Anno C - 4ª Domenica del Tempo Ordinario Lc.4,23-30

Nessun profeta è accetto in patria.

Atto penitenziale

 Disponiamoci ad ascoltare la parola di Dio ed a ricevere il suo perdono

- .Signore, siamo troppo pieni di noi stessi e poco disposti ad ascoltarti.                                Signore abbi pietà di noi

-  Signore, sovente non cerchiamo il dialogo con coloro che non hanno le nostre stesse idee: Cristo abbi pietà di noi

-  Signore, quanto preferiamo apparire buoni, piuttosto che esserlo davvero:                         Signore abbi pietà di noi

 

Certo è stato un brutto insuccesso per Gesù! Potrebbe dire qualcuno. Ma lui potrebbe rispondere:”Questo è niente; sarà con il mio ultimo insuccesso, quando morirò come uno schiavo, che vi salverò! Non consideratelo il mio insuccesso, ma piuttosto il vostro”.

E difatti l’insuccesso non è stato di Gesù, ma di quella povera gente, che non ha voluto capire il dono della fede che Lui offriva loro.

Si sono lasciati dominare da sentimenti molto umani, anche se comprensibili, di gelosia, invidia, rabbia di sentirsi inferiori.

“Non è il figlio di Giuseppe?” Si sentirono anche feriti, perché non mostrava di valutare loro, piuttosto che gli altri, visto che era cresciuto con loro a Nazaret, ma soprattutto, non avevano nessuna intenzione di voler cambiar nulla della loro vita, anche se in bene, come intuivano nelle parole di Gesù.

 

“Nessun profeta è ben accetto in patria”. Che cosa significa? Che cosa è questa patria?

Non è tanto quella dei nazionalismi moderni, della politica, ma piuttosto quel posto, quella nicchia, fisica, morale, spirituale della nostra coscienza  dove ci sentiamo bene, a nostro agio ( e fin qui è giusto), ma non accettiamo che nessuno vi entri e che non accettiamo di cambiare.

Il profeta, bussa alla nostra intelligenza, vuole aiutarci a pensare diversamente sui valori che noi riteniamo intoccabili e personali. Il profeta, cioè Dio, osa bussare al nostro cuore,( non si accontenta della nostra intelligenza, perché possiamo conoscere benissimo il vangelo), e  ci chiede aperture e conversioni al bene sempre nuove, di cui siamo capaci e per cui siamo creati, bellezze sempre migliori per vivere meglio, per vivere buoni.

Non si può quindi parlare di conversione se tu non vuoi uscire dalla “tua patria”, dal tuo guscio che ti sei creato, se non accetti che Dio entri nella tua vita privata, mentre  tu dovresti accettare di più la parola del profeta nel tuo vivere, nel tuo pensare, nel tuo cuore, nelle tue scelte, nella tua vita.

Capite che allora non basta un semplice e generico.“Io credo in Gesù Cristo” per dirci cristiani, perché sarebbe troppo semplice e banale, ma nulla cambierebbe nella nostra vita

Credere vuol dire allora affidare la vita ad un Dio fatto uomo, che viene e  con grande magnificenza vuole riformare  tutto di te, sconvolge  i tuoi pensieri, desideri, progetti per affidartene dei migliori, più sicuri, più grandi  più belli. E Lui lo può fare perché è Dio, il tuo Dio.

 Questo è credere in Gesù!

E qui salta fuori  tutta la nostra difficoltà! Non avendo voglia e coraggio di cambiare nulla nella nostra vita, lo accettiamo solo nella misura che va bene a noi e non a Lui.

Se guardiamo bene alla nostra civiltà che si dice cristiana, al di là della politica, i nostri rapporti tra noi, con le cose, i soldi, la morale, i valori sociali e personali, ci possiamo accorgere quanti aggiustamenti e compromessi ci siamo procurati, forse, anche nella Chiesa.

Siamo diventati molto abili a fare della Croce, una bandiera, un distintivo, un portafortuna da appendere al muro o al collo o qualunque altra cosa che non sia più Gesù Crocifisso, ma solo un simbolo. Per questo che ci ritroviamo tutti ambiziosi, arrivisti, carrieristi, civili ed ecclesiastici, con una cultura religiosa ormai insignificante, ed una morale “fai da te”!

La nostra, non è più la Croce di Gesù, quella  che ci invita a rinunciare al male, al peccato, a tutto ciò che è contrario a Dio, accettandone i sacrifici, rinunce e relative lotte contro il male.

Questo vale anche per l’Amore! Un sentimento meraviglioso e legittimo, che come dice Paolo è diventata una idolatria del male e dell’egoismo.

Un po’ a  Gesù e mille a me, un po’ come piace a Lui e mille come piacciono a me!

Ma a Dio non piacciono questi imbrogli falsi e truccati, perché Lui è la Verità e non li accetta.

Egli ha dato il suo sangue affinché fossimo puri di cuore e non farisei che ci tengono solo all’apparenza esterna, a farci vedere cristiani più che esserlo.

Per fortuna che Lui sa come siamo fatti e non si scandalizza di tutti i nostri comportamenti, però non vuole che li assumiamo, perché non sono per il nostro vero bene.

Io penso che noi oggi, non vogliamo affatto buttare il Profeta nel precipizio, noi amiamo Gesù.

 Ma forse, anche se per il passato ci siamo comportati non proprio come Lui desidera, c’è spazio nel nostro cuore perché Lui possa entrarci, conquistarci e ricominciare un rapporto migliore con Lui.

 

2 lettura.  S. Paolo ci aiuta, a livello personale, familiare ed anche sociale a rimettere le cose a posto, se lo vogliamo. E lo fa dandoci una pagina troppo dimenticata da tutti, mentre dovremmo leggerla più sovente, dai politici, a tutte  le religioni, dalle famiglie alle scuole, dai tribunali  alle persone di tutte le età, per avere un codice di riferimento, che non esiste più, per vivere tutti meglio.

S. Paolo è come se ci dicesse:”Ho incontrato un personaggio straordinario: parla tutte le lingue degli uomini e degli angeli, ha il dono della profezia, conosce tutti i misteri del mondo, ha tanta fede da trasportare le montagne, dona tutti i suoi soldi ai poveri, dona il suo corpo, i suoi organi, sembra incredibile, Ma non ha l’Amore, la carità, perciò è un nulla”.

Ma allora cos’è questa carità che da valore a tutto e nulla ha valore se non c’è?

La carità è Dio. E’ molto semplice: se non hai Dio in te, fa’ quello che vuoi in questa vita, ma sarai nulla e farai sempre nulla, niente, zero!

Certo che se prendessimo tutti più sul serio questa pagina, nel piccolo e nel grande, nel pubblico e nel privato le cose cambierebbero! Ecco perché Gesù ci ricorda in una parabola che se la nostra casa, la vita, l’esistenza, la civiltà, il progresso non sono fondate sulla roccia che è Dio, presto  tardi tutto andrà in rovina. Ma la storia non ci insegna proprio niente?

Vogliamo provare, già subito oggi, a vivere in famiglia con questa carità?

Come dice S. Paolo: Cercando ognuno di noi di essere paziente, benigno, non invidioso, non perdere tempo in chiacchiere inutili, senza vantarci, non voler avere sempre ragione,, non gonfiarci di odio o di invidia, non mancare di rispetto, non cercare sempre e solo il nostro interesse, non adirarci, non tener conto del male ricevuto.

Utopia? Impossibile? No, perché vivere  una giornata così, se Dio ce lo suggerisce, è possibile con l’aiuto dello Spirito Santo. Vogliamo provarci?              

 

PREGHIERA

Anche oggi, o Signore  parli di amore a me che pretendo di saper tutto su questo argomento, mentre tu mi inviti a fare un po’ di esame di coscienza.

Se amo per passione, per avere, per possedere, tu mi dici che non sono un cristiano,

Se amo solo seguendo le leggi del sangue e dell’istinto, neanche lì sono un cristiano.

Non permettere allora che io viva in modo superficiale il mio cristianesimo dell’amore, scuotimi dal mio torpore e mettimi sulla giusta strada dell’amore.

Si, o Signore, perché  oggi ho capito che esiste una strada nuova dell’amore.

E’ la strada tracciata da Te, Signore, perché il tuo è amore che si dona con disinteresse, che non esclude nessuno, che non fa differenze, che sta al di sopra di tutti i valori.

E’ questo l’amore che tu vuoi che io viva e realizzi nella mia vita, perché è l’unico amore pulito e vero che riflette la lucentezza del tuo. E’ questo l’amore che mi veste di eternità, che mi avvicina alla tua bellezza, che mi fa camminare sulla strada sicura, che conduce alla vetta della perfezione, dove io mi potrò realizzare completamente come uomo e figlio tuo..

 


 IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Oggi faccio di te una fortezza

"Ci vuole un bel coraggio - mi diceva un giorno un giovane, che viaggiava con me in aereo - non solo a testimoniare la nostra fede di battezzati, ma a dichiararsi sinceramente tali. L'ambiente in cui si vive, dalla famiglia al posto di lavoro, ai vari luoghi di ritrovo, pare sopporti con disagio che qualcuno 'sia' cristiano.
Si preferisce vivere nell'anonimato o non avere alcuna fede. È triste, pensando che noi battezzati abbiamo da Cristo, proprio nel Battesimo, il dovere di evangelizzare i fratelli, a cominciare dalla nostre famiglie. Ma si preferisce tacere. Cosa fare del resto? Ammiro lei che viaggia portando Cristo a testa alta, anzi, come l'Unico cui affidare l'esistenza, e si muove sulle orme del Maestro. Ma ci vuole coraggio. Non ha paura, non prova disagio?".
È vero. A volte sembra che il distintivo di cristiano, la Croce, sia destinato solo ad essere esibito per le cerimonie esterne, per poi ritornare nell'anonimato in cui si vorrebbe restasse. Come se Dio non ci fosse.Ed è veramente incredibile che, in una società che fa pressante appello alle sue radici cristiane, si debba vivere la fede 'come un martirio'... a volte, per questo, rifiutati dalla società stessa! Il Vangelo di oggi presenta Gesù che, nell'istante in cui proclama la Sua missione di salvezza, subito è rifiutato dai 'suoi concittadini'. Non solo, ma, preannunciando quella che sarà la Sua fine, la morte in croce sul Calvario, vede il rifiuto di coloro che vuole salvare.
"In quel tempo, Gesù prese a dire nella sinagoga: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati dalle parole di Grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: Non è il figlio di Giuseppe?. Ma egli rispose: Di certo voi mi citerete il proverbio: medico cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella nostra patria! Poi aggiunse: Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi, e ci fu una grande carestia in tutto il paese, ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidone.

C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman il Siro. All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno, si levarono, lo cacciarono fuori della città, e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale la loro città era situata, per gettarlo dal precipizio. Ma Gesù, passando in mezzo a loro, se ne andò". (Lc 4,21-30).
Gesù capisce l'effimera 'consistenza' della loro fede, che, sentendolo parlare, si ferma alla soglia del
battimano e, quando gli si chiede quasi una esibizione inopportuna del suo fare miracoli, come fosse un ciarlatano, toglie la loro maschera di 'credenti senza fede'...

 La reazione è immediata: vogliono 'metterlo a morte'.
Così avverrà alla fine della sua missione, quando dalla piazza, scordandosi dei tanti miracoli da lui
compiuti e, come a vendicarsi di un 'profeta', che sempre aveva parlato chiaro nell'annunciare il
Vangelo, chiederanno che 'sia crocifisso'.
È l'epilogo non solo di un grande evento di amore per noi, ma anche la conferma che la Verità di Dio non piace a tanti uomini. Preferiscono il parlar bene, ma non la verità.
Ed è così che anche oggi tanti si spellano le mani nell'ascoltare i troppi falsi profeti del nostro tempo, che sanno come 'prenderci' per il lato debole, la nostra ignoranza e superficialità, per
proporci 'paradisi', che tali non sono. Quante volte ho sentito dire dagli ex terroristi: 'Sono diventato quello che sono perché ho dato retta a cattivi maestri'. E quante volte veniamo derisi perché non siamo 'alla moda', ossia non facciamo piazza pulita dei valori della persona, che sono la nostra veste di figli di Dio, per indossare gli stracci dell'effimero, che riduce a marionette che stanno al gioco, ma sono tremendamente infelici.
Oggi davvero occorrono 'uomini e donne di fede', che sappiano mostrare il Volto di Dio, senza paura e, senza disagi, con la semplicità dei santi, vestano l'abito della verità, costi quel che costi, rimanendo ciò che veramente siamo: figli di Dio.
Il mondo ci invita a idolatrare il benessere, il piacere ad ogni costo, il successo e il potere...non importa se questo ci chiede di calpestare la nostra meravigliosa identità di figli del Padre!
Così parla il profeta Geremia: "Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo e prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato. Ti ho stabilito profeta delle nazioni, tu, dunque, cingiti i fianchi, alzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò. Non spaventarti alla loro vista, altrimenti ti farò temere davanti a loro. Ed ecco, oggi, io faccio di te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti muoveranno guerra, ma non ti vinceranno, perché Io sono con te per salvarti" (Ger 1, 17-19).
Leggendo queste parole e, prima ancora, quelle di Gesù a Nazareth, mi viene spontaneo chiedermi se, come vescovo, davanti all'uomo di oggi, facilmente ingannato, ho il coraggio del missionario, che non ha alcuna paura di annunciare la Verità di Dio, anche se è un contrastare le 'comode verità' del mondo, rischiando di essere emarginato.
Ho vissuto il mio mandato sacerdotale ed episcopale in un territorio dove a volte 'gridare la verità' poteva costare la vita. Ma ho sperimentato che davvero Dio mi ha aiutato ad essere 'un muro di bronzo' ...sapendo che Lui era sempre con me e che, per la mia missione di ministro di Dio, quindi della Verità e della Misericordia, era mio dovere non avere paura e indicare, a tempo opportuno e con forza, le vie del Bene. Quante volte ho dovuto alzare la voce contro i mali della criminalità organizzata e i mali del mondo, sempre mettendo in conto la possibilità del 'martirio'.
Mi confortava la profonda amicizia che avevo con l'amato Papa Giovanni Paolo II che, sempre,
incontrandomi, mi diceva con forza: 'Non avere paura, mai!'.
Come del resto era la sua missione nel mondo, ovunque. Con forza, ripeto, e carità.
Voglio ricordare - e mi confondo anche solo a narrarlo - un venerdì santo, giorno della Via Crucis in Diocesi, cui partecipavano migliaia di persone. Qualcuno del 'gruppo di fuoco della criminalità' mi invitò a non partecipare, perché era possibile un attentato. Non diedi ascolto neppure al
Commissariato e, al momento opportuno, scesi tra la gente. Per tutelarmi le forze dell'ordine vollero che stessi nel mezzo della processione, isolato, con a fianco un carabiniere e un poliziotto a difendermi. Sempre mi fecero dolce compagnia le parole del Santo Padre: 'Non abbiate paura'. Ma mi sentivo 'poca cosa' di fronte al grande vescovo di Shangai, Mons. Francis Xavier Ngunten Van Thuan, eletto poi Cardinale e Presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace.

 Eravamo stati invitati insieme a partecipare alla marcia della Pace a Boves, vicino a Cuneo. Era stato in carcere, quello duro, dove è possibile solo vedere le sbarre e le guardie di custodia ed essere indottrinato ogni giorno.
Portandolo in carcere, non gli avevano concesso alcunché di religioso: niente breviario, né Bibbia,
nessun messale. Nudo di tutto ciò che era parte del suo ministero. Lui solo...con Dio. Così per 16 anni! Aveva chiesto di portare con sé una bottiglietta di vino 'per la salute' ed ogni giorno conservava un pezzetto di pane. A sera, quando era solo, celebrava la S. Messa - non so come facesse senza messale.
Consacrava due gocce di vino sul palmo della mano e il pezzetto di pane. Racconti di santi martiri. Alla fine, alcune guardie, ammirandolo, chiesero di essere battezzate e partecipare a quella solenne Messa.Quando lo incontrai aveva al collo una croce composta con legno del carcere e la catena fatta con il filo spinato. Si accorse della mia ammirazione ed amicizia e voleva a tutti i costi donarmela. La rifiutai perché per lui era segno del martirio a lungo subito, per me solo un prezioso dono.
Di fronte a questi fratelli - ed oggi sono tanti, ovunque - che predicano il Vangelo sempre sul filo del martirio, confesso che mi assale come una grande malinconia, soprattutto se li paragono al disagio di molti nel testimoniare il Vangelo con la vita o alla paura di chi si rifugia nell'anonimato, che è come cancellare Dio dalla propria storia.
Viene da interrogarci sulla qualità della nostra fede e missione, in questo tempo assetato di Verità, in cui troppi però non trovano sorgenti di acqua viva.
E che diranno di noi, dal Cielo, coloro che hanno dato la vita per essere cristiani?
Spero tanto e prego perché tutti possiamo diventare .coraggiosi e gioiosi testimoni di Cristo... anche se sarà necessario andare contro corrente. Solo così si può costruire una civiltà di amore e di fede, di pace e di solidarietà, a misura di Cristo.

Antonio Riboldi - Vescovo -
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E-mail: riboldi@tin.it