ANNO C – 19 DOMENICA ORDINARIA Lc. 12, 32 - 46

Siate pronti

Liturgia penitenziale

Signore, per tutte le volte che non ci lasciamo illuminare dalla luce della tua parola e del tuo Amore: Signore pietà

Cristo Gesù, se non ci impegniamo abbastanza nell’essere vigilanti e responsabili dei nostri doveri: Cristo pietà

Signore, se non ci interessiamo abbastanza di chi sta peggio di noi e viviamo nell’egoismo più sfacciato: Signore pietà


Siate pronti”, dice Gesù. Ma pronti a che cosa o per che cosa?

Deve arrivare qualcuno importante? Ma quando arriva? “Tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Chi è questo Figlio dell’uomo?

E’ colui che di solito chiamiamo Figlio di Dio, Gesù stesso!

Sappiamo che i primi cristiani lo aspettavano da un giorno all’altro, come se dovesse arrivare subito, ma non è successo niente.

E noi continuiamo a dire ogni giorno nella Messa:”Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta!”. Ma continua a non succedere niente del genere e il mondo va avanti come al solito.

Gesù ci mette in guardia contro i valori falsi e fugaci di questo mondo e le false sicurezze cui siamo troppo attaccati, e di guardare con gioia e fiducia a Gesù che verrà un giorno come Salvatore e Liberatore..

* E’ un invito alla vigilanza, a tenersi pronti, perché Lui certamente arriverà.

Il pericolo è di essere colti alla sprovvista, impreparati, addormentati. Gesù vuole trovarci pronti, ciascuno al suo posto, occupati a svolgere bene i compiti assegnati, perché questo tempo di attesa è tempo di responsabilità e di fedeltà.

* Gesù usa molti simboli per farci capire questa sua venuta..

Il simbolo della lampada accesa e della cintura ai fianchi. E’ l’usanza di aspettare il padrone con le fiaccole accese per fargli luce; é l’uso orientale di portare vesti lunghe, per cui quando si fa qualche lavoro o si fa un viaggio, bisogna tenersele su con la cintura ai fianchi. Disponibilità e prontezza.

Il simbolo della notte è la nostra vita terrena, mentre il giorno è il simbolo della vita eterna.

Ora su questa terra, Dio e il nostro futuro ci appaiono confusi; noi vediamo le cose nella faticosa oscurità della fede. Solo dopo quando saremo in pieno giorno, nella vita senza fine, nella luce di Dio, allora vedremo veramente e sapremo e vivremo in pienezza e sicurezza.

I servi, siamo tutti noi, gli uomini della terra e il padrone è Gesù. Ed è proprio che Lui ritornerà nella notte di questa nostra vita e sarà giorno. Per questo i servi lo aspettano, sanno che tornerà.

E vegliano nella notte. Attendere vuol dire tendere verso e tenersi pronti e vivere di qua come in una situazione provvisoria e di attesa continua . Il futuro per noi credenti non è qualcosa di astratto, magico, imprecisato:è una persona con un nome ed un volto preciso: Gesù Signore!”

* Certo che, umanamente parlando, la fede può sembrare un gioco di azzardo piuttosto rischioso. Che garanzia abbiamo per puntare tutto sul futuro, su Gesù Cristo? Questa è la fede di cui parla S. Paolo: ”La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”!

Ma siamo poi così sicuri che i vari tesori della vita futura siano poi così affidabili?

* Siamo invitati a “farci un tesoro inesauribile nei cieli”. Come possiamo credere a queste cose, mentre abbiamo qui a portata di mano tanti tesori terreni e moriamo dal desiderio di goderne?

Ecco perché tanti sono scettici ed increduli su queste promesse future. Sono le difficoltà della fede!

* Quando e come avverrà l’incontro?

Dobbiamo dire che avverrà con la morte: il padrone che viene è il Signore che ci accoglie alla fine dei nostri giorni. E’ un tema un po’ scomodo, cui tanti non vorrebbero pensare!

Eppure sappiamo che tutti noi veniamo da Dio e ritorneremo a Dio. “Non è la morte che verrà a prendermi, ma il buon Dio”, diceva S. Teresa di Lisieux.

* Per questo il credente è l’uomo dell’aldilà, che supera le apparenze, il visibile, le falsità di questo mondo, tutto ciò che è materiale. E’ il testimone di un altro mondo, di altri valori, di altri ideali che non siano l’avere, il potere, il guadagnare, il fare carriera, fare solo bella figura.

Dunque i servi attendono vigilanti e il Signore verrà.

* E poi che cosa capita, che cosa ci aspetta?

Ecco la sorpresa della parabola di Gesù. Noi umani ci aspetteremmo di fare come tutti i servi di questo mondo: darci da fare, essere indaffarati per rendersi utili al padrone, per servirlo.

Invece nella parabola di Gesù accade l’opposto: si invertono le parti.

Il padrone fa sedere a tavola i servi, si cinge le vesti e si mette a servirli.

Può sembrare strano, ma l’ha detto Lui:”IL Figliolo dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire”. E la sera del giovedì santo, nell’ultima cena, Gesù si è messo il grembiule ed ha compiuto un gesto riservato ai servi: ha lavato i piedi agli apostoli.

Questo è la consolante realtà della festa che Dio prepara nella sua casa agli uomini che muoiono nella sua amicizia. Sarà Lui la nostra gioia, la nostra vita che non finirà mai più!

* Per tutto questo Dio però ci invita a prepararci.

Con impegno e responsabilità: La vita è una cosa seria, è un compito personale che non possiamo scaricare sugli altri. Non basta dire agli altri che preghino per noi! E’ un tasto che troppi hanno dimenticato: c’è un grande disimpegno, specialmente nei giovani, nei fidanzati a non preoccuparsi e preparasi per il futuro Ognuno ha un compito preciso datoci da Dio quando siamo venuti al mondo e non possiamo scaricare sempre sugli altri le nostre responsabilità.

Per troppi di noi le cose serie della vita sono solo i soldi, la salute, i propri diritti, ma quanto poco prendiamo sul serio la Parola di Dio, la vita eterna, i diritti degli altri, l’amore vero verso Dio e gli altri, le rinunzie, i sacrifici, la nostra vita cristiana con tutti i mezzi di salvezza che Gesù ci ha suggerito: la preghiera, i sacramenti, la coscienza, la testimonianza.

Dio ci chiede di essere pronti a rendere conto delle nostre responsabilità!

Uno stile di vita responsabile non si può improvvisare! Non si può dire:ci penserò quando sarà l’ora! Per troppi sarà troppo tardi!

I bambini se non si responsabilizzano da piccoli, diventeranno adulti irresponsabili, cui tutto è dovuto e a cui non si può chiedere nulla, perché appena manifestano un desiderio viene subito esaudito; se le fatiche si cerca di evitargliele, come saranno responsabili della loro vita, dei loro doveri? Dobbiamo aprire un conto in questo regno che verrà, perché solo là c’è la vera ricchezza, i valori veri in cui dobbiamo credere e sperare:”Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore”.

Per un credente è gioioso credere e sperare sul serio in questa vita futura, quasi respirando già quel clima di casa che Gesù ci promette, dove c’è la Presenza che supera tutte le presenze, la Verità che sorpassa ogni verità, la Pace che splende nel cuore del Padre e che si riversa già nel cuore dei figli che in Lui hanno fede e fiducia.

No, non è un’utopia la profezia di Gesù su di noi, e noi vogliamo che quando verrà Gesù ci trovi così : fedeli, pronti e desiderosi di incontrarci con Lui!


PREGHIERA

Signore Gesù, tu sei già venuto, ma sappiamo che devi ancora venire e noi vogliamo vivere bene questo tempo nell’attesa. Non conosciamo il giorno del tuo ritorno, ma è immensa la fiducia che riponiamo in te.

Insegnaci però a vegliare con il cuore trepidante per l’incontro promesso.

Aiutaci a sentire sempre più la nostalgia del cielo.

Insegnaci a vegliare ravvivando la nostra fede, riaccendendo la nostra speranza, purificando il nostro amore da ogni voce contraria che ci vorrebbe disorientare ed allontanare da te.

Rafforza la nostra fede nella consapevolezza che solo presso di te esiste pienezza e felicità, che il ritornare nella tua casa sarà il giorno più bello, saranno le nozze della nostra vita.

Tienici svegli per essere pronti a cogliere ogni piccolo annuncio della tua venuta in ogni gesto di perdono e in ogni parola di tenerezza, in ogni espressione di amicizia e in ogni atto di solidarietà.

Non abbiamo ansia per affrettare la partenza, ma aiutaci ad essere sempre pronti, o Signore.



XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)


Non temere, piccolo gregge

E' diventato ormai 'il tema' dominante degli esperti di ecologia, e quindi dei mass media, trattare
l'argomento del collasso a cui va incontro il nostro pianeta. Facile sentire previsioni a breve termine di disastri, che potrebbero sconvolgere tanta parte della terra. Si parla di future siccità o inondazioni, tali da cancellare anche tante nostre città o regioni, che ora si chiedono: Che sarà delle nostre città? Delle regioni che ora vivono nell'abbondanza? Potrebbe tutto svanire nel nulla? Ci sentiamo smarriti, uomini senza più speranza.
Quello che impressiona, nonostante i tanti richiami sui danni dell'effetto 'serra', è proprio il vedere tutto distrutto, proprio per la corsa verso un progresso, che tale non è, e per cui stiamo pagando un prezzo altissimo: più che corsa al progresso è diventata una corsa accelerata verso...la morte.
Camminiamo senza certezza di futuro ed è la situazione peggiore per l'uomo, che è stato creato per
il futuro, se per futuro si intende, non solo quello della scienza e del progresso, ma 'altro' ...quello
dell'eternità. Ma si può vivere senza speranza?
A che servono i millantati progressi se ci rubano il bene più grande, che è quello della speranza? Eppure, se ci guardiamo attorno, facciamo poco per cambiare rotta alla nostra corsa verso...un disastro annunciato!
Pochi sono disposti a cambiare abitudini, stili di vita, er far vivere l'ambiente, la natura, questo piccolo spazio che Dio ci ha dato prima di arrivare all'infinito.
Fa davvero impressione, a volte, vedere, nelle città, la gente camminare con una mascherina sul volto per difendersi...e la fantasia corre a quei luoghi, come la campagna, dove domina il verde, l'aria pulita, che ridona la gioia di vivere difesi, anzi, circondati dal bello che Dio ha dato. Corriamo, tutti, ma verso dove?
Così Gesù ci avverte: "Gesù disse ai suoi discepoli: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. Vendete ciò che avete e datelo in elemosina, fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli" (Lc 12, 32-48).

È un insegnamento di Gesù che mette in discussione i modi di interpretare la vita nel nostro tempo.
Un'interpretazione, per tanti, puramente 'materialistica', ossia l'uomo non più quella stupenda creatura uscita dal cuore di Dio per, sia pure faticosamente, vestirsi 'qui' degli abiti della santità, con un cuore libero da tutto e con lo sguardo sempre rivolto in Alto, dove inizia la vera vita.
Materialismo è davvero svendere la propria bellezza a cose che sono belle, in quanto creature di Dio, ma non possono essere il dio dell'uomo.
E quando in noi si offusca il Bello di Dio, si spegne la stessa speranza, che è la virtù che fa superare le difficoltà in vista del Bene che ci attende.
Ma non è facile far capire che tutto può essere niente, se viene privato di quell'attesa, di cui parla il Vangelo!
In qualcuno può nascere la domanda: Allora dobbiamo forse abbandonare ciò che il Signore stesso ci chiama a fare in questa esistenza: dalla famiglia, al lavoro... No. È nostro dovere far fruttare i
carismi che ci ha dati per 'creare bene e fare bene, ma che sia sempre a gloria di Dio e rivolto alla carità'. Sappiamo come Gesù stesso visse l'intera sua esistenza tra di noi, compiendo la Sua missione, avuta dal Padre, fino alla fine, quando sulla croce
disse: 'Tutto è compiuto'.
Assicurare un bene che serva alla vita è lo stile di vita di tanti che, a volte, occupano posti importanti e di tantissimi che fanno parte della più grande famiglia di coloro che sudano ogni giorno per i propri cari.
Per questo fa tanta tristezza, proprio in questi giorni di ferragosto, vedere come si sprecano tante energie e soldi per un momento di 'evasione' da tutto, dalla realtà della vita e da ogni regola di vita, con tanti sprechi che sono un vero schiaffo alla povertà, che è ovunque, per poi alla fine trovarsi tra le mani 'un po' di sabbia', che crea quel vuoto dell'anima che è il vero male dell'uomo.
Ci fu un giorno, non lontano, in cui si discusse su alcuni comportamenti che violano la morale: come il non pagare le tasse, non seguire le norme del codice della strada o certi atteggiamenti discutibili, che a volte vengono alla cronaca, in riferimento al 'mondo delle veline'. La cosa stranamente interessò i giornali.
Tutti erano d'accordo sul dovere di coltivare la solidarietà - almeno a parole - pagando le tasse. Non
farlo è un furto al bene comune. D'accordo tutti che occorre senso di responsabilità sulla strada,
diversamente si continua a mettere a rischio la propria e l'altrui vita. Ma non si trovava una ragione per criticare l'esibizione della bellezza fisica, che mette in un angolo quella vera dello spirito, che è la santità.
"E' un mondo il nostro - scriveva Paolo VI, nell'enciclica 'Populorum progressio' - che soffre per
mancanza di pensiero, non solo rispetto ai dialoghi di civiltà, ma anche in rapporto a quello umanesimo plenario e poco aperto ai valori dello spirito e di Dio.
Senza dubbio, l'uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli non può alla fine organizzarla contro l'uomo
" n. 42.
Afferma S. Paolo, scrivendo agli Ebrei: "Fratelli la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza. Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa, come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città senza fondamenta, il cui costruttore e architetto è Dio" (Eb 11,8-12).
Torni a far luce la speranza che è il vivere guardando verso il Cielo, ma con i piedi su questa terra, sapendo che 'qui' occorre essere pronti...come chi sa di attendere il ritorno del Padre.
Credo importante il saper fare nostra una preghiera tanto conosciuta, e già proposta, ma da gustare
sempre, di Madre Teresa di Calcutta: "Signore, io non sono che un piccolo strumento. Molto spesso io ho l'impressione di essere un mozzicone di matita tra le Tue mani. Sei Tu che pensi, che scrivi ed agisci. Non ho scelto io dove andare. Tu mi hai mandata non ad insegnare, ma ad imparare: imparare ad essere mite ed umile di cuore. Mandata a servire e non a essere servita. Va' con cuore umile e generoso. Va' a donare senza riserve".
Come sarebbe un vivere davvero divino 'avere il cuore in Cielo' come i Santi! Lo prego per me e per tutti voi.

Antonio Riboldi - Vescovo -

Internet: www.vescovoriboldi.it

E-mail: riboldi@tin.it







4