Anno C – 2 domenica Quaresima – Lc. 9,28-36


Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo!


Liturgia penitenziale

Signore Gesù: salendo a pregare sul monte Tabor Tu ci inviti al raccoglimento; perdona le nostre preghiere distratte e dissipate: Signore pietà.

Cristo Gesù: lasciando trasparire la tua divinità tu ci ricordi che siamo tutti chiamati a diventare figli di Dio: Cristo pietà

Signore Gesù: tu ci raccogli attorno a te per farci diventare tuoi testimoni: perdona le nostra paure e tradimenti. Signore pietà



Il senso di tutta la liturgia oggi è la frase:”Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”.

Vogliamo oggi dire a Dio nostro Padre:”Sì, ascolteremo il tuo Figlio”, visto che Dio ha detto questo per tutti ce lo chiede uno che ci ama e ce lo chiede quasi in tono supplichevole?

Tutta la scena della trasfigurazione è una manifestazione di Dio e tutti abbiamo sempre qualcosa da sapere,vedere, imparare proprio perché noi possediamo Gesù Cristo. Dio ci rivolge questa ammonizione appunto perché vuole che il cristiano sia colui che ascolta Dio. Anzi siamo cristiani proprio se ascoltiamo sempre di più la sua Parola.


Noi in genere ascoltiamo una persona quando ci interessa, ci piace ed allora accogliamo e vogliamo che la sua parola entri nella nostra coscienza, nella nostra mente. Per cui quando capita questo è la persona stessa che entra in noi, mediante la sua parola. E più ci piace e ci interessa, più ci teniamo che entri profondamente nella nostra vita, fino a trasformarla. E questo capita ogni giorno, quando amiamo qualche persona: per cui l’ascoltiamo, la desideriamo e cerchiamo di realizzare ogni minimo suo desiderio. La parola è il segreto della comunione con gli altri. Così Dio vuole venire in noi con la sua parola e ci fa vivere, se noi l’accogliamo, la desideriamo perché la amiamo.

Questo non lo può fare uno che sia indifferente verso Dio. C’è gente che conosce bene il catechismo, il vangelo, ma se non lo ama, non ne viene coinvolto e non desidera che Dio entri nella sua vita. Noi invece siamo qui proprio perché desideriamo esserne coinvolti, perché lo amiamo.


Ma oggi possiamo e siamo in grado veramente di accogliere questa parola di Dio ?

Ascoltarlo vuol dire dargli retta, anche quando dice cose che non appaiono così evidenti ; anche quando dice cose diverse da quelle che tutti dicono, anche quando invita a seguirlo con coraggio sul cammino della croce e delle difficoltà.

Da cinquant’anni siamo sempre più sommersi da fiumi di parole e messaggi diversi sul modo di affrontare la vita: scrittori, filosofi, politici, pubblicità, giornali e televisione. E questo in genere è solo per motivi economici, che cercano di catturare la nostra attenzione perché qualcuno ci guadagni. Noi crediamo di essere liberi, da questo mondo invisibile del messaggio che arriva ogni giorno, che lo vogliamo o no, e se non stiamo attenti ci rende schiavi.

Una invasione di parole, immagini che pesano sulla nostra vita quotidiana, ci condizionano e ci rimane molto difficile ascoltare ancora la Parola di Dio.

A chi dobbiamo dare retta?

A chi dice:”Pensa per te e non preoccuparti degli altri” o a Gesù che ci dice “Ama il prossimo tuo come te stesso?”

A chi dice” A questo mondo i soldi sono tutto” oppure a Gesù che dice: ”Non potete servire Dio e il denaro?

A chi dice:”Con la morte tutto è finito” o a Gesù che ci dice:”Chi crede in me, anche se muore vivrà?

Per questo Dio lo dice come un comando, per spronarci a superare tutte le difficoltà e gli ostacoli.

Siamo nati per ascoltare e lasciarci guidare dalla parola di Dio, noi battezzati nella parola che dobbiamo accogliere per donarla agli altri.

Occorre allora:

- Creare uno spazio di silenzio dentro e attorno a noi. Trovare un angolino, qualche momento di silenzio fisico e mentale, perché non basta un silenzio esterno se poi la mia mente è piena di pensieri, preoccupazioni, fantasticherie… Occorre arrivare al silenzio spirituale e ci accorgiamo che Dio si fa sentire, perché Lui è sempre dentro di noi ed aspetta che facciamo silenzio per parlarci.

Così avviene sempre tra persone che si parlano veramente e stanno attente a quello che dicono ed ascoltano, perché si vogliono bene e sono interessate l’una all’altra. E questo vale per tutti, non solo per i religiosi che vanno in monastero per essere più disponibili alla parola di Dio e meno distratti dalle cose del mondo, ma anche per ogni cristiano che desidera crescere di dentro.

Costa fatica restare svegli, come gli Apostoli, essere attenti a cogliere la presenza divina nel tempo, nella propria storia, ma lo sforzo conduce gli apostoli a partecipare della trasfigurazione di Cristo, dunque ad assumere un atteggiamento di contemplazione; tant'è vero che lo stesso Pietro non vuole più andarsene: "Facciamo tre tende, rimaniamo qui!". Chi rimane in Cristo partecipa anche oggi alla sua trasfigurazione, nel senso che capisce meglio il mistero di Dio che si rivela nel Figlio, è immesso nella sua vita divina, diviene parte del suo corpo glorioso. Allora il lavoro, la pensione, la situazione politica, la stessa sofferenza, pur essendo situazioni importanti, non hanno valore in sé, ma solo in quanto occasioni e strumenti per rendere manifesta, per tradurre in azioni la nostra comunione con Gesù.

- Allora sei deciso ad ascoltare Dio? Prendi e ascolta allora il vangelo, la parola di Dio, sia qui in chiesa che a casa, e lascia che queste sacre parole entrino nel silenzio del tuo cuore. Ogni parola ti illumina, contiene sempre un messaggio adatto solo per te che ti smuoverà di dentro.

E vedrai che ammirerai la parola e riuscirai a dire:”Che bella cosa hai detto, Signore!”, e questo ti metterà in ascolto, ti purificherà e entrerai sempre di più nel mistero della salvezza.

- Ti accorgerai che quella parola è vera, adatta per te, ottiene il tuo consenso interiore, prende il cuore,l’ammiri e senti che diventa la tua vita e ti fiderai del Signore.

E così ti sentirai vivo, perché la parola ha raggiunto il profondo della tua esistenza e ringrazierai Dio che ti accorderà una gioia che hai mai provato.

- Ecco il regalo che oggi Dio, nostro Padre si aspetta da noi: Ascolteremo tuo Figlio.

Se rileggiamo la parabola del seminatore ci accorgiamo che Dio desidera che noi siamo il buon terreno dove il seme porta molto frutto.

Tutti ne siamo capaci, non ci vuole nessuna laurea o studio particolare, e Dio ci aiuta, perché è nostro alleato contro tutte le parole umane che ci possono disturbare.

PREGHIERA

O Dio creatore del cielo e della terra, non basta salire sul monte a contemplare la bellezza del tuo volto, riflessa nell’armonia della natura. Non basta sapere nemmeno che nel Cristo ti guardi e ritrovi l’immagine di te stesso.

Tu vuoi che camminiamo i difficili sentieri della vita insieme al tuo Figlio prediletto, non tanto per vedere i suoi miracoli, ma per ascoltare la sua parola, giacché Egli è la tua parola fatta carne. Quando ti sei avvicinato ai padri della nostra fede ti sei presentato sempre con questa parola:”ASCOLTA”. Esattamente come una mamma che stringe la faccia del suo bambino tra le sue mani profumate d’amore e gli dice:”Ascoltami, dammi retta”.

Ascoltare, allora, non vuol dire soltanto udire delle parole, ma soprattutto accogliere nel cuore il desiderio e la volontà di colui che parla. Vuol dire allora fare la tua volontà che ci fai capire attraverso la voce di tuo Figlio.

Troppe volte, o Signore, la tua parola si ferma nelle nostre orecchie e non scende a mettere in movimento i sentimenti positivi del cuore.

Scuoti, Signore, questo nostro torpore e pigrizia, e da semplici ascoltatori, facci diventare operatori ed esecutori innamorati della tua parola. Amen


II Domenica di Quaresima (Anno C)

Maestro, com'è bello stare qui

Il dolore, la delusione, il senso del vuoto d'animo, la disperazione e tutto quello che volete, è come se lasciasse la sua impronta sul viso di tutti. Facile leggervi quel che uno sta vivendo, sempre che
abbiamo occhi per leggere l'anima di chi ci sta vicino.
Non si può nascondere l'anima. A volte si cerca una maschera, ma si capisce subito il tormento di un cuore.
Quando incontro qualcuno o, ancor più, quando qualcuno viene a trovarmi per esporre i suoi problemi, soprattutto se angosciano, è come se quello che dicono fosse scritto sul volto. Inutile nasconderlo o fingere. Almeno tra amici. Così come a volte si legge la grande gioia o la grande
bontà, che è in una persona. Il volto si illumina: "si trasfigura". Ho nei miei ricordi "volti trasfigurati", che facevano e fanno trasparire, senza che loro se ne accorgano, il bello che vivono. Di alcuni di essi porto un ricordo indelebile. Come quello del grande Giovanni Paolo II. Quando incontrava qualcuno, e soprattutto i bambini, o viveva eventi come le Giornate Mondiali della Gioventù, si veniva rapiti da quel volto radioso, come se vivesse in Cielo.
Ho avuto il dono di celebrare qualche volta la S. Messa con lui, nella sua cappella, in Vaticano. Mi
distraeva o coinvolgeva il suo volto: immerso totalmente nel Mistero che viveva. Come il volto di un sacerdote "santo" che, quando era in adorazione, - e la sua vita sembrava una continua adorazione, ossia un parlare bocca a bocca con Gesù - era solo luce, tanta luce.

Così come il volto trasfigurato di mamma, quando mi abbracciò nella ordinazione sacerdotale.
Chi di noi vive l'esistenza in pienezza di fede e carità conosce questi momenti di "trasfigurazione", a volte per la gioia, a volte per il dolore. Questo lo considero un grande dono del Padre.
Il Vangelo di oggi ci racconta appunto "la Trasfigurazione" sul monte Tabor.
Posso immaginare il volto di Gesù, che non conosceva certamente il buio delle nostre debolezze,
ma che doveva essere sempre "bello come il sole", quando parlava alle folle, che si lasciavano catturare dalle Sue Parole illuminanti e dal Fascino della Sua Persona, fino a dimenticare stanchezza e fame, al punto da commuoverLo.
Gesù stava lasciando la Galilea per inoltrarsi nella Giudea. Nella Giudea non solo c'era la bellezza della città santa, Gerusalemme, ma c'era il rifiuto della Sua presenza e lo attendeva la sua prossima morte in croce.
Credo che anche in Gesù, il pensiero di quello che lo attendeva, velasse il viso di grande tristezza, accolta però con serenità, perché sapeva che sulla croce, avrebbe dato la sua vita, come supremo atto di amore al Padre, per farci tornare figli. Ma sapeva anche che quella morte avrebbe scandalizzato i suoi, che si sarebbero sentiti traditi, come ingannati. Voleva quindi rassicurarli.
È proprio l'atteggiamento che Gesù ha verso di noi, quando siamo tentati di abbandonarLo, perché quello che ci accade non sembra proprio, all'apparenza, un atto di amore...come la sofferenza o la morte di una persona cara. I momenti di tanti "abbandoni di Dio". E allora Gesù cerca di rassicurare i suoi con la testimonianza di chi era presente, perché quanto avrebbero visto doveva rimanere impresso nei momenti della prova.
Racconta Luca: "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare. E mentre
pregava il suo volto cambiò d'aspetto, la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con Lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria e parlavano della sua dipartita, che avrebbe portato a termine a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con Lui. Mentre questi si separavano da Lui, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse: all'entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce che diceva: Questi è il Figlio mio: ascoltatelo. Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno nulla di quello che avevano visto"
(Lc 9,28-36).
Sappiamo tutti come, al momento della cattura di Gesù, nell'orto del Getsemani, tutti fuggirono.

Per paura di essere coinvolti? Per paura dell'odio che esprimevano quanti erano venuti a catturare Gesù? Forse perché delusi, confusi, di fronte ad un Maestro, un Figlio di Dio debole, che non sapeva resistere alla brutalità degli uomini? Che era rimasto della Trasfigurazione sul Tabor?
Questa è la storia di ogni uomo, molto simile a quella dei discepoli, se non a volte peggiore: abbandonare Dio, quando si fa buio nella vita. Diceva Paolo VI - che cito spesso perché è davvero un grande maestro, che Dio ha donato a noi, come del resto ogni Papa dei nostri tempi - "Se io domandassi agli uomini del nostro tempo: chi ritenete che sia Gesù Cristo? Come lo pensate? Ditemi: chi è il Signore? Chi è questo Gesù, che noi andiamo predicando da tanti secoli e che riteniamo sia ancora più necessario della nostra vita annunciarlo? Chi è Gesù? Alla domanda, alcuni, molti forse, non risponderebbero, non saprebbero che dire. Esiste come una nube - e questa sì che è pesante, ben diversa da quella scesa sul monte Tabor - di ignoranza che oscura tanti intelletti. Si ha una cognizione vaga del Cristo, non lo si conosce bene, si cerca anzi di respingerlo: Al punto che, all'offerta del Signore che vuole essere per tutti guida e maestro, si risponde di non averne bisogno e si preferisce tenerlo lontano. Quante volte gli uomini non vogliono che Gesù regni su di loro e cercano in ogni modo di allontanarlo! Lo vogliono quasi cancellare e togliere dalla faccia della civiltà moderna. Non si vuole più l'immagine di Cristo. Ma noi che crediamo in
Cristo, noi sappiamo bene chi è il Signore? Sapremo dirgli una parola diretta ed esatta, chiamarlo
veramente per nome: Maestro, Pastore
?" (14 marzo 1965).
Sono domande che dovrebbero diventare guida nella nostra Quaresima, meglio ancora diventare nostra vera vita.
È incredibile davvero come troppi si lascino sedurre dall'inganno del mondo, che cerca di farci credere che la vera nostra "trasfigurazione" stia nel possesso dei beni della terra, nella superbia o quant'altro ci attira.
Ma può mai l'idolatria delle cose donarci quella luce sul volto che è nelle persone buone, magari povere, ma vicine a Dio?
Si può forse confrontare il volto "radioso" di un santo, di una persona buona, con la smorfia che è in tanti per la delusione che provano dopo un momento di superficiale felicità?
"Non so cosa pagherei - mi diceva un giorno un signore - per capire come fa certa gente ad avere un
volto così bello che riflette una gioia sincera che noi non conosciamo. Sembriamo tutti felici, ma ogni giorno dobbiamo conoscere la tristezza profonda della delusione".
Una spiegazione a questa incapacità di accedere alla gioia del cuore, ce la dà oggi San Paolo nella lettera ai Filippesi: "Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi. Perché molti, ve l'ho detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo: la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra. La nostra patria invece è nei Cieli" (Fil. 3, 4 - 1).
Parole dure, ma dette con le lacrime agli occhi, perché chiunque ha conservato nel cuore almeno il desiderio della bellezza dell'anima, sa cosa vuol dire soffrire per chi si perde, in famiglia o nella società. Così come tutti conosciamo lo stupore quando incontriamo qualcuno il cui cuore pare essersi fermato sul Tabor...anche se il Tabor, a volte, è il Calvario.
In un Convegno di giovani, eravamo stati invitati a soffermarci sui vari loro ambiti ed interessi: chiesa, musica, cultura, politica, tempo libero... Tra gli oratori, di alto profilo, vi era una bellissima giovane americana. Tutto in lei era davvero luce: il volto, il corpo, le parole, il sorriso. Volle raccontarmi la sua vita. Americana, modella per tanti anni, ad un certo momento era caduta in depressione, che è davvero l'inferno dell'anima. Seppe incontrare chi l'aiutò ad uscirne: un sacerdote santo. Lentamente riemerse in lei la nostalgia del Padre. Ed entrò, anche se con atica, nel cielo della fede. Scoprì un talento artistico: il canto. Percorse il mondo con le sue canzoni, trasmettendo voglia di gioia: la gioia che Dio le aveva ridonato.
I giovani che incontrava, e non sapevano della sua storia, rimanevano colpiti non solo dalle sue belle canzoni, ma soprattutto dal sorriso che dava uno splendore diverso alle parole e alla notte.
La Quaresima, carissimi, è entrare in questo splendore, come sul Tabor.
Ma dobbiamo salire il monte, ossia farci catturare dalla luce di Dio e strapparci le tante ombre che fanno male... tanto male.
Non resta che pregare, affidarsi alla Parola ed amare.

Antonio Riboldi - Vescovo -
Internet: www.vescovoriboldi.it
E-mail: riboldi@tin.it






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