore infinito di Dio.
Celebrazione dell'amore umano, espressione della mutua donazione, limpidamente dichiarata dalla frase “il mio diletto è per me e io per lui”, il Cantico ripete che se esiste l'amore esiste Dio. L'uomo da solo non può creare una realtà così grande, se Dio non la donasse, trasmettendola da se stesso.
Nel brano della liturgia nuziale, sono unificati due passi stupendi del carme. Nel primo, l'amato sta per giungere alla casa della ragazza. Il suo spiare dalla finestra, il suo affanno per la corsa lo fanno simile ad un cerbiatto. Le sue parole sono piene di tenerezza. Paragona l'amata alla colomba, nota nell'antico Oriente come simbolo dell'amore e della fedeltà.
La domanda è una sola: implora di svelargli il volto e di fargli udire la voce. Di questo soltanto lo sposo sarà soddisfatto, perché questa è l'unica sua attesa.
La prima scena è sigillata dalla cosiddetta formula della mutua appartenenza, prima citata. Essa è la riedizione dell'inno d'amore dell'Adamo d'ogni terra ed epoca, quando incontra la sua donna. "Ossa delle mie ossa, carne della mia carne”
Giungiamo così all'apice del Cantico, quel passo che costituisce la seconda parte della prima lettura. Appare il simbolo del sigillo che si portava al dito e al braccio e che serviva come documento di identità. La sposa è il sigillo dello sposo, la sua stessa identità, senza di lei egli sarebbe vuoto e anonimo. Questa reciproca appartenenza non può essere infranta, neppure dal Nemico per eccellenza, la morte, perché "forte come la morte è l'amore".
Le fiamme dell'amore non sono esili e facilmente estinguibili. Possono sfidare anche le grandi acque del caos. L' amore riesce a resistere a ogni avversario.
È come la roccia contro cui la rabbia del mare s'infrange.
Le prove della vita, le sofferenze, il gelo delle crisi, gli incubi e le disgrazie, la stessa morte non potranno mai staccare la sposa dal suo amato. Entrambi passeranno attraverso tutti gli inferni, tutte le paludi del dolore, della desolazione, conservando intatta la fiamma del loro amore, che non conosce tramonto.

Carissimi Alberto e Monica!
Questo è il “Cantico dei cantici”. Tutta la vostra vita sia un perenne cantico d'amore da Dio benedetto e sostenuto.
Ho trovato in un foglio sgualcito questo consiglio, che offro a voi due:

«Spendi l'amore
a piene mani!
L'amore è l'unico tesoro
che si moltiplica per divisione.
È l'unico dono che aumenta,
quanto più ne sottrai.
È l'unica impresa nella quale
più si spende più si guadagna.
Regalalo, spargilo, vuotati le tasche,
e domani ne avrai più di prima»

don Armando Ottoboni

Matrimonio