Rintocco di Campane
     

 

UN NUOVO RINTOCCO DI CAMPANE 

RICORDO DELLA SOLENNE CONSACRAZIONE DELLE NUOVE CAMPANE DI CASOTTO

 

“Le quattro campane, che da molti anni suonavano in questa Parrocchia, divennero inservibili durante l’ultima guerra mondiale 1939-1945.

Pertanto il Comune, che ne è il proprietario, avuto il consenso di quattro quinti della popolazione, decretò il taglio di duecento metri di legname sul Croier, onde poter col ricavato rifondere le campane.

La Fonderia Cavadini di Verona, ritirate le quattro comapne vecchie di complessivi diciassette quintali, ne ritorno cinque nuove di complessivi ventun quintali e sei kili.

Il giorno venti febbraio millenovecentoquarantanove, fu tra noi Sua Altezza Rev.ma MONS. CARLO DE FERRARI, Arcivescovo e Principe di Trento per la loro solenne consacrazione.

         Alla Presenza dei reverendi don Angelo Zorrer, don Aldo Bordin, parroco di S. Pietro, don Paolino Desilvestro, don Emilio Simeoni, don Livio Rella, vic. parr. di Casotto e dei padrini signori Sartori Gervasio, Serafini Mansueto, Peduzzi Luigi, Fruet Guido, Sartori Maurizio e di tutta la popolazione, Sua Altezza l’Arcivescovo le consacrò imponendo loro il nome:

1)      q.li 7.22           San Giovanni Nepomuceno

2)      q.li 4.95           Immacolata

3)      q.li 3.68           San Rocco

4)      q.li 3.11           Santa Barbara

5)      q.li 2.10           San Vigilio

 

         Suonino ora le nuove campane a gloria di Dio e per il bene di questo popolo.

 

         Casotto, 21 febbraio 1949

 

I padrini              don Livio Rella Vic. Parr.

 

 

 

Il campanile della chiesa di Casotto ha, da sempre, un posticino particolare nel cuore della comunità. Fors’anche per la sua storia spesso travagliata.

Lo ricordiamo, attraverso l’ausilio di vecchie e fortuite foto, con la sua antica cupola dalle forme tonde vicine allo stile trentino, mentre l’orologio segna un’impossibile ora pomeridiana. È il segno inequivocabile di un paese abbandonato da tempo. Siamo nel 1916 e già le case intorno denunciano i segni delle bombe.

Poco tempo dopo è stata la sorte del campanile e della chiesa centrate da una cannonata fuori bersaglio. E il moncherino del campanile appare in un’altra vecchia e sbiadita foto del dopoguerra. La cupola non c’è più, resta solo la torre.

Dopo gli anni durissimi della prima guerra mondiale, chiesa e campanile sono stati ricostruiti, quasi a voler ricostruire la propria storia.

Poi un’altra guerra e… altri danni. Come risulta dal documento della pagina precedente le campane erano inservibili tanto che fu necessario rifonderle. Quelle stesse campane, dal 1949, accompagnano tuttora la vita della comunità di Casotto.

Nel 1980, mentre padre Giustino Longhi fungeva da parroco fu restaurato di nuovo. Così scrive mons. Daniele Longhi in una lettera del 7 luglio 1980, all’allora vescovo di Vicenza, mons. Arnoldo Onisto:

“Le scrivo all’indomani della grande festa religiosa e folkloristica, che ha vissuto la parrocchia di Casotto, per l’inaugurazione dei restauri del campanile.

In questi 4 mesi, mio fratello P. Giustino ha lavorato sodo, per raggiungere i ben sei milioni occorrenti: oggi quel campanile è riuscito di grande soddisfazione per la gente.”

Tra il 1997 e il 1998, cogliendo l’occasione dei lavori per mettere a norma di legge l’impianto elettrico si è provveduto a sostituire il vecchio orologio e ad elettrificare la campana grossa, predisponendo l’impianto anche per le altre campane.

Dopo quattro anni ci siamo riusciti. In pochi giorni, dal 19 febbraio al 4 marzo, gli addetti della ditta Elettrojolly di Polverara (PD) hanno portato a termine il lavoro. Ora tutte le 5 splendide campane di Casotto sono mosse da motori e guidate da un piccolo computer sul quale viene programmato l’orario e il tipo di suono. I martelli, inoltre,  consentono di eseguire varie melodie.

Quello che una volta faceva con maestria una squadra di uomini ora lo fa un piccolo marchingegno grande come una scatola da scarpe.

Tutto ciò, forse, ci fa venire un po’ di nostalgia, come il fatto di non vedere più le corde penzolare all’interno della torre, ma non bisogna dimenticare che ciò permette di conservare quel suono ricco e prezioso, tal è quello delle campane.

Esse, da sempre, hanno segnato la vita della comunità. Non solo con lo scandire delle ore. Il suono delle campane ci ricorda che il tempo è un dono prezioso che Dio ha donato all’uomo.

Le campane – troviamo scritto in “Civiltà rurale di una valle Veneta: la Val Leogra” Accademia Olimpica Vicenza 1986, pag. 131-134 – erano la grande voce di tutta la vita del passato, religiosa e civile. In uno spazio dove non esisteva il suono logorante e potente dei mezzi meccanici, le campane spandevano ovunque la loro voce. Esse regolavano e accompagnavano la vita della comunità, dall’inizio alla fine del giorno, dal primo all’ultimo giorno dell’anno, dalla nascita alla morte.

È bene forse ricordare allora il significato dei tre “suoni” che vengono fatti durante il giorno. Erano destinati a segnare la giornata che cominciava, era scandito e finiva col suono della campana grossa: il Padrenostro al mattino, il me§ogiorno alle 12, l’Avemaria al tramonto. In alcune zone si suonava anche il Credo, verso le 15-16 e l’Or del nòte dopo che erano scese le prime tenebre, considerata anche come preghiera e invito alla prece per i defunti.

Oltre a questi suoni fissi, propri della giornata, c’erano quelli che annunciavano le cerimonie religiose. La S. Messa del mattino era segnalata, mezz’ora prima, dal suono della seconda campana e richiamata poco prima dalla campanella, richiamo che a Casotto viene chiamato “boto”.

A caratterizzare le vigilie e i giorni di festa era ed è il cosiddetto suono del “tèrso”, cioè di tutte le campane. Questo termine nasce evidentemente dal fatto che molto spesso i campanili avevano tre campane più la campanella. Era così anche a Casotto prima del 1949.

Le campane a festa erano destinate anche ad eventi speciali, quali il battesimo, la cresima, il matrimonio. In alcune zone i giovani in partenza per la visita di leva venivano salutati con un suono in “tèrso”.

Ma il canto più lungo e ripetuto che la campana riserva ad ognuno è la preghiera di morte. Quando una persona è spirata, la campana (di solito la media) eleva la sua “Avemaria”. Tale suono ha tradizioni diverse di paese in paese che permettono di capire se il defunto è un uomo o una donna. È annuncio e preghiera insieme che invita chi la sente ad elevare una preghiera.

Anche il giorno della sepoltura le campane tornano a suonare a più riprese (secondo le tradizioni dei vari paesi) per segnalare e accompagnare il corteo funebre, e come non c’è squillo più gioioso del “tèrso”, così non c’è lamento più mesto del “sonàr da morto”.

Se tutti questi suoni che trovano le loro radici nel passato continuano anche nel presente della nostra storia, ci sono dei “segni” che ormai sono scomparsi in maniera definitiva dalla nostra tradizione.

Le campane, un tempo, annunciavano anche l’avvento di calamità naturali come la tempesta, gli incendi o latri disastri. Era spesso un suono disordinato, il suono delle “campane a martèlo” fatto con tre campane ma senza ritmo. Nella campagna della bassa vicentina ancor oggi l’arrivo del temporale è segnalato dalla campana grossa che suona anche per decine di minuti con lo scopo di “rompere” la tempesta con le onde sonore che emette. Spesso sulle campane troviamo scritto: “Vivos voco, mortuos plango, fulgura frango” (chiamo i vivi, piango i morti, spezzo i temporali).

 

Qualcuno potrebbe pensare che, oggigiorno, le campane non servono più. Tutti abbiamo al polso un orologio, l’ora la troviamo su tabelloni luminosi lungo le strade o schiacciando un pulsante sul televisore. Ma se è vero che non abbiamo bisogno di sapere che ora è credo sia altrettanto vero che abbiamo bisogno di rammentare la dimensione del tempo. Abbiamo bisogno di ricordarci che, come scrive Seneca, “Vive veramente chi è utile all’umanità e sa usare se stesso mentre coloro che stanno appartati e nell’inerzia fanno della loro casa una tomba. Sulla soglia, al posto del nome, si potrebbe scrivere come un’epigrafe sul marmo: sono già morti prima di morire”. (epistola LX,4)

Che il suono rinnovato della nostra campane ci aiuti, ogni giorno, a vivere veramente il tempo come dono di Dio.

 

A na finestra ghe xe na vècia che dondolando un dente la ciàma tuta la §ente.

 

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