La Chiesa Arcipretale dei Santi Pietro e Paolo

Cenni storici

Fino al 1461 la chiesa di Roncegno dipendeva dalla matrice di Borgo Valsugana che comprendeva tutti i paesi dell'attuale decanato e apparteneva (e questo fino al 1786) alla diocesi di Feltre.
La prima chiesa a staccarsi dalla pieve di Borgo fu quella di Roncegno: era il 5 giugno 1461; il suo ambito pastorale si estendeva fino a Novaledo. Naturalmente il sacro edificio aveva dimensioni ridotte, dovendo servire una popolazione di non più 600 persone. Essa venne poi ampliata, e consacrata nel 1533; era rivolta con l'abside verso oriente, misurava 30 passi in lunghezza e 11 in larghezza, col soffitto a volta e le pareti in parte affrescate (l'unico frammento degli affreschi lo si può vedere nel locale adiacente alla chiesa, restaurato nel 1997). Il campanile, a nord della chiesa, le era addossato; verrà poi incorporato nella chiesa attuale.
Sul finire del 1600, dato l'aumento notevole della popolazione, si ebbe un ulteriore ampliamento della chiesa. Aveva già cinque altari: il maggiore dedicato agli apostoli Pietro e Paolo e, uno di quelli laterali, alla Madonna del Carmine. Quest'ultimo conteneva molto probabilmente la statua che oggi si trova nella cappellina dei Cadenzi dedicata alla Madonna del Carmine (statua risalente proprio al 1600).

 

La Chiesa attuale

Il 23 aprile del 1757 l'arciprete Francesco Bruni pose la prima pietra della nuova chiesa (l'attuale).
Ormai la popolazione era aumentata: la Villa contava circa 1000 anime e la montagna 1200, senza dire che in determinate occasioni (ad esempio il Sabato Santo e la festa dei Patroni) in questo sacro tempio dovevano partecipare alle funzioni anche i parrocchiani di Novaledo e di Marter. Il 12 dicembre 1773 la chiesa fu benedetta dallo stesso arciprete e vi fu celebrata la prima messa; fu consacrata dal vescovo di Feltre il 1 luglio 1782.
La chiesa che ora ci accoglie è in stile rinascimentale-barocco.  E’ ampia: misura all'interno 45 m di lunghezza e 14.50 di larghezza (18 m considerando le rientranze per gli altari laterali). All'interno è alta 19 m mentre la facciata misura 30 m.
La progettazione e la direzione dei lavori è degli architetti lombardi Bianchi (Carlo in particolare), immigrati più o meno stabilmente nel Trentino. Una quindicina di chiese portano il loro nome; sono caratterizzate dallo stile tardo barocco, con tipiche leggere decorazioni in stucco. La facciata esterna della chiesa ha due ordini di colonne rotte da due trabeazioni: le colonne superiori sono quadrate mentre quelle inferiori sono rotonde, tutte con capitelli ionici.

Sopra il modesto rosone, al posto dell'orologio di un tempo, troviamo la pittura a fresco dei santi apostoli Pietro e Paolo, eseguita nel 1927 dal pittore decoratore Angelo Addometti di Verona.

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Benvenuti

 

 

L'interno della chiesa

E' a una sola navata, con tre grandi porte e quattro altari laterali con relative cappelle. La monotonia delle pareti è rotta dalle lesene di stucco marmorizzato con capitelli di stile ionico, che sostengono una trabeazione pure di stucco marmorizzato che corre su tutto il perimetro della chiesa. La volta della navata è a botte, con quattro vele in corrispondenza delle finestre; il soffitto, dello spessore di circa 10 cm, è sostenuto da robuste centine di lance, attaccate ai grossi travi del tetto; la volta dell'abside invece e del presbiterio è  massiccia, di calce e pietra nostrana.

 

Gli altari

Li chiamiamo non con il nome che avevano all'origine, ma per ciò che oggi essi rappresentano.

 

1. Altare dell'Annunciazione (entrando dalla porta principale, il 1 a destra)
  
Di nessun valore storico; è di legno, con la parte superiore di stucco. La mensa è piuttosto rovinata. Sopra l'altare, una nicchia chiusa da una tela raffigurante l'annunciazione dell'angelo a Maria, di buona mano, ignota, che si fa risalire all'inizio del 1600.

 

2. Altare del Crocifisso (il 1 a sinistra)

E' l'altare più bello, in stile barocco, tutto di marmo bianco. Costruito nel 1717 per la chiesa di S. Francesco di Bassano, è attribuito a Guglielmo Montini. Fu comprato il 3 giugno 1841 (la somma occorrente di 650 fiorini fu raccolta tra il popolo roncegnese, come è testimoniato dalla scritta riportata nella targa a fianco); venne messo in opera al posto del precedente altare in legno. Nel mezzo dell'altare, il bel crocifisso dello scultore meranese Giovanni Battista Pendl.

 


3. Altare della Madonna del Rosario (il 2 a destra)

Era chiamato l'altare della Madonna del Carmine, perché nella sua nicchia racchiudeva la bella statua seicentesca della Madonna del Carmelo che ora sta nella cappellina dei Cadenzi. Lo si deduce da un documento del l881, nel quale il parroco chiedeva di benedire la chiesetta ai Cadenzi nella cui nicchia, sarà posta una statua della Madonna del Carmelo, che già si possiede . Il marmo bianco, di cui in parte è composto l'altare, di pochissimo pregio, è sgretolato da ogni parte, causa l'umidità che sale dal di sotto in ogni parte della chiesa.

 


4. Altare del Sacro Cuore (il 2 a sinistra)

E' di pietra arenaria, fragile; tutto il basamento è appezzato di piccoli riquadri di marmo rosso e di altri colori, marmo più nobile e resistente all'umidità. Questo altare, dello scultore vicentino Giovanni Merlo, fu costruito nel 1690 per la chiesa della SS. Trinità di Trento; fu comprato, adattato, fatto mettere in opera dal dott. Francesco Trogher di Roncegno nel 1804, come dice la targhetta in pietra arenaria che si vede a lato e venne dedicato all'Annunciazione (come dicono la stessa targhetta e il fregio sopra la nicchia in cui si intravede, sotto la scritta "Cor Jesu...", quella originale "Ecce ancilla Domini"). La sostituzione avvenne quando vi fu collocata nel 1949 la statua del 5. Cuore, opera dello scultore gardenese Moroder.

 

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5. Altare maggiore

L'altare maggiore è molto bello e maestoso, alto 10 metri, tutto di marmo, con colonne con capitello corinzio. Una grande conchiglia di marmo bianco fa come da sostegno al timpano arricchito di vasi di marmo e fregi vari; sopra, al vertice di tutto, le chiavi, simbolo del potere di Pietro, e la tiara. Sopra la mensa il grande tabernacolo di marmo bianco, di buona fattura; le due piccole nicchie che si trovano ai lati racchiudevano, fino a non molti anni fa, due statuine di porcellana fine della manifattura di Este. Esse rappresentano l'una l'immacolata e l'altra Giovanni Evangelista; si dice siano molto rare: ne esisterebbe soltanto un'altra simile coppia, a Londra. Per questo loro valore (e Perché facilmente asportabili) le statuine sono state tolte dalla chiesa e sono custodite in un luogo sicuro.

Il grande altare racchiude la pala, pittura ad olio raffigurante gli apostoli Pietro e Paolo e la SS. Trinità. Nel 1912 il parroco di allora, don Meggio, scriveva che la pala è di poco effetto e quella dovrebbe essere sostituita da un'altra migliore, perché l'altare se lo meriterebbe . Oggi possiamo invertire la frase e dire che la pala è così preziosa che, anche se l'altare è bello, se ne meriterebbe uno ancora migliore . La pala infatti è del grande pittore Francesco Guardi.*

*( Il padre di Francesco Guardi, Domenico, nacque a Mastellina in Val di Sole (Trento). Si recò giovanissimo a Vienna e vi rimase diversi anni: sposò l'atesina Claudia Picler ed ebbe il primo figlio Giovanni Antonio. Si trasferì poi a Venezia dove nacquero i figli Maria Cecilia, che sposò Giambattista Tiepolo, Francesco e Nicolò. Notevole è la produzione di Francesco Guardi: sue opere sono conservate in vari musei del mondo. Produsse molte vedute veneziane, succedendo al Canaletto dopo la morte di quest'ultimo. Pale d'altare ne dipinse poche, e pare che quella dei SS. Pietro e Paolo di Roncegno sia la migliore; è databile intorno al 1775 ).

Fu il prof. Michelangelo Muraro, sovrintendente ai monumenti di Venezia, a fare la grande scoperta nel 1957. Durante l'allestimento della mostra dei pittori veneti in America, trovò un disegno del Guardi con l'annotazione autografa: disegno per una pala dell'altare maggiore, chiesa di Roncegno . Rientrato in Italia corse subito qui e trovò che la pala corrispondeva perfettamente al disegno. Fu così scoperto che la pala del monumentale altare maggiore, fino allora ritenuta di ottimo ignoto, è di Francesco Guardi. La preziosa tela fu restaurata nel 1925 dalla pittrice trentina Ady Werner: era infatti molto guastata dall'umidità e dalla polvere e dagli effetti dello scoppio di una granata durante la grande guerra. Questa pittrice restaurò anche, nello stesso periodo, la pala dell'Annunciazione e le tele della Via Crucis.

 

 

 

Nella Navata

 

Nella parte anteriore, nei pressi dell'altare maggiore, ci sono due confessionali tardo settecenteschi, con due pitture su legno rappresentanti l'uno il volto di Gesù incoronato di spine e l'altro il volto della Madonna (oppure di Maria Maddalena?).
In fondo alla chiesa sono collocati altri due confessionali in noce; uno porta la data 1826, l'altro è del 1904. Tre grandi porte spezzano la monotonia delle navate: una centrale e due laterali, tutte con gli stipiti in marmo rosso con timpano. Le tre porte in legno di noce massiccio furono costruite da Ferdinando Wolf di Trento, nel 1903.
Sopra i timpani delle due porte laterali, in due nicchie, vediamo a sinistra la statua di 5. Giuseppe e a destra quella di 5. Domenico. Ai due lati di ciascuna porta laterale abbiamo due acquasantiere di marmo, a forma di conchiglia.
Sono degne di attenzione le due acquasantiere perfettamente uguali in fondo alla corsia centrale: una porta la data 1547, con la scritta MATHIA STETTNER ECHERUBINO Dl FEGINA F.F. ; l'altra, con la scritta ACUSTINO [Augusto] DE CRUCIFISI FECE FAR , è dell'anno 1600. Forse appartenevano all'antica chiesa preesistente.


Il pulpito

Porta la data 1796 e l'autore: Gio. Caminada. E' di stucco marmorizzato, di stile barocco e si intona molto bene nel complesso della chiesa; bello pure il baldacchino che sovrasta il pulpito. Anche i Caminada erano architetti lombardi.

 

 

Il crocefisso del presbiterio

Ritrovato in soffitta qualche anno fa (e restaurato nel 1995) questo crocifisso, del XVII secolo, è  caratterizzato da un'evidente drammaticità, connotazione propria dell'immagine scolpita di Gesù crocifisso di quei tempi. Aspetto molto d verso dal crocifisso del Pendl che presenta un'espressione dolorosa sì, ma in un atteggiamento di abbandono fiducioso al Padre, come a dire, con gli occhi rivolti in alto: Tutto è compiuto, nelle tue mani affido la mia vita .
Senza azzardare troppo si può affermare che il crocifisso cui stiamo parlando apparteneva all'attuale altare del Crocifisso. Da lì fu tolto e messo a riposare in soffitta per far posto, nel 1841, all'opera del Pendl. E' possibile ritenere che questo crocifisso appartenesse ancora alla chiesa vecchia, dato che nel l585 si parlava di un crocifisso sopra l'altare maggiore .

 

Il battistero

E' stato appena restaurato ad opera della Provincia. E' di marmo rosso trentino, a forma ottagonale, e porta la data del 1651; è quasi sicuramente della chiesa primitiva. Ora lo vediamo collocato nei pressi della balaustrata che divide il presbiterio dalla navata. Perché ottagonale? Tutti i battisteri cristiani dei primi secoli avevano otto lati, in quanto tale numero era assunto da tutti i popoli antichi col significato di "rinascita". Solo ad Aquileia e nelle chiese dipendenti da essa vennero preferite le vasche a forma esagonale.

 

 

 

L’orchestra

 

Fabbricata nel 1826 da Giacomo Cipolla con parapetto di stucco marmorizzato, è sostenuta da quattro colonne, pure di stucco marmorizzato. Vi si accede per una bella scala a chiocciola, con ringhiera di ferro battuto, lavorato, costruita nel 1903; in precedenza l'ingresso alla cantoria avveniva dall'esterno. L’organo è più recente, del 1930, di Pugina di Padova ed è accolto in un'elegante cassa tardo settecentesca barocca, che testimonia un precedente organo, definito buon organo, a meccanismo antico, opera di Damiano Damiani, bergamasco, rovinato durante la prima guerra mondiale.

 

 

 

 

 

La Via Crucis

I 14 quadri di autore ignoto, dipinti su tela, sono stati donati alla chiesa da Maria Valcanaia nel 1776; furono benedetti il 25 maggio 1777.

 

Gli affreschi

Come in quasi tutte le chiese di questo stile, le pitture le troviamo sulla volta della navata e sul presbiterio.
Al centro della volta, di grandi dimensioni, vediamo un affresco raffigurante l'Ascensione di Gesù al cielo; misura cinque metri di larghezza per nove di lunghezza. L’autore
Valentino Rovisi (1715-1783), di Moena (in VaI di Fassa). Frequentò la scuola del grande Giambattista Tiepolo a Venezia e intorno al 1750 ritornò in regione, ormai convertito allo stile del grande maestro. Eseguì numerosi affreschi e quadri d’altare in molte chiese. La buona qualità dei colori che è presente nelle sue opere, decade un po' nelle opere tarde di questa chiesa, che sono del 1773, forse perchè assistito in queste dalla figlia Vincenza, anch'essa pittrice, però non della levatura del padre.
I due medaglioni, con elementi simbolici, che si vedono ai lati del grande affresco del Rovisi, sulla volta della chiesa, sono di Addometti (l'autore della pittura sulla facciata della chiesa). Questo pittore restaurare varie decorazioni pittoriche della chiesa rovinate dalla guerra.

 

 


Sulle pareti del presbiterio abbiamo due grandi affreschi, opera di Vincenza Rovisi. Si nota immediatamente che i colori sono ancora più smorti di quelli usati dal padre. Ambedue questi affreschi sono del 1773.

 

L'affresco di destra del presbiterio rappresenta la conversione di Paolo sulla via di Damasco.

 

 

 

Quello di sinistra raffigura episodi della vita di Pietro descritti negli atti degli apostoli.

 

 

Nella volta a crociera sopra il presbiterio sono rappresentati i quattro evangelisti con i loro simboli, opera del pittore trentino G. B. Chiocchetti, portata a compimento nell'ultimo decennio dell'Ottocento.
Il catino dell'abside e i due archi trionfali sono a cassettoni, con stucchi diversi uno dall'altro e con fregio d'oro al centro. Danno nell'insieme una bella visione di sfondo.

 

 

 

 


La Sacrestia

Merita di essere visitata perché è bella e ricca di opere di un certo valore. Vi si trova un bell'armadio in noce tardo settecentesco, intarsiato, di stile barocco.

Sulla volta della sacrestia si ammira la Natività, con l'adorazione dei Magi, di Valentino Rovisi.

 

Sopra il lavabo in marmo rosso di Trento vediamo l'affresco della Samaritana al pozzo, pure del Rovisi. Questi affreschi, della Natività della Samaritana, sono stati restaurati nel 1927 da Addometti.

Sulle pareti della sacrestia vediamo altri quadri:

- una tela che raffigura l'apparizione della Madonna di Caravaggio, opera di Carlo Sartorelli, di Telve (1790);

- il ritratto del parroco don Francesco Bruni che indica la facciata della chiesa (forse appartiene al Rovisi);

- un altro ritratto, opera del Chiocchetti, che riproduce il parroco don Alessio Pretis nell'atto di mostrare il campanile.

 

 

 

Il campanile

Terminata la costruzione della chiesa, questa rimaneva quasi mutilata per la mancanza del campanile, e così vi  rimase per oltre cent'anni. Ronzegno, césa granda e campanil de legno , dicevano i valligiani in segno di disprezzo e di motteggio.
Finalmente si arrivò alla costruzione anche del campanile, promossa dall'arciprete Alessio Pretis. Il campanile venne ideato dall'architetto Bergmann di Vienna e il disegno dettagliato è opera dell'ingegner Enrico Nordio di Trento. La prima pietra fu posta il Mercoledì delle Ceneri del 1886. L’opera, realizzata dalla ditta Oss-Bertolini, fu ultimata nel 1888 e inaugurata solennemente il 24 ottobre con la benedizione delle 7 campane opera della ditta Chiappani di Trento.
L’edificazione dell'attuale torre campanaria, alta 60 metri, permise di compiere quell'effetto plastico capace di esaltare, con la sua verticalità, le linee architettoniche della chiesa. Naturalmente con la confisca delle campane per scopi bellici durante la Grande Guerra si dovette procedere all'acquisto delle nuove campane a conflitto ultimato. In numero di 8 uscirono dalle fonderie della ditta Colbacchini di Bassano e furono benedette il 28 ottobre 1922 dal parroco don Meggio. Il peso complessivo delle 8 campane di cui è fornito il campanile è di oltre 72 quintali.

Il campanile vecchio

E' completamente conglobato nella chiesa tanto che non lo si nota nemmeno. Si può vedere la portina di ingresso, del 1400 (che oggi da' sulla cappella feriale) molto bassa e ad arco. Dell'epoca è rimasto il vecchio ingranaggio dell'orologio, per il momento collocato in fondo alla chiesa.


La cappella feriale.

Il locale fra la chiesa e il campanile fu realizzato, subito dopo quest'ultimo, per accedervi dalla chiesa direttamente senza dover uscire all'esterno.

Nel restauro dell'estate 1997 sono venuti alla luce alcuni lacerti d’affresco su quella che era la parte esterna del campanile. Data l'esiguità delle parti, non se ne può dedurre nulla risalgono alla fine del 1400 e appartenevano all'antica chiesa. Su una parete della cappella si vede una tela, appena restaurata, che raffigura la Madonna Assunta in cielo; è opera di Massimiliano Gallelli*, pittore di Cremona.

* (Gallelli visse e operò a Roma fino al 1896, poi fino al 1924 lavorò in Francia. Dopo il 1924 si trasferì in Italia dedicandosi principalmente alla pittura e al restauro di soggetti sacri. Per qualche anno Gallelli trascorse le vacanze a Roncegno in quanto imparentato con il prof. Viola, direttore sanitario delle Terme. In uno di quei periodi dipinse la tela dell'Assunta, probabilmente per la chiesetta di S. Giuseppe, dove però non fu mai messa a dimora ).

Testi a cura di Vitaliano Modena
Contenuti storici e artistici: don Rodolfo Minati
Fotografie: Aldo Fedele, Stefano Modena, Umberto Trintinaglia, Gianni Zotta, Beni culturali (P.A.T.)