Anno C – 3 dom. Avvento -  Lc. 3, 10 – 18

Che cosa dobbiamo fare?

 

Introduzione

Quante volte abbiamo sognato di poter trovare rimedio ai mali della vita, alla noia, alla banalità che appiattisce il tempo! Quante volte abbiamo desiderato un’esistenza serena e felice, pienamente realizzata! Oggi, fratelli e sorelle, il Signore ci dice che è Dio la nostra vera gioia.

Liturgia penitenziale

La liturgia oggi ci parla di gioia, perché siamo amati da Dio e Dio ci dona suo Figlio. Ma non c’ è posto alla gioia nel nostro cuore se è ingombro di cianfrusaglie e attaccato solo alle cose materiali.

- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia, ma i nostri cuori sono induriti dall’egoismo, dalle rivalità ,         Signore pietà

- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia, ma i nostri cuori sono freddi e privi di compassione per gli altri: Cristo pietà

- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia, ma noi la cerchiamo sempre troppo lontana da te,                    Signore pietà

 

Che cosa dobbiamo fare?” è la domanda che viene spontanea anche a noi in questo Avvento, se veramente vogliamo prepararci bene alla venuta di Gesù. Sarebbe bello se questa domanda ce la facessimo tutti, ma il problema è che ogni giorno, ogni momento siamo assillati da mille altre domande, però ad un livello troppo umano e materiale: “cosa devo fare con quella persona, come investire i miei soldi, come fare questo lavoro, come comportarmi con i figli, nella politica, per la mia salute.. e così via, ogni giorno, ogni momento. Ma oggi il vangelo ci ricorda che oltre a come devo agire, mi devo chiedere:”come deve essere la mia vita?”.

-     La risposta umana sarebbe ancora molto semplice e banale:”devi essere e vivere come vuole la gente, il mondo, la moda, il tuo istinto”, invece il Signore oggi vuole che diamo una risposta più seria e vera: 

“Devi essere prima di tutto un uomo, una donna che vivono davanti a Dio”.

 Purtroppo noi siamo troppo abituati a farci solo tra di noi creature umane questa domanda:”che cosa devo fare”, e nessuno di noi può dare risposte definitive. E’ Dio invece la risposta definitiva. Noi cristiani desideriamo che le nostre azioni piccole o grandi, i nostri pensieri, le nostre scelte siano fatte bene ma sovente non ci confrontiamo con la persona giusta e ci accontentiamo di vivere così come capita. Noi invece vogliamo agire in modo che la nostra vita valga davanti a Dio e che tutta la nostra vita sia impregnata di questa verità.

Gesù non ha agito così? Non ha detto chiaro:  Io faccio sempre ciò che piace al Padre mio?”

E’ questa la sua scelta morale, l’ha detto e fatto sempre, sia quando faceva il carpentiere, quando  aggiustava una sedia o un mobile e riceveva la sua ricompensa, sia quando faceva miracoli.

Noi lo immaginiamo così, anche nelle cose più pratiche e concrete.

Ma se questo interrogativo, di fare sempre le cose che piacciono a Dio, non ce lo coltiviamo nel cuore con grande impegno, non riusciremo mai a viverlo bene fino in fondo.

-   Giovanni Battista ci indica la strada:Non esigete  più di quanto vi è stato fissato. Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe”, cioè essere generosi, giusti, disinteressati, che vuol dire: seguite la vostra coscienza. E questo è già meglio di niente, ma  non basta! Perché la nostra coscienza non ci dice tutto ciò che invece ci dice la Parola di Dio. Quanti hanno una coscienza immatura, puerile, falsificata e distrutta da un pessimo comportamento e cattive abitudini.

Certo che dobbiamo seguirla, perché agire contro coscienza è uno dei delitti peggiori che l’uomo può fare contro se stesso; però bisogna che la nostra coscienza sia illuminata e guidata da una sapienza che noi non possediamo: perché la possiede solo Dio.

Gesù Cristo  ci risponde:”Agite come me!”

Tra Lui e noi c’è un abisso, è vero, ma Gesù si è fatto uomo, si è fatto nostro cibo e bevanda proprio per darci la sua forza, la sua grazia viva per agire come Lui. Certo che questo diventa impegnativo e difficile per noi. I santi si sono messi su questa strada.

E’ così che vogliamo fare anche noi  perché questa è la ragione della nostra gioia.

 

-   Sia il profeta Sofonia che s. Paolo ci dicono:”Rallegratevi, rallegratevi..?”.

Certo a guardarci attorno, con tutto quello che capita, c’è quasi da pensare che  vogliano scherzare. Invece no, non è un’allegrezza sciocca e banale, quella del clawn, o degli incoscienti, non quella momentanea che nasce dalle piccole soddisfazioni, dagli istinti come la gola, la droga, il sesso, la vendetta, la gelosia, l’odio, che sono gioie bugiarde. Vedi come basta una crisi di governo, che perda la squadra del cuore, che uno qualsiasi gridi allo sciopero, alla rivolta e la gente non capisce più niente, e la gioia e la pace vanno a farsi benedire, mentre chi comanda sembra che pensi solo ai suoi interessi! 

Ma Tu invece  ci parli e ci vuoi dare una gioia che nasce dal cuore, cioè dall’amore

Difatti quanto più noi vogliamo bene a qualcuno, tanto più è facile e piacevole fare la sua volontà. Come è bello e piacevole dire di sì ad una persona che amiamo e che ci chiede qualcosa! E come lo facciamo subito e volentieri!

Se noi quindi chiediamo al Signore:”Che cosa vuoi che io faccia?”. La sua risposta senz’altro è questa:”Senti, io non voglio che tu faccia quello che ti chiedo, la preghiera, la confessione, la messa, vincere il peccato, e tutto il resto, solo perché sono cose giuste, comandate, precetti; vorrei che tu facessi tutte queste cose , prima di tutto perché mi ami!”

Lui sa benissimo che se in noi si raffredda l’amore, non abbiamo più voglia di ubbidire alle sue leggi. Ammettiamo con franchezza: tutte le volete che  abbiamo disobbedito a Dio è perché è venuto a mancare l’amore verso di Lui, lo sforzo ci è sembrato troppo e ci è mancata la voglia.

Gesù ha sempre agito ispirato dall’amore: per Lui vivere per Dio;  amare Dio e fare ciò che Lui gli chiede è sempre stato la stessa cosa per Lui.

-   Chiediamolo allora direttamente a Dio:”Che cosa vuoi che io faccia?”

Che onore e grandezza per noi quando possiamo dire:”Ho agito e sono piaciuto a Dio”

Quando alla fine della giornata, con semplicità, con umiltà possiamo dire:”Signore, spero proprio di esserti piaciuto”, non è questa la vera gioia? Che cosa importa se non sono piaciuto a questo o a quello, pazienza, ma ho cercato di fare il possibile, e spero di esserti piaciuto”

Proviamo a fare così e troveremo tanta pace e sicurezza da trasmetterla anche agli altri che potranno chiederci:”Come  fai a vivere così? Insegnalo anche a noi” E voi non insegnerete solo una preghiera, una ricetta del ben vivere, ma il segreto per una vita più vera, serena ed umana.

Maria che ha detto”Sia fatto di me secondo la tua parola”, ci aiuti e ci insegni  a come si fa a vivere bene in questa vita, proprio come desidera il Signore da ciascuno di noi.

A chi lo scambiava per il Messia atteso, Giovanni diceva:”In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete, ma è Lui il Messia!” Gesù è ormai in mezzo a noi.

Attenderlo vuol dire cercarlo e scoprirlo e vivere con Lui e come Lui. 

 

Preghiera

Tu  mi chiedi di gioire, Signore; come è possibile in mezzo a tante lacrime, a tante ingiustizie che calpestano ogni verità, e la stessa vita?  Il tuo è un ordine, ma come facciamo fin che sulla terra ci sono bambini che muoiono di fame, anziani senza casa, al freddo, gente senza lavoro, ammalati abbandonati a se stessi e giovani che hanno dimenticato i veri valori della vita, ingiustizie così criminali? E Tu continui a chiederci il sorriso? Pare anzi che la gente non sia affatto interessata alla tua gioia, dilaniata come è da crisi spirituali, sociali, politiche ed economiche. Perché dobbiamo allora credere a Te?

Perché sono con te! Non ti accorgi che io sono qui vicino e ti accompagno? Io ti proteggo, io ti sostengo, io ti sollevo? Se tu ti fidi di m e agisci come io ti insegno, vedrai che in quelle lacrime in tutte quelle tenebre riuscirai a vedere una luce che ti riempirà di speranza e gioia e potrai camminare nella verità e nella giustizia!

Per questo ti supplico: guida e custodisci i miei passi; non ti chiedo di poter vedere troppo lontano: un solo passo per volta mi è più che sufficiente e sono certo che in me e attorno a me arriverà la gioia, quella vera, che solo Tu ci puoi dare. Stammi vicino Signore!

3 Domenica di Avvento (Anno C)

Cosa devo fare?

Che il Natale si stia velocemente avvicinando forse lo vediamo dallo sfarzo con cui il mondo lo prepara, 'alla sua maniera', illuminando le vie di 'stelle', con negozi che sembrano dare l'idea che la felicità sia nelle 'cose', o doni. Tutte vanità che poco aiutano a capire il grande Dono che Dio ci sta facendo: il Suo Figlio Unigenito, Gesù.
È Lui il vero e solo Dono di cui l'uomo, ogni uomo, ha bisogno...anche se non lo sa o non vuole ammetterlo.
Il resto è cornice di festa che può fermarsi lì, senza farci salire di un palmo verso le stelle che fanno corona al Dio tra noi e con noi.
La Chiesa, invece, sollecita a essere lieti, perché Gesù è vicino.
Così infatti scrive Paolo ai Filippesi: "Fratelli, rallegratevi nel Signore, ve lo ripeto ancora,
rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti: e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo"
(Fil 4, 4-7).
Una volta, questa domenica era detta: 'Laetare!', ossia 'Gioite!': 'Fatevi riempire di gioia perché Dio è vicino.
Se riflettiamo bene, e vi invito a farlo, la nostra vita assomiglia tanto a un tempo di attesa, o avvento: attesa che Dio si faccia vicino a noi e ci tolga dalla tristezza che ci avvolge e che, a volte, tentiamo di soffocare, affidandoci forse a quanto non ha cuore, ossia alle cose che hanno solo 'l'apparente splendore dell'oro. Per cui c'è davvero un Natale necessario per tutti, sempre che trovi in noi posto nella nostra grotta, lontana dal chiasso del mondo.
Diciamoci la verità: siamo davvero stanchi di feste che non sono feste; stanchi di correre dietro a mode che sono illusioni di poco tempo; stanchi forse del vuoto che c'è in noi o della pesantezza delle nostre colpe; stanchi di non sapere se qualcuno davvero esiste, in cui porre fiducia. Ma non sappiamo come scrollarci di dosso questa stanchezza, che può diventare
pericoloso cancro dell'anima, quando questa ha bisogno di quella pienezza di salute che solo Dio può dare.
Mi scrive un coraggioso giovane: "Mi capita di frequentare e confrontarmi con giovani di varie
parrocchie e, spesso, anche con giovani che non le frequentano proprio, ma mi accorgo che ovunque la sete e la fame di Dio è tanta. Tutti ci attendiamo risposte da Dio e non ci diamo pace, perché non vediamo o non vogliamo vedere. Nonostante la ricerca di Dio nei giovani sia costante, in ognuno di noi, singolarmente, spesso è come se esistesse un muro tra noi e Dio. Ma questo muro può essere abbattuto e credo si possa realmente amare Dio come Padre e come Madre, riconoscendo in ogni piccolo gesto, che viene donato al più piccolo fratello, quell'amore
gratuito e infinito, che un Padre ed una Madre possono donare. Siamo stanchi di vedere anche preti, suore, gente di Dio correre dietro al lusso del mondo, creando quella velenosa opinione che essere preti sia un buon mestiere. I giovani cercano testimoni, gente controcorrente, che mostri chi è Gesù. Siamo stanchi di vedere la gente soffrire nella disperazione della ricerca di un lavoro dignitoso dove ogni diritto viene riconosciuto e che invece viene puntualmente lasciata da sola a lottare contro questo pessimo sistema del mondo del lavoro e magari senza una parola di conforto. Siamo stanchi di sentirci avviliti e lasciati soli nei nostri guai. Come dice un vecchio proverbio: 'mal comune mezzo gaudio; è proprio questo che vorremmo dagli uomini di chiesa, che sappiano scendere nell'animo di quel fratello che in quel momento ha bisogno e sappiano realmente condividere lo stato d'animo di quella sofferenza e fargli capire con le parole e con mille gesti, che dicano NON SEI SOLO!
Insomma è dall'esempio che può nascere un vero legame tra il giovane e la Chiesa e quindi Dio. Questo è il solo 'pane spezzato' di cui noi giovani abbiamo bisogno: persone che ci rincorrano per strada a fermarci se stiamo prendendo una strada sbagliata; persone che ci siano di conforto costantemente quando una disgrazia ci colpisce, riuscendo ad immedesimarsi e a vederci realmente come dei fratelli, perché ai fratelli non si dà il contentino della parola ad effetto e poi lo si manda a casa, ma un fratello non lo lasci un istante e ti preoccupa, anche se semplicemente non riesci a prendere sonno, per il dramma che vive".
Non posso che ringraziare questo giovane che mi scrive e che parla a nome di tutti i giovani. È bello raccogliere e fare proprio lo sfogo.
Per entrare in questo spirito di attesa, per 'cambiarci dentro ed essere testimoni, come chiede il giovane, ci aiuta oggi l'evangelista Luca: "Le folle interrogavano Giovanni: Che cosa dobbiamo fare? Rispondeva: Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli dissero: Maestro, che dobbiamo fare? Ed egli disse: Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato. Lo interrogavano anche alcuni soldati: E noi che dobbiamo fare? Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe. Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: Io vi battezzo con acqua, ma viene uno che è più forte di me, al quale non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali. Costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio, ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile. Con molte esortazioni annunziava al popolo la Buona Novella" (Lc 3, 10-18).
Una esortazione anche per noi ad uscire dal chiasso della vita e recarci 'nel deserto', luogo di riflessione, di confronto con la Parola, e quindi di esame di noi stessi con sincerità. È un grande dono arrivare a chiederci: E io che devo fare?. Una domanda che credo ci poniamo tutti, ma proprio tutti, oggi, quando sentiamo il bisogno di trovare la luce, e quindi di capire, udire, sentire l'amore del Padre che ci sta cercando. Questo è il vero dono del Natale di Gesù.
Ma ci sono tanti atteggiamenti da cambiare. Un buon segno sulla ricerca di un cambiamento è quella, non tanto strana, richiesta di solidarietà verso chi è solo e cerca da noi amore e aiuto. È davvero forte l'eco della solidarietà oggi. Che non sia la strada buona che ci conduce a Betlemme?
D'altra parte, come si fa a rimanere insensibili alle tante voci di fratelli che non hanno più voce e non conoscono la gioia della vita, perché senza colpa sono condannati a morire di fame o a vivere un'esistenza che tale non è?
Ogni volta, vi confesso, sento parlare di Africa o delle 'tante afriche' che sono anche nelle nostre città, mi assale l'angoscia di non avere la possibilità di dare una risposta a tutti. Ed è come assistere a un pericoloso 'sbarramento nell'egoismo' di troppi, che pure si dicono cristiani, ma non sono disposti a 'recarsi nel freddo' e chiedere a Giovanni Battista: 'Cosa devo fare?'.
Cosa ci risponderebbe per diventare degni di 'fare Natale'? Bisogna non fermarsi ad un momentaneo e fugace sentimento di pietà, ma condividere. Forse ci vuole il coraggio della fede e della carità. Non si può conoscere e creare speranza senza queste due sorelle: fede e carità.
Facciamoci prendere dalle parole del giovane, che ho citato sopra: 'siamo stanchi di parole'. Un giorno scrissi, in un momento di sconforto, poiché non riuscivo ad avere braccia che arrivassero a tutti, una preghiera che vi offro: "Signore, questa sera non ho più voce, se non per dirti parole vuote. Insegnami a pregare ed amare. Signore, non so più, in questo mondo pieno di voci che tradiscono, trovare la voce che giunge a Te. Insegnami a pregare. Signore, a volte non prego neanche più, perché quasi non so più che Tu sei vicino a me. Insegnami a pregare. Signore,
ora ti sto gridando che la vita mia e di tanti è vuota di senso e, a volte, non vogliamo neppure riflettere che il vero senso della vita sei Tu, Signore. Signore, insegnami a pregare. Signore, ci rimproveriamo che siamo incapaci di amare e intanto non ci ricordiamo che ogni vero amore viene da Te, è un dono. Insegnami a pregare. Signore, stasera vorrei fare vedere a tanti che mi si fanno vicini, per dirmi sofferenze e povertà, fratelli e sorelle la cui vita è stata sbagliata, che il mio volto per le lacrime diventa davanti a loro come un grumo di ghiaccio, per il dolore che condivido con loro: ma Tu, Signore, insegnami a pregare.
Signore, vorrei regalare a questi fratelli e sorelle un sorriso che dica: 'Dio ti ama come la pupilla dei Suoi occhi ed invece ritrovo i miei occhi pieni di lacrime perché non lo so fare. Signore insegnami come si asciugano le lacrime degli uomini, come la Veronica asciugò il Tuo Volto sulla via del Calvario. Il loro ritrovato sorriso sarebbe come il ritrovato Tuo sorriso.
Signore, ti prego, insegnami a pregare.

Antonio Riboldi - Vescovo -
Internet: www.vescovoriboldi.it
E-mail: riboldi@tin.it

III Domenica di Avvento

Anno C

OMELIA

Affinché il giorno di Natale non ci piombi addosso come una disgrazia, siamo chiamati ad alzare lo sguardo, a non permettere che il nostro cuore si appesantisca a causa delle troppe preoccupazioni, delle dissipazioni, delle ubriachezze.

Dio, stanco di essere male interpretato, scende a raccontarsi e lo fa, al solito, con un percorso nuovo, inatteso, lontano dai nostri schemi.

Non sceglie la disponibilità della moglie dell’Imperatore, ma l’ingenua e solida accoglienza di un’adolescente di Nazareth; la sua Parola non scende sui potenti dell’epoca, ma su Giovanni il Battezzatore che ci invita a preparare il Natale. Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce, siamo qui a spalancare il cuore affinché egli trovi accoglienza, a liberare il nostro pensiero contorto, a colmare i crateri delle nostre ferite, ad abbassare il delirio di onnipotenza che ci impedisce di incontrare Dio perché egli, da ridere, non sta in alto, ma si abbassa…

Come?

La gente che da Gerusalemme è scesa nei pressi di Gerico per vedere Giovanni il Battezzatore, profeta ardente di passione, resta turbata, scossa. E se avesse ragione lui? Se, sul serio, la vita non fosse quel caos inestricabile che ci dona più fatica che gioia?

Qualcuno, timidamente si avvicina al profeta e chiede: “Che cosa dobbiamo fare?”.

“Che cosa dobbiamo fare?” è anche la domanda che sorge nel nostro cuore quando ci guardiamo dentro, quando lasciamo che il silenzio evidenzi, smascheri la nostra sete di felicità e di bene, quando una tragedia ci ridesta alla durezza e alla verità della vita, quando vogliamo preparaci ad un Natale che non resti solleticazione emotiva ma diventi conversione e luce e pace.

“Che cosa dobbiamo fare?” e il mondo ci risponde: “Sistemati, lavora, guadagna, riposati, curati, regalati, lasciati andare, emozionati, sballa…”. Ma queste cose saranno davvero capaci di riempire il cuore? E se investissimo tutte le nostre energie nel posto sbagliato? Se – buon Dio – ci accorgessimo alla fine della vita che la strada da imboccare era un’altra? E se il mondo non sapesse – sul serio – darci risposte? E per mascherare questo vuoto lo riempisse di parole?

Giovanni risponde in maniera dolce e sorprendente: consigli spiccioli, all’apparenza banali, ben diversi dai proclami che ci aspetteremmo, dalle scelte radicali che dovrebbe proferire: “condividete, non rubate, non siate violenti…” Tutto lì? Restiamo stupiti, un po’ delusi. Giovanni ha terribilmente ragione: dalle cose piccole nasce l’accoglienza. Perché forse anche a voi, come a me, succede di immaginarmi, anche nella fede, capace di improbabili eroismi: partirò in Africa volontario – e intanto non vedo la mia dirimpettaia anziana sola – andrò una settimana in monastero nel silenzio – e intanto non trovo neppure cinque minuti di preghiera al giorno – dedicherò del tempo alla riflessione – e non ho neppure il coraggio di depennare qualche riunione dall’agenda al collasso…

Enormi piccolezze

Giovanni ha ragione, fai bene ciò che sei chiamato a fare, fallo con gioia, fallo con semplicità e diventa profezia, strada pronta per accogliere il Messia. Era normale per i pubblicani rubare, normale per i soldati essere prepotenti, normale per la gente accumulare quel poco che aveva.

Giovanni mostra una storia “altra”: sii onesto, non essere prepotente, condividi.

Diventa eroico, anche oggi, essere integerrimi nell’onestà sul lavoro, profetico essere persone miti in un mondo di squali, sconcertante porre gesti di gratuità.

Dio si fa piccolo. Nei piccoli atteggiamenti ne rintracciamo la scia luminosa.

Sarà lui?

La gente è turbata: Giovanni è un uomo buono, mostra loro una strada semplice, dà loro retta… che sia lui il Messia? Ed ecco la notizia: arriva uno più forte che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Arriva il Cristo, è lui la risposta a cosa dovete fare, è lui colui che brucia dentro, che dà forza. Giovanni ancora non lo conosce eppure il suo cuore pulsa di gioia. Gesù è fuoco, non pia devozione, non bella abitudine, non saggezza da seguire.

Fuoco, fuoco, fuoco che brucia, che inquieta, che scalda, che illumina, che turba nel profondo, che scardina, che riempie. Giovanni già ne assapora la presenza, già ne coglie la statura immensa, inattesa, sconcertante. Eppure lui, il più grande tra i nati da donna, verrà ucciso per il ballo sensuale di un’adolescente, ucciso da un re fantoccio suddito dei propri desideri e del giudizio della gente. Ma è felice, comunque, sin d’ora.

Gioia

Giovanni ha già il cuore colmo di gioia anche se ancora aspetta, anche se ancora non vede. Ma già gioisce. L’annuncio che vi faccio, la “buona novella” in mezzo a tante orribili notizie che ci raggiunge è proprio questa: Dio ti ama e te lo dimostra in Gesù Cristo.

Accogliere Gesù è avere il cuore pieno di gioia. La fede cristiana è anzitutto gioia. Non gioia semplice, sciocca, ingenua. Mediteremo a lungo, fra qualche mese, di come la gioia cristiana sia una tristezza superata, di come sia una gioia conquistata a caro prezzo…

Nel frattempo Paolo dice ai Filippesi e a noi: “rallegratevi nel Signore sempre!”; aggiunge che la nostra gioia deve essere nota a tutti, cioè che la gente deve pensare ai cristiani come gente serena e piena di luce! Per Paolo, che pure di cose tristi ne subisce e ne vede, la pace che viene da Dio custodisce i nostri cuori.

E se la mia vita è un calvario? Se proprio la sofferenza è la nota dominante della mia vita? Se la depressione o la solitudine hanno minato alla radice il mio buonumore? Perché mai devo essere felice?

La risposta di Sofonia, profeta vissuto nel 640 a.C., è bruciante: “Il Signore tuo Dio … esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore”. Sii felice: tu sei la gioia di Dio! Sii felice: Dio ti ama teneramente con il suo amore ed è il suo amore che ti rinnova, ti cambia. Tutta la Bibbia, tutta l’esperienza di Israele prima e della Chiesa poi dice questo: sei amato, il vero volto di Dio è uno sguardo di bene e di amore che ti ricostruisce.

Non è una splendida notizia?