DOMENICA 24 giugno '07 Omelia presa da LDC -Salesiani
Anno C Natività di San Giovanni Battista
Preparare al Signore un popolo ben disposto
Quante volte siamo fieri delle nostre idee, siamo sicuri della nostra forza, siamo orgogliosi del nostro successo. Ma poi ci rendiamo conto, Signore, che senza di te siamo soltanto poveri uomini. Per questo ti chiediamo perdono.
Signore, perdonaci per tutte quelle volte in cui ti abbiamo dimenticato per inseguire la soddisfazione delle nostre voglie…
Cristo, abbi pietà delle nostre fughe dal tuo amore…
Signore, perdona la nostra pretesa di salvare da soli la nostra vita…
Era figlio di Zaccaria, un sacerdote, e di Elisabetta. La sua nascita, secondo Luca, era stata annunciata dall'angelo Gabriele. Questo Giovanni di cui ci parlano anche gli storici dell'epoca forse aveva frequentato le scuole dei monaci Esseni nel famoso monastero di Qumran, sulle sponde del Mar Morto. Viveva come i nomadi del deserto, che sapevano tessere vestiti con i peli di cammello o di capra, portavano cinture di cuoio, abitavano in capanne fatte con rami d'albero o in tende, e sovente passavano la notte all'aperto. Morì, probabilmente nell'anno 28, decapitato per ordine di Erode Antipa "tetrarca" della Galilea, al quale Giovanni rimproverava aspramente di aver abbandonato la propria moglie per sposare la giovane nipote Erodiade.
A tutti coloro che andavano da lui, attratti dalla radicalità e dalla forza del suo messaggio, Giovanni annunciava che era tempo di chiedere perdono a Dio per i propri peccati e di convertirsi, cioè di cambiare il modo di vivere. Tutti coloro che decidevano di cambiare vita, di essere fedeli alla legge di Dio, Giovanni li battezzava, cioè scendeva con loro nell'acqua del Giordano e li immergeva completamente nel fiume. Si trattava di un rito antichissimo, che si usava da secoli nei fiumi sacri dell'India, come pure nelle comunità dei monaci Esseni.
Questa azione di Giovanni è stata sempre considerata preziosa dalla Chiesa, tanto che ancora i pellegrini del VI secolo conoscevano, nella regione del Mar Morto, il monastero di San Giovanni, l'attuale Prodromos dei Greci. Una chiesa fatta erigere dall'imperatore Anastasio (491-518) ricordava poi il luogo dove Giovanni battezzava, segnato con precisione da una colonna di marmo sormontata da una croce, posta nel letto del fiume. Del resto Giovanni è un personaggio davvero importante, l'unico, insieme a Gesù e Maria, di cui si celebra il giorno in cui è nato, visto che di tutti gli altri santi si ricorda come giorno natalizio la data in cui hanno lasciato la vita terrena per rinascere nella gloria di Dio.
E questa particolare attenzione è giustificata dal fatto che Gesù afferma di lui: "In verità vi dico: fra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista" (Mt 11,11). Giovanni è venuto a chiudere l'economia dell'antica alleanza, succedendo all'ultimo dei profeti, Malachia, di cui compie l'ultima predizione: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore" (Ml 3,23). È lo stesso Gesù ad affermare di Giovanni: "La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni: E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire" (Mt 11,13-14).
Che quest'uomo abbia un rapporto particolare con il divino lo evidenzia la pagina di Isaia che la liturgia riferisce al Battista: "Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome" (Is 49,1), come pure il fatto che la madre fu piena di Spirito Santo dopo che egli ebbe sussultato nel suo grembo (Lc 1,41), e il padre, incredulo, "aprì la bocca e gli si sciolse la lingua e parlava benedicendo Dio" (Lc 1,64) dopo la sua nascita.
Del resto il suo stesso nome è significativo: Giovanni infatti deriva da Yohanan, che vuol dire "Iahvè fa grazia". La grazia più grande di Dio è Gesù Cristo. E Giovanni è inviato proprio a preparare l'arrivo di Gesù, a sollecitare, a provocare una riflessione, un'attenzione, una verifica della propria vita.
Se accettiamo la sfida di Giovanni e ci guardiamo dentro non possiamo non scoprire un'inquietudine, un'irrequietezza. È come se ci mancasse qualche cosa. Sì, l'uomo si nutre di trascendenza, è un essere che vive di attese, di speranze: ma è così perché sente in sé una nostalgia, un'attrazione verso l'infinito, il misterioso, una realtà che lo supera e placa la sua ansia: Dio.
La tua inquietudine, l'incertezza che ti abita, sono ciò che rimane quando cerchi qualcosa o qualcuno su cui riposarti ed avere tregua, respiro. Ma il tuo cuore sarà inquieto finché non avrà capito e trovato in Dio il suo riposo. Tu sei di Dio, che ti ha creato a sua immagine e somiglianza. Lui ha impresso in te la sua impronta e tu senti il calore della gioia quando ti avvicini a lui. La tua anima è un nido del quale solo Dio ha la chiave. E se lui non entra rimarrà vuoto e freddo, perché come il fiore ha bisogno dei caldi raggi del sole, così l'uomo ha bisogno del tepore che sgorga dall'amore di Dio.
Riconoscere questa appartenenza a Dio e viverla non è facile. In tutti c'è come una paura che ostacola, che afferra l'uomo quando non si affida a Dio, ma si fida soltanto di se stesso, delle proprie capacità, delle proprie possibilità. A costoro Giovanni Paolo II gridava: "Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!... Non abbiate paura! Cristo sa cosa c'è dentro l'uomo. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore... Permettete quindi, vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia, permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, si! di vita eterna..." (Giovanni Paolo II, Christifideles Laici, n.34).
Cristo è il volto di Dio, la luce che svela la gloria del Padre, il compagno, l'amico, il confidente che ti prende per mano, ti rassicura e ti accompagna nel viaggio verso un Dio che ti ama come un padre, come una madre. Abbandonati nelle mani di Cristo, come un bimbo si abbandona nelle braccia della sua mamma. E come un bambino sente e riconosce la voce della sua mamma tra mille altre voci, così tu imparerai a sentire e riconoscere la voce di Cristo, rassicurante, tenera e dolce, che ti indicherà la via. Gesù dunque è il salvatore dell'uomo, inviato da Dio, che è il senso, la pienezza della vita. E "Giovanni aveva preparato la venuta di Gesù, predicando un battesimo di penitenza" (At 13,24) e dicendo: "Ecco viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali" (At 13,25).
Ecco allora l'azione, la missione del Battista: richiamare l'uomo al raccoglimento, a rendersi conto del suo bisogno di Dio. Giovanni però annuncia anche l'avvento di qualcuno che salva, che compirà meraviglie, qualcuno così grande, e questo qualcuno è Gesù, da far sentire l'uomo piccolo, inadeguato, eppure nello stesso tempo amato, perché accolto, ascoltato, salvato con e nonostante i suoi limiti, i suoi sbagli, i suoi peccati.