Dal "Diario di un curato di campagna"
Sono nato a Canda, il 16 novembre 1924, in una modestissima casetta, là dove inizia il Canal Bianco, in via Scardovara, una strada che parte da Canda e termina in comune di Trecenta.
Il papà Emilio veniva da una famiglia di nove figli. La mamma Amelia era la più grande di quattro fratelli.
Sono stato battezzato da don Angelo Fornasiero, il 30 novembre 1924. Per motivi di lavoro, la famiglia si trasferisce a Ramodipalo, nel 1926, dove nel 1929 nasce la sorella.
Non c'era allora un asilo e pertanto sono affidato, per qualche tempo, ad una donna che teneva in custodia i piccoli, mentre i genitori erano al lavoro.
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Nel 1930, il papà viene assunto dalla ditta Marchiori di Lendinara. Segue altro spostamento.
Frequento le scuole elementari, che si trovano alla parte opposta della zona da noi abitata, nei pressi del Convento dei Cappuccini. Noi abitavamo in un rione che prendeva il nome da un vecchio ponte, detto dei Cappuccini. Nei paraggi, in tempi passati, i frati di San Francesco avevano un convento.
Ricordo i miei maestri: Castagna, Bianchini, Agnoletto, Ramazzina, Schivardi. Il M° Rigolin ci insegnava i canti della Patria. Ricevo la cresima il 30 settembre 1931. Faccio la prima comunione il 5 maggio 1932. A otto anni divento chierichetto del Duomo di San Sofia. Sono accolto da don Antonio Balduin, che mi insegna a sillabare le risposte nella Messa in latino.
Faccio parte anche dei "fanciulli cattolici". Delegato è Giannina Donelli. Incontro un seminarista e divento suo amico. È Angelo, e angelo è stato per me.
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Dopo le elementari, l'11 ottobre 1935 (era appena iniziata la guerra in Abissinia) entro in Seminario a Rovigo. Rettore, Mons. Adelino Marega. Vicerettore, don Giuseppe Manfrinato. Prefetti, Antonio Testa e Carlo Ferro.
Siamo in dieci ragazzini nella camerata San Carlo. Quanto freddo in seminario! Anche a Natale e lontano da casa! Si contavano i giorni per arrivare a Pasqua e tornare in famiglia e in parrocchia, dove con gli altri seminaristi eravamo impegnatissimi nelle cerimonie delle 40 ore e del Triduo pasquale.
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A scuola me la cavo. Passano gli anni e nel 1940 arriva la guerra. E mio prefetto il diacono Girolamo Lavarda, che allestisce una banda (orchestra) di ocarine per allietare le noiose serate. Interviene il rettore (Giavarini) e tutto finisce: ritorna la noia.
Nella festa dell'Immacolata (8 dicembre 1940) faccio la vestizione clericale. In tonaca mi pare di essere già un prete! La guerra che dapprima era lontana si fa sentire anche a Rovigo: quindi paura per i continui allarmi della sirena e... fame in refettorio. Cade una bomba e ci mandano a casa. Dovevano essere pochi giorni. Restiamo invece in famiglia un anno.
E così, finalmente un Natale con i miei!
Nel 1944 veniamo raccolti nella Villa Nani-Mocenigo in quel di Canda. Siamo sfollati ma stiamo bene. I buoni parrocchiani del mio antico paese si danno da fare per non farci mancare niente. Ma dopo 33 giorni arrivano i tedeschi e ci fanno sgomberare nel giro di 24 ore.
Torno a Lendinara e faccio comunità con i miei amici seminaristi. Non siamo mai stati meno di dieci. Disoccupati sotto la guida di Mons. Giusberti non si poteva stare.
Nell'aprile del 1945 viene bombardata Lusia. I più grandi di noi partirono in bici per portare soccorso. S'è fatto ben poco perché il paese era scomparso. Le bombe l'avevano arato. I funerali delle vittime vengono officiati nel nostro Duomo. Il pericolo ci sovrastava ancora perché la guerra non era finita e il fronte era vicino.
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Dopo la guerra si fa ritorno in seminario. Purtroppo un anno di teologia era andato perduto... L'8 dicembre 1946, vengo ordinato diacono. Il 6 luglio 1947, di buon mattino, con la sola presenza dei miei e dell'arciprete con i seminaristi compaesani, vengo da Mons. Guido Maria Mazzocco consacrato sacerdote.
Sono accolto per quasi un mese dalla parrocchia di Santa Sofia, che mi offre una villeggiatura a Campitello di Fassa per ritemprarmi fisicamente.
Nell'estate del 1945, la stessa esperienza avevo avuto la possibilità di fare a Baselga di Pinè. Eravamo alloggiati in una vecchia scuola asburgica e dormivamo per terra. Si acuisce il mio amore per la montagna!
Con una bici (da sempre sognata e mai avuta) e con un pallone regalato dai seminaristi arrivo a Trecenta nel settembre del 1947 e inizio la mia attività di cappellano con l'arciprete Mons. Graziano Lucchiari.
Il 30 marzo 1948 muore il papà.
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Nel settembre del 1951 vengo nominato vicario economo di Valliera. Dopo alcune settimane rompe il Po, l'acqua arriva il 16 novembre (giorno del mio compleanno) nella mia casupola da dove devo sloggiare con la mamma.
Per Natale riprendo la cura dei rari superstiti che, mese dopo mese, fanno ritorno. Il primo bambino che ritorna è Franco Barbaro. Devo far abbattere il campanile pericolante e per la festa di San Rocco del 1952 c'è pronto quello nuovo. Un grande aiuto ho avuto dal carissimo Geom. Tullio Bassani.
Dopo mille giorni, sono richiamato a Trecenta, dove arrivo nell'ottobre del 1954. Sono nominato Arciprete Vicario Foraneo! Anche lì c'è un campanile bisognoso di intervento perché colpito, anni addietro, da un fulmine nella cupola. Pure la chiesa è in pessime condizioni. Il miracolo avviene, accompagnato da quello della nuova scuola materna, regalata dall'opera femminile guanelliana e costruita su terreno donato dalla parrocchia.
Nel 1959, la mamma muore e viene sepolta nel locale cimitero. Riesumati i resti del papà dal cimitero di Lendinara vengono portati in quello di Trecenta e collocati accanto alla mamma.
Qualcuno da trent'anni non fa mai mancare i fiori sulla tomba dei miei genitori.
Sono anni indimenticabili quelli di Trecenta, dove voglio essere riportato quando sarò morto.
Nell'ottobre del 1968, il vescovo mi trasferisce a Rovigo in Commenda.
Qui termina il mio "diario di curato di campagna". Dentro, nel cuore, sono però sempre lo stesso.
don Armando Ottoboni |