Le NewsP  A C E

Notizie e Informazione a cura della Redazione
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Ultimo aggiornamento: 2008.12.08

 

 

LA PREGHIERA NELLA BIBBIA

La preghiera è come un regalo confezionato che contiene e narra la vita nel suo rapporto con Dio e i fratelli. Lo dicevamo nel mese precedente. Come fare perché la preghiera sia l’espressione della vita? Per prima cosa dobbiamo credere e constatare che “Dio è vicino a noi”, non fisicamente, ma di più, con il suo cuore e il suo amore. A volte ci troviamo a discutere all’infinito con alcune persone per dimostrare l’esistenza di Dio. Ma, è questa la cosa più importante? Siamo certi che Dio si aspetti proprio questo da noi cristiani?  Siamo certi che no.  Chi tra noi è interessato che sia dimostrata la propria esistenza? Credo nessuno, perché noi non siamo cose, ma  persone; e alla persona interessa essere riconosciuta come amico e non come esistente. Nelle nostre relazioni quotidiane, in qualsiasi azione facciamo, cerchiamo sempre di manifestare i nostri sentimenti, non la nostra esistenza. Allo stesso modo, Dio ha lasciato e lascia continuamente i segni della sua presenza amica in tutto quello che esiste. Chi gli è amico, lo riconosce, eccome se lo riconosce! Posso passare davanti a mille palazzi e non provare nulla, ma se tra questi ce n’è uno costruito dal mio amico Giovanni, in me scatta l’emozione, sento il bisogno di dirlo a chi mi sta vicino che quel palazzo lo ha architettato Giovanni e non smetto più di parlare di lui, del suo stile inconfondibile e della nostra amicizia. Se sono “amico” di Dio in ogni cosa che incontro e che mi accade vedo la mano e il cuore di Dio. A questo punto posso tacere? È così che nasce la preghiera che contiene la vita e narra quel meraviglioso rapporto tra me e Dio.

 

S.E. Mons. Mariano Crociata nuovo Segretario Generale della CEI
La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana accoglie con gioia e riconoscenza la nomina da parte del Santo Padre di S.E. Mons. Mariano Crociata a Segretario Generale. Il profilo intellettuale e spirituale del Presule, avvalorato dall’esperienza pastorale maturata nel governo della diocesi di Noto e prima ancora come Vicario generale della diocesi di Mazara del Vallo, costituisce la migliore garanzia per l’importante incarico a lui affidato per il servizio alle Chiese che sono in Italia.

- ComunicatoPresidenza.doc    - biografia.doc

 

S.E. Mons. Salvatore Pappalardo nuovo Arcivescovo di Siracusa
Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Siracusa S.E. Mons. Salvatore Pappalardo, finora Vescovo di Nicosia

Domenico Sigalini  altri autori e curatori...

Nella collana Sulla Tua Parola - Leggere il Vangelo oggi

Dio non ci abbandona mai. Non è un'affermazione scontata per la vita dell'uomo di oggi. Spesso passa l'idea di un Dio lontano, di un Dio a cui non interessa la vita degli uomini. Il nuovo libro di Domenico Sigalini va proprio nella direzione di riproporre con vigore la certezza dell'amore di Dio per l'umanità. Il titolo chiaro e indicativo dice ciò che ai cristiani, forti dell'incontro con il Signore che viene, è chiesto di gridare sui tetti, è chiesto di far sentire a tutti. Seguendo giorno dopo giorno i brani del Vangelo delle giornate di Avvento (e della Novena di Natale), l'autore propone un percorso di particolare interesse esistenziale e spirituale, un cammino di fede per una testimonianza cristiana più viva e incisiva nei luoghi della vita quotidiana. 

Scarica l'estratto del libro

 

Papa: Gmg Madrid 15-21/8 2011, prima la visita pastorale

La Giornata Mondiale della Gioventù 2011 si celebrerà a Madrid — così come annunciato da Benedetto XVI dopo la messa finale all’ippodromo di Sydney — e si svolgerà tra il 15 e 21 agosto. Lo ha annunciato l’Ufficio per la pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Spagnola. “Probabilmente — si legge nella nota dell’Ufficio — il Papa inizierà il suo viaggio apostolico in Spagna una settimana prima, l’8 agosto”.

 

 

 

- SPECIALE «IL LIBRO DEL PAPA»
.MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
BENEDETTO XVI
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

1° GENNAIO 2007 ►► news 15.12.06
  

 SPECIALE DOPO RATISBONA  Benedetto XVI e l'islam
     news 22.09.06

-Lombardi alla Sala alla stampa vaticana IL RITRATTO

Mons. Mauro Parmeggiani nuovo Vescovo di Tivoli
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Tivoli il Rev.do Mons. Mauro Parmeggiani, del clero della diocesi di Roma, finora Prelato Segretario Generale del Vicariato di Roma. E' nato a Reggio Emilia il 5 luglio 1961.Mons. Mauro Parmeggiani nuovo Vescovo di Tivoli
 

Foligno, nomina del nuovo Vescovo
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Foligno il Rev.do Mons. Gualtiero Sigismondi, Vicario Generale di Perugia-Città della Pieve. E' nato il 25 febbraio 1961 a Ospedalicchio di Bastia Umbra (Perugia).

 

GIORNATA PER LA VITA 2008

“I figli sono una grande ricchezza per ogni Paese: dal loro numero e dall’amore e dalle attenzioni che ricevono dalla famiglia e dalle istituzioni emerge quanto un Paese creda nel futuro. Chi non è aperto alla vita, non ha speranza. Gli anziani sono la memoria e le radici: dalla cura con cui viene loro fatta compagnia si misura quanto un Paese rispetti se stesso”. Si apre così il Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente in occasione della 30ª Giornata nazionale per la vita dal titolo “Servire la vita” che sarà celebrata il 3 febbraio 2008. “La vita ai suoi esordi, la vita verso il suo epilogo. La civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di servire la vita – prosegue il Messaggio -. I primi a essere chiamati in causa sono i genitori. Lo sono al momento del concepimento dei loro figli: il dramma dell’aborto non sarà mai contenuto e sconfitto se non si promuove la responsabilità nella maternità e nella paternità. Responsabilità significa considerare i figli non come cose, da mettere al mondo per gratificare i desideri dei genitori; ed è importante che, crescendo, siano incoraggiati a “spiccare il volo”, a divenire autonomi, grati ai genitori proprio per essere stati educati alla libertà e alla responsabilità, capaci di prendere in mano la propria vita”.Pubblicata 25.10.07   Documenti allegati:MessaggioVita2008.doc

Don Benzi, Lettera del Presidente e del Segretario Generale CEI
"A Lei, Eccellenza, e al presbiterio della diocesi di Rimini, come pure ai Responsabili dell’“Associazione Papa Giovanni XXIII” esprimiamo il più sentito cordoglio per la scomparsa di Don Oreste Benzi, fondatore di questa provvida iniziativa apostolica e caritativa, che arricchisce con la sua presenza e attività la vita della Chiesa in Italia e nel mondo, rendendo un prezioso servizio alla società umana nella cura dei più poveri e indifesi e nella condivisione diretta con gli ultimi". Si apre così la Lettera che S.E. Mons. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, e S.E. Mons. Giuseppe Betori, Segretario Generale della CEI, inviano a S.E. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini, in occasione della scomparsa di Don Oreste Benzi. "Ricordiamo con particolare riconoscenza la testimonianza di un grande ed esemplare sacerdote, uomo di Dio e quindi dei poveri, che ha saputo proporre un’esperienza di fede capace di interpellare, con la radicalità della sua testimonianza, il cuore di tante persone, attirando l’attenzione sulle condizioni dei più svantaggiati e di quanti soffrono nelle condizioni di tossicodipendenza, prostituzione e di emarginazione - si legge nella lettera -. Particolarmente significativa è stata la sua azione a contrastare la piaga dell’aborto, con efficaci misure di sostegno all’accoglienza della vita e con la preoccupazione di offrire a tutti validi ambienti di affetto ed educazione mediante la promozione di case-famiglia. In lui abbiamo potuto cogliere una mirabile convergenza di adesione senza riserve alla Chiesa e alla sua dottrina e di servizio disinteressato alla persona umana. Grati al Signore per quanto Egli ha donato alla Chiesa attraverso la vita e l’opera di Don Benzi, affidiamo al ricordo e alla preghiera delle comunità cristiane il suo incontro con il Padre celeste. lettera morte don Benzi.doc    Pubblicata 05.11.07

"Andiamo Altrove". Convegno nazionale
Dal 5 all'8 novembre 2007 a Montesilvano

“Andiamo Altrove. Spiritualità diocesana dei ministri ordinati per la missione in un mondo che cambia” è il titolo del Convegno di spiritualità per ministri ordinati in occasione del 50° della Fidei Donum. Si terrà dal 5 all'8 novembre 2007 a Montesilvano (Pescara). Si aprirà con la preghiera di S.E. Mons. Luigi Bressan, Arcivescovo di Trento e Presidente della Commissione per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. La prima relazione sarà affidata a Don Gianni Colzani, docente all’urbaniana. “Il 50° dell’enciclica Fidei Donum è occasione propizia per rilanciare proposte di stimolo e confronto sulla spiritualità missionaria; qualificare la spiritualità missionaria come spiritualità di comunione; far nascere nei partecipanti il desiderio della missione – spiegano gli organizzatori -.
I contenuti del convegno sono soprattutto quelli di cogliere le successive fasi di evangelizzazione durante i 50 anni della Fidei Donum, compreso quanto accaduto in Italia; mostrare il cammino della spiritualità dall’intimismo all’apertura, dall’attivismo alla contemplazione, recuperare elementi per una migliore definizione della spiritualità diocesana dei ministri ordinati in chiave missionaria; approfondire il carattere del ministero ordinato all’interno del rapporto tra Chiesa universale e Chiesa particolare”.

informazioni e programma nel sito www.chiesacattolica.it/missioni

45ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani
Oltre mille i delegati provenienti da tutta Italia che parteciperanno alle sei sessioni in cui è articolato l’evento

La 45ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani si aprirà nella Cattedrale di Pistoia il 18 ottobre 2007 per ricordare i cento anni della prima edizione svoltasi a Pistoia nel 1907. Oltre mille i delegati provenienti da tutta Italia che parteciperanno alle sei sessioni in cui è articolato l’evento.
Il tema è “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”. Ogni sessione approfondirà un tema specifico e di stretta attualità come “il bene comune nell’era della globalizzazione”, “le prospettive della biopolitica”, il rapporto tra “Stato, mercato e terzo settore”, “educare e formare” e nella sessione conclusiva il tema “Un futuro per il bene comune?”.
La prima giornata si aprirà a Pistoia con il saluto di S.E. Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia; del Sindaco di Pistoia Renzo Berti; di S.E. Mons. Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia. Interverrà S.E. Mons. Angelo Bagnasco, Presidente della CEI. La prima relazione della sessione inaugurale sarà tenuta dallo storico Andrea Riccardi, Ordinario di Storia contemporanea all’Università degli studi Roma Tre. Sulla figura di Giuseppe Toniolo, interverrà S.E. Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi e postulatore della causa di beatificazione di Giuseppe Toniolo. Giorgio Petracchi, Direttore del dipartimento Scienze Storiche e documentarie all’Università di Udine terrà una relazione su “Prima settimana sociale e impatto sul territorio”. 
“Nella Settimana del Centenario - spiega il Vescovo Arrigo Miglio - vogliamo fare “memoria costruttiva” del contributo culturale, sociale e politico che i cattolici hanno elaborato e offerto alla società, affinché il medesimo impegno si rinnovi e si rafforzi di fronte ai problemi non meno gravi che il nostro Paese deve oggi affrontare”. Poi un auspicio: “Possa la Settimana del Centenario diventare il punto di partenza per una nuova stagione di feconda riflessione e di rinnovato impegno dei cattolici verso il loro Paese, continuando una tradizione ricca non solo per una cultura ed un pensiero sociale profondamente radicati nel Vangelo ma anche per quelle figure di cristiani che, come Giuseppe Toniolo, hanno saputo vivere il Vangelo ed incarnarlo nella società del loro tempo”.
Nel sito internet
www.settimanesociali.it il programma dettagliato e tutte le informazioni utili per seguire on-line l’evento di Pistoia e Pisa.

"La Persona umana, cuore della pace"
Il 31 dicembre 2006 a Norcia la 39ª Marcia per la Pace
 

"La persona umana, cuore della pace" è il tema della 40ª Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2007. IL 12 dicembre nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI.

Il Messaggio papale si presenta strutturato in tre parti, in ognuna della quali il tema della persona umana viene progressivamente trattato in relazione ai vari aspetti della promozione della pace. Nella prima parte si evidenzia il senso e il valore della connessione tra persona umana e pace intese e proposte attraverso le categorie teologico-spirituali del dono e del compito; nella seconda, la verità della persona umana è messa in relazione con il concetto nuovo e innovativo di ecologia della pace; nella terza, la verità della persona umana è considerata in riferimento alla complessa realtà del rispetto dei suoi diritti fondamentali, del diritto umanitario internazionale e di alcune responsabilità inerenti all’azione delle Organizzazioni internazionali. Il Messaggio si conclude con un invito ai cristiani a farsi operatori di pace.
Il 31 dicembre 2006, a Norcia, avrà luogo la 39ª Marcia per la Pace. Informazioni e programma sono disponibili nel sito internet
www.chiesacattolica.it/lavoro oppure www.marciaperlapace.it . La Marcia è promossa dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace della Cei, da Caritas Italiana, da Pax Christi, dall'Arcidiocesi di Spoleto-Norcia e dal Comune di Norcia. Il programma della Marcia prevede il raduno nella Chiesa del Crocifisso di Norcia e una preghiera ecumenica. Seguirà una tavola rotonda presso il Teatro di Norcia sul tema della Giornata mondiale e sui problemi della fame nel mondo e della mancanza di acqua in molti luoghi del globo. Alle 16.00 presso il locale palazzotto dello sport sarà presentato il Messaggio del Santo Padre in occasione della 40ª Giornata mondiale della pace. Si proseguirà poi con varie riflessioni e testimonianze con musiche e storie su San Benedetto tratte da “ora et Labora” di Michele Paulicelli. Alle 19.30 prenderà corpo la Marcia-fiaccolata dal palazzotto fino alla Cattedrale. Qui alle 21 si terrà la celebrazione eucaristica presieduta da Sua Em.za card. Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio Giusitiza e Paci

S.E. Mons. Coletti Vescovo di Como

Il Papa ha nominato Vescovo di Como S.E. Mons. Diego Coletti, finora Vescovo di Livorno (Italia). S.E. Mons. Diego Coletti è nato a Milano il 25 settembre 1941. Entrato nel Seminario di Milano dopo la maturità classica, ha conseguito la Licenza in Teologia. stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1965, incardinandosi nell'arcidiocesi di Milano. Dopo l'ordinazione sacerdotale si è laureato in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. E’ stato quindi nominato professore nel Biennio teologico del Seminario Arcivescovile di Saronno (1968-1977). Nel 1977 viene scelto come Rettore del Seminario di Teologia di Venegono, dove è rimasto fino al 1983, quando ha ottenuto di poter usufruire di un anno sabbatico fuori diocesi. Rientrato in diocesi è stato assegnato come Parroco a Pino, sul Lago Maggiore e, contemporaneamente, nominato anche Assistente diocesano per l’AGESCI. Dal 1985 al 1989 è stato Assistente Diocesano dell'Azione Cattolica. Nel 1989 ha ricevuto l'incarico di Rettore del Pontificio Seminario Lombardo. Dal 1997 al 2000 è stato anche Assistente Nazionale dell'AGESCI. Eletto il 9 dicembre 2000 alla sede vescovile di Livorno, è stato ordinato il 13 gennaio 2001 12.12.06

S.E. Mons. Di Cristina Arcivescovo di Monreale

Il Papa ha nominato Arcivescovo di Monreale S.E. Mons. Salvatore Di Cristina, finora Vescovo titolare di Bilta, Ausiliare dell’arcidiocesi di Palermo ed Amministratore Apostolico della medesima arcidiocesi di Monreale. S.E. Mons. Salvatore Di Cristina è nato a Palermo il 16 marzo 1937. Ha compiuto gli studi liceali e filosofico-teologici presso il Seminario di Palermo. È stato ordinato sacerdote il 2 luglio 1960 per l'arcidiocesi di Palermo. Si è licenziato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense (1975) e in Scienze Patristiche presso l'Istituto Augustinianum di Roma, ove si è poi laureato nel 1983. Dal 1960 al 1979 è stato educatore nel Seminario di Palermo, dove è stato anche Direttore spirituale. Ha insegnato Lettere nella scuola media inferiore e superiore del Seminario (1960-1970) e di religione presso le scuole statali (1974-1979). Dal 1974 è stato docente di Patrologia presso la Facoltà teologica "San Giovanni Evangelista" di Palermo, della quale è stato anche Preside. È Vicario Generale dell'arcidiocesi dal 1999. È autore di numerosi studi a carattere patristico ed è Consultore della Congregazione per l'Educazione Cattolica. Eletto alla Chiesa titolare di Bilta con l’ufficio di Ausiliare di Palermo il 23 dicembre 2000, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 26 gennaio 2001. Attualmente è Segretario della Conferenza Episcopale Siciliana e Membro della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università della Conferenza Episcopale Italiana. Dal 29 settembre 2006 è Amministratore Apostolico dell’arcidiocesi di Monreale. 12.12.06

Scuola Cattolica
Presentazione 8° Rapporto Cssc

Presentato a Roma il 5 dicembre 2006 nel corso di una tavola rotonda dal titolo “Gli insegnanti di scuola cattolica in un sistema in transizione” l’8° Rapporto sulla Scuola Cattolica in Italia (Edizioni La Scuola). Sono intervenuti Luciano Corradini, Presidente nazionale Uciim e docente emerito di pedagogia; don Guglielmo Malizia, direttore del Cssc e ordinario di sociologia dell’educazione all’Università Pontificia salesiana; Carlo Petracca, consigliere del ministro della pubblica istruzione e docente alla Lumsa. Introdurrà S.E. Mons. Diego Coletti, Vescovo di Livorno, mentre Mons. Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio Cei, ha presentato il rapporto. Lo studio si articola in tre parti. La prima sezione delinea la fisionomia del docente di scuola cattolica oggi in Italia a partire dalla condizione generale dell’essere docente e insegnante di scuola cattolica. I risultati dell’indagine sul campo sono l’oggetto della seconda parte, in cui vengono presentate sistematicamente le ipotesi della ricerca, l’identità e le motivazioni degli insegnanti, la formazione e la pratica didattica. La terza sezione delinea le prospettive in riferimento al ruolo del docente nella comunità educante. Le conclusioni tentano poi di ricondurre a sintesi ordinata i numerosi contenuti esposti e di fornire alcune linee di azione. 12.12.06

Pubblicato il Sussidio Avvento-Natale 2006
"Quelli che udirono si stupirono"

E’ disponibile in tutte le librerie cattoliche e nelle diocesi attraverso gli Uffici liturgici diocesani il Sussidio Avvento-Natale 2006 dal titolo “Quelli che udirono si stupirono”. Il titolo del Sussidio rimanda al pellegrinaggio dei pastori a Betlemme e coniuga insieme l’ascolto e lo stupore. Tra le novità del sussidio la lectio divina preparata da dom Franco Mosconi, monaco camaldolese. “Se facciamo riferimento alla celebrazione eucaristica, e alla liturgia della Parola in particolare, è facile cogliere nel racconto dei pastori la voce della Chiesa attraverso la quale la parola di Dio raggiunge ogni uomo – scrive il vescovo Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, nella presentazione -. Ma allo stesso tempo, appare evidente l’importanza che tale ascolto assume nella vita del credente: colui che sa essere attento a questa voce, non può che lasciarsi sorprendere dalla novità e dalla ricchezza della Parola”. vai all'ufficio liturgico.....>>>>>>

Inizia il cammino verso Sydney 2008 : il tema “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni."

Iniziamo il cammino verso la GMG 2008 incominciando con........L’Australia oggi al centro dell’attenzione mondiale. La Santa Messa delle Palme, celebrata da Papa Benedetto XVI segna per Sydney l’inizio del suo ruolo ufficiale di città ospite del più grande evento giovanile, la Giornata Mondiale della Gioventù nel 2008.
L’Arcivescovo di Sydney, Cardinale George Pell, ha guidato la delegazione di giovani australiani a Roma per per la consegna della Croce della GMG e dell’Icona della Madonna avvenuta oggi in Piazza S. Pietro. I 70 giovani australiani coinvolti nella cerimonia indossavano giacche sportive con riprodotto il nuovo e sgargiante simbolo della GMG08, presentandolo così a migliaia di fedeli presenti in Piazza S. Pietro nonché alla stampa televisiva internazionale. Il Cardinale Pell ha presieduto inoltre la presentazione, da parte della delegazione australiana, del progetto elaborato per ospitare questo grande evento a Sydney nel luglio del 2008. Alla presentazione sono intervenuti anche il Ministro del Parlamento Federale Malcom Turnbull, a nome del Primo Ministro, ed il Premier del Nuovo Galles del Sud Morris Iemma. Entrambe i governi hanno messo a disposizione fondi e infrastrutture. La presentazione è avvenuta in occasione dell’Incontro Internazionale degli Organizzatori delle GMG, a cui hanno partecipato centinaia di giovani da tutto il mondo. Sempre in quest’occasione, la Commissione Organizzativa australiana ha scoperto il nuovo simbolo della GMG08 e presentato il quadro generale degli eveneti e delle manifestazioni che si terranno a Sydney dal 15 al 20 luglio 2008. Il Cardinale Pell afferma che la presentazione è
stata accolta positivamente, il Libro con la presentazione dei Lavori è stato definito un Capo-Lavoro. L’Arcivescovo Rylko ha presieduto l’Incontro: “ora guardiamo al futuro, ed il futuro ha già un nome – Sydney è il futuro.” I progetti presentati per il 2008 includono la tradizionale Messa celebrata da Papa Benedetto XVI, sessioni di catechesi, un pellegrinaggio, una Veglia notturna di preghiera, il Festival dei Giovani, spettacoli e manifestazioni. Alcuni eventi si svolgeranno al Porto di Sydney, il Centro Affari (CBD) ed il Parco Olimpico. Illustrata la pianificazione dei sistemi di accoglienza (alloggio, distribuzione del cibo, trasporti, sicurezza) per le 500.000 persone attese per la GMG. “La gente è entusiasta al pensiero che la GMG si terrà in Australia per la prima volta ed è soddisfatta di come stiamo portando avando il progetto coinvolgendo l’intera città”, afferma il Cardinale Pell. “Abbiamo registrato una risposta molto positiva alla presentazione dei nostri progetti, soprattutto per quanto riguarda gli elementi nuovi che abbiamo apportato alla GMG, come l’ePILGRIMAGE – il pellegrinaggio online che è uno strumento completamente nuovo di raggiungere i nostri pellegrini. “La GMG riunisce giovani da tutto il mondo per contemplare il volto di Cristo e la Sua Chiesa. La GMG costruisce ponti d’amicizia e speranza tra i continenti, popoli e culture. Il fatto che sia proprio l’Australia, che è vista da tutti come un paese tranquillo, abitato da gente da ogni dove ad ospitare tale evento, ha un gran significato.
“Credo siamo riusciti ad aggiungere un tocco decisamente “australiano” alla programmazione della GMG08, e molti degli organizzatori internazionali dicono di essere già curiosi di vedere quello che accadrà a Sydney e di toccare con mano l’ospitalità australiana.” “Tutti sono benvenuti, non solo i giovani cattolici, ma tutti quelli che hanno voglia di venire.” Si attendono più di 500.000 giovani pellegrini, di cui 135.000 internazionali alla GMG in Sydney nel 2008. Il tema “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni." (Atti 1,8) 70 giovani australiani hanno partecipato alla Processione delle Palme durante la Santa Messa di oggi in S. Pietro. Sari Blenkinsopp di Sydney ha letto una preghiera mentre Yasmin Fogliani di Broome ed Eric Robinson di Brisbane hanno preso parte all’Offertorio. 15 giovani australiani hanno ricevuto la Croce della GMG e l’Icona della Madonna da 40 giovani rappresentanti la Germania, ultimo paese ospite della GMG nel 2005. La Croce della GMG era stata inizialmente affidata ai giovani da Papa Giovanni Paolo II affinché la portassero nel mondo come simbolo dell’amore di Cristo per l’umanità. Dopo la consegna, la Croce verrà portata in Senegal, da dove inizierà il suo viaggio nel continente africano. Con l’avvicinarsi della GMG, visiterà vari paesi dell’Oceania e le 28 diocesi australiane, per giungere alla Messa di Apertura della GMG il 15 luglio 2008.
    news del 06.11.2006

Salvaguardia del Creato
Sussidio CEI

“Dio pose l’uomo nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gn 2,15)” è il titolo del Sussidio preparato dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e dalla Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo in occasione della Giornata per la salvaguardia del creato che sarà celebrata il 1° settembre 2006. Nel sussidio viene richiamato il capitolo X del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa laddove si sofferma sul degrado dell’ecosistema planetario esaminandone i diversi aspetti (inquinamento nelle sue diverse forme, mutamento climatico, crisi delle risorse idriche, riduzione della biodiversità, ecc). Non manca poi il riferimento alla salvaguardia del creato come impegno ecumenico. “Nella pluralità delle tradizioni cristiane confessare Dio come il Creatore è tema condiviso, sul quale è possibile un comune sentire e un reciproco arricchimento – si legge nel messaggio -. Ecco aprirsi, dunque, un importante spazio di dialogo e incontro tra i cristiani delle diverse confessioni, nel quale essi porteranno le rispettive sensibilità in vista di una crescita comune”. La versione integrale del sussidio è disponibile nel sito internet www.chiesacattolica.it/lavoro I vescovi delle due commissioni inoltre forniscono alcune indicazioni “per vivere la Giornata per la salvaguardia del creato” attraverso iniziative e attività tese a sensibilizzare le comunità diocesane e parrocchiali su un tema di stretta attualità. In tutte le diocesi italiani saranno previsti incontri di preghiera, momenti di approfondimento e di festa dalla HOME PAGE news del 04.09.2006

L'Ospedale Belcolle di Viterbo nominato "Ospedale Amico dei Bambini"

L'UNICEF Italia annuncia che l'Ospedale Belcolle di Viterbo ha raggiunto gli standard validi per il riconoscimento internazionale promosso da UNICEF e OMS "Ospedale Amico dei Bambini".
 L'iniziativa "Ospedale Amico dei Bambini" è stata lanciata nel 1992 al fine di assicurare che tutti gli ospedali accolgano nel migliore modo possibile i neonati e che divengano centri di sostegno per l'allattamento al seno. Dal lancio dell'iniziativa a oggi sono quasi 20.000 ospedali in 140 Paesi in via di sviluppo ed industrializzati hanno ottenuto il riconoscimento di "Ospedale Amico dei Bambini". Nei paesi dove gli ospedali sono stati riconosciuti è aumentato il numero di donne che allattano al seno ed è migliorato lo stato di salute dell'infanzia. L'Ospedale Belcolle di Viterbo è il primo Ospedale italiano con terapia intensiva neonatale ad essere riconosciuto "amico dei bambini" e si aggiunge agli altri nove ospedali italiani già riconosciuti: Bassano del Grappa, Soave, Merano, Montepulciano (Ospedali riuniti di Valdichiana), Casa di Cura La Madonnina di Bari, Bressanone, Vipiteno, Pordenone e Casa di Cura Santa Famiglia di Roma.

Verso una rete regionale di "Ospedali amici dei bambini"

 L'Ospedale Belcolle di Viterbo è la prima delle 17 strutture ospedaliere coinvolte nel programma di "promozione dell'allattamento al seno" lanciato nel 2003 dalla Regione Lazio a ottenere il prestigioso riconoscimento. Questo progetto, coordinato dall'Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) della Regione Lazio ha l'obiettivo di aumentare la percentuale di donne che allattano al seno ed intende creare una rete regionale di "Ospedali amici dei bambini". Per diventare "Ospedale Amico dei Bambini", un ospedale deve applicare le dieci norme specifiche UNICEF/OMS in favore dell'allattamento al seno, che prevedono, fra l'altro, di: non accettare campioni gratuiti o a buon mercato di surrogati al latte materno, non usare biberon o tettarelle, promuovere la formazione di tutto il personale, il rooming-in (sistemazione del bambino nella stessa stanza della madre 24 ore su 24) e una informazione corretta alle madri per incoraggiarle ad allattare esclusivamente al seno almeno per i primi sei mesi di vita del neonato. L'Ospedale Belcolle di Viterbo si è impegnato da tempo per il raggiungimento di questo obiettivo, costruendo un solido terreno culturale a favore dell'allattamento materno e sottoponendosi ad una accurata valutazione effettuata da una équipe di esperti del Comitato Tecnico di Valutazione dell'UNICEF Italia, con verifiche approfondite anche attraverso interviste alle madri e al personale, che hanno evidenziato la piena rispondenza alle norme previste dall'iniziativa internazionale. L'UNICEF Italia sottolinea come il progetto veda coinvolte in numero sempre crescente strutture ospedaliere in tutta Italia, espressione dell'interesse da parte del mondo medico e della salute per il diritto al benessere psico-fisico dei bambini italiani e degli altri paesi del mondo.

Per saperne di più

CONTINUA DALLA HOME PAGE.............. «Se un tempo la missione poteva essere pensata come dono a giovani Chiese bisognose di personale e di mezzi, oggi è sempre più evidente che la comunione è una categoria indispensabile per orientare la reciproca cooperazione. Non solo le Chiese del Sud del mondo hanno bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno di loro per crescere nell'universalità e nella cattolicità».
Così l'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, riassume ed esprime il profilo della sfida che interpella la Chiesa italiana a quasi cinquant'anni dall'enciclica Fidei donum del 21 aprile 1957. Cinquant'anni d'esperienza missionaria che hanno visto le diocesi del nostro Paese inviare preti e laici in tutto il mondo. Testimoni di Cristo fra i popoli. Alcuni fino al dono della vita.
Bressan è il presidente della Commissione episcopale per l'evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. A lui è spettato il compito di presentare - ieri a Roma, durante i lavori del Consiglio episcopale permanente - le iniziative della Chiesa italiana per il 50° della Fidei donum; fra queste il progetto di un documento che rilegga il cammino fatto finora e identifichi i nuovi profili della missione ad gentes.
Eccellenza, quale traccia ha lasciato la «Fidei donum» nella coscienza e nella vita della Chiesa italiana?
«Rileggendo a cinquant'anni di distanza l'esperienza dei fidei donum, dalle prime coraggiose partenze alle forme di cooperazione tra Chiese maturate in questi anni, ci rendiamo conto di quanto e come essa abbia contribuito alla crescita missionaria delle nostre Chiese. La partenza di sacerdoti già inseriti nelle nostre diocesi e nelle parrocchie ha portato la missione nel cuore delle comunità, vicino alla gente, aiutando a far sentire la missione ad gentes come una vocazione possibile per ogni battezzato».
Non solo dei sacerdoti, dunque...
«Già: grazie ai fidei donum si è consolidata l'esperienza di numerosi laici missionari, quota crescente delle partenze missionarie anche nella forma di piccole comunità formate da presbiteri, famiglie e consacrati».
Quali «frutti» ha fatto nascere il «seme» dei fidei donum nelle nostre comunità?
«Il servizio in missione, le lettere circolari, le visite, i rapporti sorti con le Chiese sorelle, hanno aiutato le comunità a sentirsi parte di una Chiesa universale e a confrontarsi con la vita dei cristiani in altre parti del mondo. Attorno ai fidei donum è cresciuto il ruolo dei Centri missionari diocesani quali soggetti della Chiesa locale chiamati a tenere viva la dimensione missionaria unitaria nelle comunità e a fungere da raccordo con le Chiese sorelle. Anche l'invito dei vescovi italiani a una pastorale dal volto missionario è stato sostenuto dai fidei donum e dai missionari ad vitam. Il rientro dei fidei donum ha messo poi a disposizione delle Chiese locali nuove risorse per un rinnovamento in senso missionario della pastorale ordinaria».
E nel presbiterio cos'è cambiato?
«Valorizzando la dimensione universale dell'ordinazione sacerdotale, l'esperienza dei fidei donum ha costituito - tra l'altro - un'occasione feconda per riflettere sulla dimensione missionaria degli itinerari formativi di seminaristi e presbiteri».
Che cosa significa ripensare come «dono» ma anche come «comunione» l'esperienza della cooperazione fra le Chiese?
«Non solo le Chiese del Sud del mondo hanno bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno di loro per crescere nell'universalità e nella cattolicità. Di fronte ai cambiamenti che vive la società e interessano la Chiesa, possiamo imparare molto dalla scuola della missione, dalle scelte e dalle esperienze delle Chiese sorelle, che già da tempo si confrontano con le dinamiche della prima evangelizzazione, del dialogo interreligioso, della multiculturalità, delle comunità di base, della scelta prefere nziale dei poveri, del numero elevato di fedeli affidati a un solo sacerdote o a un'équipe di preti, dell'essere comunità minoritarie in una società multireligiosa».
In Italia cresce il «personale apostolico» straniero, mentre diminuisce il clero italiano...
«Da un rilievo del 15 marzo 2006 risultano inseriti nel Sistema di sostentamento del clero 1.229 preti secolari stranieri, mentre alla stessa data i fidei donum italiani in missione sono 555. Questa situazione è destinata a influire non solo sul modo d'essere prete in Italia, ma anche di vivere la cooperazione fra le Chiese. In questo contesto va sottolineato il grande contributo che l'Italia dà all'evangelizzazione ad gentes con circa 14 mila missionari operanti in tutti i continenti e sostenuti dal nostro popolo cristiano. L'esperienza positiva dei fidei donum tuttavia resta una sfida: se oggi, di fronte alla diminuzione del clero, le diocesi possono essere tentate di chiudersi sui propri bisogni interni, essa dice invece che è giunto il momento di investire nella missione, consapevoli che questa scelta si trasformerà in ricchezza di rinnovamento per le nostre comunità. Intanto i Centri missionari diocesani avvertono la necessità di dare vita a percorsi pastorali che alimentino una maggiore comunione e progettualità nell'invio dei missionari e nell'accoglienza dei preti non italiani fidei donum».
Quando uscirà il documento della Commissione episcopale per la cooperazione tra le Chiese sulla ricezione in Italia della «Fidei donum»?
«Crediamo possa essere pubblicato verso la fine del 2007 a conclusione di una serie di convegni previsti sul tema e con una coraggiosa prospettiva per il futuro. Il documento vorrebbe aiutare le nostre comunità a rileggere i cinquant'anni di questa preziosissima storia missionaria, feconda anche per il martirio di undici dei suoi protagonisti, indicando quei rinnovati cammini d'impegno missionario ad gentes che i contesti ecclesiali e missionari degli ultimi anni evidenziano ed esigono».

VITA RELIGIOSA
In uno dei luoghi più noti della capitale si è insediata la comunità nata in Francia a partire dall’idea che le metropoli sono i «deserti» di oggi da rivitalizzare attraverso la liturgia

A Trinità dei Monti i monaci delle città

Da ieri la celebre chiesa è retta dalla Fraternità di Gerusalemme Questa sera una Messa in San Giovanni in Laterano con il cardinale Ruini

Da Roma Fabrizio Mastrofini

Un monastero nel cuore di Roma. Retto da una famiglia religiosa che proprio del dialogo tra l'esperienza monastica e la vita della città ha fatto il suo carisma. È iniziata ufficialmente ieri a Trinità dei Monti la presenza della Fraternità monastica di Gerusalemme, la realtà alla quale la Segreteria di Stato vaticana - d'intesa col governo francese, che ne è proprietario - ha affidato la chiesa dopo che, per carenza di vocazioni, le Suore del Sacro Cuore hanno dovuto abbandonare le opere educative e di accoglienza che qui gestivano. Una nuova presenza estremamente significativa per la città di Roma. E proprio a sottolinearlo, l'accoglienza è scandita in queste ore da alcune celebrazioni. A inaugurare il triduo, ieri pomeriggio, è stato il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, che ha presieduto un'affollatissima e commossa Messa di fondazione. Ma intensa sarà anche la giornata di oggi, che inizierà alle 8,30 con la recita delle Lodi nella cripta della Basilica Vaticana guidata dal vescovo Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano. Poi, a testimoniare lo speciale legame con la diocesi di Roma, sarà il cardinale vicario Camillo Ruini a presiedere alle 18,30 alla presenza dei monaci una solenne Eucaristia nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Domani, infine, la Messa domenicale a Trinità dei Monti, sarà presieduta dal cardinale Paul Poupard, presidente dei Pontifici consigli della cultura e del dialogo interreligioso. A Roma sono arrivati dodici tra religiosi e religiose, per dare vita a un servizio educativo e di accoglienza in una delle zone più caratteristiche della città. Ogni turista ha ben presente la scalinata di piazza di Spagna, pensata dal cardinale Mazzarino per un accesso monumentale alla chiesa e all'Accademia francese sulla sommità del Pincio. L'origine delle Fraternità monastiche di Gerusalemme risale al 1975: dopo aver vissuto l'esperienza di un soggiorno nel deserto del Sahara, il fondatore, pad re Pierre-Marie Delfieux, intuisce che occorre dare vita a un'esperienza monastica dentro «il deserto della città». Un segno capace di parlare dentro l'ambiente più comune per l'uomo di oggi. Con l'appoggio del cardinale François Marty, allora arcivescovo di Parigi, l'esperienza prende il via proprio nella capitale francese. Al 1978 risale la regola, che nel 1996 ha ottenuto l'approvazione della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. La vita nelle città, in comunità maschili e femminili, è proprio l'elemento che caratterizza le Fraternità di Gerusalemme. L'età media dei monaci piuttosto bassa (oggi intorno ai 33 anni) dà l'idea di quanto questo progetto di vita risponda a un bisogno del nostro tempo. Nelle Fraternità di Gerusalemme la vita contemplativa è ritmata dalle lodi del mattino, dalla preghiera di mezzogiorno, dalla recita dei vespri e dalla Messa quotidiana. La liturgia si ispira allo stile orientale ed è ricca di canti. Come tutti i religiose e le religiose, gli appartenenti emettono i voti di castità, povertà e obbedienza. Sono però affiancati dalle Fraternità evangeliche, aperte ai laici.

 

 I laici dal Vaticano II al quarto Convegno nazionale della Chiesa italiana:il cammino, il ruolo, le sfide,le prospettive nelle parole del presidente della Commissione episcopale per il laicato. «Come il Concilio, così anche l’evento di ottobre ci ricorda che molti uomini non possono conoscere Cristo se non per mezzo dei laici». Pubblichiamo oggi la prima parte dell’intervista al presule

Verona 2006, appello ai laici «Siate il volto della speranza»

Parla Paolo Rabitti, arcivescovo di Ferrara-ComacchioLe credenziali dei «credenti che sperano»? Il rispetto della vita, il nitore dell'amore, la verità della famiglia, l'onestà in economia e in politica, la competenza culturale, l'impegno per la pace

 

Il Convegno ecclesiale di Verona chiama a raccolta tutta la Chiesa italiana. Anche i laici. All'arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Paolo Rabitti, presidente della Commissione episcopale per il laicato e promotore della Lettera al laicato del 27 marzo 2005, abbiamo chiesto una riflessione sulla situazione, le difficoltà, le prospettive e le responsabilità dei laici cattolici, con uno sguardo che abbracciasse il cammino compiuto dal Concilio Vaticano II al Convegno di Verona.
Oggi pubblichiamo la prima parte del colloquio con Rabitti il quale, nei suoi studi e nella sua vita pastorale, ha potuto "respirare" al fianco dei padri conciliari l'aria nuova del Vaticano II, l'avvenimento che Giovanni Paolo II definì «la più grande grazia del secolo XX».
Guardando alla realtà della Chiesa in Italia, quale è stata la recezione del Concilio dal parte del laicato? E com'è stato accolto il laicato nella vita della Chiesa?
«Iniziando a presiedere il Vaticano II, Paolo VI disse: "Il Concilio vuol essere un primaverile risveglio di energie, quasi latenti nel seno della Chiesa" (29 settembre 1963). Vi sono consegne del Concilio che, se raccolte, avrebbero la forza per imprimere al popolo di Dio un ardimento, un fervore e "un balzo innanzi" - secondo l'espressione di Giovanni XXIII - "che potrebbero davvero operare, nella Chiesa e nel mondo, quel rinnovamento di pensieri, di attività, di costumi e di forza morale e di gaudio e di speranza che è stato lo scopo stesso del Concilio" (Paolo VI, 8 dicembre 1965). I laici sono stati "messi a fuoco" dal Concilio non per segregarli ma per renderli più vivamente e teologicamente inseriti dentro la Chiesa, autenticati nella loro specifica peculiarità originata in loro dai sacramenti dell'iniziazione cristiana: Battesimo, Eucaristia, Cresima. Così i laici sono stati investiti dal Concilio da una possente riconvocazione vocazionale che li ha reimmessi, come sono, dentro alla famiglia ecclesiale, per realizzarne la missione, per essere fermento e anima del mondo. Già Pio XII il 20 febbraio 1946 aveva chiesto ai laici "la chiara consapevolezza non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa"».
Ma tale messaggio è stato recepito?
«L'entusiasmo della prima ora postconciliare parve confermarlo. Lo stesso Paolo VI disse che pareva scoppiasse il cuore per la gioia che emanava dal Concilio. Tanto che non ebbe timore di attribuire al "fumo di satana" ciò che avvenne dopo. Avvenne infatti, ad esempio, non l'ingaggio apostolico dei laici propugnato dal Concilio, bensì un diffuso loro esodo dalla vita ecclesiale. Non maturò quella correlazione e comunione fra laici e pastori quale il Concilio auspicava proprio da coloro che, per definizione "erano legati da un comune necessario rapporto" (Lumen gentium, 32); bensì si è assistito, tante volte, ad uno svincolamento da quella "comunione" che pure è stata la parola-chiave, il pensiero dominante e l'obiettivo primario del Concilio. Forse non si era pronti a fronteggiare ciò che stava avvenendo nel mondo: la secolarizzazione delle culture; l'irruzione in ogni dove di un'impressionante mondanità di pensiero e di condotta; il risorgere di mentalità neghittose di chi non vuole pesi e fastidi, di chi non s'interessa più della sorte della "sua" Chiesa e, anzi, è sempre pronto a imputarle ritardi o lacune, anche se personalmente non muove un dito per essa».
Tutto ciò che cosa ha suscitato?
«L'accoglienza dei laici, da parte della Chiesa-comunità e da parte degli stessi pastori, non ha avuto quella scioltezza e positività che ci si attendeva. I vescovi - cito la Lettera al laicato - hanno scritto: "A volte, può essere che il laico, nella Chiesa, si senta ancora poco valorizzato, poco ascoltato o compreso. All'opposto, può sembrare che anche la ripetuta convocazione dei fedeli laici, da parte dei Pastori, non trovi pronta risposta, per disattenzione o per una certa sfiducia o un larvato disimpegno. Dobbiamo superare questa situazione"».
La Chiesa in Italia, nel cammino d'avvicinamento al Convegno di Verona, ha convocato tutti, compresi i laici, per rinfocolare la missione e rianimare nel segno della speranza una società che pare stanca e delusa. Verona sarà dunque l'occasione per un appello ai laici per rendere «presente e operosa la Chiesa - come si dice nella Lumen gentium, 33 - là dove essa non può diventare tale sulla terra se non per mezzo loro»?
«È evidente la situazione nella quale, ora, ci troviamo tutti, specialmente nel mondo occidentale: la sorte del globo appesa ad un filo, i terrorismi in agguato col panico di olocausti planetari; l'eclissi della razionalità e la pressione del relativismo, con comportamenti non più inquadrabili in un minimo di moralità; il perturbamento della verità e il deperimento delle evidenze etiche; l'enigma "giovani"; una generazione imprevedibile nel suo affacciarsi al futuro; il pericolo non ipotetico di difficili congiunture economiche mondiali... Tale fluidità di situazioni rischia di far "smarrire il futuro", "causando disorientamento, incertezza, stanchezza, e talvolta persino disperazione" (Traccia del Convegno, 1). La Chiesa italiana si ritroverà dunque a convegno: chiamerà cioè tutte le sue componenti per dire agli "smarriti di cuore: irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti; coraggio, non temete... quanti sperano nel Signore riacquistino forza" (cfr. Is 35,4; 40,31). "Non vi sgomentate... Cristo abiti nei vostri cuori; sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1Pt 3,15). Nel 1975 al Convegno ecclesiale di Roma fu detto: chi riceve i sacramenti sia evangelizzato ed evangelizzatore. Nel 1985, al Convegno di Loreto, fu detto: chi vive nella Chiesa sia ed operi da riconciliato e da riconciliatore. Nel 1995, al Convegno di Palermo, si disse: solo la carità è credibile per chi dà e riceve il Vangelo».
Ora viene Verona...
«E viene riconvocata la Chiesa italiana a "prendere il largo", là dove il Salvatore l'attende, per dire e trasmettere salvezza al "mondo che cambia". Siccome questo nostro tempo sembra chiudersi nel presente, noncurante del futuro, sottraendosi ai significati ultimi della vita e della storia, la terapia o il regalo che i cristiani possono recare è precisamente la speranza con i segni che la manifestino e la contagino. Come il profumo rigenera l'aria, così è "la testimonianza di chi sa sperare"».
Quali sono le credenziali dei «credenti che sperano»?
«Sono ad esempio il rispetto della vita; l'onestà nell'economia; la dirittura nella politica; la competenza nella cultura; il nitore dell'amore; la verità della famiglia; l'impegno nella propria professione; l'inventiva nel migliorare la società; la trasparenza nei rapporti; il contributo alla pacificazione; il coraggio dell'esporsi... Quando chi convive con i credenti fosse "forzato", dalla loro testimonianza cristiana, a chiedersi "ma cos'è che rende i cristiani tanto impegnati, tanto limpidi, tanto differenti?", saremmo alla soglia di una nuova evangelizzazione, perché la risposta sarebbe: "i cristiani derivano il loro impegno dalla speranza", cioè: "dalla convinzione che non hanno quaggiù una città stabile, ma cercano quella futura" (Eb 13,14). Proprio tale fede obbliga i cristiani, ancora di più, a vivere i compiti terreni. È per questo che san Paolo raccomandava ai cristiani di "rallegrarsi e di rendere nota a tutti la loro concezione di vita" (cfr Fil 4,5). Ecco perché Verona 2006 sarà un grande appello ai laici, come lo fu il Concilio: "Moltissimi uomini non possono né ascoltare il Vangelo né conoscere Cristo se non per mezzo di laici, che siano loro vicini" (Ad gentes,21)».
Perché i vescovi italiani hanno voluto indirizzare al laicato la «Lettera» del 27 marzo 2005?
«Mentre - come ho detto prima - a seguito del Concilio non si è vista esplodere quella "mobilitazione spirituale, quella trasformazione della comunità cattolica, quella somma di energie morali regalate al mondo moderno" (Paolo VI, 23 marzo 1966) che ci si aspettava, debbo contestualmente affermare che sono tuttavia fiorite tante cose e vi sono tante energie nei fedeli laici, non sempre manifeste, di cui bisogna ora rendersi conto e che bisogna "chiamare alla vigna", come diceva Giovanni Paolo II nella Christifideles laici. Era necessario far giungere una parola a questi fratelli e fedeli laici, prima di Verona, per invitarli a percepire quanto tale Convegno li riguarderà; per coscientizzarli circa l'estremo bisogno del loro apporto, quale la nazione implicitamente reclama in ogni risvolto del suo tessuto; per assicurarli del sincero e appassionato desiderio dei pastori di averli al fianco nei gravi compiti pastorali della Chiesa e di vederli operosi nel realizzare quel preclaro compito (Onus praeclarum" Aa,3) che consiste "nel fare di Cristo il cuore del mondo". La Lettera è nelle mani dei laici; è semplice, breve, intrisa di fiducia e rispetto. È come un biglietto-invito a venire o a "guardare" a Verona. Nella parabola della vigna si dice che l'ingaggio degli operai si è ripetuto cinque volte; questa nostra Lettera al laicato è certamente una chiamata, a giorno avanzato. La vigna necessita di tutto e di tutti».
Lei, che incontra tante aggregazioni laicali e tanti laici nelle diocesi italiane, ritiene che il laicato, oggi, contribuisca a rendere la Chiesa quale è quella descritta negli Atti degli Apostoli che «in pace, cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo» (At 9,31)? O invece riscontra la tendenza che san Paolo verificò nella Chiesa di Corinto: «non unione di pensiero, ma discordie; non comunione in Cristo ma rivendicazione del rispettivo maestro-fondatore» (1Cor 1,11; 1,13; 3,2)?
«Paolo VI chius e il Vaticano II con una singolare affermazione: "La religione del nostro Concilio è stata principalmente la carità". A rigor di logica la Chiesa doveva, dopo il Concilio, scoppiare di carità: fra i pastori; fra pastori e "gregge"; fra preti, religiosi, laici; fra laici e laici. Invece non sempre è stato così. Lo spirito contestativo si era infiltrato, in qualche misura, anche nella Chiesa. Talvolta, invece di cercarsi, ci si è diffidati; invece di correggersi, denunciati; invece di collaborare, ci si è fatti concorrenza; invece di convergere intorno all'Autorità si è cercato di accaparrarsela; invece di cercare i frammenti di verità negli altri si è investigato e talvolta inventato l'errore altrui. Di questi antagonismi si sono impadroniti quanti miravano all'indebolimento della Chiesa e hanno molto sofferto, invece, quanti erano appassionati alla sua armonia e unità».
Situazioni inevitabili?
«Col senno di poi era quasi fatale che ciò avvenisse. Chi infatti trasferisce nella comunità cristiana dinamismi di fazione, si dimostra impreparato ad essere Chiesa. Chi non circonda i carismi col grande isolante dell'umiltà rischia di farne lo strumento di fiammate d'orgoglio e rivalità. Chi, da "frammento" qual è, si autoconsidera "il tutto", apre la porta a pericolosissimi sentimenti quali l'invidia, l'ira, la divisione... Paolo VI dichiarò che il Concilio "era stato una imponente revisione di vita"; ma forse non tutti avevamo compiuto tale revisione, impreparati allo spirito di verità, di fedeltà, di fervore, di rinnovamento comunitario, apostolico, pastorale, missionario, ecumenico».
Intanto però, grazie anche agli sforzi dei Pontefici e di tanti servitori della Chiesa, sembra che il barometro della coesione-collaborazione-comunione fra le aggregazioni evolva verso il "sereno".
«Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, mentre li hanno molto apprezzati e vivamente incoraggiati, hanno rimarcato, a gruppi, movimenti e associazioni ecclesiali, la necessa ria sintonia con i pastori; la debita convergenza verso le plenarie comunità, quali la diocesi e in esse la parrocchia (Christifideles laici, 35); la fraterna reciproca accoglienza e coesione. Speriamo che si vada sempre più verso la sinfonia delle forze. Da questo ci riconosceranno discepoli di Cristo. Se è vero che gli antagonismi della nazione possono ripercuotersi nella comunità ecclesiale, può succedere anche un influsso reciproco: le divisioni nella Chiesa possono transitare nella nazione. È certo, invece, che l'unità dei cristiani incide sul mondo perché, di tale unità, la Chiesa è segno e sacramento per tutto il genere umano. Così come incide positivamente sul mondo l'apologetica degli animi quando si vivono la dottrina e i valori della Chiesa. I martiri davano e danno la vita per la verità di Cristo e della Chiesa; e convincono. Invece a quei cattolici, che sono in perenne riserva mentale o dissenso circa la medesima verità, vengono fatti "ponti d'oro" da chi tale verità avversa per "professione"; ma poi, alla fine, costoro restano irrilevanti per sé e per tutti. Martire significa "testimone", non "libero pensatore"!».  09.08.06

AGGRESSIONE IN TURCHIA

È già stato dimesso dall’ospedale padre Brunissen, 75 anni, colpito al fianco domenica sera a Samsun. Arrestato uno squilibrato già conosciuto dalla vittima

Padre Pierre: «Mi ha ferito, ma lo perdono»

Il sacerdote francese aveva preso il posto di don Santoro «Mi ha attirato in una libreria e poi ha sferrato il colpo»

Da Samsun Stefano Rossi

«Mi sento bene». Non sembra scosso padre Pierre Brunissen, 75 anni, il sacerdotefidei donum francese accoltellato domenica sera, verso le sette, nei pressi di una libreria di Samsun. Eppure ha rischiato di essere ucciso dalla lama di un musulmano che stava per fare un altro martire, a pochi mesi di distanza dall'assassinio di don Andrea Santoro, il febbraio scorso nella chiesa di Santa Maria a Trebisonda. Un mese dopo l'uccisione, padre Pierre l'aveva riaperta. L'uomo, un 47enne che sembra soffra di disturbi mentali e che è già stato catturato dalle autorità, era conosciuto da padre Brunissen. Il sacerdote, che ha solo riportato una lieve ferita all'addome, dopo una leggera medicazione in ospedale, ieri mattina è tornato nella sua parrocchia. Racconta: «Quell'uomo lo conoscevo. Era venuto da me già altre tre volte. Ha detto che voleva presentarmi un suo amico. Ieri mi ha chiesto di accompagnarlo in una libreria e mi ha detto che li mi avrebbe presentato il suo amico. Quando siamo entrati gli ho chiesto dov'era e lui, per tutta risposta mi ha accoltellato al fianco, senza dire una parola. Nonostante tutto, non serbo rancore verso di lui». Il sacerdote francese, originario della diocesi di Strasburgo, sembra essere sicuro che si sia trattato solo del gesto di un pazzo e che quello che accaduto non sia invece dettato dal fondamentalismo islamico. «Da tempo - racconta padre Brunissen - sto cercando di creare, a partire dalla mia parrocchia dedicata alla Nostra Signora dei dolori, insieme ai miei pochissimi fedeli, il più possibile un clima di amicizia con i musulmani di Samsun, con le stesse autorità della città, da cui ho ricevuto solidarietà, e con la popolazione, nella quale ho molti amici e con cui mi trovo molto bene». Eppure sembra la fotocopia esatta di quel che accadde cinque mesi fa a Trebisonda quando un giovane assassino, sparandogli da due metri di distanza, uccise don Santoro. Anche lì si pensò al gesto di uno squilibrato ma, in realtà, molti sostengono ch e ad armare la mano di queste persone siano i fondamentalisti islamici che purtroppo sono presenti da queste parti e non vengono adeguatamente tenuti a freno da politici e governanti. Il religioso francese, comprensibilmente getta acqua sul fuoco: «No, non credo che gli islamici abbiano utilizzato questo uomo. Probabilmente è solo uno squilibrato e il suo non era un attacco esplicito contro la Chiesa cattolica. Ma non posso escluderlo con certezza: non lo so, tutto è possibile. Non credo però che il mio aggressore sia sotto l'influenza dell'integralismo islamico. Anche la libreria in cui mi ha attirato non è islamica». E aggiunge: «Forse è solo un pazzo che voleva apparire sui giornali. Il rapporto con i musulmani è buono. Pensi che in molti mi hanno addirittura telefonato oggi per chiedermi come stavo e per esprimermi piena solidarietà». La stampa turca ha riportato ieri un'intervista dell'attentatore, apparsa sul quotidiano Hurriyet, che si chiama Atila Nuran, in cui lo presenta come uno schizofrenico sotto terapia di psicofarmaci e riportano la solita accusa rivolta ai sacerdoti cattolici. «Quel sacerdote - dice Nuran - mi proponeva soldi perché cambiassi la mia religione e venissi in chiesa». Un'accusa ingiusta che echeggia spesso sui media turchi e che non fa altro che alimentare odi e pregiudizi nei confronti dei cristiani che si sentono discriminati in questo angolo sperduto di Turchia. Che la situazione sia tesa, in queste zone, lo sta a dimostrare il fatto che sette anni fa la chiesa di Samsun rischiava di essere rasa al suolo per fare costruire una strada al suo posto. Solo sette anni di diatribe legali hanno sancito il diritto dell'edificio religioso di restare al suo posto evitando l'abbattimento. Al cimitero cristiano di Trebisonda è invece andata peggio: tre anni fa, in una sola notte, è stato completamente distrutto dalle ruspe
    05.07.06

ATTORNO A PIETRO
Ricevendo i vescovi di Lituania, Lettonia, ed Estonia il Papa ha sottolineato che una modernità senza autentici valori umani rischia la tirannia dell’instabilità e dello smarrimento

«Difendete la vita e la famiglia»

La fragilità dei legami coniugali ed il secolarismo minacciano la società nei Paesi Baltici e la Chiesa ha un grande compito da svolgere per il progresso e la difesa della vita. Lo ha ribadito ieri Benedetto XVI, nel discorso rivolto ai vescovi di Lituania, Lettonia ed Estonia, ricevuti insieme al termine della loro visita «ad limina». «Accanto a nuclei familiari esemplari, ve ne sono sovente altri segnati purtroppo dalla fragilità dei legami coniugali, dalla piaga dell'aborto e dalla crisi demografica, dalla poca attenzione alla trasmissione di valori autentici ai figli, dalla precarietà del lavoro, dalla mobilità sociale che affievolisce i legami fra le generazioni, e da un crescente senso di smarrimento interiore dei giovani». Di fronte a questa analisi, Benedetto XVI ha proseguito sottolineando che «una modernità che non è radicata in autentici valori umani è destinata ad esser dominata dalla tirannia dell'instabilità e dello smarrimento». Per questo ogni comunità ecclesiale, «ricca della propria fede e sorretta dalla grazia di Dio», è chiamata «ad essere punto di riferimento e a dialogare con la società in cui è inserita». La Chiesa, «maestra di vita», ha spiegato ancora il Papa, «attinge dalla legge naturale e dalla Parola di Dio quei principi che indicano le basi irrinunciabili per edificare la famiglia secondo il disegno del Creatore».
I vescovi sono stati esortati inoltre a non mettere in secondo piano il carattere marcatamente civico di ogni azione a difesa della vita e della famiglia. «Non stancatevi di essere sempre coraggiosi difensori della vita e della famiglia; proseguite gli sforzi intrapresi per la formazione umana e religiosa dei fidanzati e delle giovani famiglie. È questa un'opera altamente meritoria, che spero sia apprezzata e sostenuta anche dalle istituzioni della società civile». Una società che porta ancora i segni, anzi le ferite dell'era comunista che «non sono del tutto rimarginate». A queste si aggiunge la crescente «influenza di un secolarismo che esalta i miraggi del consumismo e che fa dell'uomo la misura di se stesso». Una situazione sociale e culturale che «rende ancor più difficile la vostra azione pastorale, ma senza perdere la fiducia, proseguite instancabili nell'annunciare il Vangelo di Cristo, parola di salvezza per gli uomini di ogni tempo e di ogni cultura. Il Vangelo non mortifica la libertà dell'uomo e l'autentico progresso sociale; al contrario aiuta l'essere umano a realizzarsi pienamente e rinnova la società attraverso la dolce ed esigente legge dell'amore». Ai giovani in particolare va proposto «esplicitamente" l'ideale evangelico «senza compromessi», consapevoli che il Signore «non cessa di guardare con amore alla sua Chiesa e all'umanità».
Nel saluto rivolto al Papa, monsignor Sigitas Tamkevicius, Presidente della Conferenza episcopale lituana, ha sintetizzato la situazione del paese, che dei tre è l'unico a maggioranza cattolica. «Alla Chiesa in Lituania, anche in futuro spettano compiti difficili: essa non solo deve rendere più consapevoli i suoi membri, ma deve anche interagire con coloro che hanno una visione non corretta dell'annuncio salvifico di Cristo o ad esso sono indifferenti», ha osservato il presule, concludendo con l'invito al Papa a visitare il paese nel 2008 per i 400 anni dell'apparizione della Madonna a Šiluva. Parlando per la Chiesa della Lettonia, il cardinale Janis Pujats, arcivescovo di Riga, ha sottolineato che nel paese i cattolici rappresentano il 23 per cento della popolazione. Grazie all'impegno dei cristiani, la Costituzione del paese difende e tutela la famiglia, mentre tra i problemi da risolvere ci sono ancora quelli legati alla restituzione dei beni ecclesiastici e alla costruzione di nuove chiese.
  26.06.06

 

AFRICA SOFFERENTE
 

Bimbi d'Angola

Una nazione in ginocchio malgrado le sue ricchezze A Luanda quasi sei milioni di persone sopravvivono nelle bidonville, soltanto una minoranza si sta giovando del grande boom petrolifero che fa lievitare le entrate statali

Dal Nostro Inviato A Luanda Claudio Monici

Un aereo vola alto, preciso taglia a metà il cielo azzurro. Va lontano, lasciandosi dietro una scia bianca. Il giovane Alfonso allunga il dito verso quella cosa che gli scintilla sopra il naso, e ride. Quando gli si domanda se immagina dove stia andando quel puntino volante, resta muto e attonito. Ciò che gli preme è vendere qualcosa della scadente mercanzia, «made in china», che si porta in spalla. Si fa largo tra decine di improvvisati venditori ambulanti, molti a piedi nudi, che calpestano liquami e immondizia. Come termiti all'assalto dell'estenuante, sempre più caotico, fumoso, quasi paralizzato traffico di Luanda. Propongono di tutto, ma oggi c'è una curiosa invasione di coperchi in plastica per water, caricabatteria per telefonini e lampadari dalle ampolle "finto Murano". Alvaro è poco più grande, porta i pantaloni lunghi, rammendati davanti e dietro, e così unti di sporco da sembrare caduto nell'olio motore. Indossa una canottiera nera e rossa, orgogliosa bandiera dell'Angola che cerca riscatto ai campionati del mondo di calcio in Germania. Il ragazzo si farà avanti accompagnato dai suoi «bravi» quando, parcheggiata l'automobile, ci si sentirà rivolgere la richiesta di una «gazoza». Un «dono» in kwanza, la valuta locale, che sia almeno equivalente a un paio di euro. Quanto serve a garantire che la vettura non prenda il volo e ad Alvaro di godersi un po' di vita. Al tramonto, ma anche durante il giorno, e non solo nelle strade secondarie, questo sistema non vige più: sono coltelli o armi da fuoco ad accompagnare le richieste di soldi e di valori. La poco sana abitudine di chiedere una «gazoza» è comunque uno sport molto diffuso. I primi a farsi avanti sono, come sempre, i bambini di strada, i meninos de rua. Troppi e soli, dagli occhi acquosi e i visi sempre macilenti. Angelina tutte le mattine da quando ha cominciato a camminare, e sono ormai 12 anni, si schiaccia la fronte posandoci sopra una tanica gialla da 25 litri, colma d'acqua, da depositare nella ba racca della madre vedova, dopo una buona mezz'ora percorsa a piedi. Sotto il tetto di lamiera, senza gabinetto, senza elettricità, c'è anche un coro di fratellini dalle bocche spalancate, in attesa che qualcuno li nutra. Così ogni giorno che passa sotto a quel cielo solcato da un mondo che va lontano, anche gli uomini cariola aspettano, appoggiati spalle al muro, che qualcuno li ingaggi. Un lavoro per garantirsi quella saltuaria pietanza composta da polenta bianca, fagioli neri, erbe cotte e, forse, un pesce arrostito. E poi, se va bene, una sbronza al metanolo. Da qualche parte della città, sopra una branda senza materasso e lenzuola, lontana da un ospedale con le poche medicine che comunque non si potrebbe permettere, la ventenne Francisca è lentamente consumata dal colera. C'è una epidemia che ha già colpito 48mila angolani, uccidendone quasi 2000. La tosse rivela uno stato avanzato tubercolotico, probabilmente causata da una infezione di HIV. Mentre la malaria, oramai, è in una fase cronica. Francisca, pelle e ossa, quasi non si muove più dal letto. Dopo quasi trenta anni di guerra civile che ha piagato l'Angola, le aree rurali resteranno a lungo inaccessibili per le mine, e per la conseguente totale mancanza di qualsiasi opportunità di sviluppo. Aggravata dalla scomparsa di una generazione di artigiani, agricoltori e allevatori. Dunque non rimane che tuffarsi in qualche angolo nella grande città, convinti di potercela fare a cavallo tra legalità e illegalità. Ma sempre in bilico tra la fame che non smette di farsi sentire e le malattie che stagnano nell'aria di una diffusa maleodorante precarietà. Luanda è rimasta la capitale coloniale che era prima della guerra e che poteva permettersi di contenere mezzo milioni di persone; oggi si stima che gli abitanti siano tra i quattro e i sei milioni. Una capitale e un Paese provati dalla mancanza di infrastrutture, reti fognarie, strade. Senza ponti né industrie, dove a crescere a dismisura è solo l'inestricabile dedal o di bidonville. Dove si nasce e si muore senza avere l'opportunità di affacciarsi sul lungomare, punteggiato da bei ristoranti in cui siedono la ricchezza e il benessere derivati dalle risorse e dai commerci che in soli quattro anni hanno fatto fare un balzo in avanti a un ristretto numero di fortunati. Si sopravvive senza essere sfiorati dalla consapevolezza che il proprio Paese sta vivendo una crescita economica enorme. Un boom sostenuto da ricchissimi giacimenti petroliferi, che fanno dell'Angola il secondo Paese africano dopo la Nigeria, al pari con la Libia. Ogni giorno gli impianti pompano 1.500.000 barili di petrolio e, secondo gli esperti, la quota potrebbe raddoppiare nell'arco di un paio d'anni. Cifre da capogiro considerando il prezzo attuale al barile che è di 70 dollari, contro i 35 di appena un anno fa. Gli idrocarburi rappresentano il 95 per cento delle esportazioni. Un terzo se ne va in Cina. Le relazioni commerciali ammontano a 7 miliardi di dollari. I cinesi hanno aperto cantieri per aeroporti, strade, ferrovie, usando, si sussurra, manodopera prelevata nelle carceri di Pechino. Lavoro in Angola in cambio della remissione della pena. Nessuno fa mai domande inopportune quando si tratta di affari e diritti umani. Il petrolio rappresenta il 90% delle entrate statali. Lo scorso 2005 la crescita del Pil è stata del 15%, quella attuale del 18 e si prevede che presto potrà sfiorare il 30%. L'Angola, che dedica il 70% della propria spesa alle Forze armate, è al quarto posto della graduatoria mondiale della produzione diamantifera, oltre ad avere riserve di oro, uranio e altri minerali pregiati. Mentre le risorse idriche fluviali potrebbero offrire ampie possibilità di sviluppo agricolo. Un Paese potenzialmente tra i più ricchi dell'Africa, ma con 6 persone su dieci che vivono in condizioni di povertà e quasi altre 3 in estrema miseria. Con un tasso di analfabetismo elevatissimo. Aspetti che pongono l'Angola al 160° posto, su 177, nella graduatoria dello sviluppo umano dell'Onu. «Luanda è un sogno per tutti gli angolani, fuori di qui c'è il nulla. - dice Licinio, 27 anni, studente universitario -. Siamo usciti dal comunismo e dalla guerra. Ma sembra impossibile sfuggire alla corruzione e alla povertà»  19.06.06

Benedetto XVI a Valencia: così le giornate

Diffuso il programma del viaggio in Spagna che si svolgerà l’8 e 9 luglio

Veglia alle 21 e Messa la mattina successiva con le famiglie
Incontri coi reali e col premier José Luis Zapatero

Da Roma Mimmo Muolo

A meno di un mese dal quinto Incontro mondiale delle famiglie è ormai tutto pronto a Valencia. Ieri al clima dell'attesa si è aggiunto un altro importante tassello: la diffusione da parte della Sala Stampa vaticana del programma dettagliato del viaggio di Benedetto XVI, che come annunciato da tempo non mancherà all'importante appuntamento.
Il Papa si recherà n Spagna - terzo suo viaggio fuori dall'Italia dopo quelli in Germania e Polonia - l'8 e il 9 luglio e incontrerà sia il premier spagnolo, José Luis Zapatero, sia i reali del Paese iberico. Complessivamente la visita durerà circa trenta ore, dalle 9,30 di sabato 8 luglio alle 15,30 di domenica 9 luglio.
Il Papa partirà la mattina di sabato dall'aeroporto di Fiumicino e sarà accolto alle 11,30 all'aeroporto di Manises a Valencia. Alle 13 nella città spagnola incontrerà i vescovi iberici, ai quali rivolgerà un messaggio. Il programma del viaggio a Valencia, messo a punto dagli organizzatori vaticani e spagnoli, prevede - all'arrivo dell'aereo papale - la cerimonia di benvenuto, alla presenza delle autorità locali, il successivo trasferimento del pontefice alla cattedrale e alla basilica della Virgen de los desamparados dove Benedetto XVI rivolgerà un messaggio ai vescovi spagnoli. Intorno alle 13,30, nella Plaza de La Virgen reciterà l'Angelus. E quindi si recherà a pranzo nel palazzo arcivescovile di Valencia.
Il pomeriggio di sabato 8 sarà dedicato alle visite ufficiali. Alle 17,15 l'incontro con Re Juan Carlos e la Regina Sofia nel Palazzo della Generalidad. Da lì il Papa si trasferirà ancora nel palazzo arcivescovile per ricevere in udienza il premier Zapatero: il Protocollo, come di norma, ha infatti previsto due momenti differenti per le udienze ai Reali e al Premier.
Ma il momento più importante del primo giorno in Spagna sarà, alle 21, l'incontro «festivo e testimoniale», come lo definisce il programma, per la conclusione del V incontro mondiale delle famigl ie, nella Città delle Arti e delle Scienze, dove Papa Ratzinger terrà un atteso discorso. Quello della famiglia, del resto, è stato uno dei temi più presenti nel suo magistero, in questo primo anno di Pontificato. Specie per difendere la cellula fondamentale della società dagli attacchi sempre più destabilizzanti che la famiglia stessa ha dovuto subire in molti Paesi, compresa proprio la Spagna zapateriana.
La giornata di domenica, dopo il congedo dall'arcivescovado di Valencia, sarà incentrata sulla Messa e la recita dell'Angelus, nella Città delle Arti e delle Scienze. Dopo la celebrazione il Papa si trasferirà direttamente in aeroporto, dove alle 12,45 ci sarà la cerimonia di congedo. L'aereo papale partirà alle 13,30 ed è previsto che arrivi a Ciampino alle 15,30 
      13.06.06

La Presidenza della CEI stanzia 2 milioni di Euro, dai fondi derivanti dall’otto per mille, in favore delle popolazioni della zona di Yogyakarta in Indonesia, colpite da un disastroso terremoto

La Presidenza della C.E.I., a nome di tutta la Chiesa italiana, esprime viva partecipazione al dolore per le migliaia di vittime causate dal terremoto che ha colpito al zona di Yogyakarta in Indonesia.Tutti i fedeli sono invitati a pregare per le vittime del terremoto e a gesti di concreta solidarietà per sostenere tutte le persone colpite negli affetti e nei beni e per aiutare coloro che si stanno prodigando nel portare i primi aiuti e alleviare le sofferenze.Accogliendo l’appello del Santo Padre, che ha incoraggiato tutti ad adoperarsi per assistere le popolazioni colpite da questo disastro, la Presidenza della C.E.I., attraverso il Comitato per gli interventi caritativi a favore dei paesi in via di sviluppo, ha stanziato 2 milioni di Euro dai fondi derivanti dall’otto per mille, per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali. Come in altre occasioni, il Comitato sta prendendo contatto con la Nunziatura apostolica e con l’Episcopato locale per concordare gli interventi                                      26.05.06

«DOV'ERA DIO?»

QUEGLI INTERROGATIVI DEL PAPA

Una sera, al ritorno dai lavori forzati, gli internati di un lager nazista scoprono sul piazzale interno tre impiccati. Sono due adulti e un bambino, "l'angelo dagli occhi tristi". Le guardie costringono i prigionieri a guardare in faccia gli impiccati, come monito contro ogni velleità di ribellione. I due adulti sono già morti: il ragazzo è ancora vivo, la lingua rossa gli fuoriesce dalle labbra e gli occhi non sono ancora spenti. Ecco, allora, la terribile domanda di uno dei prigionieri: "Dov'è il buon Dio? Dov'è?".
Mentre ascoltavo le domande di Benedetto XVI ad Auschwitz ("Dov'era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Perché ha potuto tollerare tutto questo?"), spontaneamente mi è venuta davanti agli occhi la scena che Elia Wiesel aveva evocato nel suo noto romanzo "La notte" con lo stesso implacabile interrogativo. Un interrogativo che ha tormentato i credenti al punto tale da aver dato avvio a un modello di pensiero detto appunto "la teologia dopo Auschwitz". Una domanda che sembra infrangersi davanti alle porte del palazzo della trascendenza di Dio e lasciare la creatura umana sconcertata e abbacinata.
Ho qui davanti un fascio di ritagli dei giornali italiani e stranieri sulla visita del Papa ad Auschwitz. Tante sono le questioni affiorate, come è stato testimoniato anche dal nostro giornale, ma su questo problema così radicale si è solo balbettato qualcosa. E giustamente, perché chi ha diritto di interpellare Dio è solo Giobbe o quell'antico orante ebreo del Salmo 44, citato dal Papa, che era stato "messo a morte, considerato solo come carne da macello", oppure le vittime di Auschwitz. Loro solo possono persino rasentare la soglia della blasfemia, protestando contro un Dio che pare sordo e indifferente alle sue creature come un imperatore impassibile, "un leopardo che affila gli occhi", un gener ale trionfatore, per usare le terribili immagini giobbiche.
Sì, questo dev'essere per noi il tempo del silenzio, un silenzio che sarebbe da imporre anche ai teologi chiacchieroni, convinti di essere in grado di allestire una difesa d'ufficio per il loro Signore, incapaci di rispettare il mistero del "Dio nascosto", misterioso, cantato da Isaia (45, 15).
Eppure questo può essere anche il momento di una parola. È una confessione: prima di mettere Dio sul banco degli imputati, bisogna ricordare che quell'orrore nasce dalle mani dell'uomo, da quella libertà che è dono mirabile ma che può essere un esplosivo dirompente. Dio ha preso sul serio questa qualità che ci ha assegnato creandoci. Non la smentisce per comodità sua e nostra, non ci blocca come un sasso a leggi obbligatorie e a meccanismi fissi quando traligniamo.
Eppure la sua non è un'assenza o un silenzio assoluto, anche se la sua voce è inascoltata dalle coscienze accecate e dalla libertà impazzita e impazzata. E alla fine una risposta Dio a suo modo l'ha data. Vorrei ancora ritornare a Wiesel: anch'egli era tra quei prigionieri e quando aveva sentito la domanda: «Dov'è il buon Dio? Dov'è?», aveva confessato: «Io sentivo in me una voce che rispondeva: "Dov'è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca!"». Paradossalmente quella dello scrittore ebreo è la risposta cristiana che sulla forca vede Cristo, il Figlio stesso di Dio che, rompendo l'isolamento perfetto della sua trascendenza, non è solo accanto alle vittime come un consolatore magnanimo, ma è lui stesso vittima e impiccato.
E, allora, valgono le parole di un altro martire dei nazisti, il teologo Dietrich Bonhoeffer, che nel lager di Flossenburg scriveva: "Dio non ci salva in virtù della sua onnipotenza. Egli ci salva in virtù della sua impotenza in Cristo Gesù crocifisso e morto". Lassù, infatti, sulla croce non cessa di essere Dio e quindi di essere Salvatore.                  
     01.06.06

 

I movimenti dal cenacolo all'areopago. Come otto anni fa con Giovanni Paolo II. Con il cenacolo che ancora una volta sarà rappresentato da piazza San Pietro. Mentre l'areopago è l'immagine che richiama alla mente i diversi luoghi della vita di tutti i giorni in cui portare l'annuncio del Vangelo. Monsignor Stanislaw Rylko ricorre a una metafora di immediata comprensione - il cenacolo e l'areopago, la comunione e la missione - per spiegare il significato del nuovo incontro dei movimenti con il Papa. Un incontro fortemente voluto da Benedetto XVI già all'indomani della sua elezione, rivela il presidente del Pontificio Consiglio per i laici in questa intervista ad Avvenire. E dunque un appuntamento che, al pari di quello del 1998, dice l'arcivescovo polacco, sarà sicuramente «una pietra miliare» del cammino che dal cenacolo porta all'areopago.
Otto anni dopo l'incontro con i movimenti voluto da Giovanni Paolo II alla vigilia del Giubileo, anche Benedetto XVI convoca queste nuove realtà. Perché?
Non c'è da stupirsene. Papa Ratzinger ha una lunga consuetudine di rapporti, come teologo e come pastore, con i movimenti. Una consuetudine che risale all'immediato post Concilio e che si è rafforzata nel tempo. Il Santo Padre parla dei movimenti come di «nuove irruzioni dello Spirito nella Chiesa». E ha sempre visto in loro un modo forte di vivere la fede. Non dimentichiamo che al primo congresso mondiale del 1998 l'allora cardinale Ratzinger pronunciò una magistrale conferenza sulla collocazione teologica dei movimenti, che tuttora serve da bussola per la definizione dell'identità ecclesiale di queste nuove realtà.
Perché è stata scelta la Pentecoste di quest'anno?
Il Papa ha espresso il desiderio di incontrare i movimenti nella prima udienza ufficiale che mi ha concesso dopo la sua elezione. Era il 14 maggio 2005 e per straordinaria coincidenza era proprio la vigilia di Pentecoste. Si vede, dunque, che questa scelta rientra nel suo progetto pastorale riguardo alla Chiesa universale. Da un lato, infatti, è una scelta perfettamente coerente con il suo pensiero teologico, dall'altro si pone in continuità con il pontificato di Giovanni Paolo II. E infatti, come momento dell'incontro, ha voluto la vigilia di Pentecoste.
Che cosa è cambiato in questi otto anni?
Papa Wojtyla, in quel memorabile incontro del 30 maggio 1998, affidò ai movimenti un compito molto concreto: il raggiungimento della maturità ecclesiale. E disse che i due punti di verifica della maturità sono il senso della comunione ecclesiale e l'impegno nella missione. Io credo che queste indicazioni di Giovanni Paolo II abbiano davvero segnato il cammino degli ultimi anni. E molti passi avanti sono stati fatti.
Anche sotto il profilo della comunione?
Senza dubbio. Comunione che vuol dire inserimento nel tessuto vivo della Chiesa sotto la guida dei pastori, apertura gli uni verso gli altri, collaborazione con tutte le forze vive della Chiesa stessa. Tutti punti sui quali si sono registrati grandi progressi. È cresciuto il senso di fiducia tra i pastori e i movimenti e sempre più spesso questi ultimi vengono recepiti come un dono dello Spirito e non come un problema. Quanto poi all'impegno per l'annuncio del Vangelo, davvero i movimenti danno un enorme contributo. Ed è nota la loro fantasia missionaria, cioè la capacità di destare in tanti laici, e in famiglie intere, uno slancio apostolico straordinario.
Eppure c'è chi continua a parlare di zone d'ombra, soprattutto in merito alla comunione.
I movimenti sono realtà vive. E dove ci sono delle persone c'è anche il rischio che si creino incomprensioni. In questi anni sono stati segnalati vari rischi rispetto alle nuove realtà. Un certo spiritualismo disincarnato (cioè una sorta di fuga dal mondo per nascondersi nel comodo di una comunità di amici), l'assolutizzazione della propria esperienza di gruppo, il rischio dell'unilater alità, gli atteggiamenti della competizione malsana. Ma non direi che questi siano oggi dei problemi dominanti. Piuttosto va ricordato anche a questo proposito l'insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
E cioè?
Giovanni Paolo II diceva che i movimenti devono inserirsi nel tessuto vivo della Chiesa con atteggiamento di umiltà e che è compito dei pastori accoglierli con paterna cordialità. E Benedetto XVI - il quale già da cardinale sosteneva che i movimenti e i pastori hanno bisogno di lasciarsi educare e purificare dallo Spirito - ha ribadito da Pontefice che «le Chiese locali e i movimenti non sono in contrasto fra loro, ma costituiscono la struttura viva della Chiesa».
E nella logica dello scambio dei doni che cosa possono ricevere le Chiese locali dai movimenti?
Io sono convinto che queste nuove realtà sono anche un segno di contraddizione nella Chiesa. Come diceva il cardinale Ratzinger, costituiscono «una provocazione salutare», di cui le nostre comunità hanno bisogno. Dunque, in un certo senso fanno bene a non lasciarsi omologare dalla realtà a volte "grigia" della vita pastorale ordinaria. Invece di un cristianesimo stanco, scoraggiato, deluso, i movimenti propongono un cristianesimo pieno di entusiasmo, di gioia, dotato di grande forza missionaria e alla ricerca di sempre nuove strade per portare il Vangelo nel mondo. Perciò non dobbiamo avere paura di qualche tensione, perché le tensioni sono espressione di vitalità.
Con questo nuovo incontro e con il congresso mondiale che lo precederà si apre una nuova fase?
Credo che l'incontro di quest'anno, come quello del 1998 con Papa Wojtyla, costituirà una pietra miliare nella vita di queste aggregazioni. E piazza San Pietro diventerà ancora una volta un grande cenacolo all'aperto. Per questo, al centro di tutto abbiamo voluto mettere Cristo, la bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo. Ricordo che Papa Ratzinger, prima di andare a Colonia per la Gm g del 2005, in un'intervista alla Radio Vaticana, alla domanda su quale fosse la cosa più importante che avrebbe voluto trasmettere ai giovani, rispose: «Vorrei dire a questi giovani che essere cristiani è bello». Troppo spesso il cristianesimo viene collegato con un insieme di precetti e di divieti, un giogo insopportabile per la mentalità moderna. Invece è il contrario. Essere cristiani è bello. Incontrare Cristo è l'avventura più bella che ci possa capitare nella vita e il Santo Padre lo sottolinea spesso nei suoi discorsi. Ora, questo è anche uno dei punti di forza dell'esperienza dei movimenti e delle nuove comunità, che grazie ai loro carismi riescono a far scoprire a tante persone che il Vangelo è una realtà bella e affascinante.
C'è qui anche un possibile antidoto ai tanti attacchi che il cristianesimo dell'inizio del terzo millennio deve subire?
Sono certo di sì. Oggi la questione dell'identità cristiana è cruciale. Viviamo nell'epoca delle identità deboli e confuse. E quindi la Chiesa ha bisogno di cristiani ben formati che possano reagire adeguatamente alla mediocrità e all'indifferenza. Solo ciò che è bello riesce a scuotere. E solo ciò che ha la forza attrattiva della bellezza della vita vissuta può disarmare anche gli attacchi più ostili. Lo diceva con grande chiarezza Giovanni Paolo II: «Oggi non basta parlare di Cristo. Bisogna farlo vedere». E bisogna portarlo in tutti gli areopaghi della cultura e della vita sociale. Un compito che spetta soprattutto ai laici. Per i quali sono proprio il cenacolo e l'areopago i due poli della missione.

                                                                  01.06.2006

Benedetto XVI a Verona il 19 ottobre 2006
In occasione del 4° Convegno Ecclesiale Nazionale

Il Santo Padre, accogliendo l’invito della Presidenza della CEI, interverrà il giorno 19 ottobre 2006 al 4° Convegno Ecclesiale Nazionale, appuntamento decennale della Chiesa italiana, che si svolgerà a Verona (16-20 ottobre) sul tema “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”. Il programma della visita, comunicato dalla Prefettura della Casa Pontificia, è già definito e prevede l’arrivo del Santo Padre in aereo a Verona nella mattinata. Benedetto XVI incontrerà i partecipanti al Convegno nella sede dei lavori (Fiera di Verona) e, dopo il saluto del Cardinale Camillo Ruini, Presidente della CEI, e la presentazione dei lavori del Convegno, rivolgerà la sua parola all’Assemblea. Nel pomeriggio, il Santo Padre si recherà presso lo Stadio Comunale di Verona, dove, alle 16.00, presiederà la Santa Messa. A questa celebrazione sono invitati i fedeli di Verona e delle altre diocesi del Triveneto. Il rientro a Roma è previsto in serata. Al Convegno parteciperanno circa 2500 persone tra delegati delle diocesi, rappresentanti di istituti di vita consacrata, membri di aggregazioni laicali, invitati della Presidenza della CEI.     15.05.2006

 

Religione cattolica, pubblicato Annuario 2006
Il 91,6 per cento degli alunni si avvale dell'Irc

 


SSono stati resi noti dal Servizio nazionale per l'Insegnamento della religione cattolica della CEI i dati relativi a quanti si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica in Italia elabroati in collaborazione con l’Osservatorio socio-religioso del Triveneto. Dall’Annuario 2006 relativo all’anno scolastico 2005/2006 emerge che il numero degli avvalentesi dell’anno in corso rimane alto e corrisponde al 91,6 per cento degli alunni della scuola statale con un calo molto contenuto (0,2%) rispetto all’anno passato. Viene confermata oltretutto una tendenza emersa negli ultimi tre anni, “un’autentica novità sulla quale riflettere – si legge nel rapporto -: la flessione non riguarda tanto la Scuola secondaria di secondo grado quanto la scuola dell’infanzia”. Tra le principali cause di questo fenomeno, una è dovuta alla presenza di molti figli di immigrati che si inseriscono in un numero via via sempre crescente nella Scuola italiana e, secondo lo studio, ben oltre la metà di loro sceglie comunque di avvalersi dell’Irc. L’annuario è articolato in quattro parti (nazionale, circoscrizioni Nord, Centro e Sud, per regioni pastorali, per ciascuna diocesi), che permettono di delineare per l’anno scolastico 2005/2006 la situazione dell’Irc. L’indagine è stata effettuata su 189 diocesi delle 227 presenti in Italia, corrispondenti a una percentuale di adesioni dell’83 per cento. Il numero degli studenti presi in considerazione  è di 6.250.861 unità, delle poco più di 7.660.000 complessive, con una copertura scolastica delle scuole statali italiane pari all’81,5 per cento del totale. In abbinamento all’Annuario 2006, quest’anno assieme ai dati è stata pubblicata in tutte le librerie (Ed. La Scuola) la Guida alla lettura degli Obiettivi specifici di apprendimento del primo ciclo scolastico. Una guida molto attesa dagli insegnanti di religione perché è un valido strumento per garantire un Irc corrispondente sia al patto concordatario sancito dalle relative intese che alle prospettive pedagogico-didattiche indicate dalla riforma scolastica in attontesi dell’anno in corso rimane alto e corrisponde al 91,6 per cento degli alunni della scuola statale con un calo molto contenuto (0,2%) rispetto all’anno passato. Viene confermata oltretutto una tendenza emersa negli ultimi tre anni, “un’autentica novità sulla quale riflettere – si legge nel rapporto -: la flessione non riguarda tanto la Scuola secondaria di secondo grado quanto la scuola dell’infanzia”. Tra le principali cause di questo fenomeno, una è dovuta alla presenza di molti figli di immigrati che si inseriscono in un numero via via sempre crescente nella Scuola italiana e, secondo lo studio, ben oltre la metà di loro sceglie comunque di avvalersi dell’Irc. L’annuario è articolato in quattro parti (nazionale, circoscrizioni Nord, Centro e Sud, per regioni pastorali, per ciascuna diocesi), che permettono di delineare per l’anno scolastico 2005/2006 la situazione dell’Irc. L’indagine è stata effettuata su 189 diocesi delle 227 presenti in Italia, corrispondenti a una percentuale di adesioni dell’83 per cento. Il numero degli studenti presi in considerazione  è di 6.250.861 unità, delle poco più di 7.660.000 complessive, con una copertura scolastica delle scuole statali italiane pari all’81,5 per cento del totale. In abbinamento all’Annuario 2006, quest’anno assieme ai dati è stata pubblicata in tutte le librerie (Ed. La Scuola) la Guida alla lettura degli Obiettivi specifici di apprendimento del primo ciclo scolastico. Una guida molto attesa dagli insegnanti di religione perché è un valido strumento per garantire un Irc corrispondente sia al patto concordatario sancito dalle relative intese che alle prospettive pedagogico-didattiche indicate dalla riforma scolastica in atto    26.05.06

L'acustica tra i problemi dei progettisti di chiese
Convegno a vari dall'1 al 3 giugno 2006         

 “Progettazione di Chiese: il problema dell’acustica” è il titolo del Convegno nazionale che si terrà a Bari dall'1 al 3 giugno 2006. L’appuntamento segna l’inizio di un percorso di approfondimento nel vasto campo dell’edilizia sacra, strutturato intorno a tematiche relative alla progettazione delle nuove chiese. “Con l’ausilio di esperti del settore, ma con una taglio facilmente accessibile a tutti, si cercherà di offrire l’opportunità di individuare, affrontare e risolvere, in modo efficace ed in tempi relativamente brevi, le molteplici questioni implicate nella progettazione di una chiesa – sottolinea don Giuseppe Russo, direttore del Servizio nazionale per l’edilizia di culto della CEI -. IL convegno prende le mosse da un’accurata ricerca sull’acustica architettonica degli edifici di culto condotta dal dipartimento di Fisica Tecnica del Politecnico di Bari”. La ricerca ha consentito di rilevare le caratteristiche acustiche di più di 40 chiese del territorio nazionale, rappresentative di epoche e stili differenti, dal romanico fino all’architettura sacra contemporanea. Il convegno si aprirà giovedì 1 giugno intorno alle 16.45 con la relazione di S.E. Mons. Felice Di Molfetta, Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, Presidente della Commissione Episcopale per la liturgia                           26.05.03

LA MARCIA PAM    23.05.06
Cento Paesi del mondo dicono «no» alla fame

Manifestazione globale dell’Onu contro la malnutrizione che colpisce 300 milioni di bimbi

Oggi il mondo marcia contro la fame che assilla più di trecento milioni di bambini e quasi un miliardo di persone in tutto il pianeta. Sarà un evento globale, che coinvolgerà 700mila persone in oltre 100 Paesi attraverso i fusi orari: a promuoverlo, in collaborazione con Tnt e la rappresentanza italiana della Commissione europea, è il Programma alimentare mondiale dell'Onu (Pam), che ha sede a Roma. Proprio a Roma c'è stata anche la presentazione mondiale della marcia «Fight Hunger: Walk the world 2006». A fare gli onori di casa il direttore esecutivo del Pam, James Morris, assieme al vice sindaco di Roma Maria Pia Garavaglia e alla nuova ambasciatrice del Pam Maria Grazia Cucinotta. Presenti, tra gli altri, Ludo Oelrich, direttore di «Moving the world», partnership tra Tnt e Pam, e Jacques Betrand, responsabile dei Global Issues della Caritas Internazionale. «È una vergogna - ha detto Morris - che milioni di bambini soffrano la fame oggi», quando da quasi mezzo secolo c'è cibo a sufficienza per nutrire l'intera popolazione mondiale. «Quei bambini - ha esortato - hanno bisogno del nostro aiuto: oggi alle 10, in ogni località del mondo, dalla Nuova Zelanda, alla Cina, fino agli Stati Uniti, partirà la marcia e alcuni dei nostri colleghi scaleranno l'Everest e il Kilimangiaro per piantare in cima la bandiera del Pam e mostrare al mondo che non è possibile accettare questo flagello». In Italia, la marcia si terrà in contemporanea in diverse città: Roma, Brindisi, Catania, Firenze, Genova, Monza, Torino e Trento. A Roma prenderà il via da Piazza del Popolo. Da oggi, per quanti volessero dare il proprio contributo, sarà attivo un numero (il 48583) a cui mandare un euro attraverso un sms: un euro garantisce una settimana di cibo e studio a un bambino del terzo mondo.

CITTA' DEL VATICANO - Nel primo anno di pontificato, Benedetto XVI ha incontrato più di quattro milioni di persone tra pellegrini giunti per udienze generali o speciali, per gli Angelus domenicali e per le celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa. Per la precisione, secondo i dati forniti dalla Prefettura della casa pontificia, i pellegrini sono stati 4.078.600 (il dato comprende anche le persone iscritte alla udienza generale di domani, 19 aprile 2006). Agli oltre quattro milioni di presenze si arriva sommando 1.121.500 persone che hanno partecipato alle udienze generali, i 384.900 delle udienze speciali, i 697.200 delle celebrazioni liturgiche e il milione e 875.000 degli Angelus. I picchi di presenze si sono registrati in ottobre per le udienze generali, con 190.000 presenti; ancora in ottobre, con 132.400 persone, per le udienze speciali; in aprile 2005, con 220.000 persone, per le celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa e in dicembre, con 350.000 persone per gli angelus. Nel 1978 duecentomila fedeli parteciparono alle udienze generali di Giovanni Paolo II, eletto il 16 ottobre 1978, e nel '79 i partecipanti alle udienze generali furono 1.585.700. Non si hanno dati relativi alle udienze speciali, alle celebrazioni liturgiche e agli Angelus per i primi anni del pontificato di Karol Wojtyla             23.05.06

CODICE DA VINCI: SIGNIS, "NON È UN CAPOLAVORO CINEMATOGRAFICO"

"Tanto rumore per così poco…": con queste parole Signis, l'Associazione cattolica mondiale per la comunicazione che riunisce membri di 140 Paesi, liquida il film di Ron Howard "Il Codice da Vinci", tratto dall'omonimo libro di Dan Brown e proiettato ieri sera a Cannes in anteprima alla stampa, alla vigilia della presentazione ufficiale di questa sera in apertura al 59° Festival. "Molti cristiani di diversa formazione e sensibilità - afferma oggi Signis in una nota - erano preoccupati per l'uscita" del film che "lungi dall'essere un capolavoro cinematografico non è che un semplice strumento di intrattenimento popolare". Se "il romanzo tentava di convincere i lettori con ipotesi infondate e strampalate teorie - si legge ancora nella nota - il film tenta piuttosto di compiacere tutti e di non urtare nessuno". Di qui gli interventi degli sceneggiatori, volti "a sfumare le affermazioni più controverse del romanzo sulla Chiesa, la divinità di Gesù, il ruolo di Maria Maddalena e perfino l'Opus Dei". "Il bombardamento mediatico che ha seguito la pubblicazione del romanzo – conclude Signis - ha dimostrato l'enorme impatto sul pubblico delle campagne di promozione. Speriamo che la Chiesa possa beneficiare di questo fenomeno per spiegare i fondamenti teologici della fede e della speranza cristiane".                                                                   23.05.06

Servizio civile, occhio al nuovo bando

Arriverà tra qualche settimana il nuovo bando nazionale per il Servizio civile volontario. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire per quei ragazzi tra i 18 e i 28 anni che hanno deciso di dedicare un anno della propria vita al servizio degli altri. Un’esperienza umana e professionale allo stesso tempo, che permette ai giovani di crescere come individui e di partecipare a un’iniziativa che sarà riconosciuta nel momento in cui entreranno nel mondo del lavoro. Così è stato fino a questo momento per molti di coloro che hanno svolto il servizio civile a Telefono Azzurro. Lo scorso anno, la onlus ne ha accolti 208, che si sono misurati con gli aspetti più diversi del lavoro in associazione: dallo sviluppo dei centri territoriali alla promozione delle attività di Telefono Azzurro sul territorio. E allora occhi aperti: il bando sarà pubblicato sia sul sito dell’Ufficio nazionale servizio civile www.serviziocivile.it, sia su quello di Telefono Azzurro. La scadenza per presentare la propria domanda – da inviare alla sede prescelta dal candidato - sarà fissata a un mese dalla pubblicazione e il servizio inizierà a luglio o, più probabilmente, a settembre. Per maggiori informazioni, a disposizione degli aspiranti volontari c’è l’infoline di Telefono Azzurro 800.090.335 (dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 18.30) o l’indirizzo email serviziocivile@azzurro.it.                                                                  15.05.2006

 

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 43.a Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni - 7 maggio 2006

“Vocazione nel mistero della Chiesa”

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Cari fratelli e sorelle!
La celebrazione della prossima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni mi offre l'occasione per invitare tutto il Popolo di Dio a riflettere sul tema della Vocazione nel mistero della Chiesa. Scrive l'apostolo Paolo: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo ... In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,3‑5). Prima della creazione del mondo, prima della nostra venuta all’esistenza, il Padre celeste ci ha scelti personalmente, per chiamarci ad entrare in relazione filiale con Lui, mediante Gesù, Verbo incarnato, sotto la guida dello Spirito Santo. Morendo per noi, Gesù ci ha introdotti nel mistero dell'amore del Padre, amore che totalmente lo avvolge e che Egli offre a tutti noi. In questo modo, uniti a Gesù, che è il Capo, noi formiamo un solo corpo, la Chiesa.      
15.05.2006

 

Sacerdote italiano ucciso a bastonate

RIO DE JANEIRO - E' stato ucciso a bastonate nella sua parrocchia di «Nossa Senhora das Candeias» a Vitória da Conquista, nello Stato di nord-orientale di Bahia. E' la triste storia di un sacerdote italiano, Don Bruno Baldacci, che da alcuni decenni viveva nella cittadina di Victoria da Conquista, in Brasile L'omicidio sarebbe avvenuto nella notte tra mercoledi e giovedi e secondo gli inquirenti di Vitória da Conquista, il sacerdote sarebbe stato assassinato a colpi di bastone da alcuni giovani che si erano introdotti nel luogo di culto probabilmente a scopo di rapina. «Don Bruno stava organizzando un programma di recupero per ragazzi di strada dediti al consumo di droga; temiamo siano stati proprio alcuni di loro ad averlo ucciso»- ha detto alla Misna Mesias Ferraz, parrocchiano del sacerdote di La Spezia - «ero stato a trovarlo l’ultima volta nell’agosto scorso. Già in quell’occasione mi ero preoccupato perché alcuni ragazzi minacciavano di venire a rubare in parrocchia».

   

ALLARME - A dare l'allarme giovedi mattina è stata la segretaria del sacerdote, che non lo aveva trovato in ufficio. Il parroco don Luigi Gattellini di La Spezia, terra di origine di Don Baldacci e amico del prelato ha spiegato «Ci hanno informati che don Bruno Baldacci è stato ucciso, sembra a colpi di bastone. Don Bruno era amatissimo dalla gente del posto. Era in Brasile da 36 anni. Dopo aver studiato a Roma era andato in Brasile e là era stato ordinato. Ha speso la sua vita in quel Paese, pur essendo uno straniero ormai era una di loro», ha raccontato don Gattellini. Secondo le prime indiscrezioni la polizia locale avrebbe già identificato i responsabili, due ventenni, ma per il momento non sono stati diffusi altri particolari.
31 marzo 2006

 

ETICA E POLITICA
Il Papa: quello che sta veramente a cuore alla Chiesa è «la protezione e la promozione della dignità umana». Chi pretende di emarginare il cristianesimo minaccia «la stessa democrazia» «Vita, famiglia, educazione: non negoziabili» Sui temi forti «iscritti nella stessa natura umana», il Pontefice propone un dialogo con il mondo laico

Proteggere e promuovere «la dignità delle persone» sono «principi non negoziabili». E quando la Chiesa li richiama «ciò non costituisce una forma di intolleranza o di interferenza». Difesa della vita, «riconoscimento e promozione» della famiglia fondata sul matrimonio e difesa del diritto dei genitori all'educazione dei figlio «non sono verità di fede» ma «sono iscritti nella stessa natura umana» e sono «comuni a tutta l'umanità». Benedetto XVI ribadisce con forza il diritto della Chiesa ad esprimersi e a «illuminare le coscienze». E, nel farlo, tende la mano al dialogo col mondo laico su quei temi topici, sottolineando il carattere «non confessionale» dell'azione della Chiesa che, piuttosto, «è rivolta a tutti». In questo modo, il discorso rivolto ieri mattina ai partecipanti al convegno promosso a Roma dal Partito popolare europeo (che pubblichiamo integralmente a pagina 4), è destinato a segnare un punto fermo, quasi una pietra miliare. Discorso tanto asciutto quanto denso, nel quale Papa Ratzinger parte di nuovo dalla questione delle radici cristiane dell'Europa negando le quali, afferma, si darebbe solo «un segno di immaturità, se non addirittura di debolezza». E così per questo «quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o di interferenza, poiché tali interventi sono volti esclusivamente ad illuminare le coscienze rendendole capaci di agire liberamente e in modo responsabile». Una precisazione puntuale, questa del Papa, che ha fatto seguito all'apprezzamento espresso per il «il dialogo strutturato» previsto nel Trattato costituzionale tra istituzioni europee e Chiese e comunità religiose. Quel che infatti sta veramente a cuore alla Chiesa, ha spiegato Benedetto XVI, è «la protezione e la promozione della dignità della persona», ed è appunto per questo che «essa perciò sta rivolgendo consapevolmente particolare attenzione a princ ipi che non sono negoziabili». E li ha elencati in quei tre punti già ricordati all'inizio: «Protezione della vita in tutti i suoi stadi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia - come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio - e la sua difesa da tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono a destabilizzarla, oscurandone il carattere particolare e l'insostituibile ruolo sociale; la protezione del diritto dei genitori a educare i figli». In una chiave più generale, nella prima parte del suo discorso, Benedetto XVI aveva ricordato che per affrontare le grandi sfide che attendono l'Europa - «come la crescita e lo sviluppo dell'integrazione, la definizione di una politica di vicinato e il dibattito sul modello sociale» - «sarà importante» ispirarsi al patrimonio cristiano «che ha contribuito significativamente a forgiare l'identità di questo continente». Valorizzando infatti le proprie «radici cristiane», ha detto il Pontefice, l'Europa «sarà in grado fornire un orientamento sicuro alle scelte dei suoi cittadini, ne rafforzerà la consapevolezza di appartenere ad una comune civiltà e aumenterà l'impegno di tutti nell'affrontare le sfide del presente in vista di un futuro migliore». Benedetto XVI ha poi espresso ai presenti il proprio apprezzamento per il «sostegno» dato «all'eredità cristiana» del continente, che «può contribuire in modo significativo - ha affermato - alla sconfitta di una cultura, ormai largamente diffusa in Europa, che relega nel privato e nella sfera soggettiva la manifestazione delle proprie convinzioni religiose». Perché «politiche fondate su questa base» ha avvertito il Papa, comportano «il ripudio del ruolo pubblico del cristianesimo», minacciando «così la stessa democrazia, la cui forza dipende dai valori che promuove»

 

- Documento sulla Scuola Cattolica
"La riforma del sistema educativo e le prospettive del Paese

Il Consiglio nazionale della scuola cattolica, organismo collegato alla Cei, ha varato un documento dal titolo "La riforma del sistema educativo e le prospettive del Paese". I documento tratta dell'autonomia e della qualità educativa della scuola; della scuola e della formazione professionale; del "pluralismo istituzionale, diritto di scelta delle famiglie, effettiva parità scolastica"; delle politiche educative. "ci stanno a cuore - si legge nel documento - non gli interessi di parte, ma esclusivamente quelli dei giovani e delle famiglie e la promozione delle condizioni che rendono possibile un'assunzione di responsabilità condivisa da parte di tutte le componenti vive della società civile"                       2006.03.29  

Disegni di speranza

Incontro Nazionale, Verona 29 aprile - 1 maggio

L'Azione Cattolica nel cammino della Chiesa

OBIETTIVI

  • Sintonizzare la programmazione associativa, nella sua scansione triennale, tematica e progettuale  (Contemplare – Condividere – Testimoniare), con il cammino della Chiesa italiana verso il IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona (“Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”);
  • Attivare modalità di ricerca, verifica e progettazione della vita associativa, in spirito di fedeltà al nuovo Progetto Formativo e di condivisione dei cammini dei Settori;
  • Sperimentare forme di apertura e di incontro fra l’associazione e la vita di una città che anche la Chiesa ha posto al centro del proprio cammino;
  • Rilanciare l’attenzione delle comunità ecclesiali alle linee pastorali del decennio (“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”) attraverso un contributo specifico di riflessione e di proposta relativo al tema del IV Convegno ecclesiale;
  • Promuovere una ricerca unitaria delle forme di vita che consentono di declinare la testimonianza cristiana secondo uno stile laicale esemplare, coerente e riconoscibile.

CONTENUTI

La riflessione intorno ai modi concreti di testimoniare il Risorto, speranza del mondo, è accolta con gratitudine e senso di responsabilità ecclesiale dall’Azione Cattolica, impegnata a fare tesoro della consegna di Giovanni Paolo II a Loreto (Contemplazione – Comunione – Missione), attivando un processo di realizzazione, capillare e sistematica, del Progetto Formativo.
 In tale prospettiva il convegno intende proporre - in spirito di dialogo con la città e di comunione con la Chiesa - una mappa articolata e aperta dei principali “Di-segni di Speranza”, che possono aiutare concretamente ed efficacemente il laico cristiano a contemplare e a testimoniare il Risorto, attraverso una dinamica positiva di approfondimento culturale, discernimento comunitario, responsabilità formativa e coraggiosa progettualità pastorale.

DESTINATARI

  • Adulti: vice presidenti,  assistenti e membri équipe diocesani; incaricati e assistenti regionali;
  • Giovani: vice presidenti, assistenti e membri équipe diocesani; incaricati e assistenti regionali;
  • ACR: responsabili, vice responsabili, assistenti e membri équipe diocesani; incaricati e assistenti regionali.

Sono altresì invitati a partecipare i presidenti diocesani, gli assistenti unitari diocesani e regionali, i segretari, presidenti e assistenti dei movimenti.

                                                                                                                                                                  17 marzo 2006

Visita Pastorale del Vescovo - programma.

 

Dopo aver visitato la Parrocchia S. Ignazio di Lojola del nostro Comune, Sua Eccellenza Reverendissima il Vescovo di Patti Monsignor Ignazio Zambito, torna nel nostro paese per incontrare le altre Comunità Parrocchiali. Di seguito il programma completo della Visita Pastorale.

 

PARROCCHIA MARIA SS. DI LOURDES – GLIACA

3 marzo, Venerdì:        ore 17:00 Via del Popolo (Bivio Stazione) arrivo della Croce dei Giovani. Via Crucis ed intronizzazione della Croce davanti alla Chiesa. S. Messa

4 marzo, Sabato:         ore 17:30: Via del Popolo, accoglienza del Vescovo. Momento di preghiera. In corteo alla Chiesa. Omaggio alla Croce.

ore 18:00 S. Messa.

                                   ore 19:30 Incontro con gli Operatori Pastorali.

6 marzo, Lunedì          ore 10:00 incontro con gli alunni e gli studenti delle scuole. Saluto del Dirigente. Omaggio dei ragazzi.

                                   ore 11:30 Visita del Vescovo agli Ammalati.

                                    ore 17:00 Contrada Iannello (Brolo) nella Chiesa Liturgia della Parola. Saluto di un componente la Comunità di Iannello.

ore 18:00 Contrada Lacco: saluto da un componente la Comunità e S. Messa. A seguire momento conviviale con Lacco e Iannello. Omaggio dei ragazzi.

7 marzo, Martedì:        ore 17:30 S. Messa con gli Ammalati.

ore 19:00 Vespri e incontro con i genitori ed i ragazzi del Catechismo.

 

Piraino centro

8 marzo, Mercoledì:    ore 10:00 visita alle Scuole Saluto del Dirigente. Omaggio dei ragazzi.

ore 11:00 visita al Comune (Sindaco, Carabinieri, Giunta, Consiglieri, Dipendenti)

ore 18:00 visita a Zappardino saluto da un componente la Comunità, S. Messa. Momento di Fraternità.

 

PARROCCHIA MARIA SS. DELLE GRAZIE – FIUMARA

 

10 marzo, Venerdì:      ore 17:00 Fiumara Accoglienza della Croce dei Giovani. Via Crucis e intronizzazione. davanti la Chiesa. S. Messa.

 

12 marzo, Domenica   ore 10:00 di fronte la Piazza De Gasperi accoglienza del Vescovo. Momento di preghiera. In corteo alla Chiesa. Omaggio alla Croce.

                                   ore 10:30 S. Messa.

                                   ore 17:00 incontro con la Comunità di Madonna del Lume

ore 18:00 Assemblea Parrocchiale (Sede Parrocchiale) segue un momento conviviale.

13 marzo, Lunedì:       ore 9:00 incontro con gli studenti della Scuola Alberghiera.

                                   Ore 11:00 incontro con i bambini dell’Asilo.

                                   Ore 18:00 S. Messa a Salinà e saluto da parte della Comunità.

                                   Ore 19:30 Incontro con gli operatori Pastorali di Fiumara in Parrocchia.

14 marzo, Martedì:      ore 16:00 S. Messa e Amministrazione del Sacramento dell’Unzione dei malati.

 

PARROCCHIA S.MARIA BAMBINA – PIRAINO CENTRO

15 marzo, Mercoledì:    ore 18:00 Da Fiumara parte la Croce dei Giovani, passa per Salinà, sosta, giunge a S. Costantino, sosta con un momento di preghiera, arriva a S. Arcangelo. Si celebrerà la liturgia penitenziale per tutta la Comunità.

16 marzo, Giovedì:      ore 17:00 Visita a San Costantino. Liturgia della Parola.

                                   ore 18:00 Visita a Sant’Arcangelo. S. Messa.

                                   A seguire, visita al circolo e rinfresco. Insieme con le due Comunità.

 

17 marzo, Venerdì:      ore 17:00 la Croce dei Giovani parte da Sant’Arcangelo con sosta a San Biagio per un momento di preghiera.

                                    ore 18:00 Al Convento accoglienza della Croce e Via Crucis con fiaccolata. Intronizzazione della Croce in Piazza Matrice. S. Messa.

 

Gliaca Salone Parrocchiale

18 marzo, Sabato: ore 16:00 IL VESCOVO INCONTRA TUTTI I GIOVANI DEL COMUNE al Salone Parrocchiale di Gliaca.

 

19 marzo, Domenica    Festa del Patrono San Giuseppe. Promesse di Matrimonio.

                                    ore 10:30 Piraino Centro Accoglienza del Vescovo presso l’Ufficio Postale. Corteo sino alla Chiesa Madre.

                                    ore 11:15 Saluto della Comunità.

                                    ore 16:30 S. Messa al Cimitero.

                                    ore 18:30 Incontro con gli operatori pastorali in Parrocchia.

22 marzo, Mercoledì    ore 17:00 S. Messa con gli ammalati e Amministrazione del Sacramento della Unzione degli infermi.

                                    ore 18:30 all’Asilo “Denti” incontro con i genitori dei ragazzi del Catechismo e del Corso di Cresima.

                                    ore 19:30 All’Asilo “Denti”, momento di fraternità con tutta la Comunità.

 

La Cittadinanza e l'Amministrazione Comunale  dà il “benvenuto” al Vescovo

L'appello sarà letto prima di Italia-Germania

Il Papa: «Basta razzismo negli stadi»

Benedetto XVI chiede al mondo del calcio di promuovere sempre «rispetto» e «dialogo

CITTÀ DEL VATICANO - Papa Ratzinger lancia un forte appello contro le discriminazioni razziali allo stadio e chiede al mondo del calcio di promuovere sempre «rispetto» e «dialogo». In occasione dell'amichevole di calcio tra Italia e Germania che si disputerà questa sera allo Stadio Franchi di Firenze, Benedetto XVI ha inviato un messaggio che verrà letto prima della partita dal vescovo ausiliare di Firenze, monsignor Claudio Magnago. La Federcalcio italiana e quella tedesca hanno voluto dedicare l'incontro alla lotta ad ogni forma di intolleranza razziale.


Nel messaggio inviato tramite il cardinale Angelo Sodano, Papa Ratzinger non manca di rivolgere un saluto ad autorità, organizzatori, dirigenti, atleti, e a quanti assisteranno ad Italia-Germania nello stadio fiorentino. Il Papa poi «esprime apprezzamento per le contestuali iniziative contro le discriminazioni razziali, promosse per rinsaldare la consapevolezza dell'importante funzione educativa dello sport al servizio della solidarietà e della pace». «Sua Santità - prosegue il testo - incoraggia il comune sforzo dispiegato per la promozione della civiltà dell'amore attraverso il paziente dialogo e il reciproco rispetto in ogni ambito della società ». Infine la benedizione apostolica e l'invocazione della «divina assistenza sui propositi e progetti di bene».

                                                                                                                            01 marzo 2006 

“Nella verità la pace”. Il messaggio del Santo Padre per la giornata mondiale della Pace 2006 ci invita a coniugare verità e pace.
Ci viene richiesto di metterci in cammino – come l’icona dei Magi richiamata alla GMG di Colonia – in ricerca della verità per poter raggiungere e CUSTODIRE la pace.
A volte come adulti siamo piuttosto pessimisti e pensiamo sia tutto inutile, ci sentiamo impotenti di fronte a tanto male che sembra vincere nel mondo.
Ma noi sappiamo e crediamo nel Cristo Risorto, crediamo anche nella capacità di riscatto dell’uomo, nella sua aspirazione più profonda alla pace come pienezza di vita.
Come si sottolinea nel testo
Vivi nella speranza “essere adulti di AC significa guardare al mondo con gli occhi di Cristo assumendone le gioie e le speranze... spendendosi per gli altri e non risparmiandosi per la causa del Vangelo”. In questo senso «custodire si deve coniugare ed assimilare al verbo “perdere” e solo così potremo far vedere Gesù agli altri» (cf pag. 83).
Il metodo del dialogo resta il fulcro sul quale far crescere il rapporto con gli altri.
Come adulti conosciamo quanto sia essenziale il dialogo nel rapporto intergenerazionale, nella famiglia, nel lavoro, nella comunità cristiana. Il dialogo richiede però, come elemento fondamentale l’ascolto dell’altro, il riconoscere che il Signore ha posto in ogni uomo l’anelito alla verità e che quindi ogni persona di buona volontà, che lavora per la giustizia, cammina verso la Verità.
Ritorna l’icona di Salomone giovane che chiede un cuore docile all’ascolto del Signore per poter discernere il bene dal male. Più ci poniamo in ascolto del Signore più avremo la capacità di ascolto, dialogo, confronto per ricercare insieme la Verità.
Tante possono essere le occasioni di dialogo e confronto da avviare nel corso del Mese della Pace, da valorizzare – tra l’altro – la Settimana di unità dei cristiani per il dialogo ecumenico.       01 marzo 06

La Bibbia ci Conduce alla Volontà di Dio ● Saluto e segno della croce  Introduzione al tema    Il 25 Marzo, festa dell’Annunciazione del Signore, il Vescovo dà inizio alla consegna della Bibbia a Tindari. Questa consegna poi continuerà nelle Parrocchie e nelle Piccole Comunità. Perché alla Bibbia diamo tanta importanza? Oggi vogliamo confrontarci su questa domanda. Chiediamo al Signore di assisterci con il suo Spirito e di farci crescere nella fraternità e nella fede. OSSERVAZIONE DELLA REALTA’a) Un fatto della vita di oggi      Il re di “Nonsodove”, essendo ormai vecchio, convocò i suoi tre figli: Valente, forte e risoluto, ma arrogante; Folco, intelligente, ma avido e ambizioso; Giannino, ancora giovane, il volto lentigginoso, svelto e furbo, ma oggetto degli scherzi dei fratelli che non lo stimavano molto.Il re disse ai figli: “È ora che io designi il mio successore al trono. Voglio bene a tutti e tre e non so chi scegliere. Pertanto ho pensato che chi di voi mi porterà lo Smeraldo Verde sarà re”. I figli sentendo quelle parole strabuzzarono gli occhi: lo Smeraldo Verde era stato il sogno di tutti i cavalieri, ma tutti coloro che avevano cercato di prenderlo erano morti. Il re allora disse: “So che vi ho chiesto una cosa molto difficile, per questo ho pensato di darvi qualcosa che vi potrà giovare”. Dicendo così aprì un contenitore in cui vi erano una spada, un sacchetto di monete d’oro e una conchiglia. Il re disse ancora: “Ecco: rappresentano la mia forza, la mia ricchezza, le mie parole: la lama di questa spada non può essere spezzata, chi avrà queste monete d'oro sarà il più ricco della terra e in questa conchiglia ci sono tutte le mie parole, quelle che vi ho detto da quando siete nati ad oggi. Scegliete».Valente e Folco si scambiarono un'occhiatina e scelsero secondo le loro inclinazioni, senza badare a Giannino. Con mossa rapida Valente afferrò la spada fiammeggiante e Folco il sacco di monete. Giannino prese la conchiglia e se la legò al collo. Poi tutti e tre partirono. Valente sul suo focoso destriero; Folco sulla sua carrozza dorata; Giannino a piedi, ma fischiettando.   Lo Smeraldo Verde si trovava nella grotta Ferrea e per raggiungerla bisognava attraversare per prima la foresta abitata dal bandito Molk. Valente ingaggiò una furibonda battaglia contro i suoi uomini; Folco gli offrì centomila monete d’oro, mentre Molk ne voleva di più. Quando giunse Giannino i fratelli non erano ancora là, uno a combattere e l’altro a contrattare.  Portò la conchiglia l’’orecchio e sentì la voce del padre che gli diceva: “Si prendono più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile di aceto”. Giannino preparò una deliziosa bevanda per il bandito e gliela offrì lodando per il suo coraggio e la sua generosità, cosa che mai nessuno gli aveva detto. Molk, commosso gli chiese cosa volesse in cambio. Giannino chiese di poter passare con i suoi fratelli attraverso la sua foresta. Molk glielo concesse. Giannino portò all’orecchio la conchiglia e sentì ancora la voce del padre: “Le ore del mattino hanno l’oro in bocca”; mentre era ancora notte riprese il cammino; giunse al lago delle tempeste prima dell’alba, quando ancora era ghiacciato e lo potè attraversare. I fratelli, invece, avendo dormito fino a tardi, quando arrivarono al lago il sole aveva sciolto il ghiaccio e perciò dovettero fare il giro lungo. Il terzo ostacolo prima della grotta ferrea era la palude della tristezza, immensa e piena d’insidie. Valente con la sua armatura veniva risucchiato dalle sabbie mobili; la carrozza di Folco si capovolse e tutte le monete andarono al fondo: tornati indietro, si sedettero ai bordi della palude disperati. Anche Giannino scivolò tante volte e fu sul punto di temere per la stessa vita, ma ogni volta portava all’orecchio la conchiglia dalla quale gli giungevano le parole del padre che lo guidavano e lo incoraggiavano. Così riuscì a raggiungere la grotta ferrea e a prendere lo Smeraldo Verde.                                 2006.02.20

     

RUINI: Don Andrea Santoro SARA' SANTO avvieremo presto la causa di beatificazione lo ha detto durante i funerali svolti nella basilica di San Giovanni in Laterano             2006.02.10

La testimonianza di Don Andrea Santoro. 

«Il Medio Oriente ha la sue oscurità, i suoi problemi spesso tragici e i suoi vuoti. Ha bisogno quindi che quel Vangelo che di lì è partito vi sia di nuovo riseminato e quella presenza che Cristo vi realizzò vi sia di nuovo riproposta. Vi scrivo da Roma dove sono arrivato da circa tre settimane e da cui, tra qualche giorno, ripartirò per la Turchia», scriveva padre Andrea sottolineando che quelli romani erano stati «giorni molto intensi dedicati a testimonianze, incontri, catechesi, conferenze, momenti di preghiera. Il tutto finalizzato a favorire passaggi di informazioni e conoscenze tra Medio Oriente, visto attraverso la mia esperienza personale, e la realtà del nostro occidente. Così è stato». Padre Andrea sottolineava di avere «trovato ovunque interesse e partecipazione e un sincero desiderio di capire e di allacciare legami di comunione. Ho sentito quanto sia importante e possibile a realizzarsi uno scambio di doni spirituali tra questi due mondi: il Medio Oriente, grande «terra santa dove Dio ha deciso di comunicarsi in modo speciale all'uomo - osservava - ha le sue ricchezze e la sua capacità, grazie alla luce che Dio vi ha immesso da sempre, di illuminare il nostro mondo occidentale».   2006.02.07

Il silenzio dopo l'assassinio di don Santoro- Europa senza radici condannata al mutismo, nelle news troverete un pensiero pubblicato sul giornale Avvenire da Carlo Cardia         2006.02.13

In una lettera pubblicata l'11 febbraio dell'anno scorso sul sito internet del Vicariato di Roma, padre Andrea Santoro, il prete ucciso in Turchia mentre pregava in chiesa, enunciava le ragioni della sua presenza in Turchia. La lettera era rivolta ai suoi amici e discepoli e sottolineava con forza la necessità di insistere e lavorare ad un dialogo interreligioso. 2006.02.07

 

 

TESTIMONE DEL VANGELO
Pochi giorni prima di essere ucciso a Trebisonda, il sacerdote italiano scrive agli amici italiani parole dense di amore per il popolo turco La rivoluzione del Vangelo vissuta in mezzo alla gente e le difficoltà della testimonianza quotidiana in una terra dove l’islam detta legge. L’offerta totale dell’esistenza all’ideale cristiano e il presagio del sacrificio

«I fili d’erba crescono anche nella steppa»

Carissimi,
voglio cominciare con delle cose buone, perché è giusto lodare Dio quando c'è il sereno, e non soltanto invocare il sole quando c'è la pioggia. Inoltre è giusto vedere il filo d'erba verde anche quando stiamo attraversando una steppa.
Ecco dunque alcuni fili d'erba verde. Qualche giorno prima di rientrare in Italia, nell'ora della visita in chiesa si è presentato un folto gruppo di ragazzi piuttosto vocianti e rumorosi. Ci sono abituato: per ottenere silenzio e rispetto basta avvicinarsi, ricordare loro che la chiesa è, come la moschea, un luogo di preghiera che Dio ama e in cui si compiace. Un gruppetto di 4-5 ragazzi, sui 14-15 anni mi si sono avvicinati e hanno cominciato a farmi domande: «Ma sei qui perché ti hanno obbligato?». «No, sono venuto volentieri, liberamente». «E perché?». «Perché mi piace la Turchia. Perché c'era qui una chiesa e un gruppo di cristiani senza prete e allora mi sono reso disponibile. Per favorire dei buoni rapporti tra cristiani e musulmani…». «Ma sei contento?» (hanno usato la parola mutlu che in turco vuol dire felice). «Certo che sono contento. Adesso poi ho conosciuto voi, sono ancora più contento. Vi voglio bene». A questo punto gli occhi di una ragazza si sono illuminati, mi ha guardato con profondità e mi ha detto con slancio: «Anche noi ti vogliamo bene». Dirsi «ti vogliamo bene», dentro una chiesa, tra cristiani e musulmani mi è sembrato un raggio di luce. Basterebbe questo a giustificare la mia venuta. Il regno dei cieli non è forse simile a un granellino di senape, il più piccolo di tutti i semi? Lo getti e poi lo lasci fare…E non è forse vero che «se ami conosci Dio» e lo fai conoscere e se non ami, quand'anche possedessi la scienza o parlassi tutte le lingue, o distribuissi i beni ai poveri, non sei nulla ma solo un tamburo che rimbomba?
Un altro filo d'erba. Una sera verso gli inizi di dicembre, ero in strada con il mio pulmino. Dovevo girare, ho messo la freccia e ho cominciato a voltare. Veniva una macch ina velocissima. Ha dovuto frenare per non investirmi. Uno è sceso e ha cominciato a urlare. Conoscendo l'irascibilità dei turchi, soprattutto se sono ubriachi, ho proseguito, temendo brutte intenzioni. Mi sono accorto che mi inseguivano. Arrivato in piazza mi hanno sbarrato la strada. Mi sono trovato con la portiera aperta, uno che mi ha sferrato un pugno, un altro che mi strappava dal sedile e l'altro ancora che voleva trascinarmi. Ho portato il segno di quel pugno per qualche giorno e la spalla, tirata, che a volte mi fa ancora male. È intervenuta la polizia: erano ubriachi ed è stato fatto un verbale a loro carico. Me ne sono tornato a casa stordito, chiedendomi come si potesse diventare delle bestie. Mi sono venuti in mente i litigi in cui ci scappa un morto, le violenze fatte a una ragazza sola, il divertimento sadico ai danni di qualche povero disgraziato. Devo dirvi la verità: ho avuto paura e per qualche notte non ho dormito. Continuavo a chiedermi: perché? Come è possibile? Una settimana dopo, verso sera, hanno suonato al campanello della chiesa. Sono andato ad aprire, erano tre giovani sui 25-30 anni. Uno mi ha chiesto: «Si ricorda di me?». Ho guardato bene e ho riconosciuto quello che mi aveva tirato per la spalla. «Sono venuto a chiederle scusa. Ero ubriaco e mi sono comportato molto male. Padre mi perdoni». «Va bene, gli ho detto, stai tranquillo. Ma non farlo più, per chiunque altro». Poi mi hanno chiesto di visitare la chiesa. Continuava a chiedermi scusa ad ogni passo. Ha visto una pagina del vangelo esposta nella bacheca: «Amate i vostri nemici» e allora ha capito perché lo avevo perdonato. Poi mi fa: anche da noi c'è un detto: «getta i fiori a chi ti getta i sassi». Quindi ha continuato: «Abbiamo avuto un incidente qualche giorno dopo che l'avevamo picchiata. La macchina è rimasta distrutta, uno è ancora in ospedale e noi due siamo ammaccati. Da noi si dice che se uno fa del male a una persona e poi muore non può presentarsi a Dio. Perché Dio gli dice: è da quella persona che dovevi andare. Da voi padre è la stessa cosa?». «Anche noi diciamo che non basta rivolgersi a Dio, ma che bisogna riparare il male fatto al prossimo. Diciamo però anche che se l'innocente offre il suo dolore per il colpevole, questo ottiene da Dio il perdono per chi ha fatto il male, come Gesù che ha offerto la sua vita innocente per salvare i peccatori. Gesù si è fatto agnello per i lupi che lo sbranavano e ha pregato: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Con la sua croce ha spezzato la lancia». A quel punto hanno guardato la croce. Il terzo che era con loro era un mio vicino di casa, che aveva loro indicato la chiesa e si era fatto loro mediatore. Era felice di mostrare loro la chiesa e di aver ottenuto la riconciliazione col prete che conosceva. C'è scappato anche un invito a cena, al ritorno dall'Italia. Vedremo se il pugno ha fruttato anche un bel piatto di agnello arrosto!
Qualche altro filo d'erba? Un venerdì in chiesa un gruppo di ragazzi è stato particolarmente maleducato e strafottente. Altri tre, più grandi, assistevano da lontano. Alla fine mi hanno chiesto di parlare. Con molta educazione hanno fatto ogni genere di domande, ascoltando con rispetto le mie risposte e facendo con garbo le loro obiezioni. Ci siamo salutati. La mattina seguente un giovane ha suonato: ho riconosciuto uno dei tre. Mi ha consegnato dei cioccolatini: «Padre, accetti il mio regalo. Le chiedo scusa per quei ragazzi maleducati di ieri».
Un'altra volta entrano due ragazze: «Padre mi riconosce?», mi fa una. «Si, certo!». «Lei una volta mi ha detto che Gesù non ha mai usato la spada, è così?». «Sì, è così». «Maometto - mi fa - l'ha usata è vero, ma solo come ultima possibilità…». «Gesù - le rispondo - neanche come ultima possibilità. Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi, disse, e lui stesso s'è fatto agnello per guadagnare i lupi. Se contro la violenza usi la violenza si fa doppia violenza. Male più male uguale doppio male. Ci v uole il doppio di bene per arginare il male. Se scoppia un incendio che fai? Butti legna?». «No, acqua». «Ecco, appunto. Ma non è facile. Questo però è il vangelo. Nelle mani di Gesù non c'è la spada, ma la croce…». Mi ha seguito attenta, ma frastornata. Perché mi meraviglio? Quanti cristiani sono non solo frastornati, ma neppure guardano più la croce? Non colgono più la sapienza, la forza, la vittoria della croce. Si sono convertiti alla spada: nella vita pubblica e in quella privata. Se lo fa un musulmano in fondo non è strano: segue il suo fondatore. Ma se lo fa un cristiano non segue il proprio Fondatore, anche se ha croci da ogni parte, al collo, in casa e su ogni campanile.

Un altro filettino verde delicato. Sull’aereo, di ritorno da una riunione col vescovo a Iskenderun, c’erano accanto a me due anziani coniugi e una giovane ragazza, elegante e carina. I due anziani erano piuttosto malmessi e inesperti. La ragazza con molta delicatezza ha sistemato ad entrambi la cintura, si è piegata a terra a raccogliere alcune cose cadute, si è prodigata in ogni modo, non con rispetto ma con venerazione. Lui continuava a sgranare il suo rosario musulmano, accompagnando le mani con le labbra che pronunciavano i 99 nomi di Dio. Lei al suo fianco, muta e col velo sul capo, dava l’idea di sentirsi contenta accanto al suo bravo marito in preghiera.
Ora vi faccio intravedere qualcosa della steppa in cui mi è faticoso a volte camminare, ma in cui volentieri do tutto me stesso, cercando di essere io stesso un filo d’erba, anche se a volte mi sento una rosa piena di spine pungenti. Quando avverto che per difendermi dalle spine tiro fuori le mie, mi rimetto sotto la croce, la guardo e mi ripropongo di seguire il «mio» Fondatore, quello che non usa né spada né spine, ma ha subìto e l’una e le altre per spezzare la spada e toglierci le spine del risentimento, dell’inimicizia, dell’ostilità. Gli chiedo di farmi grazia del «suo» Spirito per tenere a bada il mio.
Cominciamo dai bambini. Accanto a quelli sorridenti, affettuosi, rispettosi si è intensificato in questi ultimi mesi un nugolo di lanciatori di sassi, di disturbatori, di «piccoli provocatori» di ogni genere. I bambini sono lo specchio del mondo degli adulti. A casa, a scuola, in televisione si dicono spesso di noi cristiani bugie e calunnie. Il risultato non può che essere lo scherno di quei «piccoli» che Gesù voleva a sé ma di cui metteva in guardia quanti li «scandalizzano» cioè quanti sono per essi «motivo di inciampo e di induzione al male». Mi sono ricordato di quando da bambino sentivo «parlare male» dell’unica famiglia protestante del mio paese o di quando sentivo dire che «tutti i turchi fanno cose turche». Il male che si riceve, a volte ti rimette sotto gli occhi il male fatto anche se dimenticato. In altri momenti mi tornano in mente le parole di Giobbe sofferente, figura della passione di Gesù: «Tutto il mio vicinato mi è addosso… anche i monelli hanno ribrezzo di me… mi danno la baia…» (Giobbe 18,7 e 19,18). Stiamo studiando una strategia ancora maggiore di affabilità e accoglienza, di silenzio, di sorriso, di persuasione.
Una famiglia di musulmani diventati cristiani prima che io arrivassi a Trabzon, mi ha parlato del pianto dei suoi bambini a scuola quando si diceva ogni sorta di male dei cristiani. Ne hanno parlato con l’insegnante ricevendo le scuse e un impegno di maggiore onestà e correttezza. Un padre di famiglia, registrato musulmano sul documento di identità (in Turchia sulla carta di identità è annotata la religione), desidera ritornare alla fede cristiana dei suoi antenati. Ma si scontra con gli insulti e le minacce di alcuni del suo villaggio. «Se mi assalgono e io rispondo sono ancora cristiano?», mi chiedeva preoccupato e pensoso. «Sì – gli rispondevo – perché il Signore capisce la tua debolezza. Ma ricordati che a noi cristiani non è lecito ’l’occhio per occhio e dente per dente’. Noi siamo discepoli di Colui che porta le piaghe su tutto il suo corpo e che ha detto a Pietro: ’Rimetti la spada nel fodero…’. Contro il peccato Gesù ha eretto come baluardo il suo corpo sacrificato e il suo sangue versato. Il cristianesimo è nato dal sangue dei martiri, non dalla violenza come risposta alla violenza". Un giovane che per motivi sinceri e retti si era accostato alla chiesa non ha resistito all’ostilità degli amici, dei familiari, dei vicini di casa e alle «premure» della polizia che pur garantendogli piena libertà («la Turchia è uno stato laico, sei libero», gli hanno detto) gli chiedeva comunque perché andava, cosa accadeva in chiesa e se conosceva tizio e caio... Una signora cristiana di nazionalità russa, sposata con un musulmano e madre di un bambino, mi raccontava le angherie della suocera, il disprezzo dei parenti perché «pagana e idolatra», e le ripetute spinte a divenire musulmana. Appena ha letto, entrando in chiesa, una frase scritta in russo, gli si è rischiarato il volto. Le ho dato una Bibbia in russo e altri libri di preghiera sempre in russo. Si è sentita finalmente «libera» e davvero «sorella».
Consentitemi ora una riflessione a voce alta, alla luce di quanto vi ho raccontato. Si dice e si scrive spesso che nel Corano i cristiani sono ritenuti i migliori amici dei musulmani, di essi si elogia la mitezza, la misericordia, l’umiltà, anche per essi è possibile il paradiso. È vero. Ma è altrettanto vero il contrario: si invita a non prenderli assolutamente per amici, si dice che la loro fede è piena di ignoranza e di falsità, che occorre combatterli e imporre loro un tributo… Cristiani ed ebrei sono ritenuti credenti e cittadini di seconda categoria. Perché dico questo? Perché credo che mentre sia giusto e doveroso che ci si rallegri dei buoni pensieri, delle buone intenzioni, dei buoni comportamenti e dei passi in avanti, ci si deve altrettanto convincere che nel cuore dell’Islam e nel cuore degli stati e delle nazioni dove abitano prevalentemente musulmani debba essere realizzato un pieno rispetto, un a piena stima, una piena parità di cittadinanza e di coscienza. Dialogo e convivenza non è quando si è d’accordo con le idee e le scelte altrui (questo non è chiesto a nessun musulmano, a nessun cristiano, a nessun uomo) ma quando gli si lascia posto accanto alle proprie e quando ci si scambia come dono il proprio patrimonio spirituale, quando a ognuno è dato di poterlo esprimere, testimoniare e immettere nella vita pubblica oltre che privata. Il cammino da fare è lungo e non facile. Due errori credo siano da evitare: pensare che non sia possibile la convivenza tra uomini di religione diversa oppure credere che sia possibile solo sottovalutando o accantonando i reali problemi, lasciando da parte i punti su cui lo stridore è maggiore, riguardino essi la vita pubblica o privata, le libertà individuali o quelle comunitarie, la coscienza singola o l’assetto giuridico degli stati.
La ricchezza del Medio Oriente non è il petrolio ma il suo tessuto religioso, la sua anima intrisa di fede, il suo essere «terra santa» per ebrei, cristiani e musulmani, il suo passato segnato dalla «rivelazione» di Dio oltre che da un’altissima civiltà. Anche la complessità del Medio Oriente non è legata al petrolio o alla sua posizione strategica ma alla sua anima religiosa. Il Dio che «si rivela» e che «appassionatamente» si serve è un Dio che divide, un Dio che privilegia qualcuno contro qualcun altro e autorizza qualcuno contro qualcun altro. In questo cuore nello stesso tempo «luminoso», «unico» e «malato» del medio oriente è necessario entrare: in punta di piedi, con umiltà, ma anche con coraggio. La chiarezza va unita all’amorevolezza. Il vantaggio di noi cristiani nel credere in un Dio inerme, in un Cristo che invita ad amare i nemici, a servire per essere «signori» della casa, a farsi ultimo per risultare primo, in un vangelo che proibisce l’odio, l’ira, il giudizio, il dominio, in un Dio che si fa agnello e si lascia colpire per uccidere in sé l’orgoglio e l’odio, in un Dio che attira con l’amore e non domina col potere, è un vantaggio da non perdere. È un «vantaggio» che può sembrare «svantaggioso» e perdente e lo è, agli occhi del mondo, ma è vittorioso agli occhi di Dio e capace di conquistare il cuore del mondo. Diceva S.Giovanni Crisostomo: Cristo pasce agnelli, non lupi. Se ci faremo agnelli vinceremo, se diventeremo lupi perderemo. Non è facile, come non è facile la croce di Cristo sempre tentata dal fascino della spada. Ci sarà chi voglia regalare al mondo la presenza di «questo» Cristo? Ci sarà chi voglia essere presente in questo mondo mediorientale semplicemente come «cristiano», «sale» nella minestra, «lievito» nella pasta, «luce» nella stanza, «finestra» tra muri innalzati, «ponte» tra rive opposte, «offerta» di riconciliazione? Molti ci sono ma di molti di più c’è bisogno. Il mio è un invito oltre che una riflessione. Venite!
Vi lascio ringraziandovi dell’accoglienza nelle tre settimane trascorse a Roma. Desidero ringraziare in particolare i tanti parroci romani e i responsabili di varie realtà studentesche che mi hanno invitato a tenere degli incontri o delle testimonianze.
Ringrazio Dio per quanti hanno aperto il loro cuore. Ma sia ancora più aperto e ancora più coraggioso. La mente sia aperta a capire, l’anima ad amare, la volontà a dire «sì» alla chiamata. Aperti anche quando il Signore ci guida su strade di dolore e ci fa assaporare più la steppa che i fili d’erba. Il dolore vissuto con abbandono e la steppa attraversata con amore diventa cattedra di sapienza, fonte di ricchezza, grembo di fecondità. Ci sentiremo ancora. Uniti nella preghiera vi saluto con affetto. Potete scrivere i vostri pensieri, fare le vostre domande, esprimere le vostre proposte. Insieme si serve meglio il Signore.
don Andrea

Roma-Trabzon 22 gennaio 2006

 

"IO VERRO' E TI GUARIRO'"è il testo, per il tempo di Quaresima, pensato per giovani ed i giovanissimi. Prezioso strumento per la preghiera e la ricerca personale, il sussidio intende aiutare i giovani, durante il tempo quaresimale, a riscoprirsi protagonisti di un cammino compiuto in compagnia della Parola.         2006.02.07
CONSIDERATO che le elezioni per il rinnovo del Consiglio Presbiterale Diocesano si sono regolarmente svolte nei giorni 16 dicembre 2005 e 13 gennaio 2006; VISTI i verbali delle votazioni nei singoli Vicariati e per il rappresentante dei Religiosi; CONSIDERATO che sono state osservate le modalità espresse nel Regolamento del Consiglio Presbiterale, approvato con Nostro Decreto N. 1107 del 1° dicembre 2005; ai sensi dell’art. 1 del medesimo Regolamento, PROMULGHIAMO LA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO PRESBITERALE per leggere la composizione andate alle news 2006.02.09
 
 

Il silenzio dopo l'assassinio di don Santoro Europa senza radici condannata al mutismo

Dopo la bufera scatenata dalle vignette sull'Islam, e dalla violenza che ha imperversato in molti paesi musulmani, dopo il martirio di don Andrea Santoro, è possibile tornare a parlare di radici cristiane dell'Europa?
Partiamo da una constatazione. Sta crescendo in molti la consapevolezza che il patrimonio di civiltà e di cultura, di tolleranza e di diritti umani, che l'Europa ha accumulato in secoli di storia è qualcosa di prezioso, che può trovarsi messo a rischio, e dunque va difeso e sviluppato. Si tratta di un patrimonio accumulato a prezzo di errori, di guerre e di tragedie, cioè il frutto di un'evoluzione travagliata. Ma costituisce il traguardo di un cammino che ha coinvolto ormai l'intero continente europeo.
Sta emergendo anche la coscienza di un altro fenomeno sotto gli occhi di tutti. Il cristianesimo si presenta in Europa e in altre parti del mondo come la religione della tolleranza e del dialogo, anche nei momenti in cui la tentazione potrebbe essere quella opposta, della contrapposizione e della sfida. L'uccisione del prete italiano impegnato in Turchia in una missione di pace e di libertà religiosa ha colpito tutti, a prescindere dalla fede o dall'orientamento culturale di ciascuno.
Al di là di queste prese di coscienza, palpabili anche se non sempre esplicite, vi sono stati - nella circostanza - anche sbandamenti e confusioni. Qualcuno ha voluto difendere la libertà di espressione e di critica come un valore assoluto, dimenticando che questa assolutezza sarebbe l'anticamera del reciproco disprezzo. Qualcun altro ha scoperto che non si possono offendere i sentimenti religiosi dell'Islam, ma ha dimenticato quante volte il dileggio e lo sprezzo hanno colpito nei decenni scorsi i simboli del cristianesimo, le sue immagini, le sue idealità. Altri ancora hanno segnalato che, in fondo, gli islamici di oggi sono violenti come lo er ano i cristiani di un tempo; così negando quel cammino evolutivo di cui siamo stati tutti protagonisti.
Una considerazione a parte meritano le istituzioni politiche, a cominciare da quelle europee. Tranne, forse, che in Italia c'è stato un silenzio che colpisce, e che in qualche misura avvilisce. Dall'Unione europea, al Consiglio d'Europa, ad altre istituzioni, non è giunto alcun richiamo autentico che riassumesse la gravità di quanto avvenuto, e che insieme mandasse un messaggio di libertà e di tolleranza religiosa a tutti i popoli, a cominciare da quelli del mediterraneo islamico.
Ecco, mi sono chiesto il perché di questo silenzio, di questa scarsa capacità di parlare in un momento difficile, pronunciando parole necessarie (e, perché no, solenni) per tutti, per le vittime, ma anche per chi ricorre alla violenza e all'intolleranza. Mi chiedo se ciò non dipenda anche dal fatto che l'Europa e le sue istituzioni hanno voluto negli anni scorsi recidere, o comunque non riconoscere, le proprie radici storiche, che sono culturali e laiche ma anche religiose, cristiane, o giudaico-cristiane.
Queste radici storiche, anche di natura religiosa, possono più di altre legittimare a parlare in nome della tolleranza e della diversità di fede, possono convincere a respingere la violenza, e possono far sentire come proprie le vittime della violenza. Senza quest'anima, che è insieme laica e religiosa, resta lo sbigottimento e lo smarrimento ma manca la parola, manca la capacità di parlare agli altri e di essere per quanto possibile convincenti.
Un'Europa che sia cosciente della propria identità può, meglio di chiunque altro, unire la tolleranza con la fermezza, e può meglio proporsi come la casa di fedi diverse ma anche di leggi comuni che chiedano a tutti il rigoroso riconoscimento della libertà religiosa, della libertà d'espressione, e il rispetto degli altri e dei loro sentimenti. Un'Europa che neghi ogni identità e che faccia del pluralismo soltanto un ideale astratto può trovarsi, come in parte sta accadendo, esposta alle crisi senza saper cosa dire, quasi attonita di fronte a problemi che vorrebbe allontanare da sé.
Potrebbe essere questo un motivo di riflessione, dopo la settimana delle polemiche e delle violenze, e dopo un periodo nel quale molti hanno avvertito l'insufficienza di quella costituzione europea che è stata rifiutata in diversi Stati, e che comunque non ha acceso i cuori e le menti di quelli che dovrebbero essere a tutti gli effetti i futuri cittadini europei

 

EMERGENZA AFRICA Somalia - La siccità torna a uccidere e nei clan rispuntano le armi Nell’ultimo mese è triplicato il numero di ricoveri in ospedale per malnutrizione. E mentre la dottoressa Rosa Auat snocciola le cifre, sotto i suoi occhi muore la piccola Abdurader Barwag: a nove mesi pesa cinque chili e mezzo ........

Da Dinsor (Somalia)

Il piccolo Cessna vira d’improvviso e punta in basso per atterrare su una striscia polverosa, color terra di Siena davvero bruciata. Arbusti rinsecchiti e kalashnikov sono le bandiere dell’inesistente aeroporto: simboli di siccità e guerra infinita. Visto dall’alto, quest’angolo del Sud della Somalia assomiglia a una gigantesca lastra di vetro crepata. L’aridità ha aperto venature che tagliano la boscaglia. Qua e là qualche macchia verde. Strisciano come enormi serpenti scuri i letti asciutti dei torrenti che in tempi di pioggia si gonfiano d’acqua. «Ma ora non ce n’è. Per la seconda volta consecutiva la stagione della piogge è stata scarsissima», si lamenta Mohammed Ibrahim. Dice di aver già perso almeno trenta dei suoi 102 animali: un terzo del capitale iniziale della sua famiglia di pastori bruciato da implacabili agenti meteorologici. È scappato venti giorni fa dalla confinante regione del Middle Juba per abbeverare mucche, capre e cammelli. Ora bivacca intorno a una delle poche fonti d’acqua ancora disponibili: il bacino di Safarnolay, una trentina di chilometri a Nord-Est di Dinsor.
Acqua è un eufemismo per il liquame di questa pozza scura: «I cammelli non la bevono perché ha cattivo odore», allarga le braccia Isaak, un pastore che per la siccità ha abbandonato il villaggio di Udur, distante alcuni giorni di cammino. Una moltitudine di migliaia di capi di bestiame si immerge ogni giorno nella grande buca ormai fangosa, mentre il livello scende inesorabilmente. Una donna fasciata da un velo colorato riempie una tanica di plastica gialla. «Anche la gente prende quest’acqua, con il grave rischio di diffusione di malattie», scuote la testa Hussein Elmi detto Gianko, coordinatore del team locale dell’organizzazione italiana Coopi, che qui sta vaccinando e curando migliaia di animali in un progetto di emergenza veterinaria. Basta una dose però per far scattare l’unica legge di uno Stato che da 15 anni conosce solo quella delle armi. Le medicine somministrate gratu itamente agli animali provocano un diverbio tra pastori di sotto-clan rivali: intorno alla fossa di Safarnolay si schierano all’improvviso scagnozzi armati. Tensione e grilletti facili. Per evitare il peggio si va sotto una capanna di rami secchi a discutere con gli anziani del villaggio con i tradizionali hosgunti, le gonne dei somali. Inattese parole di stima reciproca chiariscono il malinteso. Gli uomini con le armi spariscono, i camici bianchi con le siringhe tornano in azione tra strette di mano che non si capisce quanto siano sincere e una polvere ocra che ti si appiccica addosso.
La maledizione del tribalismo concorre ad aggravare il rischio che in questi mesi si ripeta l’incubo della carestia del 1992, con decine di migliaia di vittime e una devastante guerra civile appena iniziata. Oggi secondo la Fao 1,4 milioni di somali hanno urgente bisogno di aiuto a causa del peggior raccolto dell’ultimo decennio. Nella regione di cui Dinsor fa parte, è già "emergenza umanitaria" per 400.000 persone; 900.000 in tutta la Somalia, soprattutto nel Sud. Mancano pascoli. Muoiono animali. Scarseggiano cereali. La contesa per i pochi pozzi di acqua dolce alimenta i conflitti locali tra clan. I pastori – qui il 70% per cento della popolazione – sono costretti a svendere le mandrie. Al mercato di Dinsor, Abdì offre una capra per 250.000 scellini somali (circa 20 euro), la metà del prezzo normale. Sotto un’eufobia, l’unico albero dalle foglie ancora verdi che offre un po’ di riparo dal sole, una vacca smagrita ne vale solo 600.000 (meno di una cinquantina di euro).
Tra sacchi di sorgo e acquirenti di cammelli, circolano gli immancabili fucili automatici Ak-47. Che non conoscono crisi di vendita. Pochi giorni fa, i sotto-clan Dabaré e Luaweje si sono scontrati nel villaggio di Misra per un carico di chat, la droga dei poveri, in arrivo dalla città di Baidoa. Una vittima per parte e mitragliatrici schierate in pieno centro a Dinsor. Tre lustri di sistematica anarchia hanno con solidato mercati illegali di ogni genere: Aden, 20 anni, inglese improbabile e studi mai terminati, mostra con orgoglio il suo cellulare Samsung, in arrivo da Mogadiscio – dice lui – per 250 dollari. Due generazioni sono cresciute alla scuola di un dopoguerra senza tregua: l’unica formazione è maneggiare un kalashnikov di fabbricazione cinese, che garantisce un lavoro come guardia in una delle poche organizzazioni internazionali presenti nella cittadina. Armi, sigarette e zucchero superano i confini dei clan perché alimentano il business della sopravvivenza.
Contraddizioni assurde di una terra strutturalmente assetata di pioggia e giustizia: la prima è attesa ad aprile con le precipitazioni primaverili; la seconda è appesa ai recenti sviluppi politici tra le fragili istituzioni di transizione. Ma la carestia non aspetta. «Nell’ultimo mese il numero di accessi in ospedale per malnutrizione è passato da una dozzina a 46», spiega la dottoressa Rosa Auat, argentina, coordinatrice di Medici senza frontiere (Msf) a Dinsor. Mentre parla, sotto i suoi occhi muore la piccola Abdurader Barwag, 9 mesi e 5,4 chilogrammi di peso. Nello stesso giorno, al tramonto, si spegne anche la sua vicina di letto, stessa età e identica malnutrizione. «Cinque decessi nel mese di gennaio: sembra una cifra enorme, eppure qui è quasi normale», aggiunge il medico. Purtroppo è quasi normale anche che un drappello di uomini armati tentino un’irruzione nell’ospedale, circondato da mura e filo spinato. L’ossessione sicurezza fa scattare l’immediata evacuazione dello staff internazionale. Restano un coordinatore e un infermiere: il solito Cessna riporta gli altri 7 operatori a Nairobi, in Kenya. Forse solo per qualche giorno. Ma intanto così si ostacola l’assistenza internazionale.
«C’è bisogno urgente di pozzi: la mancanza di acqua sta provocando conseguenze a catena su tutta l’economia locale», è l’appello del commissario distrettuale di Dinsor, che ha studiato agronomia a Cuba e parla italiano, nominato 7 anni fa dai quattro clan locali. Al confine con il distretto di Qansah Dere, una trentina di famiglie di pastori sono arrivate dalla zona di Saako con i loro animali: «Li ospitiamo sulla nostra terra – spiega Ali Alow sotto una pianta chiamata Garass – perché domani potremmo essere noi ad avere bisogno del loro aiuto». Ne riceveranno, purché dello stesso clan

 

LE PAROLE DEL PAPA
«Commovente testimonianza di amore e di adesione a Cristo e alla sua Chiesa»«Coraggioso servitore del Vangelo»Benedetto XVI: il sacrificio di don Santoro contribuisca al dialogo tra le religioni e alla pace. Il Papa, con gli occhi lucidi, parla del sacerdote e la folla dei pellegrini risponde con lunghissimi applausi.                                                               2006.02.09

Andrea Santoro, il sacerdote assassinato a Trebisonda, in Turchia, era impegnato a promuovere il dialogo fra Cristianesimo e Islam. Originario della provincia di Latina, aveva appena celebrato la messa quando è stato ucciso a colpi di pistola da un ragazzo che poi ha invocato Allah. 2006.02.06

ROMA 10 feb. 06 - Don Andrea Santoro sarà santo. Lo ha annunciato il cardinale Camillo Ruini nell'omelia pronunciata ai solenni funerali del sacerdote ucciso da un fanatico islamico in Turchia. Due lunghi applausi in basilica hanno accolto la notizia nella basilica di San Giovanni in Laterano gremita da migliaia di fedeli. «Rispetteremo pienamente - ha detto il porporato - nel processo di beatificazione e canonizzazione che ho in animo di aprire, tutte le leggi e i tempi della Chiesa, ma fin da adesso sono interiormente persuaso che nel sacrificio di don Andrea ricorrono tutti gli elementi costitutivi del martirio cristiano».
Per il cardinale, don Andrea è da considerarsi martire. La parola martirio nel lungo testo dell'omelia fa capolino in più passi. «Quello di don Andrea - ha affermato il vicario del papa a Roma - era un tipico coraggio cristiano, quel tipico coraggio di cui i martiri hanno dato prova, attraverso i secoli, in innumerevoli occasioni. Un coraggio che ha la sua radice nell'unione con Gesù Cristo, nella forza che viene da lui, in maniera tanto misteriosa quanto vera e concreta».           2006.02.10

 

CONSIDERATO che le elezioni per il rinnovo del Consiglio Presbiterale Diocesano si sono regolarmente svolte nei giorni 16 dicembre 2005 e 13 gennaio 2006; VISTI i verbali delle votazioni nei singoli Vicariati e per il rappresentante dei Religiosi; CONSIDERATO che sono state osservate le modalità espresse nel Regolamento del Consiglio Presbiterale, approvato con Nostro Decreto N. 1107 del 1° dicembre 2005; ai sensi dell’art. 1 del medesimo Regolamento,

PROMULGHIAMO

LA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO PRESBITERALE

1. Longo Ignazio, rappresentante del Vicariato di Patti

2. Musarra Calogero, rappresentante del Vicariato di Brolo

3. Sambataro Antonio, rappresentante del Vicariato di Capo d’Orlando

4. Pichilli Giuseppe, rappresentante del Vicariato di Rocca di Caprileone

5. Tascone Calogero, rappresentante del Vicariato di S. Agata Militello

6. Morsicato Sebastiano, rappresentante del Vicariato di S. Stefano di Camastra

7. Triscari Sebastiano, rappresentante degli Insegnanti di Religione

8. Versaci Ciro, rappresentante Insegnanti dell’Istituto Teologico Diocesano

9. Sidoti Alfonso, rappresentante dei Presbiteri dimessi dall’ufficio

10. Mancuso Benedetto, rappresentante dei Cappellani ospedalieri

11. Gioacchino Cusimano, rappresentante dei Religiosi

12. Orlando Giovanni, vicario generale

13. Fragapane Salvatore, coordinatore della Pastorale diocesana

14. De Maria Gaetano, direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano

15. Carcione Antonino, direttore dell’Ufficio Liturgico diocesano

16. Lo Presti Luigi, direttore della Caritas diocesana

17. Smriglio Vincenzo, direttore dell’Ufficio diocesano per le Missioni

18. Lanza Dino, cancelliere della Curia

19. Rinaudo Basilio, rettore del Seminario

I suddetti membri durano in carica cinque anni, con tutti i diritti e i doveri inerenti l’ufficio, secondo le norme dello Statuto. Confidando nella collaborazione di tutti e singoli i componenti del Consiglio, invochiamo abbondante la grazia del Padre, per il Figlio Redentore, nello Spirito che è Signore e dà la vita. Patti, dalla Casa Vescovile, 17 gennaio 2006 Prot. N. 1110

                                            Ignazio Vescovo

 

 

Convegno di pastorale giovanile: coinvolgere i giovani fuori dal giro

“Inculturare il Vangelo, la cultura come opportunità di incontro con i giovani "fuori dal giro", evangelizzare la cultura e la cultura come obiettivo”. Sono i quattro “punti di vista” che “una pastorale giovanile che voglia oggi dirsi missionaria” è chiamata ad assumere “per avere una dimensione culturale”. Lo ha detto don Paolo Giulietti, direttore del Servizio nazionale Cei per la pastorale giovanile (Snpg), aprendo oggi a Lignano Sabbiadoro (villaggio turistico Getur) i lavori dell’VIII convegno nazionale di pastorale giovanile sul tema "Ma io vi dico - nuove parole per la fede. La dimensione culturale di una pastorale giovanile missionaria". “La centralità della missione operata dalla Chiesa italiana – ha dichiarato - implica un ripensamento dell'essere e dell'agire della comunità cristiana, che sposti l'attenzione laddove i cristiani sono chiamati a testimoniare la gioia dell'incontro con Cristo”.

 

Anche la pastorale giovanile è chiamata a misurarsi con la cultura. Quattro, per don Giulietti, le piste da seguire: “Innanzitutto è necessario inculturare il Vangelo ripensando l'annuncio dentro le categorie e i linguaggi dei giovani.

La cultura, ed è la seconda pista, è un’opportunità di incontro con i giovani fuori dal giro. Le forme di espressività giovanile, così come l'arte, le tradizioni popolari sono da assumere consapevolmente come situazioni missionarie, in cui coltivare l'apertura al Vangelo”. La terza strada vede “la cultura come terreno di evangelizzazione”.

“Il lavoro pastorale – ha detto il direttore del Snpg - non ha come destinatari solo le persone e la loro mentalità di fede ma anche la cultura, che va educata ad aprirsi al Vangelo e ai valori cristiani”. La cultura quindi diventa obiettivo: “i giovani – è stata la conclusione - hanno voglia di fare cultura, di esprimere le loro idee attraverso le diverse forme di mediazione culturale. Vanno però educati a pensare e ad agire in maniera seria umanamente e professionalmente. La coltivazione dei talenti culturali e comunicativi dei giovani appare pertanto come un'ulteriore ambito di interesse”.

 

Abitare il dolore per custodire la speranza

Il 18 febbraio l’ACR, in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, organizza un seminario dal titolo “Abitare il dolore, custodire la speranza”, che avrà luogo presso l’Aula Convegni della medesima struttura ospedaliera.

Apriranno i lavori del convegno il dott. Francesco Silvano, Presidente dell’Ospedale Pediatrico “Bambin Gesù”, e Mirko Campoli, Responsabile nazionale dell’ACR.
Interverrà, successivamente, il
prof. Antonio Villani, Coordinatore del Dipartimento chirurgie specialistiche del “Bambino Gesù”, insieme a padre Piersandro Vanzan, scrittore de “La Civiltà Cattolica”, ad Anna Peiretti, scrittrice per ragazzi, e a Paolo e Flavia Carassai, rappresentanti dell’Associazione “La Goccia”; concluderà, infine, i lavori Luigi Alici.

L’idea del seminario nasce dal desiderio di lasciarsi interrogare sul tema del dolore innocente, facendosi guidare dalla testimonianza di Nennolina, la bambina che seppe fare della sua malattia uno strumento di santificazione.
La vita della piccola accierrina, infatti, è eco delle parole del Santo Padre, che nel discorso per la
XIV Giornata Mondiale del Malato – che si celebrerà domenica 12 febbraio – invita quanti sono provati dalla malattia ad “offrire insieme con Cristo la condizione di sofferenza al Padre, sicuri che ogni prova accolta è meritoria ed attira la benevolenza divina sull’intera umanità”.

 

SEMINARIO su ''SALUTE E PERSONA''

Roma, 15 marzo 2006

 Operatori della ricerca, sanità, politica, formazione e divulgazione scientifica affrontano tematiche riguardanti l'ambito della tutela della salute secondo l'ottica in cui il "malato" è innanzitutto "persona".

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI

in occasione della XIV Giornata Mondiale del Malato

Adelaide, Australia, 11 Febbraio 2006

 Cari fratelli e sorelle,

l’11 febbraio 2006, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, si terrà la 14ª Giornata Mondiale del Malato. Lo scorso anno la Giornata si è svolta nel Santuario mariano di Mvolyé a Yaoundé, e in quell’occasione i fedeli ed i loro Pastori, a nome dell’intero Continente africano, hanno riaffermato il loro impegno pastorale per gli ammalati. La prossima sarà ad Adelaide, in Australia, e le manifestazioni culmineranno con la Celebrazione eucaristica nella Cattedrale dedicata a San Francesco Saverio, infaticabile missionario delle popolazioni dell’Oriente. In tale circostanza, la Chiesa intende chinarsi con particolare sollecitudine sui sofferenti, richiamando l’attenzione della pubblica opinione sui problemi connessi col disagio mentale, che colpisce ormai un quinto dell’umanità e costituisce una vera e propria emergenza socio-­sanitaria. Ricordando l’attenzione che il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II riservava a questa annuale ricorrenza, anch’io, cari fratelli e sorelle, vorrei rendermi spiritualmente presente alla Giornata Mondiale del Malato, per soffermarmi a riflettere in sintonia con i partecipanti sulla situazione dei malati di mente nel mondo e per sollecitare l’impegno delle Comunità ecclesiali a testimoniare loro la tenera misericordia del Signore.

In molti Paesi non esiste ancora una legislazione in materia ed in altri manca una politica definita per la salute mentale. C’è poi da notare che il prolungarsi di conflitti armati in diverse regioni della terra, il succedersi di immani catastrofi naturali, il dilagare del terrorismo, oltre a causare un numero impressionante di morti, hanno generato in non pochi superstiti traumi psichici, talora difficilmente recuperabili. Nei Paesi ad alto sviluppo economico, poi, all’origine di nuove forme di malessere mentale gli esperti riconoscono anche l’incidenza negativa della crisi dei valori morali. Ciò accresce il senso di solitudine, minando e persino sfaldando le tradizionali forme di coesione sociale, ad iniziare dall’istituto della famiglia, ed emarginando i malati, particolarmente quelli mentali, considerati sovente come un peso per la famiglia e per la comunità. Vorrei qui rendere merito a quanti, in modi e a livelli diversi, operano perché non venga meno lo spirito di solidarietà, ma si perseveri nel prendersi cura di questi nostri fratelli e sorelle, ispirandosi a ideali e principi umani ed evangelici. Incoraggio pertanto gli sforzi di chiunque si adoperi perché a tutti i malati di mente sia dato accesso alle cure necessarie. Purtroppo, in molte parti del mondo i servizi per questi malati risultano carenti, insufficienti o in stato di disfacimento. Il contesto sociale non sempre accetta i malati di mente con le loro limitazioni, e anche per questo si registrano difficoltà nel reperire le risorse umane e finanziarie di cui c’è bisogno. Si avverte la necessità di meglio integrare il binomio terapia appropriata e sensibilità nuova di fronte al disagio, così da permettere agli operatori del settore di andare incontro più efficacemente a quei malati ed alle famiglie, le quali da sole non sarebbero in grado di seguire adeguatamente i congiunti in difficoltà. La prossima Giornata Mondiale del Malato è un’opportuna circostanza per esprimere solidarietà alle famiglie che hanno a carico persone malate di mente.Desidero ora rivolgermi a voi, cari fratelli e sorelle provati dalla malattia, per invitarvi ad offrire insieme con Cristo la vostra condizione di sofferenza al Padre, sicuri che ogni prova accolta con rassegnazione è meritoria ed attira la benevolenza divina sull’intera umanità. Esprimo apprezzamento a quanti vi assistono nei centri residenziali, nei Day Hospitals, nei Reparti di diagnosi e cura, e li esorto a prodigarsi perché mai venga a mancare a chi è nel bisogno un’assistenza medica, sociale e pastorale rispettosa della dignità che è propria di ogni essere umano. La Chiesa, specialmente mediante l’opera dei cappellani, non mancherà di offrirvi il proprio aiuto, essendo ben consapevole di essere chiamata a manifestare l’amore e la sollecitudine di Cristo verso quanti soffrono e verso coloro che se ne prendono cura. Agli operatori pastorali, alle associazioni ed organizzazioni del volontariato raccomando di sostenere, con forme ed iniziative concrete, le famiglie che hanno a carico malati di mente, verso i quali auspico che cresca e si diffonda la cultura dell’accoglienza e della condivisione, grazie pure a leggi adeguate ed a piani sanitari che prevedano sufficienti risorse per la loro concreta applicazione. Quanto mai urgente è la formazione e l’aggiornamento del personale che opera in un settore così delicato della società. Ogni cristiano, secondo il proprio compito e la propria responsabilità, è chiamato a dare il suo apporto affinché venga riconosciuta, rispettata e promossa la dignità di questi nostri fratelli e sorelle.Duc in altum! Questo invito di Cristo a Pietro ed agli Apostoli lo rivolgo alle Comunità ecclesiali sparse nel mondo e, in modo speciale, a quanti sono al servizio dei malati, perché, con l’aiuto di Maria Salus infirmorum, testimonino la bontà e la paterna sollecitudine di Dio. La Vergine Santa conforti quanti sono segnati dalla malattia e sostenga coloro che, come il buon Samaritano, ne leniscono le piaghe corporali e spirituali. A ciascuno assicuro un ricordo nella preghiera, mentre volentieri imparto a tutti la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2005                   Benedetto XVI

Pubblichiamo il Messaggio di Benedetto XVI per la XL Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
Cari Fratelli e Sorelle,
1. Sulla scia del quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, mi è caro ricordare il Decreto sui Mezzi di Comunicazione Sociale, Inter Mirifica, che ha riconosciuto soprattutto il potere dei media nell’influenzare l’intera società umana. La necessità di utilizzare al meglio tale potenzialità, a vantaggio dell’intera umanità, mi ha spinto, in questo mio primo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, a riflettere sul concetto dei media come rete in grado di facilitare la comunicazione, la comunione e la cooperazione. San Paolo, nella sua lettera agli Efesini, descrive accuratamente la nostra umana vocazione a "partecipare della natura divina" (Dei Verbum, 21): attraverso Cristo possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito; così non siamo più stranieri e ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, diventando tempio santo e dimora di Dio (cfr. Ef. 2,18-22). Questo sublime ritratto di una vita di comunione coinvolge ogni aspetto della nostra vita come cristiani. L’invito ad accogliere con autenticità l’autocomunicazione di Dio in Cristo significa in realtà una chiamata a riconoscere la Sua forza dinamica dentro di noi, che da noi desidera espandersi agli altri, affinché questo amore diventi realmente la misura dominante del mondo (cf. Omelia per la Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia, 21 agosto 2005).
I progressi tecnologici nel campo dei media hanno vinto il tempo e lo spazio, permettendo la comunicazione istantanea e diretta tra le persone, anche quando sono divise da enormi distanze. Questo sviluppo implica un potenziale enorme per servire il bene comune e "costituisce un patrimonio da salvaguardare e promuovere" (Il Rapido Sviluppo, 10). Ma, come sappiamo bene, il nostro mondo è lontano dall’essere perfetto. Ogni giorno verifichiamo che l’immediatezza della comunicazione non necessariamente si traduce nella costruzione di collaborazione e comunione all’interno della società. Illuminare le coscienze degli individui e aiutarli a sviluppare il proprio pensiero non è mai un impegno neutrale. La comunicazione autentica esige coraggio e risolutezza. Esige la determinazione di quanti operano nei media per non indebolirsi sotto il peso di tanta informazione e per non adeguarsi a verità parziali o provvisorie. Esige piuttosto la ricerca e la diffusione di quello che è il senso e il fondamento ultimo dell’esistenza umana, personale e sociale (cf. Fides et Ratio, 5). In questo modo i media possono contribuire costruttivamente alla diffusione di tutto quanto è buono e vero.
L’appello ai media di oggi ad essere responsabili, ad essere protagonisti della verità e promotori della pace che da essa deriva, comporta grandi sfide. Anche se i diversi strumenti della comunicazione sociale facilitano lo scambio di informazioni e idee, contribuendo alla comprensione reciproca tra i diversi gruppi, allo stesso tempo possono essere contaminati dall’ambiguità. I mezzi della comunicazione sociale sono una "grande tavola rotonda" per il dialogo dell’umanità, ma alcune tendenze al loro interno possono generare una monocultura che offusca il genio creativo, ridimensiona la sottigliezza del pensiero complesso e svaluta la peculiarità delle pratiche culturali e l’individualità del credo religioso. Queste degenerazioni si verificano quando l’industria dei media diventa fine a se stessa, rivolta unicamente al guadagno, perdendo di vista il senso di responsabilità nel servizio al bene comune.
Pertanto, occorre sempre garantire un’accurata cronaca degli eventi, un’esauriente spiegazione degli argomenti di interesse pubblico, un’onesta presentazione dei diversi punti di vista. La necessità di sostenere ed incoraggiare la vita matrimoniale e familiare è di particolare importanza, proprio perché si fa riferimento al fondamento di ogni cultura e società (cf. Apostolicam Actuositatem, 11). In collaborazione con i genitori, i mezzi della comunicazione sociale e le industrie dello spettacolo possono essere di sostegno nella difficile ma altamente soddisfacente vocazione di educare i bambini, presentando modelli edificanti di vita e di amore umano (cf. Inter Mirifica, 11). Come ci sentiamo scoraggiati e avviliti tutti noi quando si verifica il contrario! Il nostro cuore non soffre soprattutto quando i giovani vengono soggiogati da espressioni di amore degradanti o false, che ridicolizzano la dignità donata da Dio a ogni persona umana e minacciano gli interessi della famiglia?. Per incoraggiare sia una presenza costruttiva che una percezione positiva dei media nella società, desidero sottolineare l’importanza dei tre punti, individuati dal mio venerabile predecessore Papa Giovanni Paolo II, indispensabili per un servizio finalizzato al bene comune: formazione, partecipazione e dialogo (cf. Il Rapido Sviluppo, 11). La formazione ad un uso responsabile e critico dei media aiuta le persone a servirsene in maniera intelligente e appropriata. L’impatto incisivo che i media elettronici in particolare esercitano nel generare un nuovo vocabolario e immagini, che introducono così facilmente nella società, non sono da sottovalutare. Proprio perché i media contemporanei configurano la cultura popolare, essi devono vincere qualsiasi tentazione di manipolare, soprattutto i giovani, cercando invece di educare e servire. In tal modo, i media potranno garantire la realizzazione di una società civile degna della persona umana, piuttosto che il suo disgregamento. La partecipazione ai media nasce dalla loro stessa natura, come bene destinato a tutte le genti. In quanto servizio pubblico, la comunicazione sociale esige uno spirito di cooperazione e corresponsabilità, con una scrupolosa attenzione all’uso delle risorse pubbliche e all’adempimento delle cariche pubbliche (cf. Etica nelle Comunicazioni Sociali, 20), compreso il ricorso a norme di regolazione e ad altri provvedimenti o strutture designate a tal scopo.
Infine, i media devono approfittare e servirsi delle grandi opportunità che derivano loro dalla promozione del dialogo, dallo scambio di cultura, dall’espressione di solidarietà e dai vincoli di pace. In tal modo essi diventano risorse incisive e apprezzate per costruire una civiltà dell’amore, aspirazione di tutti i popoli. Sono certo che seri sforzi per promuovere questi tre punti aiuteranno i media a svilupparsi come rete di comunicazione, comunione e cooperazione, aiutando uomini, donne e bambini a diventare più consapevoli della dignità della persona umana, più responsabili e più aperti agli altri, soprattutto ai membri della società più bisognosi e più deboli (cf. Redemptor Hominis, 15; Etica nelle Comunicazioni Sociali, 4). Concludendo, voglio ricordare le incoraggianti parole di San Paolo: Cristo è nostra pace. Colui che ha fatto dei due un popolo solo (cf. Ef. 2,14). Abbattiamo il muro di ostilità che ci divide e costruiamo la comunione dell’amore, secondo i progetti del Creatore, svelati attraverso Suo Figlio!

Vaticano, 24 gennaio 2006, Solennità di San Francesco di Sales

                                                                                      BENEDICTUS PP. XVI

 

 

 

                                                                                                                                                                                

 

 

Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente

per la 28ª Giornata per la vita (5 febbraio 2006)

Rispettare la vita

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,1.4).

La Vita precede il creato e l’uomo: l’uomo – e con lui ogni realtà vivente – è reso partecipe della vita per un gesto di amore libero e gratuito di Dio.

Ogni uomo è riflesso del Verbo di Dio. La vita è perciò un bene “indisponibile”; l’uomo lo riceve, non lo inventa; lo accoglie come dono da custodire e da far crescere, attuando il disegno di Colui che lo ha chiamato alla vita; non può manipolarlo come fosse sua proprietà esclusiva.

La vita umana viene prima di tutte le istituzioni: lo Stato, le maggioranze, le strutture sociali e politiche; precede anche la scienza con le sue acquisizioni.

La persona realizza se stessa quando riconosce la dignità della vita e le resta fedele, come valore primario rispetto a tutti i beni dell’esistenza, che conserva la sua preziosità anche di fronte ai momenti di dolore e di fatica.

Chi non vuole essere libero e felice e non fa tutto il possibile per realizzare questa sua massima aspirazione? Ognuno ha racchiusa nel segreto del suo cuore la propria strada verso la libertà e la felicità. Ma per tutti vale una condizione: il rispetto della vita. Nessuno potrà conquistare libertà e felicità oltraggiando la vita, sfidandola impunemente, disprezzandola, sopprimendola, scegliendo la via della morte.

Questo vale per tutti, ma in modo speciale per i giovani, tra cui non manca chi sembra ricercare la libertà e la felicità con espressioni esasperate o estreme.

L’uso pervasivo delle droghe, che in taluni ambienti sono così diffuse da essere considerate cose normali; l’assunzione di stimolanti nella pratica sportiva; le ubriacature e le sfide in auto o in moto e altri comportamenti analoghi non sono semplicemente gesti di sprezzo della morte, un gioco tanto infantile quanto incosciente. No, essi dicono soprattutto indifferenza per la vita e i suoi valori; scarso amore per se stessi e per gli altri.

Una società che tollera una simile deriva e non si interroga sulle cause e sui rimedi, o che la considera una malattia passeggera da prendere alla leggera, da cui si “guarisce” crescendo, non si rende conto della reale posta in gioco: chi da giovane non rispetta la vita, propria e altrui, difficilmente la rispetterà da adulto. È nostro dovere, perciò, aiutare quei giovani che si trovano in particolare disagio e difficoltà a ritrovare la speranza e l’amore alla vita, a guardare con fiducia e serenità a progetti di matrimonio e famiglia, a servire la cultura della vita e non quella della morte.

Un fattore importante che incide sulla vitalità e sul futuro della nostra società, ma tuttora trascurato, è sicuramente oggi quello demografico: sono molti i coniugi, infatti, che hanno meno figli di quanti ne vorrebbero. Ma, oltre alla mancanza di politiche organiche a sostegno della natalità, resta grave nel nostro Paese il problema della soppressione diretta di vite innocenti tramite l’aborto, dietro al quale spesso ci sono gravi drammi umani ma a cui, a volte, si ricorre con leggerezza.  Vanno valorizzati quegli aspetti della stessa legge 194, che si pongono sul versante della tutela della maternità e dell’aiuto alle donne in difficoltà di fronte ad una gravidanza. Davanti alla piaga dell’aborto tutti siamo chiamati a fare ogni sforzo per aiutare le donne ad accogliere la vita.

Il rispetto della vita, infatti, comincia dalla tutela della vita di chi è più debole e indifeso. Nessuno può dirsi padrone e signore assoluto della vita propria, a maggior ragione di quella altrui.

Rispettare la vita, in questo contesto, significa anche fare tutto il possibile per salvarla. Quando pensiamo a un nascituro, vogliamo, perciò, pensare a un essere umano che ha il diritto, come ogni altro essere umano, a vivere e a ricercare la libertà e la felicità.

Rispettare la vita significa, ancora, mettere al primo posto la persona. La persona governa la tecnica, e non viceversa; la persona, e non la ricerca o il profitto, è il fine.

Chiedere l’abolizione di regole e limitazioni che tutelano la vita fin dal concepimento in nome della libertà e della felicità è un tragico inganno, che produce al contrario la schiavitù e l’infelicità di chi lascia che a costruire il futuro siano da un lato i propri desideri soggettivi, dall’altro una tecnica fine a se stessa e sganciata da ogni riferimento etico. Occorre continuare un capillare e diffuso lavoro di informazione e sensibilizzazione per aiutare tutti a comprendere meglio il valore della vita, le potenzialità e i limiti della scienza, il dovere sociale di difendere ogni vita dal concepimento fino al suo termine naturale.

Se nel cuore cerchi la libertà e aspiri alla felicità, rispetta la vita, sempre e a ogni costo.

PRESENTATO IL TEMA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 

Il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 39ª Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2006, sarà dedicato al seguente tema: Nella verità la pace. La Costituzione conciliare Gaudium et spes afferma che l’umanità non riuscirà ad «edificare un mondo veramente più umano per tutti gli uomini su tutta la terra, se tutti non si volgeranno con animo rinnovato alla verità della pace» (n. 77). La pace possiede, infatti, una sua intrinseca ed invincibile verità, corrispondendo essa, come tutti sperimentano, ad un anelito e ad una speranza che vivono indistruttibili nel cuore degli uomini. Tale sua verità deriva dal fatto che essa è «il frutto dell’ordine immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta» (n. 78).

La pace è vera perché risponde al desiderio iscritto dal Creatore nel cuore di ogni uomo. La natura umana ha delle esigenze profonde: i diritti dell’uomo chiedono di essere attuati, il «diritto naturale delle genti e i suoi principi universali» (cfr n. 79) esigono di essere rispettati, la giustizia intesa come dare a ciascuno il suo domanda di essere posta in atto. Quando l’agire umano non rispetta l’ordine delle cose, quella grammatica naturale di cui parlò il Papa Giovanni Paolo II di fronte all’Assemblea delle Nazioni Unite il 5 ottobre 1995, quando coarta la vita umana impedendone lo sviluppo, quando impone sacrifici intollerabili ai popoli, la pace non c’è, perché non si ha alcun rispetto per la verità delle cose.

La pace è la tranquillitas ordinis, vale a dire la situazione che permette il pieno dispiegamento della verità dell’uomo. La sete che l’uomo ha della verità come pienezza dell’essere si traduce in un desiderio di pace, di non-disordine, della pace vera o della verità della pace.

La pace vera è anche pacifica. Essa riconcilia, fa uscire dal proprio isolamento. La verità illumina, fa intravedere la strada delle autentiche relazioni umane, permette di correggere gli errori, di riconciliarsi con se stessi e con gli altri, di essere trasparenti nelle contrattazioni e fedeli alla parola data.

 

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   P A C E            

Appello per la PACE

 

Conferenza Episcopale Italiana
COMUNICATO
DELLA PRESIDENZA DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
         Facendo eco alle parole del Santo Padre, la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, in questa ora grave, chiede ai Responsabili politici dell'Iraq di collaborare in maniera piena e immediata con la comunità internazionale, al fine di eliminare ogni motivo di intervento armato.

          Chiede parimenti a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite di non ricorrere all'uso della forza finché non sia esaurita ogni possibilità di soluzione pacifica, secondo i principi della stessa Carta dell'ONU. Chiede inoltre al Governo italiano un rinnovato impegno in questa direzione.

          Domanda in particolare ai credenti, consapevoli che la pace è anzitutto dono di Dio, di insistere nella preghiera e nella penitenza per implorare questo dono, di inestimabile valore per il presente e per il futuro della famiglia umana.

Roma, 17 marzo 2003