Anno C – domenica 2 di Pasqua – Gv. 20, 19 – 31

e non essere più incredulo, ma credente!

Pagina di vangelo famosa che ci insegna come si fa ad “essere Chiesa”, cioè ad appartenere ad una comunità. Due episodi diversi ma che ci insegnano la stessa cosa.

1 - Gesù dice una volta per tutte che chi vuole appartenere alla sua comunità deve sempre escludere un grande difetto umano che Tommaso mette in evidenza: l’individualismo.

E’ la tendenza che c’è in ogni uomo di dare importanza soprattutto a se stesso, in modo da prendere sempre le distanze dagli altri, rendersi autonomo, cercare di fare ed essere sempre diverso dagli altri, credere sempre di essere migliore degli altri.

Nelle famiglie: produce incomprensioni, litigi continui, violenze verbali, morali e materiali, tanto che non ce ne meravigliamo più. La TV ogni giorno ce ne dà i risultati: Padri padroni, genitori duri e intransigenti: si è sempre fatto così; adulti che non hanno fiducia nei giovani, figli che ritengono i genitori anziani, incapaci, matusa che non potranno mai capirli.

Nelle parrocchie: persone che ritengono di sapere sempre più degli altri o per l’anzianità di vita o di servizio in parrocchia; che credono di avere solo loro lo Spirito Santo per giudicare sempre tutto e tutti a modo loro, che non stimano e disprezzano gli altri; che anche se dicono: “io sono l’ultimo, io non so niente”, guai se non si fa come dicono loro, si offendono, minacciano di non più lavorare in parrocchia; se non ci sono loro tutto andrà in rovina. Anche il parroco può incappare in questo difetto e povera parrocchia se vi sono queste persone!


L’individualismo non deve essere confuso con l’avere una personalità, che vuol dire avere consapevolezza, libertà di opinione, senso di responsabilità, serietà di vita e di pensiero.

Ma c’è una grande differenza fondamentale: la personalità sincera è aperta come un fiore spalancato, quindi è fatta apposta per la comunione, invece l’individualista è chiuso, come una noce da spaccare e non si apre al dialogo ed alla collaborazione.

Così è San Tommaso. Perché?

Anche se gli dicono:” Noi abbiamo visto..”, non gli basta, non crede a loro perché vuole vedere anche lui, e forse è ancora giusto, ma il difetto sta nel fatto che Tommaso dà solo fiducia a se stesso:”Fin che non vedo io, ciò che avete visto voi non mi interessa, non è vero!”

Con questo atteggiamento pecca contro la comunità cui appartiene, perché non dà fiducia agli altri. La sua mancanza di fede, prima di essere mancanza di fede in Gesù è nei fratelli che gli dicono di aver visto e lui risponde: “Non ci credo”!

Certamente Tommaso è un carattere forte, ma in questo modo corre il pericolo di staccarsi dagli altri discepoli e di esserne escluso.

Per questo Gesù lo rimprovera: “Smetti di essere incredulo e rimettiti a credere”, quasi a dire:

Se non credi alla comunità, corri il rischio di non credere neppure a me”.

Così nella chiesa, in parrocchia: quando perdiamo la fiducia nei fratelli, nella comunità, ci stiamo staccando dalla comunione con Dio.


Questione molto attuale!

Quanti cristiani non sono legati alla parrocchia, alla comunità, ma si costruiscono un rapporto di fede con Gesù a loro comodo e misura?

Quanti non credono ai preti, al Papa e neanche al Vangelo e si costruiscono un vangelo adatto per loro, per le loro pigrizie, i loro difetti, i loro peccati? Tutto quello che non è di loro gradimento e li disturba troppo non è ritenuto giusto. Credono di essere solo loro in diretta con Dio!

Un cristianesimo ritagliato su misura personale è una sciagura dal punto di vista spirituale ed è un difetto permanente che oggi si è molto accentuato. per la persona perché si allontana da Dio :”Chi non ascolta voi, non ascolta me” e non appartiene alla chiesa, alla comunità, anche se continua ad andare a messa; per la chiesa, perché viene scambiato per un buon cristiano, dà scandalo e confonde le idee per chi non crede ed ha una fede molto vacillante.


2 --“Abbiate in voi lo Spirito Santo, andate. E a coloro a cui rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”. Si tratta di un fatto squisitamente comunitario. Gesù non ha detto:”Andate ad annunciare a tutti che si sentano perdonati e siano felici”, ma “la mia misericordia che è tutta per voi e che non aspetta altro che salvarvi, passerà da uno all’altro, proprio attraverso di voi”.

E’ così importante la regola dell’altro che il prete non può assolversi da se stesso.

Quanti sono i cristiani che si comunicano tutti i giorni e si confessano solo a Pasqua.

Come del resto quanti sono convinti che dopo la confessione si può fare una sola comunione.

Questo è uno squilibrio sacramentale e mentale!

Comunicarsi è troppo facile, chiunque può accostarsi all’Eucaristia e nessuno lo può trattenere.

Mentre molti non si confessano perché dicono:”Quanto riguarda la mia coscienza, io me la intendo direttamente con Dio”. Certo la confessione è impegnativa, non è facile, è umiliante dire i propri peccati ad un uomo, se non nasce dall’umiltà e dalla fiducia nel confessore ed in Dio.

Non è importante ciò che penso io, ecco il peccato dell’individualismo, ma ciò che dice Gesù, la Chiesa, il sacerdote che li rappresenta.


Ecco perché la piaga dell’individualismo impedisce la comunione con Dio e con i fratelli!

Il Vangelo oggi vuol darci una grande speranza: se noi crediamo in Gesù, nella Chiesa e nei sui rappresentanti, se crediamo gli uni negli altri, creiamo una società più vivibile, più serena, più bella.

La fiducia profonda l’apertura del cuore non è altro che Amore; ed è proprio l’Amore che Gesù ha messo come fondamento per la sua comunità. “Amatevi come io vi ho amato”.

Beato chi crede così!

E mentre ringraziamo il Signore perché ci aiuta a credere così, chiediamogli che vada a trovare con la sua misericordia coloro che non vanno da Lui. Troppi hanno paura di Dio, dicono che andranno domani, ma è un domani che non arriverà mai, se non demoliscono il loro individualismo, l’orgoglio di fare a meno di Dio, di essere capaci di salvarsi da soli.

E’ quanto chiederemo al Signore, per l’intercessione di Maria, non solo per gli altri, ma anche per noi stessi: che il mondo sia sempre più avvolto dalla misericordia, non solo di Dio per noi, ma anche di ciascuno di noi per i nostri fratelli.

PREGHIERA

Signore, abbi pietà della nostra povera fede! Anche noi come Tommaso, facciamo fatica a credere.

Siamo pieni di dubbi, incertezze, esitazioni. Come possiamo crederti e riconoscerti senza il timore di cedere al gioco dell’illusione? Aiutaci a credere con una fede intelligente, senza essere dei creduloni; a saperci affidare a te e alla tua Chiesa. Aiutaci a non fare da noi, a non raccogliere e credere un po’ qui, un po’ là quello che ci pare e ci è più comodo. Non vogliamo essere giusti per conto nostro, ma confrontarci con te e con i tuoi rappresentanti. Manda il tuo Spirito su questa nostra povera fede, perché possiamo vederti specialmente nei momenti in cui ci pare di essere soli e smarriti.

Aiutaci a credere che le ferite procurate dall’amore, cioè i sacrifici e gli sforzi che tu ci chiedi, sono sorgente di gioia, di bellezza, di luce, di risurrezione.

Metti sulle nostre labbra il grido gioioso di Tommaso per aver ritrovato la tua presenza, ardente e viva.

Fa’ che la sua stupenda professione di fede si imprima in noi, perché ci sia dato di invocarti sempre con tutta la dolce emozione di queste parole:”Mio Signore e mio Dio!”.


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