ANNO A – 4 DOMENICA DI AVVENTO Mt.1,18-24

FIDUCIA IN DIO

E' l'esperienza di Acaz, re del regno di Giuda, di cui ci narra il profeta Isaia nella prima lettura Contro di lui marciano popoli stranieri, per muovergli guerra (cf Is 7,2). Il re e la sua corte sono afferrati da timore "e il suo cuore e il cuore del popolo si agitarono, come si agitano i rami del bosco per il vento" Ma il Signore manda Isaia, il profeta, a rassicurarli, a testimoniare la sua fedeltà, la sua protezione Il re deve però sottomettersi al Signore, riconoscerlo come guida della storia, nella quale si manifestano i segni della sua volontà.

Acaz, però, non vuole chiedere un segno a Dio, non vuole riconoscere la sua potenza declinata nella realtà segnata dal tempo lui non interessano i segni divini, e nemmeno l'aiuto di Dio: perché non ci crede. È quanto facciamo anche noi, spesso, forse troppo spesso. Sarebbe sciocco se prendesse una direzione assecondando il suo intuito, le sue impressioni, o anche i suoi ragionamenti, imprecando poi con la segnaletica stradale che non gli ha impedito di perdersi. L'uomo, spesso, è proprio come questo viaggiatore. Segue il suo "fiuto", le sue convinzioni, salvo ritrovarsi spiazzato, vuoto, smarrito. Dio però supera la miopia che limita l'uomo di ogni tempo e che viene qui rappresentata da Acaz, e promette ugualmente un segno, un grande segno: un bimbo, concepito da una vergine, un bimbo discendente di re che sarà re .

L'incarnazione di Gesù, però, non avviene con squilli di tromba, né con effetti speciali; non si realizza sulla scena che solitamente la storia mette in primo piano, illuminata dai riflettori che inquadrano i potenti, quelli che si ritiene abbiano in mano il destino dell'umanità; piuttosto si compie nel nascondimento di una casa del popolo, in una famiglia apparentemente come tante. Il che dimostra come la storia, dal punto di vista di Dio, rispetti criteri spesso diversi, quando non alternativi, a quelli imposti dall'uomo.

Ma addentriamoci nel racconto evangelico di Matteo, per scoprirne la bellezza, la schiettezza, la profondità. Giuseppe e Maria, dunque, sono fidanzati La stipula del fidanzamento, presso gli ebrei, comportava un impegno così reale che il fidanzato era già chiamato "marito" e nel caso volesse rompere il rapporto poteva farlo solo con un "ripudio formale", cioè uno scritto ufficiale. Dopo un anno di fidanzamento si celebravano le nozze e i due sposi andavano a vivere insieme. Ebbene Giuseppe, proprio durante quest'anno di gioiosa attesa, viene a sapere che Maria aspetta un bambino. Proviamo a calarci nella scena. Quest'uomo contento perché di lì a poco avrà una sposa, una famiglia; impegnato a preparare la casa con i suoi attrezzi, visto che è carpentiere; occupato a stilare la lista di nozze, ad avvisare i parenti, a comprare il vestito... ecco, improvvisamente quest'uomo si sente recapitare la notizia che la sua fidanzata è incinta! Il mondo gli sarà caduto addosso. Che tradimento! Che disillusione! Un progetto di serenità andato in fumo. La convinzione di un amore, infranta. E forse la ferita più grande era l'aver giudicato male Maria, la sua promessa sposa, così gentile, pura, in apparenza. Ma la dalla nostra. Per noi sarebbe stato giusto ripudiare Maria, far sapere a tutti il suo tradimento, e mantenere così il realtà era un'altra, ben più meschina: Maria l'aveva tradito e tradito nel tempo dell'innamoramento, della freschezza dell'amore. Giuseppe però è un uomo giusto (cf Mt 1,19). L'idea di giustizia, nella Bibbia, è diversa buon nome della propria casa; ma giustizia, per l'ebreo, voleva dire essere fedele a Dio, obbediente al Signore. Perciò Giuseppe decide di licenziare Maria in segreto, cioè di rompere il fidanzamento senza spiegazioni pubbliche.

È un gesto generoso: chissà la gente che cosa poteva pensare! Probabilmente che quei due giovani non avevano aspettato il matrimonio per "conoscersi" e che Giuseppe era un poco di buono, dato che lasciava una ragazza sola con un figlio. Anche questa disponibilità, questa generosità, vengono però superate dal disegno divino, che Giuseppe accetta. In sogno, infatti, un angelo lo invita ad accettare la situazione, espressione del volere di Dio (cf Questa è fede! La fede di un uomo umile eppure rispettabile, che deve cambiare improvvisamente la prospettiva della sua vita. Accettare quel figlio non suo. Accettare la verginità di Maria e la castità verso la sua sposa. Accettare il rischio di un futuro strano, incerto, soggetto alle decisioni di un altro, di Dio, scelto come guida e interprete della storia, della vita. Oggi noi siamo chiamati a fare una scelta tra il comportamento di Acaz e quello di Giuseppe. Non possiamo non farla. Anche rimandando la decisione, anche rimanendo indifferenti, di fatto scegliamo di vivere come piace a noi, o come lo riteniamo conveniente. Ma la fede è altro. L'onestà, la giustizia, il rispetto delle leggi e dell'altro sono atteggiamenti positivi, ma sono soltanto successivi alla scelta radicale, che è la scelta di Cristo. La nostra vita prenderà una direzione nuova, assumerà un fascino misterioso, potente, sarà pervasa dal rischio, magari sarà ritenuta fallita dal mondo. Ma in realtà sarà appagante, realizzata, gradita a Dio. Sei pronto a questa irruzione di Dio nell'esistenza? Sei pronto ad usare le chiavi che ti offre il Cristo per aprire il senso del tuo vivere, inserito nella storia del mondo? Se lo sei gridalo a Gesù che viene, accogliendolo con gioia.

Rendici capaci, o Padre, di accogliere la tua volontà come Maria, e di acconsentire ai tuoi disegni come Giuseppe. Ma rimani con noi e sostienici, perché da soli non possiamo fare nulla. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

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