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“LA CALONEGA” Mario Longhi organista Ebbene sì, così la chiamavamo noi la canonica! Sicuramente
molti giovani non sanno che una volta era là , dove oggi è la Casa
S.Giuseppe, ridente posto, solivo, panoramico, forse uno dei più belli
dell’intera valle dell’Astico. Facile a dirsi, oggi , muniti di tutti i
conforti, servizi, benefici, che la tecnologia moderna ci offre e di cui spesso
ce ne dimentichiamo. Ma per i vecchi Parroci, intendiamo non per eta’
anagrafica, bensì perché passati di qua nel corso dei secoli le cose erano ben
diverse; anche la loro incolumità era in pericolo.
Scartabellando fra i vecchi registri dell’archivio parrocchiale ho
trovato un documento del 1859 quando era parroco D.Luigi Hueber :”
Paroco zelante” come recita la pietra sul retro della nostra chiesa,
che ci illumina in proposito. Scrive
il nostro Parroco:
Alla Lodevole Imperial Regia Pretura di Levico
La canonica di Brancafora, come è ben noto anche a codesta Lod.le I.R.
Autorità, trovasi in un luogo al quanto pericoloso, perché isolata fuori della
strada comune e molto discosta dagli altri abitati, per cui venendo
violentemente assalita non può essere difesa che dalla forza dei pochi
individui che in essa dimorano. Lo stesso deve dirsi della casa rustica (dei
piumi ndr) di questo stesso beneficio parochiale, distante dalla canonica un
tiro di archibugio incirca e porta per di più in sull’imboccatura del Riotorto.
Gli è per questo che il sottoscritto paroco nel momento che obbidiente
al rispettabilissimo Sovrano Decreto deposita le proprie armi, munizioni, e
licenza, come anche quelle del custode della casa rustica Giovanni Hueber di
Folgaria fratello del paroco, supplica umilmente codesta Lod.le I.R.Autorità
affinché voglia cortesemente impetrare sì all’uno che all’altro
l’eccezionale licenza di poter tenere e portare le medesime armi all’uso
sopraindicato ed a propria personale difesa e specialmente pel caso che per
dovere di cura d’anime dovesse uscire di notte.
Tenendosi sicuro della grazia, mentre protesta di custodirle gelosamente
e di non abusarne, e costituendosi anche garante
pel proprio fratello Giovanni, si afferisce
Umilissimo ed obblig.mo servo Brancafora 3 luglio 1859
G.Luigi Hueber paroco. Le
Campane di Brancafora
Non
è facile tracciarne la storia, che per Brancafora come si sa è secolare, tre
infatti sono state le chiese che si sono susseguite coi rispettivi campanili e
campaniletti. Ecco comunque quello che ho trovato nell’archivio. Le
campane dunque, i cui rintocchi sanno incutere gioia festa,
o tristezza mestizia, capaci di scandire le ore della giornata, della
preghiera, delle sacre funzioni . E’
il vescovo Pietro Barozzi che per primo descrive nel 1488 la chiesetta esistente
a Brancafora in occasione della visita pastorale, il quale afferma essere lunga
metri 7
larga 4,55
e alta 3,5; quindi, per
farsi un’idea, più piccola delle attuali chiesette frazionali, per cui
sicuramente un’unica campanella. Passano gli anni, e quanti, per avere
altre notizie in merito alle campane. P.Cristiano Rossatto, infatti, artefice della
costruzione dell’attuale campanile risalente al 1737 nel
contratto stipulato in canonica di Brancafora il
19 febbraio 1737, ad un certo punto recita: “ e
che il campanile suddetto sia capace portar tre campane piu’ grosse delle due presenti “.
Ecco che in quei
lunghi due secoli e mezzo qualcosa era cambiato, una chiesa ed
un campanile più grandi con DUE campane,
purtroppo oramai vecchie.
Si
decise quindi di cambiarle per renderle più
adatte al
nuovo campanile. La maggiore fu ceduta alla chiesa di S.Pietro
“ per esser stata la nostra piu’ grande, e migliore, quale al
presente serve alla suddetta chiesa “ . La
seconda , probabilmente in buono stato, si
decise di tenerla per diventare poi
la più piccola allorché se ne ordinarono
due di nuove.
Lì
29 luglio 1742 infatti l’Arciprete
Tamanini recatosi a Vicenza , fece contratto
col Sig.Francesco De Maria fonditore affinché ne getti due, una di libre
mille, ed una di libre settecento: ”
e gli hò contati come segue: 1°
Danari de Legato del Sig. D. Antonio Leon da Caltrano
fù mio cugino ------------------
carantani
500 2°
Contribuiti dal pubblico -----
“
1577 3°
Dati dei miei conforme la mia promessa
“
220 4°
Dati fiorini 60, quali io avevo lasciati a questa chiesa dopo
la mia morte, e come appare dal mio testamento, ma vedendo
il bisogno gli ho contati in quest’incontro, e dai massari
m’è stata fatta la ricevuta mediante una sostituzione d’un
fondo della Chiesa.
Contati lì suddetti Fiorini 60 fano
carantani
300
Il
7 settebre, non essendo riusciti a dovere, gli stampi “ s’ha dovuto
soprasedere a caosa il fredo , all’anno seguente 1743 e fra questo tempo si
sono chiusi li passi
il p.mo xbre (dicembre
n.d.r.)
1742”. Nel
giugno dell’anno successivo tornò a Vicenza , le campane erano state fuse, ma
non come voleva il nostro arciprete, “ si
son trovate, la maggiore con escrescenza di metallo nella boca e la minore con
qualche mancanza nell’asola o sia picaglia, perlocché io non le ho volute, et
il Sig. Fonditore, da galant’uomo, non ha fatta alcuna istanza, ma le ha
vendute al Comune di Selva rosa nel
Trevigiano, et messo all’ordine nuovi stampi per il nuovo getto” . Il
20 agosto 1743 “ quali a lode di Dio, sono riuscite, e li 28 sono state
condotte alla chiesa di S.Lucia, dove da quel R.mo P.Abate D.Vittorio Bianza
sono state benedete, et imposto li nomi alla maggiore di Marianna Eurosia, alla
seconda Barbara Francesca. Nove giorni dopo il 29 agosto “ furono caricate
dal Mazzocco da Vicenza, con obbligo di condurle fino alle Seghe, ma
arrivato alla pontara di Meda, le quattro cavalle, che tiravano la Caretta non
poterono venir più a vanti, e si dovette spedirgli incontro Marco Busin d’Arsiero
con due carri tirati da sei bovi et un cavallo, quale caricate le campane arrivò
qui la mattina alle ore dieci, circa, di matina dell’ultimo giorno d’agosto
e dato da me il graspo ad esso, et altri cinque Boari, e dopo gli ho pagato la
condotta “. Fu quindi preso accordo con certo Domenico Chiocharello da
Piovene “ che alzi le due campane nuove, e le
riponga nei castelli destinate, cioè la maggiore nell’ottangolo, e la
seconda nel castello di sotto il tutto a sue spese, e con sicurezza, fuorché
io darò un piato di minestra al giorno.” Li 5 settembre sono tirate
sopra il campanile, et lì sei sono messe sopra lì suoi
(zolin) , et s’hanno
incominciate a suonare.
Mario Longhi Organista CURIOSITA’… Trascrivendo dei dati nel registro dei Battesimi di
Lastebasse mi è capitato di fissare lo sguardo su qualcosa di strano, che
niente aveva a che fare con le registrazioni del sacramento. Ecco cos’ho
trovato a pagina 171: Pro Memoria La notte del 17 giugno 1923 si scatenò una fortissima bufera
di vento e neve e durò tutto il giorno seguente. La neve cadde in abbondanza,
come d’inverno, e si abbassò fino all’altezza del Saltacan crescendo sempre
più con crescere dell’altezza dei monti: ai Fiorentini metri 1; in Costa
d’Agra metri 1.50; sul Cornetto coprì anche le piante più alte, mentre qui
in valle fu continua la pioggia con forte abbassamento del termometro. Tutte le
malghe dovettero scaricare o meglio tutte le bestie fuggirono cercando scampo,
con danni gravissimi, perché tante vacche e pecore andarono a pericolare e
molte morirono o sotto la neve o cadute nei burroni. A memoria d’uomo mai
successero simili disastri. Tale bufera fu generale. Nel medesimo tempo si notò
l’eruzione dell’Etna in Sicilia, mandante torrenti di lava sulle campagne
sottostanti e sui paesi, seppellendo ogni cosa e facendo maggior danni che non
la bufera di neve dei nostri monti. Si disse trai benpensanti: Son castighi di
Dio, perché è dimenticato, non solo, ma offeso.
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