La chiesetta di Santa Croce fu edificata su progetto dell’architetto
Giovanni Tiella dalla primavera del 1956 all’estate del 1958. Nel 1959
la Cappella di Santa Croce venne aperta al pubblico.
Il 15 agosto 1972 l’Arcivescovo di Trento Alessandro Maria Gottardi
la eresse a nuova parrocchia, con il nome di Santa Croce, a ricordo
dell’omonimo Monastero, situato su quello che oggi si chiama appunto
“prato delle Monache”, fatto saltare in aria con la dinamite il 22
maggio 1914, per motivi bellici.
Il 24 settembre 1972 viene accolto il primo parroco, don Franco Grassi.
Nella chiesa si trovano le sculture di don Marco Morelli:
Il 27 marzo 1974 viene riconosciuta agli effetti civili l’erezione
della parrocchia e il 24 aprile 1980 le venne riconosciuta la personalità
giuridica.
Il 13 aprile 1983 il Comune di Rovereto fa donazione della Cappella
alla parrocchia di S. Croce.
Nel 1987 viene dato incarico all’architetto Adolfo Fia di redigere
un progetto di ristrutturazione, e il giorno di Natale dello stesso anno
c’è l’inaugurazione ufficiosa della nuova chiesa.
La chiesa è stata ristrutturata nel rigoroso rispetto dello stile della
vecchia cappella.
E’ una chiesa diversa da tante altre: niente di barocco, linee pure, rette
e archi a tutto sesto, linee essenziali, che sposano la semplicità
dell’armonia.
Il nuovo fonte battesimale è opera della ditta Zilio Graniti di Lamar
di Gardolo.
Le vetrate sono tutte istoriate, la vetrata dell’abside rappresenta
l’esaltazione della Santa Croce. Le finestre che ornano in basso sulle
pareti laterali illustrano le parabole del regno, coniugano arte e annuncio
evangelico:
- Mosè che con la verga fa scaturire l’acqua dalla roccia,
- Cristo battezzato nel Giordano,
- Le nozze di Cana,
- La samaritana al pozzo,
- Maria: l’aspirazione al regno,
- Gli operai della vigna,
- I due seminatori,
- Il granello di senape,
- La discesa dello Spirito Santo,
- L’Orante,
- L’organo,
- Il flauto.
Il 1° ottobre 1988 avviene la solenne consacrazione.
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La chiesa di S. Croce si erge armonica, linda e forte verso il cielo, con accanto
la chioma ampia e quieta del vecchio cedro quasi sentinella testimone di tante
vicende.
Questa massa di forme plastiche che si modulano e si articolano, si compenetrano
e si integrano nello spazio, ha un significato inequivocabile: è una chiesa.
Il motivo architettonico fondamentale è l’arco che si musicalizza su una superficie
tendenzialmente piana e chiara.
Dalla periferia dell’edificio, più bassa, queste arcate più o menu ampie, singole
o abbinate formano come un discorso sereno e sommesso.
Gli spioventi del tetto di questa parte periferica sui tre lati a nord, a est e
a sud, ascendono e convergono per evidenziare la mole emergente centrale conchiusa
con il tetto a capanna: anch’essa situata sui suoi tre lati dalle finestre arcuate
come un canto più intenso nel pieno della luce.
La parte absidale raccoglie e conclude nelle sue forme arcuate tutti questi
motivi architettonici.
Il campanile, più alto ancora, è una torre quadrata con quattro bifore terminali,
e il tetto a quattro spioventi sormontato dalla Croce.
L’interno della chiesa ha una sua particolare concentrazione. Lo spazio sacro
deve strutturarsi in modo peculiare in un ambiente che sia capace di aiutare
realmente, suggerire fortemente, suscitare indiscutibilmente i sentimenti, in modo
che l’anima possa distendersi e riposare e quindi nel silenzio e nella pace possa
ricaricarsi, confortarsi ed essere pronta a ripartire per le varie operosità del
quotidiano.
Lo spazio in verticale ha una ascendenza continua cadenziata dagli spioventi
del soffitto della periferia più bassa al centro più alto, per poi introdursi
e raccogliersi nella volta a tutto sesto del presbiterio e nel catino dell’abside.
I soffitti sono tinti in oro come per dare un senso dell’immenso, pur essendo
presenti le linee forti delle capriate e delle travature a vista.
Le finestre abbinate ai due fianchi più bassi hanno vetrate variamente colorate
ed istoriate con episodi tratti dalle Parabole del regno e riflessi nelle vicende
umane. Sono ad altezza d’uomo, quasi un invito ad un colloquio a tu per tu con
l’insegnamento che Cristo profondeva camminando per le strade della Palestina.
La luce… le sculture di Marco Morelli fortemente plastiche esprimono motivi e
fatti vissuti in modo drammatico e culminano con “l’Uomo dei dolori”. Essenza di
crocefisso, quest’”Uomo dei dolori” campeggia in controluce nelle trifore dell’abside.
Arch. Adolfo Carlo Fia.
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