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CEFERINO GIMENEZ MALLA - Gitano Martir
(vita, martirio, messaggio del Pelè)
                      

Comitato per la Causa di Canonizzazione

SCRAP - Comune di Monza

U. Tabarelli

28 min.

V-25023

Il nome di battesimo, Ceferino, è la forma spagnola di Zefirino, il santo del giorno in cui è nato. Ceferino Jiménez Malla, detto El Pelé, è il primo zingaro che la Chiesa pone sugli altari. Nasce nella povertà, che diventa miseria quando suo padre abbandona la famiglia per andarsene con un’altra donna. Ceferino non va a scuola, aiuta in casa come può (fa e vende ceste di vimini) e sui vent’anni si trasferisce a Barbastro, sposando Teresa Jiménez Castro al modo zingaro, senza rito religioso (che sarà celebrato soltanto nel 1912). Non avendo figli, adottano Pepita, una nipote di Teresa. Figura imponente, espertissimo di cavalli e muli, diventa un mediatore stimato per la sincerità (dote piuttosto rara, in questo mestiere). Ma poi si fa negoziante in proprio, per un gesto che incanta tutta Barbastro: un potente del luogo, malato di tbc, sviene un giorno per strada, tra sbocchi di sangue che fanno scappare tutti, anche chi precedentemente lo riveriva. E soltanto lui, Ceferino, senza paura, accorre, lo aiuta e lo porta sulle spalle a casa.

La ricca famiglia del malato lo ringrazia con una somma di denaro, e lui può così avviare un prospero commercio. Diventa un notabile. Ma soprattutto pratica anche sulle piazze la fede, che ha raggiunto completamente da adulto. Prega per strada, con la corona del Rosario in mano. Gira d’inverno a soccorrere gli zingari più poveri, ma non solo loro. Tutti sono “prossimo” per lui, che costruisce giorno per giorno il capolavoro della sua vita di credente, convalidata dalle opere. Analfabeta, ha ugualmente “letto” gli ammonimenti dell’apostolo Paolo ai Corinzi, e realizza in sé la carità che "tutto copre, tutto crede, tutto sopporta". E pure le calunnie sopporta, accusato falsamente di furto ("È uno zingaro...") e poi trionfalmente assolto.

Torreggia nei gruppi dei “Giovedì eucaristici”, della San Vincenzo, del Terz’Ordine francescano... tutti lo vogliono, questo zingaro comunicatore di speranza, questo promotore di gioia. Ancora in vita, c’è chi già lo chiama “santo”. Luglio 1936, guerra civile in Spagna. Ceferino è arrestato da un reparto di anarchici perché, a 75 anni, si è lanciato tra loro per liberare un prete che portavano via. (C’è una strage di clero a Barbastro). E lui prega a voce alta, a testa alta, non chiede pietà. Quando lo fucilano, alcuni giorni dopo presso il cimitero, l’ultimo suo grido è "Viva Cristo Re!". L’ultimo gesto è quello della mano che tiene alta la coroncina del Rosario come una bandiera. L’indomani si ordina agli zingari di scavare una fossa comune per tutti i fucilati, tra cui c’è El Pelé. Poi sui corpi si butta calce viva. Per questo non c’è la sua tomba.

Il 4 maggio 1997, in Roma, alla presenza di migliaia di zingari, Giovanni Paolo II proclama Ceferino beato. E con lui è beatificato il vescovo Florentino Asensio, ucciso come lo zingaro nell’estate del 1936.

 

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