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I confini delle diocesi italiane sembrano spesso un vero e
proprio “mistero della fede”. Del resto esse hanno radici molto più lontane
e profonde di quelle delle province nate al tempo dell’unità. Da Berengario
in poi (917 d.C.) la nostra valle ha visto passare almeno tre diocesi: Padova,
Trento e Vicenza. I cambiamenti avvenuti nel corso dei secoli furono frutto di
eventi storici legati alle alterne vicende degli imperi. Il passaggio da Trento
a Vicenza, invece, la semplice attuazione di alcune indicazioni del Concilio
Vaticano II. Ora come ora, la situazione
pastorale che si è venuta a creare nella valle ha portato a un’ulteriore
riflessione. Basti pensare che fino a circa vent’anni fa c’erano sei
sacerdoti da Pedescala in su; fino allo scorso anno eravamo in quattro. Ora solo
in due. Nell’arco di
quest’anno, dopo la morte del compianto don Carlo Bontà, si è cercato di
trovare la soluzione migliore per poter dare le risposte
più efficaci possibile a livello pastorale. Alla fine, per una serie di
motivi e anche di tentennamenti, si
è scartata la possibilità di passare tutto sotto la stessa diocesi è si è
arrivati alla soluzione che ha preso vita il 22 settembre scorso. Anche se
giuridicamente non cambia nulla, di fatto don Pietro Grinzato, parroco di san
Pietro e Pedescala ha in cura d’anime anche la parrocchia di Forni (che fa
parte della diocesi di Vicenza) mentre don Giacomo Viali, parroco di Pedemonte e
Casotto svolge il suo servizio a Lastebasse (diocesi di Padova). Questo, soprattutto,
permette una maggiore organizzazione pastorale visto che le due unità sono
geograficamente e in qualche modo anche storicamente più unite. Certo è che
come tutti i cambiamenti ha chiesto qualche sacrificio, visto che, per esempio,
c’è stata una variazione negli orari delle S. Messe domenicali alle quali
collabora padre Samuele dei Salesiani di Schio. La “famiglia” è sempre più
grande e se questo, da un lato, può creare qualche difficoltà, dall’altro è
una grande ricchezza perché maggiori possono essere le idee e le energie da
impiegare senza per questo perdere la propria identità, la propria storia che,
comunque, ha le sue radici comuni in Gesù Cristo morto e risorto. E allora non
ci resta che darci da fare con quello spirito che ci caratterizza, con la voglia
di fare che è spesso segno inconfondibile della nostra terra. |