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"… perché noi tedeschi siamo indipendenti"

Quando un prete difende il sentimento di identità del popolo a lui affidato

 

          Sono purtroppo ormai molti anni che la Chiesa soffre a causa della carenza di vocazioni, e nonostante spesso si preghi affinché Dio mandi operai per la sua messe, da qualche anno questo problema sta mostrando effetti visibili anche dalle nostre parti. Infatti le piccole comunità cristiane che nel corso della Storia ebbero strettissimi legami con Brancafóra, già da alcuni anni non possono più usufruire della presenza fissa di un sacerdote. Così avvenne a Pontepòsta, a Casòtto e a Lastebasse ed ora, dopo la partenza per le missioni in Africa di Don Guido Piva, anche a Luserna, il luogo dove più che altrove i preti avevano aiutato il loro gregge a prendere coscienza della propria identità culturale.

          Nella seconda metà del XVIII secolo, dopo aver ottenuto l'indipendenza amministrativa dal Comune di Lavarone, Luserna incominciò giustamente a reclamare anche quella ecclesiastica nei confronti della chiesa-madre di Brancafóra, che fino al 1785 dipendeva della grande Diocesi di Padova, pur facendo parte del Tirolo Italiano, all'epoca detto anche Sud Tirolo.

 

L'effige di Sant'Antonio, patrono di Luserna tuttora oggetto di grande devozione, ci rammenta l'originaria influenza patavina, avvenuta per mezzo della chiesa-madre di Brancafóra. Dopo aver ottenuto l'indipendenza amministrativa da Lavarone, per molti decenni Luserna si servì dell'immagine del Santo pure quale emblema comunale. L’impronta riprodotta a lato è datata 31 agosto 1889 ed è oramai solo argomento da libri di storia:

"COMUNE - LUSERNA - NEL TIROLO".

 

Nel nostro archivio Parrocchiale è custodito uno storico documento che ci rammenta il tempo in cui i lusernati dovevano seppellire i loro morti a Brancafóra, nel cimitero che si trovava intorno alla chiesa. Ecco il testo, tratto dal Defunctorum Liber: "Nota Bene: Oggi dì 21 Giugno 1745. Il Reverendissimo Signor Arciprete Carlo Giuseppe Pruner se n'è andato in Luserna à benedir ivi il Cimiterio novamente fatto, et benedetto hassi anco sepellita una creatura ieridì morta et hoc ad eternam rei memoriam. P. C. Rossati Capp.o scriptit Siché non più morti qui di Luserna". Queste poche parole segnarono un punto importante a favore dell'emancipazione di Luserna da Brancafóra (Defunctorum Liber - 1664/1815).

 

     Il Curato di Luserna era obbligato a scendere lungo i ripidi sentieri per prendere parte alle cerimonie più importanti del calendario liturgico: i tre ultimi giorni della Settimana Santa, il Corpus Domini, l'Assunzione di Maria Vergine, la Madonna del Rosario, Pasqua e Pentecoste. Col passare del tempo l'elenco si assottigliò di molto e rimasero solamente Giovedì Santo ed Assunzione, con buona pace del titolare della nostra chiesa al quale, con tono un po' stizzito, venne detto: "Sarà meglio l'aver poco, e passare in santa armonia, che il pretendere molto, l'ottenere meno, e suscitare discordia" (Lettera 18.04.1887).

          Accanto agli impegni di carattere prettamente religioso, ce n'erano però anche altri più concreti, come ad esempio la corresponsione della "…  decima parte di tutte le colture che crescono nella campagna di Luserna, non meno di un livello di Troni 9 annui del Tirolo, e della prestazione di un annuo capretto" (Lettera 28.08.1848). Tutto questo contribuiva a rendere Brancafóra una Parrocchia assai ambita ed il sostentamento dei religiosi era comunque garantito dalla proprietà del territorio circostante, tuttora detto "el Maso", antico lascito dei Conti Trapp Signori di Caldonazzo, ma ciò evidentemente ai Parroci non bastava.

          I tentativi di affrancarsi da Brancafóra durarono più di due secoli e fortunatamente non coinvolsero le due comunità ma solamente i rispettivi rappresentanti religiosi che ci hanno lasciato una mole di documenti pieni di richieste, rifiuti, suppliche e ripicche, quali non ci si aspetterebbe da uomini di Chiesa. Alla fine del XIX secolo questo tira e molla si arricchì di una connotazione nazionalistica: era infatti il tempo della dura contrapposizione tra le organizzazioni Volksbund e Lega Nazionale.

          A Luserna era stata istituita una scuola tedesca ma i giovani, che generalmente non comprendevano l'italiano, erano poco avvezzi anche alla lingua di Goethe. Nel 1884 il Capo Comune Abramo Gasperi chiese al Consiglio Scolastico Provinciale di Innsbruck l'apertura anche di una scuola italiana, per ovviare all'estremo isolamento della sua gente. "… … la presente gioventù di Luserna dovrebbe almeno mediocremente parlare e scrivere la lingua tedesca. Invece i risultati fin qui ottenuti sono assolutamente negativi giacché non solo i giovani mancano d'apprendere l'italiano, ma neppure appresero la lingua tedesca, e finite le scuole si trovarono in possesso solamente del dialetto col quale non è possibile farsi intendere che in paese". Affinché non si credesse "che ci sia di mezzo l'esagerazione", narrò anche il seguente "fatto pubblico ed incontrastabile". Nel corso di un processo penale presso il Tribunale di Trento, diversi giovani lusernati furono sentiti come testimoni, ma "… non seppero rispondere nè in lingua italiana né in lingua tedesca quantunque quest'ultima si insegnasse in passato esclusivamente nella scuola pubblica, e si pretenda che sia la vera lingua di Luserna, Fu necessario chiamare un interprete da Luserna il quale conoscendo il dialetto e la lingua italiana servisse d'interprete fra i giudici ed i testimoni" (Lettera 17.12.1884). È curioso pensare a come per il bene della comunità il primo cittadino di allora volesse disfarsi quanto prima della lingua cimbra, mentre per lo stesso motivo quello attuale si fa in quattro per mantenerla.

         Oggi sappiamo che il grande valore di quell'idioma consiste non solo nella sua evidente diversità dall'italiano ma, per la sua struttura antica, anche dal tedesco moderno. Tuttavia all'epoca nei nostri paesi soffiava il nefasto vento dei nazionalismi che non badavano certo a queste sottigliezze semantiche e già preparavano la strada a quell'inutile strage, per usare le parole dell’allora Papa Benedetto XV, che fu la Prima Guerra Mondiale.

          Il povero Curato di Luserna, che difendeva tenacemente il diritto dei suoi fedeli a preservare la propria identità linguistica e culturale, fu accusato di fare propaganda pangermanica, e nel 1885 si rifiutò decisamente di sottostare a qualsiasi obbligo verso la chiesa-madre di Brancafóra, giustificandosi semplicemente dicendo "… perché noi tedeschi siamo indipendenti" (Lettera 12.02.1885). Nel 1904 si arrivò al punto di chiedere al Parroco di Brancafóra "in nome del Vescovo ed in virtù di s. obbedienza" di "spiare" segretamente il suo sottoposto, riferendo poi direttamente alle superiori autorità religiose (Lettera 13.04.1904). Si trattò certamente di un episodio poco edificante che però per fortuna non portò a conseguenze negative, ed anzi i risultati dovettero essere soddisfacenti, perché dopo pochi mesi il Vescovo di Trento Celestino Endrici, che si fregiava del titolo di "Principe", scriveva: "Considerando che sta nella natura della Chiesa che ogni stazione si avvii in modo che col tempo si possa erigere a parocchia, io non ho nessuna difficoltà a dare il chiesto permesso alla comunità di Luserna a rendere la curazia indipendente" (Lettera 22.08.1904).

          Restava da definire la controversia riguardante la somma di 60 corone annue che il Parroco riceveva dal Curato e dal Comune di Luserna, ma già nel 1902 i nostri vicini si erano detti disposti a dare immediatamente ben 1500 corone pur di estinguere il debito e divenire indipendenti.

          Per Luserna fu un successo molto importante, anche se solo nel 1934 sarebbe stata elevata al rango di Parrocchia.

          Oggi con la partenza di Don Guido sembra chiudersi un'epoca, e Luserna si appresta a diventare una delle sempre più numerose Parrocchie trentine senza Parroco. Memore dell'importanza che ebbero alcuni preti nella salvaguardia della lingua e della cultura cimbra, che almeno in parte appartengono anche a tutti noi, questo purtroppo non mi sembra un buon auspicio.

 

 

Alberto Baldessari

 

Fonti

Archivio Parrocchiale Brancafóra: Teca 8 (Lettera 28.08.1848);Teca 7/Luserna

Lettera 17.12.1884, Lettera 12.02.1885, Lettera 18.04.1887, Lettera 13.04.1904, Lettera 22.08.1904; Defunctorun Liber - 1664 / 1818.

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