LA REPUBBLICA DI ZINEVRA

Per lunghi secoli Rovereto fu una piccola frazione di Lizzana ed anche ecclesiasticamente faceva parte di quella Pieve. Lizzana era stata il centro della Vallagarina fin dall'epoca romana sia per la sua buona posizione climaticamente ben esposta sia perché ben protetta dal suo castello circondato in antico da paludi (campi marzi). Jacopino da Lizzana nel 1225 insediò nel sobborgo di Rovereto per la prima volta un villicum, e Guglielmo di Castelbarco verso il 1300 potenziò Rovereto circondando la città di mura; dal punto di vista ecclesiastico però Rovereto rimaneva sempre soggetto alla Pieve di Lizzana. ponte forbato Nel 1460 venne eretta la prima chiesa, quella di San Marco, e solamente nel 1582 fu staccata definitivamente dalla parrocchia di Lizzana per formare una parrocchia a sé stante, però solamente fino al torrente Leno, mentre l'attuale rione di Santa Maria continuò ad essere dipendente da Lizzana come Borgo di San Tommaso; solo nel 1787 il rione di Santa Maria diventerà parrocchia a sé stante. Per lungo tempo quindi, la parrocchia di Lizzana spiritualmente ha dominato fino alla sponda sinistra del Leno e, conseguentemente, l'attuale sobborgo di Rovereto, ora definito di Santa Maria, apparteneva a Lizzana e a quest'ultima di sentiva più attaccata che a Rovereto-Centro al quale era unito solamente dal ponte di Santa Maria, chiamato allora ponte Forbato. Appare quindi evidente che la popolazione di Santa Maria, assai numerosa e nella quale primeggiavano parecchie famiglie patrizie, si sentisse sminuita della propria autorità e nascesse, quindi, in essa un certo spirito di ostilità verso Rovereto-Centro, tanto da far sorgere un certo antagonismo tra i due rioni. Ciò portò al fatto che Santa Maria decidesse di assumersi l'attributo di "Zinevra" (bosco di ginepri) per distinguersi da "Rovereto" (posto di roveri e querce). Sta, comunque il fatto che, pur in senso scherzoso, i Santamariotti venissero volgarmente chiamati "zinevrini" in contrapposizione ai "roveretani". Una certa differenza in effetti si riscontra sia nei costumi che nel dialetto dei due rioni. In questa antitesi i Santamariotti erano giunti all'arguta e ironica costituzione di uno stato separato e cioè quello della "Repubblica di Zinevra", il tutto, per lo meno, limitatamente al periodo carnevalesco, e la celebrazione della Festa della Repubblica avveniva quindi il giovedì grasso. Attraversato il ponte Forbato, si entrava quindi in piena Repubblica e subito dava nell'occhio il carattere particolare della contrada, impregnato da uno speciale campanilismo, che si trasformava spesso in dispute con reciproche parolacce, con scherni e dileggi contro i popolani della Rovereto-Centro; il tutto però sempre a sfondo burlesco, e comico. Spesso avveniva che qualche disputa fra ragazzi, nata all'uscita della scuola, si trasformasse in uno schieramento battagliero con conseguenti attacchi reciproci anche con oggetti contundenti. La "battaglia" di svolgeva preferibilmente sulle rive del Leno: i Santamariotti sulla riva sinistra e i ragazzi della Rovereto-Centro sulla riva destra. La tenzone di solito consisteva in sassaiole (con i ciottoli di cui il greto del Leno era ben fornito), ma appena qualcuno rimaneva colpito, tutto finiva fra urla ed improperi; alla fine non c'erano mai né vinti né vincitori, per cui si pensava già alla prossima ripresa della battaglia. Questo l'aspetto giovanile e spontaneo dell'antagonismo rionale; ma durante il carnevale avveniva in forma ufficiale e solenne la Proclamazione della Repubblica. In quei giorni si procedeva alla nomina del governo della Repubblica, ne facevano parte i più allegri cittadini del rione e veniva stabilito il programma per la solenizzazione della costituzione della Repubblica. Il giorno prima venivano piantati sul ponte Forbato i due ginepri (simbolo della Repubblica), e sullo stesso ponte venivano poste le guardie che dovevano tutelare l'integrità dello Stato e sorvegliare le "immigrazioni" e le "emigrazioni" dei cittadini. Le autorità, i componenti del Governo e del Comitato d'Azione portavano il cilindro e le guardie erano avvolte in speciali vestiti carnevaleschi. Quello però che distingueva e graduava le cariche era un grosso nasone, simbolo della loro funzione e della loro personalità. Un refrain dell'inno repubblicano accennava a questo fatto: Chi ga bon nas / sarà stimà / da tuta la repubblica / da tuta la zità. Chi metteva piede sul suolo repubblicano, pagava una simbolica tassa; valicato ufficialmente il confine e senza passaporto, entrava festosamente e senza fastidi burocratici sul sacro suolo giurisdizionale della libera "Repubblica di Zinevra" nell'assordante ambiente carnevalesco fra maschere, canti di allegria, grida, cori ecc.; ma sotto una finta, umoristica sorveglianza di qualche nasutissima guardia repubblicana. La festa durava tutta la notte, sempre molto animata. Al mattino avveniva il colpo di Stato con il quale la Repubblica di Zinevra veniva rivoluzionarmente abbattuta e i nasuti, solenni reggitori, venivano forzosamente spogliati dei loro alti poteri governatoriali, così come le gagliarde Guardie Repubblicane venivano spodestate dai loro incarichi e delle funzioni di pubblica sicurezza di cui erano state, fino allora investite. Mentre l'inclito popolo di "Zinevra" cessava di essere suddito di una Repubblica fittizia per ridiventare cittadino onorato di "Rovereto - Città Autonoma con proprio Statuto" quali erano le sue prerogative in quel tempo. In essi rimaneva, comunque, la gioiosa rimembranza di quella trascorsa sudditanza e la inalterata fede in un Risorgimento della Repubblica stessa da avvenire nell'anno successivo. Alla Repubblica di Zinevra, presentiamo le armi e spariamo una salve di reverente saluto!


Bibliografia: Bizzarini Eugenio: "All'ombra del rovere: medaglioni di vita roveretana", Rovereto, Cassa Rurale di Rovereto, 1984