Così per sport
     

Non molto tempo fa, quando si faceva una cosa al di fuori della routine del lavoro mirando prettamente al divertimento, si diceva semplicemente “…lo faccio così per sport…”. Questa affermazione di per sé racchiude il significato vero e profondo della parola sport! Andiamo poi ad evidenziare il significato legato al comportamento sportivo in generale, che racchiude in sé concetti di lealtà, tolleranza ed accettazione della sconfitta. Ebbene sì, fare sport era e tuttora dovrebbe essere un diletto, un’evasione dal tran-tran giornaliero, nonché un’esercitarsi in una serie di discipline per l’appunto sportive, in cui sia la mente che il corpo ne possano trarre un giovamento ed un certo benessere. C’è poi il risvolto agonistico legato allo sport, che non è altro che l’estremizzazione della stessa disciplina sportiva, atta a conseguire un risultato, con l’obiettivo di superare uno o più antagonisti per ottenere un’affermazione ed una conseguente vittoria. 

Ora dopo aver superato lo shock di questa introduzione così fredda e così tecnica, soffermiamoci proprio sul concetto attuale di sport. Se chiedete a qualche mamma nostrana e magari anche datata : “Scusi suo figlio fa sport?!!!” in più di un occasione vi sentireste rispondere : “ Ah, mi no lo so, però el zuga a calcio…” E’ vero, per la stragrande maggioranza delle persone, la proiezione dello sport, nel momento attuale, vede il calcio come l’identificarsi del concetto sportivo. E’ terrificante tutto questo perché, se ci pensiamo bene, il calcio in questi ultimi anni sta dando un’immagine di sé totalmente agli antipodi dal concetto di sport = divertimento, lealtà, giocosità…. Purtroppo, il calcio (ma non solo il football) è gravemente malato!  A tutti i livelli è divenuto un vero e proprio “affare”, per lo più sporco, dove soldi, interessi, profitti, si mescolano in un torbido tourbillon che sfocia spesso in scandali legati a truffe, giri di stupefacenti, scommesse clandestine ed altre diavolerie che tutto sono fuorché sano divertimento. Lo stesso Stato italiano, nella persona dell’Erario, vive di introiti legati allo sport, e soprattutto legati al mondo del pallone, che implementano il gettito delle entrate per mezzo di schedine, pronostici, per non parlare dei tributi versati da giocatori e società calcistiche, vere e proprie avviate aziende (sempre e comunque sull’orlo del fallimento). Non parliamo poi dei messaggi negativi lanciati da ultras/vandali e da giocatori isterici, attori consumati, che svendono la propria lealtà e la propria sportività per un rigore o per un fallo “tattico”. La televisione, come più volte ribadito, è satura di calcio, con reti e canali tematici dedicati, con il risultato di togliere sempre di più persone agli stadi e alle varie manifestazioni, impigrendo poi lo spettatore, che senza più spostarsi da casa può godere dello spettacolo sportivo a portata di dito. Ma dov’è finito allora lo spirito di divertimento e di sacrificio legato a questa disciplina? Pur con qualche difficoltà lo si può ancora cogliere sui campi degli oratori, nelle squadre giovanili, dove il rispetto per lo sport risulta ancora trasparente e limpido. Bambini e ragazzi che rincorrono una palla per buttarla in porta… è questo il senso vero dello sport! Bambini che dopo aver perduto una partita, sorridono lo stesso o addirittura vanno a consolare gli avversari che hanno appena perduto una gara. Sono cose che capitano ancora sui campi parrocchiali, dove per pochi spiccioli, c’è chi ancora si dedica  all’educazione dei piccoli calciatori, insegnando il concetto di divertimento e di vita collettiva, e in fondo, forse, anche un po’ di tecnica calcistica. Sappiate comunque che non è tutt’oro ciò che splende, e ne è la riprova certe scene che si vedono su alcuni campi di Pulcini, di Esordienti, di Giovanissimi, dove alcuni allenatori, qualche genitore o dirigente, esplodono in pantomime penose, ingiurie ed insulti verso arbitri che spesso non hanno nemmeno 16 anni e che inevitabilmente non possono essere perfetti nelle loro conduzioni di gara, fanatici sfegatati dell’ultima’ora che vanno a distruggere tutto il lavoro fatto durante la settimana e che vanno ad infangare il messaggio decoubertiniano che gli istruttori hanno tentato di impartire nelle sedute di allenamento infrasettimanali. Tutto dovrebbe essere in funzione di quanto precedentemente affermato, cioè divertimento e spensieratezza ma purtroppo, anche il pianeta bambino sembra essere sotto pressione. E’ di recente la notizia per cui le grosse società, e qui parliamo di varie discipline: calcio, volley, basket, abbiano indirizzato le loro mire verso i settori giovanili  di fascia minore (8/10 anni), cercando di strappare i calciatori in erba alle piccole società “sotto casa”, per portarli in strutture accentrate, con la lusinga di un futuro in club di prestigio, dove i ragazzi vengono “testati” e per la maggior parte delle volte delusi e “scaricati” nel giro di qualche semestre… Tante volte i genitori, un po’ accecati dalla brama di un futuro roseo e luminoso per i propri pargoli, si lasciano trasportare e poi… Come vedete il marcio c’è anche in paradiso…

Lo sport comunque , in generale, al di là del concetto romantico del termine, è, e rimane, un grosso, grossissimo affare. La nostra società, ora come ora, impone uno standard di shilouette corporea ben determinato: uomo macho ma filiforme, donna longilinea ma Valchiria, ed affiancato al business delle diete, marcia imperterrito il trend del fitness, della palestra ad oltranza e dell’abbigliamento sportivo firmato a 360°.

Non a caso le multinazionali sportive (Nike, Adidas, Puma…), sono all’apice della piramide finanziaria e non dimenticate che per occupare certe invidiabili posizioni nel rancking  dell’economia mondiale, hanno dovuto e devono necessariamente passare sulla testa di qualcuno, magari anche attraverso lo sfruttamento del lavoro di grandi e piccini nei paesi economicamente depressi, e tutto questo in nome dello sport!!!

Senza comunque guardare troppo lontano, evitando poi di rimestare nel torbido, è interessante notare come negli ultimi anni nella nostra valle siano aumentate le strutture sportive, e come di contro sia diminuita la domanda di sport da parte delle nostre generazioni più giovani… E’ un dato sicuramente preoccupante! I ragazzi, non si trovano più come una volta in piazzetta per giocare a pallone, vuoi per l’esiguità di materia prima (pochi bimbi), vuoi per alcune restrizioni volute dalle Amministrazioni in fatto di “disciplina ludica” per le vie dei centri storici, e comunque è una generalizzata tendenza dei tempi moderni, con sempre più bambini spalmati sul televisore e sempre meno a correre nei prati. Siamo comunque un’isola felice perché per lo meno i prati, magari incolti,  ce li abbiamo ancora… e se a uno dei nostri ragazzi gli venisse la voglia di farsi una corsa… I nostri cuccioli, stanno in prima persona vivendo la “globalizzazione” dei servizi, che presumo fra non molti anni  vivremo un po’ tutti; difatti da Lastebasse  a Cogollo del Cengio, usufruiscono delle stesse strutture sportive, siano campi di calcio, parquettes di volley o di basket, fondendosi in un unico gruppo di lavoro che comprende quindi tutta la Comunità Montana dell’Alto Astico. E’ un progetto molto stimolante e soprattutto educativo e meriterebbe sicuramente una grossa mano da tutte le Amministrazioni. Non voglio soffermarmi sull’utilità dal punto di vista della crescita di ogni giovane che viene inserito gradualmente in un contesto sociale diverso dalla quotidianità della sua famiglia o della sua contrada, ma soprattutto, visto i costi smodatamente dilatati per la gestione degli impianti, è una giusta razionalizzazione degli interventi economici da parte di ogni comune. Penso inoltre che il non sfruttare questa grande possibilità di sviluppo, anche qualitativo della crescita sportiva, solamente per motivi di “campanile” sia molto deleterio proprio per lo spirito profondamente sociale che dovrebbe avere quest’avventura. Purtroppo persistono nuclei di disgregazione all’interno dell’area che portano ad una frammentazione delle risorse umane in primo luogo, depauperando il potenziale bacino di utenza dei vari atleti, che riuniti porterebbero ad un eccellente grado di competitività di un’ipotetica squadra locale alla stregua di grosse società già operanti nell’alto vicentino.

E’ comunque da incoraggiare l’idea e lo sforzo e soprattutto cerchiamo di goderci quei momenti veri di sport che anche qui a Pedemonte qualche bella domenica mattina riusciamo a vivere con i nostri giovani che lottano e sudano sul nostro campo, e soprattutto badiamo a non lasciarci sfuggire queste occasioni di coesione con i paesi viciniori per un pugno di dannatissimi “Euri”, situazioni che per faide interne o per vendette trasversali, rischiamo di vivere all’apertura di ogni stagione sportiva… Si potrebbe concludere con l’affermazione che sempre e comunque lo sport non dovremmo vederlo in televisione, bensì praticarlo in prima persona, non importa a che livello, ma viverlo, con fisicità e spensieratezza allo stesso tempo, sentendoci campioni nel nostro piccolo e dando l’esempio ai nostri figli, e alle giovani generazioni sin troppo schiave  della sedentarietà e delle lusinghe mediatiche. Detto questo posso concludere con un appello:- Rivoglio il mercoledì di coppa!!!!- Che bei tempi quando le coppe europee si giocavano sempre e solo il mercoledì a reti unificate, e su qualunque canale provavi a sintonizzarti vedevi girare la palla per il campo…altri tempi, altri valori…Adesso purtroppo in TV ci sono troppi campi e di conseguenza…troppi palloni gonfiati!

                                                                                   

                                                                                    La Voce della Vegra

 

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