Anno C – 3 dom. Avvento - Lc. 3, 10 – 18
Che cosa
dobbiamo fare?
Introduzione
Quante volte abbiamo sognato di poter trovare rimedio
ai mali della vita, alla noia, alla banalità che appiattisce il tempo! Quante
volte abbiamo desiderato un’esistenza serena e felice, pienamente realizzata!
Oggi, fratelli e sorelle, il Signore ci dice che è Dio la nostra vera gioia.
Liturgia
penitenziale
La liturgia oggi ci parla di gioia, perché siamo amati da
Dio e Dio ci dona suo Figlio. Ma non c’ è posto alla gioia nel nostro cuore se è
ingombro di cianfrusaglie e attaccato solo alle cose materiali.
- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia, ma i nostri cuori
sono induriti dall’egoismo, dalle rivalità , Signore
pietà
- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia, ma i nostri cuori
sono freddi e privi di compassione per gli altri: Cristo pietà
- Signore Gesù, Tu ci porti la gioia,
ma noi la cerchiamo sempre troppo lontana da te, Signore pietà
Che cosa dobbiamo fare?” è la domanda che viene spontanea anche a
noi in questo Avvento, se veramente vogliamo prepararci bene alla venuta di
Gesù. Sarebbe bello se questa domanda ce la facessimo tutti, ma il problema è
che ogni giorno, ogni momento siamo assillati da mille altre domande, però ad
un livello troppo umano e materiale: “cosa
devo fare con quella persona,
come investire i miei soldi, come fare questo lavoro, come comportarmi con i
figli, nella politica, per la mia salute.. e così via, ogni giorno, ogni
momento. Ma oggi il vangelo ci ricorda che oltre a come devo agire, mi devo
chiedere:”come deve essere la mia vita?”.
- La risposta umana sarebbe ancora molto semplice e banale:”devi
essere e vivere come vuole la gente, il mondo, la moda, il tuo istinto”, invece
il Signore oggi vuole che diamo una risposta più seria e vera:
“Devi essere prima di tutto un uomo, una donna che vivono davanti a
Dio”.
Purtroppo noi siamo troppo
abituati a farci solo tra di noi creature umane questa domanda:”che cosa devo
fare”, e nessuno di noi può dare risposte definitive. E’ Dio invece la risposta definitiva. Noi cristiani desideriamo che
le nostre azioni piccole o grandi, i nostri pensieri, le nostre scelte siano
fatte bene ma sovente non ci confrontiamo con la persona giusta e ci
accontentiamo di vivere così come capita. Noi
invece vogliamo agire in modo che la nostra vita valga davanti a Dio e che
tutta la nostra vita sia impregnata di questa verità.
Gesù non ha agito così? Non ha
detto chiaro: “Io faccio sempre ciò che piace al Padre mio?”
E’ questa la sua scelta morale,
l’ha detto e fatto sempre, sia quando faceva il carpentiere, quando aggiustava una sedia o un mobile e riceveva la
sua ricompensa, sia quando faceva miracoli.
Noi lo immaginiamo così, anche
nelle cose più pratiche e concrete.
Ma se questo interrogativo, di
fare sempre le cose che piacciono a Dio, non ce lo coltiviamo nel cuore con
grande impegno, non riusciremo mai a viverlo bene fino in fondo.
- Giovanni Battista ci
indica la strada: “Non esigete più di quanto vi è stato fissato. Non
maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre
paghe”, cioè essere generosi, giusti, disinteressati, che vuol dire: seguite la vostra coscienza. E questo è
già meglio di niente, ma non basta! Perché la nostra coscienza
non ci dice tutto ciò che invece ci dice la Parola di Dio. Quanti hanno una coscienza
immatura, puerile, falsificata e distrutta da un pessimo comportamento e
cattive abitudini.
Certo che dobbiamo seguirla,
perché agire contro coscienza è uno dei delitti peggiori che l’uomo può fare
contro se stesso; però bisogna che la nostra coscienza sia illuminata e guidata
da una sapienza che noi non possediamo: perché la possiede solo Dio.
Gesù Cristo ci risponde:”Agite come me!”
Tra Lui e noi c’è un abisso, è
vero, ma Gesù si è fatto uomo, si è fatto nostro cibo e bevanda proprio per
darci la sua forza, la sua grazia viva per agire come Lui. Certo che questo
diventa impegnativo e difficile per noi. I santi si sono messi su questa
strada.
E’ così che vogliamo fare anche noi perché questa è la ragione della nostra gioia.
- Sia il profeta Sofonia che s. Paolo ci dicono:”Rallegratevi, rallegratevi..?”.
Certo a guardarci attorno, con
tutto quello che capita, c’è quasi da pensare che vogliano scherzare. Invece no, non è
un’allegrezza sciocca e banale, quella del clawn, o degli incoscienti, non
quella momentanea che nasce dalle piccole soddisfazioni, dagli istinti come la
gola, la droga, il sesso, la vendetta, la gelosia, l’odio, che sono gioie
bugiarde. Vedi come basta una crisi di governo, che perda la squadra del cuore,
che uno qualsiasi gridi allo sciopero, alla rivolta e la gente non capisce più
niente, e la gioia e la pace vanno a farsi benedire, mentre chi comanda sembra
che pensi solo ai suoi interessi!
Ma Tu invece ci parli e ci
vuoi dare una gioia che nasce dal cuore, cioè dall’amore
Difatti quanto più noi vogliamo
bene a qualcuno, tanto più è facile e piacevole fare la sua volontà. Come è
bello e piacevole dire di sì ad una persona che amiamo e che ci chiede
qualcosa! E come lo facciamo subito e volentieri!
Se noi quindi chiediamo al Signore:”Che cosa vuoi che io faccia?”. La sua
risposta senz’altro è questa:”Senti,
io non voglio che tu faccia quello che ti chiedo, la preghiera, la confessione,
la messa, vincere il peccato, e tutto il resto, solo perché sono cose giuste,
comandate, precetti; vorrei che tu facessi tutte queste cose , prima di tutto
perché mi ami!”
Lui sa benissimo che se in noi si
raffredda l’amore, non abbiamo più voglia di ubbidire alle sue leggi.
Ammettiamo con franchezza: tutte le volete che abbiamo disobbedito a Dio è perché è venuto a
mancare l’amore verso di Lui, lo sforzo ci è sembrato troppo e ci è mancata la
voglia.
Gesù ha sempre agito ispirato dall’amore:
per Lui vivere per Dio; amare Dio e fare
ciò che Lui gli chiede è sempre stato la stessa cosa per Lui.
- Chiediamolo allora direttamente a Dio:”Che cosa vuoi che io faccia?”
Che onore e grandezza per noi
quando possiamo dire:”Ho agito e sono
piaciuto a Dio”
Quando alla fine della giornata,
con semplicità, con umiltà possiamo dire:”Signore,
spero proprio di esserti piaciuto”, non è questa la vera gioia? Che cosa importa se non sono piaciuto a
questo o a quello, pazienza, ma ho cercato di fare il possibile, e spero di
esserti piaciuto”
Proviamo a fare così e troveremo
tanta pace e sicurezza da trasmetterla anche agli altri che potranno chiederci:”Come fai a vivere così? Insegnalo anche a noi” E
voi non insegnerete solo una preghiera, una ricetta del ben vivere, ma il
segreto per una vita più vera, serena ed umana.
Maria che ha detto”Sia fatto di me secondo la tua parola”, ci
aiuti e ci insegni a come si fa a vivere
bene in questa vita, proprio come desidera il Signore da ciascuno di noi.
A chi lo scambiava per il Messia
atteso, Giovanni diceva:”In mezzo a voi
c’è uno che voi non conoscete, ma è Lui il Messia!” Gesù è ormai in mezzo a
noi.
Attenderlo vuol dire cercarlo e
scoprirlo e vivere con Lui e come Lui.
Preghiera
Tu mi chiedi di gioire, Signore;
come è possibile in mezzo a tante lacrime, a tante ingiustizie che calpestano
ogni verità, e la stessa vita? Il tuo è
un ordine, ma come facciamo fin che sulla terra ci sono bambini che muoiono di
fame, anziani senza casa, al freddo, gente senza lavoro, ammalati abbandonati a
se stessi e giovani che hanno dimenticato i veri valori della vita, ingiustizie
così criminali? E Tu continui a chiederci il sorriso? Pare anzi che la gente
non sia affatto interessata alla tua gioia, dilaniata come è da crisi
spirituali, sociali, politiche ed economiche. Perché dobbiamo allora credere a
Te?
Perché sono con te! Non ti
accorgi che io sono qui vicino e ti accompagno? Io ti proteggo, io ti sostengo,
io ti sollevo? Se tu ti fidi di m e agisci come io ti insegno, vedrai che in
quelle lacrime in tutte quelle tenebre riuscirai a vedere una luce che ti
riempirà di speranza e gioia e potrai camminare nella verità e nella giustizia!
Per questo ti supplico: guida e custodisci i miei passi; non ti chiedo
di poter vedere troppo lontano: un solo passo per volta mi è più che sufficiente
e sono certo che in me e attorno a me arriverà la gioia, quella vera, che solo
Tu ci puoi dare. Stammi vicino Signore!
3 Domenica di Avvento (Anno C)
Cosa devo fare?
Che il Natale si stia velocemente avvicinando forse lo vediamo dallo sfarzo
con cui il mondo lo prepara, 'alla sua maniera', illuminando le vie di
'stelle', con negozi che sembrano dare l'idea che la felicità sia nelle
'cose', o doni. Tutte vanità che poco aiutano a capire il grande Dono che
Dio ci sta facendo: il Suo Figlio Unigenito, Gesù.
È Lui il vero e solo Dono di cui l'uomo, ogni uomo, ha bisogno...anche se
non lo sa o non vuole ammetterlo.
Il resto è cornice di festa che può fermarsi lì, senza farci salire di un
palmo verso le stelle che fanno corona al Dio tra noi e con noi.
La Chiesa, invece, sollecita a essere lieti, perché Gesù è vicino.
Così infatti scrive Paolo ai Filippesi:
"Fratelli, rallegratevi nel Signore, ve lo ripeto ancora,
rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore
è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio
le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti: e la pace
di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri
pensieri in Cristo" (Fil 4, 4-7).
Una volta, questa domenica era detta: 'Laetare!', ossia 'Gioite!': 'Fatevi
riempire di gioia perché Dio è vicino.
Se riflettiamo bene, e vi invito a farlo, la nostra vita assomiglia tanto a
un tempo di attesa, o avvento: attesa che Dio si faccia vicino a noi e ci
tolga dalla tristezza che ci avvolge e che, a volte, tentiamo di soffocare,
affidandoci forse a quanto non ha cuore, ossia alle cose che hanno solo
'l'apparente splendore dell'oro. Per cui c'è davvero un Natale necessario
per tutti, sempre che trovi in noi posto nella nostra grotta, lontana dal
chiasso del mondo.
Diciamoci la verità: siamo davvero stanchi di feste che non sono feste;
stanchi di correre dietro a mode che sono illusioni di poco tempo; stanchi
forse del vuoto che c'è in noi o della pesantezza delle nostre colpe;
stanchi di non sapere se qualcuno davvero esiste, in cui porre fiducia. Ma
non sappiamo come scrollarci di dosso questa stanchezza, che può diventare
pericoloso cancro dell'anima, quando questa ha bisogno di quella pienezza
di salute che solo Dio può dare.
Mi scrive un coraggioso giovane: "Mi
capita di frequentare e confrontarmi con giovani di varie
parrocchie e, spesso, anche con giovani che non le frequentano proprio, ma
mi accorgo che ovunque la sete e la fame di Dio è tanta. Tutti ci attendiamo
risposte da Dio e non ci diamo pace, perché non vediamo o non vogliamo
vedere. Nonostante la ricerca di Dio nei giovani sia costante, in ognuno di
noi, singolarmente, spesso è come se esistesse un muro tra noi e Dio. Ma
questo muro può essere abbattuto e credo si possa realmente amare Dio come
Padre e come Madre, riconoscendo in ogni piccolo gesto, che viene donato al
più piccolo fratello, quell'amore
gratuito e infinito, che un Padre ed una Madre possono donare. Siamo
stanchi di vedere anche preti, suore, gente di Dio correre dietro al lusso
del mondo, creando quella velenosa opinione che essere preti sia un buon
mestiere. I giovani cercano testimoni, gente controcorrente, che mostri chi
è Gesù. Siamo stanchi di vedere la gente soffrire nella disperazione della
ricerca di un lavoro dignitoso dove ogni diritto viene riconosciuto e che
invece viene puntualmente lasciata da sola a lottare contro questo pessimo
sistema del mondo del lavoro e magari senza una parola di conforto. Siamo
stanchi di sentirci avviliti e lasciati soli nei nostri guai. Come dice un
vecchio proverbio: 'mal comune mezzo gaudio; è proprio questo che vorremmo
dagli uomini di chiesa, che sappiano scendere nell'animo di quel fratello
che in quel momento ha bisogno e sappiano realmente condividere lo stato
d'animo di quella sofferenza e fargli capire con le parole e con mille
gesti, che dicano NON SEI SOLO!
Insomma è dall'esempio che può nascere un vero legame tra il giovane e la Chiesa e quindi Dio.
Questo è il solo 'pane spezzato' di cui noi giovani abbiamo bisogno:
persone che ci rincorrano per strada a fermarci se stiamo prendendo una
strada sbagliata; persone che ci siano di conforto costantemente quando una
disgrazia ci colpisce, riuscendo ad immedesimarsi e a vederci realmente
come dei fratelli, perché ai fratelli non si dà il contentino della parola
ad effetto e poi lo si manda a casa, ma un fratello non lo lasci un istante
e ti preoccupa, anche se semplicemente non riesci a prendere sonno, per il
dramma che vive".
Non posso che ringraziare questo giovane che mi scrive e che parla a
nome di tutti i giovani. È bello raccogliere e fare proprio lo sfogo.
Per entrare in questo spirito di attesa, per 'cambiarci dentro ed essere
testimoni, come chiede il giovane, ci aiuta oggi l'evangelista Luca: "Le folle interrogavano
Giovanni: Che cosa dobbiamo fare? Rispondeva: Chi ha due tuniche ne dia una
a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Vennero anche dei
pubblicani a farsi battezzare e gli dissero: Maestro, che dobbiamo fare? Ed
egli disse: Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato. Lo
interrogavano anche alcuni soldati: E noi che dobbiamo fare? Non
maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre
paghe. Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro,
riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti
dicendo: Io vi battezzo con acqua, ma viene uno che è più forte di me, al
quale non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali. Costui
vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per
ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio, ma la pula
la brucerà con fuoco inestinguibile. Con molte esortazioni annunziava al
popolo la Buona
Novella" (Lc 3, 10-18).
Una esortazione anche per noi ad uscire dal chiasso della vita e recarci
'nel deserto', luogo di riflessione, di confronto con la Parola, e quindi di
esame di noi stessi con sincerità. È un grande dono arrivare a chiederci: E
io che devo fare?. Una domanda che credo ci poniamo tutti, ma proprio
tutti, oggi, quando sentiamo il bisogno di trovare la luce, e quindi di
capire, udire, sentire l'amore del Padre che ci sta cercando. Questo è il
vero dono del Natale di Gesù.
Ma ci sono tanti atteggiamenti da cambiare. Un buon segno sulla ricerca di
un cambiamento è quella, non tanto strana, richiesta di solidarietà verso
chi è solo e cerca da noi amore e aiuto. È davvero forte l'eco della
solidarietà oggi. Che non sia la strada buona che ci conduce a Betlemme?
D'altra parte, come si fa a rimanere insensibili alle tante voci di
fratelli che non hanno più voce e non conoscono la gioia della vita, perché
senza colpa sono condannati a morire di fame o a vivere un'esistenza che
tale non è?
Ogni volta, vi confesso, sento parlare di Africa o delle 'tante afriche'
che sono anche nelle nostre città, mi assale l'angoscia di non avere la
possibilità di dare una risposta a tutti. Ed è come assistere a un
pericoloso 'sbarramento nell'egoismo' di troppi, che pure si dicono
cristiani, ma non sono disposti a 'recarsi nel freddo' e chiedere a
Giovanni Battista: 'Cosa devo fare?'.
Cosa ci risponderebbe per diventare degni di 'fare Natale'? Bisogna non
fermarsi ad un momentaneo e fugace sentimento di pietà, ma condividere.
Forse ci vuole il coraggio della fede e della carità. Non si può conoscere
e creare speranza senza queste due sorelle: fede e carità.
Facciamoci prendere dalle parole del giovane, che ho citato sopra: 'siamo
stanchi di parole'. Un giorno scrissi, in un momento di sconforto, poiché
non riuscivo ad avere braccia che arrivassero a tutti, una preghiera che vi
offro: "Signore, questa sera non ho più voce, se non per dirti parole
vuote. Insegnami a pregare ed amare. Signore, non so più, in questo mondo
pieno di voci che tradiscono, trovare la voce che giunge a Te. Insegnami a
pregare. Signore, a volte non prego neanche più, perché quasi non so più
che Tu sei vicino a me. Insegnami a pregare. Signore,
ora ti sto gridando che la vita mia e di tanti è vuota di senso e, a volte,
non vogliamo neppure riflettere che il vero senso della vita sei Tu,
Signore. Signore, insegnami a pregare. Signore, ci rimproveriamo che siamo
incapaci di amare e intanto non ci ricordiamo che ogni vero amore viene da
Te, è un dono. Insegnami a pregare. Signore, stasera vorrei fare vedere a
tanti che mi si fanno vicini, per dirmi sofferenze e povertà, fratelli e
sorelle la cui vita è stata sbagliata, che il mio volto per le lacrime
diventa davanti a loro come un grumo di ghiaccio, per il dolore che
condivido con loro: ma Tu, Signore, insegnami a pregare.
Signore, vorrei regalare a questi fratelli e sorelle un sorriso che dica:
'Dio ti ama come la pupilla dei Suoi occhi ed invece ritrovo i miei occhi
pieni di lacrime perché non lo so fare. Signore insegnami come si asciugano
le lacrime degli uomini, come la Veronica asciugò il Tuo Volto sulla via del
Calvario. Il loro ritrovato sorriso sarebbe come il ritrovato Tuo sorriso.
Signore, ti prego, insegnami a pregare.
Antonio Riboldi - Vescovo -
Internet: www.vescovoriboldi.it
E-mail: riboldi@tin.it
III Domenica di Avvento
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Anno C
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OMELIA
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Affinché il giorno di Natale
non ci piombi addosso come una disgrazia, siamo chiamati ad alzare lo
sguardo, a non permettere che il nostro cuore si appesantisca a causa delle
troppe preoccupazioni, delle dissipazioni, delle ubriachezze.
Dio, stanco di essere male
interpretato, scende a raccontarsi e lo fa, al solito, con un percorso
nuovo, inatteso, lontano dai nostri schemi.
Non sceglie la disponibilità
della moglie dell’Imperatore, ma l’ingenua e solida accoglienza di
un’adolescente di Nazareth; la sua Parola non scende sui potenti
dell’epoca, ma su Giovanni il Battezzatore che ci invita a preparare il
Natale. Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce, siamo qui a
spalancare il cuore affinché egli trovi accoglienza, a liberare il nostro
pensiero contorto, a colmare i crateri delle nostre ferite, ad abbassare il
delirio di onnipotenza che ci impedisce di incontrare Dio perché egli, da
ridere, non sta in alto, ma si abbassa…
Come?
La gente che da Gerusalemme
è scesa nei pressi di Gerico per vedere Giovanni il Battezzatore, profeta
ardente di passione, resta turbata, scossa. E se avesse ragione lui? Se,
sul serio, la vita non fosse quel caos inestricabile che ci dona più fatica
che gioia?
Qualcuno, timidamente si
avvicina al profeta e chiede: “Che cosa dobbiamo fare?”.
“Che cosa dobbiamo fare?” è
anche la domanda che sorge nel nostro cuore quando ci guardiamo dentro,
quando lasciamo che il silenzio evidenzi, smascheri la nostra sete di
felicità e di bene, quando una tragedia ci ridesta alla durezza e alla
verità della vita, quando vogliamo preparaci ad un Natale che non resti
solleticazione emotiva ma diventi conversione e luce e pace.
“Che cosa dobbiamo fare?” e
il mondo ci risponde: “Sistemati, lavora, guadagna, riposati, curati,
regalati, lasciati andare, emozionati, sballa…”. Ma queste cose saranno
davvero capaci di riempire il cuore? E se investissimo tutte le nostre
energie nel posto sbagliato? Se – buon Dio – ci accorgessimo alla fine
della vita che la strada da imboccare era un’altra? E se il mondo non
sapesse – sul serio – darci risposte? E per mascherare questo vuoto lo
riempisse di parole?
Giovanni risponde in maniera
dolce e sorprendente: consigli spiccioli, all’apparenza banali, ben diversi
dai proclami che ci aspetteremmo, dalle scelte radicali che dovrebbe
proferire: “condividete, non rubate, non siate violenti…” Tutto lì?
Restiamo stupiti, un po’ delusi. Giovanni ha terribilmente ragione: dalle
cose piccole nasce l’accoglienza. Perché forse anche a voi, come a me,
succede di immaginarmi, anche nella fede, capace di improbabili eroismi:
partirò in Africa volontario – e intanto non vedo la mia dirimpettaia
anziana sola – andrò una settimana in monastero nel silenzio – e intanto
non trovo neppure cinque minuti di preghiera al giorno – dedicherò del
tempo alla riflessione – e non ho neppure il coraggio di depennare qualche
riunione dall’agenda al collasso…
Enormi piccolezze
Giovanni ha ragione, fai
bene ciò che sei chiamato a fare, fallo con gioia, fallo con semplicità e
diventa profezia, strada pronta per accogliere il Messia. Era normale per i
pubblicani rubare, normale per i soldati essere prepotenti, normale per la
gente accumulare quel poco che aveva.
Giovanni mostra una storia
“altra”: sii onesto, non essere prepotente, condividi.
Diventa eroico, anche oggi,
essere integerrimi nell’onestà sul lavoro, profetico essere persone miti in
un mondo di squali, sconcertante porre gesti di gratuità.
Dio si fa piccolo. Nei
piccoli atteggiamenti ne rintracciamo la scia luminosa.
Sarà lui?
La gente è turbata: Giovanni
è un uomo buono, mostra loro una strada semplice, dà loro retta… che sia
lui il Messia? Ed ecco la notizia: arriva uno più forte che battezzerà in
Spirito Santo e fuoco. Arriva il Cristo, è lui la risposta a cosa dovete
fare, è lui colui che brucia dentro, che dà forza. Giovanni ancora non lo
conosce eppure il suo cuore pulsa di gioia. Gesù è fuoco, non pia
devozione, non bella abitudine, non saggezza da seguire.
Fuoco, fuoco, fuoco che
brucia, che inquieta, che scalda, che illumina, che turba nel profondo, che
scardina, che riempie. Giovanni già ne assapora la presenza, già ne coglie
la statura immensa, inattesa, sconcertante. Eppure lui, il più grande tra i
nati da donna, verrà ucciso per il ballo sensuale di un’adolescente, ucciso
da un re fantoccio suddito dei propri desideri e del giudizio della gente.
Ma è felice, comunque, sin d’ora.
Gioia
Giovanni ha già il cuore
colmo di gioia anche se ancora aspetta, anche se ancora non vede. Ma già
gioisce. L’annuncio che vi faccio, la “buona novella” in mezzo a tante
orribili notizie che ci raggiunge è proprio questa: Dio ti ama e te lo
dimostra in Gesù Cristo.
Accogliere Gesù è avere il
cuore pieno di gioia. La fede cristiana è anzitutto gioia. Non gioia
semplice, sciocca, ingenua. Mediteremo a lungo, fra qualche mese, di come
la gioia cristiana sia una tristezza superata, di come sia una gioia
conquistata a caro prezzo…
Nel frattempo Paolo dice ai
Filippesi e a noi: “rallegratevi nel Signore sempre!”; aggiunge che la
nostra gioia deve essere nota a tutti, cioè che la gente deve pensare ai
cristiani come gente serena e piena di luce! Per Paolo, che pure di cose
tristi ne subisce e ne vede, la pace che viene da Dio custodisce i nostri
cuori.
E se la mia vita è un
calvario? Se proprio la sofferenza è la nota dominante della mia vita? Se
la depressione o la solitudine hanno minato alla radice il mio buonumore?
Perché mai devo essere felice?
La risposta di Sofonia,
profeta vissuto nel 640 a.C.,
è bruciante: “Il Signore tuo Dio … esulterà di gioia per te, ti
rinnoverà con il suo amore”. Sii felice: tu sei la gioia di Dio! Sii
felice: Dio ti ama teneramente con il suo amore ed è il suo amore che ti
rinnova, ti cambia. Tutta la
Bibbia, tutta l’esperienza di Israele prima e della
Chiesa poi dice questo: sei amato, il vero volto di Dio è uno sguardo di
bene e di amore che ti ricostruisce.
Non è una splendida notizia?
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