Anno C – 2 domenica ordinaria – Gv. 2, 1-12

Le nozze di Cana

Atto penitenziale

Ancora una volta, fratelli e sorelle, siamo riuniti per partecipare alla comunione con il Signore.

Ma con noi portiamo il fardello dei nostri peccati, che ci appesantisce e ci rende timorosi di fronte alla bontà di Gesù.

 Chiediamogli perdono, sicuri della sua misericordia.


Ci fu uno sposalizio e Gesù fu invitato con i suoi parenti e dice il vangelo che proprio lì ”Gesù  diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea”.

La nostra attenzione viene subito richiamata dalle parole:Sposalizio, nozze. Ma il vangelo ci invita a non fermarci sul fatto in sé, ma sul significato che quelle parole hanno in  tutta la Bibbia.

“Come un giovane sposa una vergine , così ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”.

In questo immenso, sconfinato programma che prevede la sorte e il senso dell’umanità, dobbiamo leggere anche il miracolo di Cana.

Cerchiamo di capirlo bene questo programma di Dio, di un Creatore che a la mette la sua potenza a servizio di un infinito desiderio di amore. Il Creatore, quando compare sulla terra la sua creatura, che siamo noi, la sposa, cioè la prende nella sua vita, sua con-sorte, partecipe della sua natura. Parole forse difficili per noi, eppure questa è la rivelazione di chi veramente noi siamo, al di là delle apparenze e di quello che ci immaginiamo.

Non stiamo raccontando una favola, ma  è proprio così.

Lo sposo, Dio, chiama tutti a far parte della sua vita come  sua sposa.

Per questo Gesù è andato a quelle nozze e il Vangelo ce ne parla: voleva dirci che era venuto per farci diventare suoi fratelli , figli con Lui dell’eterno Padre che è Dio e quindi indicarci la strada in questo mondo. Non più una strada misteriosa, fantastica, ma la strada di chi se la conosce sul serio:”Vado a prepararvi un posto”, e ci ha anche detto dove:”Nella casa di mio Padre”.

*    Il racconto di Cana ci ricorda anche che questo cammino può andare in crisi, perché il vino viene a mancare. Per gli Ebrei il vino era simbolo di letizia, di vita.

Quante volte ci accorgiamo di aver perduto il senso della vita? Per le varie vicende negative ci siamo lasciati portare lontani da Lui, ci siamo illusi di aver trovato in altro modo gioia ed amore;  magari ci siamo accontentati, ma non siamo rimasti appagati di nulla: ci è mancato il vino, non sentiamo più Dio in noi come Egli voleva essere con amore e gioia.

Sono tante le persone del popolo di Dio che sanno molto bene che Dio è Amico, che con Dio si sta bene, che Dio dà pace, anche nelle più dure circostanze della vita.

Ma ce ne sono troppe che vivono tristi, con scarsa speranza,trascinando avanti giorno per giorno l’esistenza, “tirano a campà”, perché bisogno pur vivere.

Ma non è questo il disegno di Dio su di noi!

E’ vero che solo di là scopriremo pienamente che cosa vuol dire essere “sposa di Dio”, ma già di qua si può cominciare a vivere questa bella esperienza.

Altrimenti perché Gesù avrebbe detto”Vi dò la mia pace, ma non come ve la dà il  mondo” oppure prega il Padre:”Perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia”?

Gesù ci chiede certo anche la fatica e l’impegno di portare con amore la sua croce, ma gioiosi, da amici del Signore Dio, non con facce da funerale o sempre scontenti di tutto e di tutti.

E quando” non abbiamo più vino”, siamo scoraggiati e stanchi, dobbiamo tornare a Lui che è sempre pronto ad accoglierci.

Che cosa sta a fare nel tabernacolo se non per attenderci continuamente?

Che cosa sta a fare nel confessionale se non a ridarci perdono ed amicizia?

Se vivessimo una mentalità di questo genere, una mentalità nuziale, cioè basata sull’amore, sull’amicizia profonda che Dio ha per noi, non su una fede sbiadita, una fredda pratica religiosa, come sarebbe bello e contagioso essere cristiani.

1 lettura - Oggi allora siamo chiamati a recuperare questa nostra meravigliosa e profonda realtà, questo nostro Dio che tiene in mano l’umanità, come dice il profeta Isaia:”Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio”.

Dove Dio ragiona proprio come uno sposo.

( Spero di  leggere  adesso a gente che cerca di credere alle parole di Dio, altrimenti sarebbe tempo sprecato e non servirebbe a nulla ascoltare e restare qui!)

Il profeta Ezechiele dice poi la stessa cosa. Dio ricorda al suo popolo come Egli lo amò: da povera creatura da niente, è diventato regina al suo fianco:

“Tuo padre era Amorreo e tua madre Ittita, cioè de poveracci qualunque,”Alla tua nascita non fosti lavata con acqua per purificarti…ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna”. Su quell’esserino ripudiato, destinato a morire, che è il simbolo dell’umanità intera, si china Dio:”Io passai vicino a te e ti vidi  mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: - Vivi e cresci come l’erba del campo – Crescesti r ti facesti grande e giungesti nel fiore della giovinezza”.

E’ la prima benedizione! “Poi passai di nuovo vicino a te e ti vidi: ecco, la tua età era l’età dell’amore”. Israele, il popolo di Dio è maturo per vivere: e allora? “…ti vestii di ricami, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta…diventasti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse tra le genti per la tua bellezza che era perfetta, per la gloria che avevo posto in te”.

 

Questa è la storia di Dio con noi, con tutti. Perché? Perché Dio ci ama, non ci sono altre spiegazioni. Non ce lo siamo mai meritato, ma Dio ci ama e tanto basta per Lui!

Ma noi siamo la Chiesa di Dio che Lui si è scelta per annunziare queste cose al mondo che non sa e non vuol capire purtroppo il disegno, il programma che Dio ha su di noi, su tutta l’umanità.

Altro che progetti dell’ONU e dei consessi internazionali!

Io ti ho scelto, mio popolo, ci ricorda San Paolo, per agire in te e fare vedere a tutti di che cosa è capace il tuo Dio”. Il che vuol dire che ciascuno di noi, nel disegno divino è una persona giusta, buona, persona che dove va, rende puro l’ambiente, persona che non si lascia corrompere e non corrompe nessuno e realizza l’essere cristiano, perché è lo Spirito Santo che lo rende tale.

*     Vogliamo allora riaccettare la proposta sponsale di Dio?

E se ci manca poco o tanto vino, cioè la Presenza di Dio, lo Spirito di amore, coraggio, buona volontà, oggi è l’occasione buona  per chiederlo e procurarcelo. Vogliamo che la salvezza venga, che si veda, che si senta e che continui il miracolo di Gesù in questo mondo: di dare il vino della speranza, della fiducia in Dio, della sua presenza in ogni famiglia, in ogni cuore.

 La Chiesa esiste per questo e, se scarseggia di vino, cioè di Dio, guai, perché allora sì che il mondo si scandalizza e va in rovina. Lo chiediamo attraverso Maria: se Gesù è andato a quelle nozze è perché c’era andata anche lei. Invitiamola allora nella nostra vita e lei ci aiuterà e non ci farà mancare il vino della grazia, dell’Amore, della gioia, della salvezza.

 

PREGHIERA

Grazie, Signore, perché ti vediamo partecipe delle nostre situazioni e ci porti sempre  la tua gioia. Quando ci vedi sopraffatti dalla stanchezza, dallo scoraggiamento, dal peccato, rinnova per noi il miracolo di  Cana. Sii presente in mezzo a noi, specialmente nelle nostre famiglie quando manca il vino dell’amore e del perdono. Fa che nessuna tristezza possa velare il sorriso e la gioia che solo tu ci puoi dare. A Cana è lei, Maria che ti ha chiesto di agire, è lei che ha preso in pugno la situazione, è lei che si è accorta del pericolo che stava correndo quella festa di nozze: è lei che con la sua materna attenzione ha risolto ogni difficoltà.

 Donaci la stessa attenzione, o Signore, che ci aiuti ad accorgerci delle difficoltà degli altri, che ci spinga ad agire, vincendo ogni pigrizia, egoismo e falsa prudenza. Donaci questo sguardo d’amore. Rendici vigili ed attenti come Maria, per collaborare a prevenire sempre  il male e ad aprire la strada a tutto il bene possibile.

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Un bene da difendere e promuovere

Dire che imperversa sul matrimonio una vera bufera che vorrebbe, sotto forme sottili, intaccarne la natura, è poco. Se infatti dopo l'aborto e il divorzio si distrugge il matrimonio, che ci resta di veramente solido e sicuro in questa nostra civiltà?
Se c'era e c'è un dono immenso di Dio è proprio quello dell'amore, ossia la capacità di farsi dono l'uno per l'altro e, in questo dono meraviglioso, anche se chiede anche sacrificio, si attua la vocazione che Dio dà a tanti, per coniugare il segreto della felicità e della perfezione, e, nello stesso tempo, per mettere alla prova la nostra capacità di amare con fedeltà, nonostante le necessarie prove che si possono incontrare.
Non solo, ma conoscendo la nostra debolezza, per sostenere il matrimonio, lo ha reso Sacramento,
ossia è Lui a suggellare, dare forza con la Grazia.
Potremmo dire che, nel sacramento del matrimonio, al momento del 'sì', Gesù viene una volta per sempre, come amico, il forte amico che darà forza a quel 'nostro si', che a volte è debole, a volte eroico, a volte fragile, a volte inconsistente.
Così disse il Santo Padre al Convegno internazionale di Valencia, lo scorso anno: "La famiglia è l'antico privilegio dove ogni persona impara a dare e ricevere amore. Per questo motivo la Chiesa manifesta costantemente la sua sollecitudine pastorale in questo ambito fondamentale della persona umana. Così essa insegna nel suo magistero. Dio è amore e ha creato l'uomo per amore e lo ha chiamato ad amare. Creando l'uomo e la donna li ha chiamati al matrimonio, a un'intima comunione di vita e di amore fra di loro, 'così che non siano più due, ma una cosa sola'.

L'uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della solitudine, quanto nel momento della comunione. Il matrimonio, e quindi la famiglia, si fonda soprattutto in una profonda mediazione interpersonale tra il marito e la moglie, sostenuta dall'affetto e dalla mutua comprensione. Perciò riceve l'abbondante aiuto di Dio nel sacramento del matrimonio che comporta una vera vocazione alla santità" (Discorso del S. Padre, Benedetto XVI).
Vi era un tempo in cui il matrimonio forse aveva minore apparenza esteriore, ma aveva una profondità di affetto e durata, che non conosceva interruzione. Mi diceva un giorno papà: "Sono più di 30 anni che vivo con mamma. Abbiamo passato momenti di difficoltà economiche fino alla povertà, perché voi figli eravate nati, ma ci siamo voluti bene, sempre. E oggi ti dico che senza mamma mi mancherebbe il fondamento della mia felicità. Non basta un'eternità per sperimentare la ricchezza che è nell'amore".
Ci sono ancora queste famiglie in cui lo sposo possa dire della sua unione con la sposa la stessa cosa? Nonostante il grande rumore, che fanno i mass media, che sembra obbediscano alla voglia di
egoismo che separa, ci sono coppie, e tante, che nel matrimonio sanno ancora vivere la vocazione alla santità, dando testimonianza di un amore che non ha limiti e confini. Chi di noi non ha visto, a volte, il marito o la moglie che, davanti alla malattia o alla perdita del coniuge, si sono sentiti come mancare la vita e chiedevano a Dio di morire loro al posto dell'amato o, almeno, morire insieme? Quante volte io stesso mi commuovo quando benedico le nozze d'oro o d'argento. Sempre, fissando gli occhi degli sposi, noto serenità e spesso una felicità, come se fosse il primo momento del loro amore. Se crisi c'è oggi nel matrimonio, al punto da chiamare tale, anche ciò che non può esserlo per natura, credo che dipenda dall'aver sfrattato dalla vita l'Amore, ossia Dio, origine di ogni amore e vita. Un materialismo ateo ha come rotto le dighe di quello stupendo 'lago' che è il matrimonio e cosi si cerca di svuotarlo. Ma quando la diga non avrà più acqua, cosa sarà la vita?

È sotto i nostri occhi l'immane tragedia dei matrimoni spezzati, donne e uomini allo sbaraglio, come traditi, figli che non sanno più chi è il loro papà o la mamma.
Davvero un grande calvario, là dove si era chiamati a costruire giorno per giorno un paradiso con fedeltà all'amore.
La Chiesa giustamente, in questa domenica, ci propone significativamente la Parola di Isaia: "Per
amore di Sion non tacerò: per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada
" (Is 6, 21).
Il discepolo Giovanni, che conosceva bene l'amore (basta leggere il suo Vangelo e le sue Lettere), come primo atto della vita pubblica di Gesù, dopo i 30 anni vissuti a Nazareth, racconta il miracolo delle nozze di Cana. "In quel tempo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre disse ai servi: Fate quello che vi dirà. Vi erano sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le giare. E le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: Ora attingete e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua divenuta vino, il maestro di tavola, che non sapeva da dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e disse: Tutti servono da principio il vino buono e quando sono brilli quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui" (Gv 2, 1-12).
Viene subito da chiedersi: ma qual è il vino o felicità che, oggi, viene tante volte, a mancare nei matrimoni? Credo proprio che sia quella Presenza di Dio che, quando c'è - e tanti lo sanno - è 'il vino' necessario.
Sono tante anche oggi le coppie che si sostengono ed ogni giorno aumentano la bontà della loro unione con il dono che Dio dà nella carità: una carità che a sua volta diventa 'sapore e forza delle unioni e della vita'.
Ricordo che un giorno chiesero a Madre Teresa di Calcutta quale fosse il segreto del suo sorriso anche di fronte a uomini ridotti a relitti sui marciapiedi, là dove noi passiamo e schiviamo. 'L'Eucarestia' rispose. Ogni giorno infatti in tutte le case dove le sue discepole esercitano la carità, c'è l'impegno di due ore di adorazione.

Mamma non perdeva mai l'occasione, qualunque fosse il tempo, di iniziare la giornata con la partecipazione alla S. Messa. 'Senza Gesù non so come farei a essere una buona sposa e mamma'.

Ho incontrato coppie che hanno creato un angolo nella loro casa dove con molta solennità hanno posto un leggio con la Bibbia sempre aperta e dove ogni giorno trovano il tempo per attingere dalla Parola la forza del matrimonio e della famiglia. Ci sono sì, credetemi, tante testimonianze di matrimoni che davvero narrano con la loro fedeltà e felicità, la gioia di amare e di essere amati.
È certamente necessario oggi saper formare quanti intendono celebrare il sacramento del Matrimonio, a scoprire il segreto della fedeltà e della felicità, con una seria preparazione.

 Il matrimonio non può infatti ridursi alla sola esteriorità, che sembra già nascere senz'anima e senza futuro. Diceva il grande Giovanni Paolo II: "E' una necessità questa che la Chiesa sente ardere dentro di sé, perché sa che il compito che la qualifica in forza della sua missione annunciatrice,
affidatale dal Suo Sposo e Signore, si ripropone oggi con inusitata impellenza. Non pochi fattori culturali, sociali e politici concorrono a provocare una crisi sempre più evidente della famiglia. Essi compromettono così in diversa misura la verità e la dignità della persona umana e mettono in
discussione, svisandola, l'idea stessa della famiglia.
Il valore della indissolubilità matrimoniale viene sempre più misconosciuto, e si chiedono nuove
forme di riconoscimento legale delle convivenze di fatto, equiparandole a matrimoni legittimi: non
mancano tentativi di accettare modelli di coppia, dove la differenza sessuale non risulta essenziale"
(Ecclesia in Europa, n. 90).
Così vorrei pregare con Madre Teresa, per le giovani coppie, che si preparano al matrimonio:

"Mio Dio, aiuta questa coppia ad essere un solo cuore pieno di amore. Dà loro una vita bella, nella quale possano essere un solo cuore nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Concedi loro amore per i figli che avranno, e fa' che la loro casa abbia sempre una porta aperta per il povero. Insegna loro, Signore, a pregare insieme così che possano sempre restare uniti".

Antonio Riboldi - Vescovo -
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