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Sculture di Biancini nel Santuario della Commenda

Galleria di foto delle sculture di Angelo Biancini

A Rovigo, la moderna chiesa parrocchiale del quartiere Commenda ovest (intitolata al Cuore Immacolato di Maria e a S. Ilario) ha la singolare caratteristica di possedere un consistente gruppo di opere di un artista di primo piano qual è stato Angelo Biancini (1911-1988). Il fatto risulta più rilevante quando si tenga presente che l'arte contemporanea non sembra trovare ispirazione significativa nella tematica religiosa: ma Biancini costituì una delle rare eccezioni a questa realtà.
Biancini nacque a Castel Bolognese, tra Imola e Faenza, e studiò a Firenze con Libero Andreotti, uno dei maggiori scultori italiani del momento. Poco più che ventenne cominciò a collezionare riconoscimenti che un po' per volta lo portarono a ricevere commissioni da ogni parte del mondo: sue opere sono in Israele come negli Stati Uniti, in Spagna come in Canada, in Austria come in Brasile; e il Museo Vaticano di arte moderna gli ha dedicato un'intera sala. Pur essendosi formato come scultore (anzi: come intagliatore di legno, amava precisare), e pur raccogliendo successi internazionali con opere di bronzo e di pietra, finì per dedicarsi prevalentemente alla ceramica, divenendo direttore artistico della Ceramica di Laveno (della Richard-Ginori) nel 1939, succedendo a Gio Ponti, e, nel dopoguerra, direttore dell'Istituto d'arte di Faenza che, nel settore, è il più prestigioso d'Italia.
Come l'artista sia giunto a lavorare per Rovigo si spiega con la presenza in città di alcune famiglie di origine romagnola legate a Biancini da amicizia, che fecero da tramite per chiedergli la decorazione del fonte battesimale della chiesa della Commenda (che era stata inaugurata il 10 dicembre 1957 dall'allora patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli).
Nel 1966, dunque, l'artista fornì il coperchio del fonte battesimale, di ottone decorato con sbalzi e smalti (e in origine culminante con un piccolo, vivacissimo gruppo bronzeo del Battesimo di Gesù, purtroppo rubato qualche anno fa), e le decorazioni della vasca e del fusto, ispirate a motivi bizantini.
Biancini dichiarava che l'ispirazione gli derivava dai mosaici ravennati: ma non era, per lui, un semplice espediente formale, bensì un'operazione intellettuale che gli permetteva di decantare a livello di stile la sua passionalità di romagnolo, così che la forza delle sue intuizioni non si disperdesse in soluzioni generiche. Lo si vede bene nella grande figura di San Giuseppe (sull'ultimo altare a sinistra) realizzata nel 1967, dove l'elegante stilizzazione sia di linee che di colori non maschera affatto la decisione del trattamento plastico ma, anzi, la sottolinea in virtù della nettezza dei contorni, fornendoci così un'immagine del santo assai più viva e convincente di quella fissata dalla devozione sentimentale ottocentesca. Ai lati della figura principale sono collocati due piccoli gruppi che compongono le scene delle Nozze di Giuseppe e Maria e della Nascita di Gesù.
Un anno dopo Biancini donava alla chiesa la vivissima figura di santa Chiara (collocata sull'altare vicino all'ingresso di destra), forte e delicata allo stesso tempo; del 1972 sono i quattordici quadri con le stazioni della Via Crucis, dove la raffinatezza decorativa dello sfondo di terracotta arabescato e ravvivato da piccole scodelle colorate stacca per contrasto l'intensità emotiva delle scene descritte con estrema sinteticità. Affine nello spirito alla Via Crucis è lo squisito ma drammatico Crocifisso che oggi sovrasta il battistero.
Infine, nel 1973 pervenne alla chiesa rodigina la terza grande scultura di ceramica, raffigurante Gesù che seda la tempesta: l'immagine risulta particolarmente intensa per la concentrazione con cui è concepita, nella quale Biancini mostra esplicitamente una spregiudicata libertà di invenzione che lo ricollega - come acutamente aveva osservato Claudio Spadoni - alla grande tradizione padana medievale.

Leobaldo Traniello

Galleria di foto delle sculture di Angelo Biancini