ANNO A- 11 DOMENICA ORDINARIA Mt. 9, 36-10

Gesù inizia il nuovo popolo di Dio

Liturgia penitenziale

Signore Gesù, Figlio di Dio, tu sei per l’umanità la pienezza di vita e di grazia:Signore pietà

Cristo Gesù, Figlio dell’uomo, tu vieni in mezzo a noi a creare un mondo nuovo: Cristo pietà

Signore Gesù, Figlio primogenito del Padre, tu fai di tutti i popoli una sola famiglia: Signore pietà



Questo vangelo, è un po’ una sfida, un incitamento per noi che ci diciamo cristiani ad avere sempre più gli stessi sentimenti di Gesù.

Da un lato c’è Gesù e dall’altro la folla, quella di allora, ma che rappresenta tutta l’umanità.

Tra Gesù e le folle si stabilisce ancora una volta quello che è il suo sentimento fondamentale: la compassione.

La compassione esprime un sentimento che viene prima di ogni ragionamento, un sentimento istintivo e profondo che muove chi , pur essendo più forte, comprende e condivide la sofferenza e la debolezza dell’altro, ed è spinto ad aiutarlo e proteggerlo come una madre con il figlio.

Gesù vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore senza pastore”. Gesù, Dio venuto tra noi si trova davanti a tutta la gente del mondo e dalla profondità del suo cuore scaturisce questa sconfinata compassione.”Stanche e sfinite” dice il vangelo, e non è la stanchezza della fatica fisica di chi ha seguito Gesù per tante ore, al caldo, ma quella molto più profonda ed esistenziale di chi si sente angosciato, perché non ha in sé risorse che lo salvino; è la sfinitezza di chi è abbattuto perché non sa a chi rivolgersi, ed è sfiduciato.

E questo deriva soprattutto dalla mancanza di”pastori”, cioè di quelli che hanno il dovere, quindi possono e devono condurci verso un futuro migliore, verso:”i pascoli verdi ed il luogo del riposo” come dice la Bibbia.

Questa è la situazione che è sempre stata e la proviamo anche oggi, in tante maniere: dalla politica , all’economia, dal vivere in società; anche oggi, se siamo sinceri tutti proviamo questa stanchezza, sfiducia e quasi paura per l’avvenire.

Ebbene Gesù, di fronte a questa condizione umana non si accontenta di dirci la sua compassione, ma vuole fare qualcosa per aiutarci. Raccoglie i suoi discepoli con una chiamata forte, una chiamata a sé che è proprio un convocarli con energia e dà loro dei poteri che hanno il solo scopo di far capire a questa folla che qualche cosa di diverso e di molto migliore può finalmente accadere.

Vuol far capire che Lui non è solo venuto a fondare una nuova religione, ma una nuova umanità, che possa essere in amicizia con Dio. E una religione, come sappiamo, può essere molto meno di questo. E allora è la compassione che spinge Gesù a mandare i suoi discepoli ad annunciare ed a mostrare con i fatti che un tempo nuovo sta per giungere.

Questo è l’atteggiamento di Gesù di fronte a tutte le generazioni, a tutte le culture e a tutte le epoche, perché la stanchezza del mondo non finisce mai. Abbiamo lasciato alle spalle ormai tante speranze, tante utopie che una volta di più ci hanno illusi; e quelle attuali non sono da meno, sentiamo morire la speranza ed abbiamo ormai poche risorse umane cui attaccarci.

Certamente gli apostoli sono andati con molto entusiasmo, ma non era l’entusiasmo quello che Gesù voleva da loro e neanche da noi: voleva che avessero la sua stessa carità, compassione per i loro fratelli e sorelle.

Nella Chiesa è un vero cristiano chi condivide questo sentimento di amore. Non contano i successi, i libri, le parole, le promesse, ma raggiungere il livello della compassione di Dio tra di noi e quindi intervenire, secondo le nostre capacità, affinché ci sia del bene nuovo, concreto goduto e condiviso da tutti.

Questo leggiamo nella 2 lettura:”Dio dimostra il suo amore per noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”; nessuno gliel’ha chiesto, ma Dio ha mandato Cristo a stare con noi, a patire per noi.

Purtroppo la compassione, nel vivere odierno è considerata una debolezza: bisogna essere forti, sprezzanti degli altri, superarli in tutto, farsi vedere forti e prepotenti.. Questo lo vediamo tutti i giorni nel mondo, che è una sorta di formicaio , dove ognuno corre per i fatti suoi a svolgere il suo compito, ed a cercare il proprio successo, senza preoccuparsi degli altri, anzi, sovente calpestandoli.

Purtroppo la compassione rimane una eccezione, mentre è il sentimento unico e dominante di Dio per noi. E tutti ne abbiamo tanto bisogno, specialmente certi popoli del nostro povero mondo.

Ma Gesù parla di un dono gratuito di Dio:”Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

Per noi, abituati alla mentalità economica la gratuità è spesso una cosa difficile da accettare; noi siamo diffidenti persino quando riceviamo un dono.

Siamo stati così amati da Dio che ci ha donato tutto, ed ora anche noi dobbiamo amare e donare tutti i nostri fratelli. Non è solo un richiamo al disinteresse, noi che facciamo quasi tutto per interesse, è molto di più.

Lo stile di un Dio compassionevole è donare; e il cristiano che segue il suo Dio deve diventare come Lui.

Viviamo in un’epoca negativa al riguardo; abbiamo davanti un futuro politico, economico che ci spaventa, dove tutti dicono la sua, fanno le previsioni, rinnovano le leggi, promettono mari e monti, quando noi sappiamo benissimo che non ci sarà nessun miglioramento globale senza benevolenza e compassione.

La Chiesa è chiamata da Dio a dare la sua risposta a questo grande problema umano, anche se tanta gente la vuol far tacere e scomparire. Essa, cioè noi cristiani, abbiamo la grave responsabilità di introdurre dentro il sistema umano il sentimento di Dio che è l’unica medicina a tutti i suoi problemi. Per fortuna, c’è già tanta carità e compassione nel mondo; pensiamo ai volontari, ai missionari, a chi opera in tante istituzioni di beneficenza, ma ce ne vuole di più, specialmente tra noi; bisogna che tutti contribuiamo a credere meglio che il sentimento di Dio può davvero entrare nelle vicende umane. In famiglia, nel lavoro, nelle strutture in cui viviamo, non si può, volendolo, mettere in esse e in ogni atto umano più sentimenti dettati da Dio?

E dove si fanno le leggi, nel diritto, nella politica ci sono sicuramente ordinamenti politici che stanno procurando del male a tanta gente, perché sono ingiusti, perché il cristiano non fa sentire più forte la voce di Dio? Ecco la civiltà di una compassione che diventa a poco a poco consolatrice di moltissime creature.

Molti moriranno ancora purtroppo, prima di essere consolati e di trovare giustizia, in questo mondo; ma li consolerà Dio, li accoglierà tutti uno per uno, ne siamo certi, ma il regno di Dio incomincia di qua e tutti dobbiamo darci da fare.

Se le cose vanno male è perché c’è troppa gente senza cuore e senza compassione.

Se questo sentimento diventa nostro e ci sforziamo di averlo, daremo certamente inizio ad una nuova civiltà in questo mondo, almeno nel nostro piccolo.

Facciamo contento e ascoltiamo il Signore che nella 1 lettura ci manifesta il suo gran desiderio di far di noi qualcosa di grande, perché siamo suoi figli: “Ora se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa!”

Vogliamo provare a non deludere, ma provare ad ascoltare meglio Dio, nostro Padre?

Il nostro compito è seminare: una parola, un gesto d'amore, un atto di fede. Sarà il Signore, con i suoi tempi, a far maturare le situazioni. A noi rimarrà la gioia di essere stati suoi collaboratori, "matite nelle mani di Dio" (Madre Teresa).

Avremo tutto da guadagnare!

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